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Rassegna stampa da "Libertà" - torna all'indice 01/03/2021 L’alpino d Riversa scarica l'articolo in formato .pdf 01/03/2021 L’alpino d Riversa scarica l'articolo in formato .pdf 01/03/2021 L’alpino d Riversa scarica l'articolo in formato .pdf 01/03/2021 L’alpino d Riversa scarica l'articolo in formato .pdf 01/03/2021 L’alpino d Riversa scarica l'articolo in formato .pdf 01/03/2021 L’alpino d Riversa scarica l'articolo in formato .pdf 01/03/2021 L’alpino d Riversa scarica l'articolo in formato .pdf 01/03/2021 L’alpino d Riversa scarica l'articolo in formato .pdf 01/03/2021 L’alpino d Riversa scarica l'articolo in formato .pdf 01/03/2021 L’alpino d Riversa scarica l'articolo in formato .pdf 01/03/2021 L’alpino d Riversa scarica l'articolo in formato .pdf 01/03/2021_2 Due mesi di ossigeno il volontario alpino è già tornato in campo Riversa scarica l'articolo in formato .pdf Con gli alpini di Podenzano tanta solidarietà a giovani e vecchi «Onorare i morti aiutando i vivi » è il motto degli alpini che li spinge ad adoperarsi nel corso dell’anno per la comunità. Anche le penne nere del gruppo di Podenzano hanno sempre concretizzato questa espressione e lo hanno fatto anche nell’anno più nero della pandemia da Covid- 19. Non hanno potuto essere tutti in prima linea nelle attività messe in campo a favore della cittadinanza per salvaguardare la salute degli iscritti, la cui età non è più quella della gioventù, ma non hanno mai fatto mancare il loro contributo di solidarietà. Nel 2020 gli alpini di Podenzano, guidati dal capogruppo Giovanni Carini, hanno infatti consegnato mille euro alla Caritas parrocchiale per l’acquisto di beni alimentari da donare alle persone che avevano necessità e hanno effettuato il versamento di 500 euro al conto corrente che il Comune di Podenzano aveva aperto per sopperire alle difficoltà economiche delle famiglie. Non si sono dimenticati nemmeno dei giovani, partecipando come ogni anno alle borse di studio (500 euro) per gli studenti meritevoli del paese. Si sono adoperati per i vivi, onorando così la memoria di chi è “andato avanti”, di tutti coloro che gli alpini di Podenzano hanno ricordato anche ieri, nella messa che è stata celebrata nella chiesa parrocchiale da don Fausto Arrisi. Una celebrazione semplice, senza autorità e senza cortei per evitare assembramenti, durante la quale il capogruppo Carini ha letto la Preghiera dell’alpino dedicandola «a tre amici alpini che sono andati avanti: Luigi Corbellini, Franco Guglielmetti e Luigi Bottazzi». Il canto “Signore delle cime” intonato dal coro parrocchiale ed eseguito insieme a tutta l’assemblea ha reso il momento comunque solenne e struggente. Il gruppo si è poi recato a deporre un omaggio floreale al cippo dedicato alle “Penne mozze”, eretto in piazza dei Guselli nel 1984, nel cinquantesimo della fondazione del gruppo alpini di Podenzano. Oggi il gruppo conta 69 alpini e 11 amici degli alpini. Il più anziano, ricorda il capogruppo Carini, è Attilio Girandola, classe 1920, festeggiato nel mese di giugno per i suoi 100 anni, e il più giovane è del 1974. Con la giornata di ieri si è aperto ufficialmente anche il tesseramento all’Ana per l’anno 2021. «Invitiamo gli alpini a rinnovare l’iscrizione - afferma Carini -. La sede (in via Monte Grappa 84) sarà aperta il giovedì dalle 9.30 alle 11.30 circa e il sabato dalle 15.30 alle 17». _NP scarica l'articolo in formato .pdf L’alpino della serenata ha il virus «Suono ricoverato, è la mia terapia» Riversa allegre marce lì dove non c’è mai stata musica, nel centro Covid di Cortemaggiore. Il medico, da quando c’è lui in reparto, la chiama «la terapia della musica», e ne ha bisogno lui, come forse tutti gli altri. Stefano Bozzini, 81 anni, aveva già suonato quella sfrenata malinconia nel cortile dell’ospedale di Castelsangiovanni, era la serenata struggente alla sua Carla, e le note avevano fatto il giro del mondo, finendo addirittura alla Cnn. Ora quello che sta male è lui, è l’alpino fisarmonicista, ha preso il Covid: già il suo cuore si era spezzato il 26 novembre, quando la moglie è morta tra le sue braccia; poi Stefano diceva ai figli che mangiava, di non preoccuparsi, ma in realtà scoppiava in lacrime sempre più spesso, lo aveva confidato agli amici alpini di Castello, e quel piattino di pasta proprio non gli andava più giù. «Era uno straccio» È finito in ospedale, al pronto soccorso, ci è rimasto una notte, nel corridoio, hanno capito che aveva preso la “bestia”, mal di gola, febbre, la stanchezza che gli toglieva fino all’ultima forza nei muscoli. Sono stati i figli, Lucia e Maurizio, a dire alla dimissioni che papà non poteva curare il Covid a casa, perché c’era di più, c’era la tristezza, c’era il lasciarsi andare, «ho pensato non mangiasse più perché voleva andare da mia mamma e mio fratello in Cielo, era uno straccio», spiega Lucia, le lacrime agli occhi. Allora a Stefano si è trovato un posto nel centro Covid di Cortemaggiore, per rimetterlo in sesto, in attesa che il tampone torni al più presto negativo. E qui, appena il figlio Maurizio gli ha portato a sorpresa la sua fisarmonica insieme al cambio dei vestiti in un borsone, ha ritrovato appetito e un timido sorriso: «Papà dice sempre che al centro Covid di Cortemaggiore sono tutti angeli, ci tiene a ringraziarli», spiega Lucia. «Gli hanno permesso di suonare la fisarmonica, e ora lui continua a suonare, cercando ovviamente di non disturbare nessuno. In realtà sembrano apprezzare tutti, ed è bellissimo. L’ho chiamato alle 9 del mattino, e aveva già la fisarmonica in spalla. Non so davvero dire dove abbia preso questo mostro chiamato virus, lui non usciva mai, io sono negativa... A messa si siede sempre distanti da tutti. Chissà. Di certo a Cortemaggiore si è ripreso anche moralmente, non solo fisicamente. Penso sia la forza della mamma, che non ci abbandona. La ritrovo in coincidenze troppo perfette per essere solo un caso. Penso anche che se papà fosse tornato a casa, se non ci fosse stato il centro Covid, sarebbe peggiorato gravemente». Il giro di valzer dei medici Stefano racconta di aver trovato una seconda famiglia a Cortemaggiore: «A volte mentre suono qualcuno entra nella stanza e balla, fa un giro di valzer e se ne va», dice. «Anche i medici, il personale... sono tutti eccezionali. E ho scoperto di avere tanti amici. Mi ha scritto una commovente lettera un giovane, dicendo che ammira gli alpini ed è rimasto colpito dalla mia storia, dalla serenata per Carla. Gli ho chiesto quanti anni avesse, mi ha detto che è nato nel ‘98. Mi ha colpito la sua sensibilità. Dico sempre “Piccolo alpino, piccola roccia”. E dico grazie per la professionalità, l’amore, la pazienza, e la fiducia. Sono la medicina più grande. Ora, dai, sconfiggiamo anche il Covid- 19». Elisa Malacalza scarica l'articolo in formato .pdf Si è spenta la luce di Franco Guglielmetti Podenzano piange il suo alpino dal cuore d’oro Si è spenta la luce di Franco Guglielmetti, 89enne podenzanese doc, Cavaliere della Repubblica, alpino, tra coloro che fecero rinascere la Proloco di Podenzano alla fine degli anni ‘90, ideatore della Festa del pomodoro. Ricoverato dal primo novembre prima all’ospedale di Fiorenzuola a causa di una caduta accidentale, poi trasferito alla Casa di Cura Piacenza e alla Casa di cura Sant’Antonino, si è spento all’ospedale di Piacenza. Dopo 8 tamponi negativi, era risultato positivo al Covid 15 giorni fa. Ieri mattina i funerali nella chiesa di Podenzano, celebrati dal parroco don Fausto Arrisi, il quale ha ricordato la sensibilità di Guglielmetti per le attività vocate al bene comune: aveva infatti messo a disposizione gratuitamente il suo capannone in paese per stoccare i beni di prima necessità provenienti dalla raccolta alimentare. Una generosità che ha sempre caratterizzato Franco, quella che insegnano gli alpini, e lui era uno di quelli. Negli anni ‘90 aveva aperto gratuitamente uno dei suoi locali come sede del gruppo delle penne nere di cui anch’egli faceva parte. Era un simbolo a Podenzano, tutti lo conoscevano e lo riconoscevano quando girava con la sua bicicletta e il bastone nel cestino. Era stato agricoltore, commerciante all’ingrosso di bestiame in tutta Europa (Francia, Belgio e Germania soprattutto). Con la famiglia gestiva tre macellerie a Piacenza ed una a Podenzano dove conduceva il macello. Per il suo lavoro era stato presidente dei commercianti a Piacenza nel settore delle carni e aveva ricevuto il titolo di Cavaliere della Repubblica. «E’ sempre stato impegnato nella vita del paese – ricordano i figli Laura e Marco -, oltre ad essere un grande papà e marito: consigliere comunale per tre mandati con i sindaci Spinola e Valla, ed ancora nella Proloco, nello Sci Club, negli alpini, nell’organizzazione della festa dell’amicizia e dei campionati italiani di motocross, nel calcio podenzanese cui aveva la tessera numero 1 di socio datata 19 dicembre 1945». Mai fermo, come quando era un ragazzo e da Podenzano raggiungeva Piacenza con il carretto a portare le barre di ghiaccio nelle macellerie. «E’ stato anche l’ideatore della festa del pomodoro nel 1996 mettendo a disposizione il suo capannone per tutti i preparativi, e uno di coloro che rinnovarono la Proloco di Podenzano», ricorda Monica Azzali che fu tra quei podenzanesi. E poi un alpino, uno dei più attivi collaboratori della terza Festa Granda di Podenzano nel 1990, che aveva vissuto anche la seconda del 1976 che si era svolta sul terreno dove poi sarebbe sorta la sua casa. Le penne nere locali lo hanno salutato con Il Silenzio e con la recita della preghiera dell’alpino. «Sono addolorato per la scomparsa di Franco – dice il sindaco Alessandro Piva -, un uomo saggio e lucido; nel tempo avevo imparato a conoscerlo, i nostri colloqui riguardavano la politica e l’agricoltura di cui era molto appassionato e non mancava mai di segnalare se qualcosa non andava, con osservazioni mai polemiche e sempre costruttive per il bene del paese che amava molto». _Nadia Plucani
scarica l'articolo in formato .pdf Nel salire le scale i castellani vedranno la teca della memoria Chiunque, nel salire le scale del palazzo comunale, potrà fermarsi a leggere ad uno ad uno i nomi dei 116 giovani castellani che persero la vita durante il primo conflitto mondiale. Ieri, giorno in cui gli alpini di Castelsangiovanni hanno festeggiato il loro sessantottesimo raduno, la grande teca che contiene le medaglie con i nomi dei castellani morti oltre un secolo fa, che venne presentata alla città nello scorso mese, è stata infatti posizionata in cima alla prima rampa di scale del palazzo comunale. Accanto a quei 116 nomi ne sono stati scanditi altri cinque. Si tratta di Sergio Carrà, Ercole Mazzocchi, Enrico Badavelli, Alberto Belforti e Carlo Paganuzzi. «Cinque nostri compagni alpini – ha detto il capogruppo Alessandro Stragliati – che hanno posato lo zaino e sono andati avanti ». Anche in loro omaggio, e idealmente in omaggio a tutti i caduti delle guerre, hanno risuonato le note del “Silenzio” eseguite dal maestro Marco Crotti. Quest’ultimo ha utilizzato una tromba donata dall’indimenticato musicista Sandrino Piva, che fu molto legato al gruppo cacastellano. La sindaca Lucia Fontana ha ricordato come l’8 dicembre di 68 anni fa «un manipolo valoroso di alpini volle fondare il gruppo per ricordare i caduti delle due guerre mondiali». L’impossibilità, a causa dell’epidemia di covid, di organizzare grandi eventi non impedisce però alle penne nere di gettare lo sguardo al domani. «Il prossimo anno – dice il capogruppo Stragliati – ci concentreremo soprattutto su iniziative ambientali. Abbiamo individuato alberi lungo il Po, che tenteremo di far dichiarare alberi monumentali, mentre lungo lo svincolo autostradale vorremmo piantare una quarantina alberi aghiformi, per evitare che le foglie in autunno cadano sull’asfalto, che ci offriremo di gestire». Nel frattempo durante quest’anno così anomalo gli alpini di Castello hanno realizzato un video, che riassume le attività svolte e reso omaggio a tutti i defunti castellani esponendo in ogni cimitero la preghiera dell’alpino._MM scarica l'articolo in formato .pdf Vietati i banchetti? Gli alpini consegnano “a mano” il calendario L’impossibilità di organizzare banchetti e mercatini non scoraggia le penne nere agazzanesi, che anche oggi saranno in piazza Europa per distribuire il loro calendario. Lo faranno come un tempo gli strilloni distribuivano i giornali, consegnandone a mano a chi lo vorrà una copia il cui ricavato sarà devoluto in beneficenza. I colori sono quelli della bandiera italiana, mentre a scandire i 12 mesi ci saranno alcune parole chiave dell’universo alpino tra cui: stecca, coraggio, cappello, memoria, amicizia, calamità, inverno. Tutte sono riportate sulla copertina del calendario curato da Mino Gropalli. Al suo interno scorrono decine di foto, recenti o in bianco e nero, che rievocano momenti salienti della storia del gruppo e provengono dagli archivi di Bruno Cremona, Valerio Marangon e da privati che hanno aperto volentieri i loro album di fotografie. Un altro tema affrontato è quello dell’alimentazione con le ricette prese da libri forniti da monsignor Marco Giovanelli, come la zuppa del soldato o gli gnocchi senza patate descritti da Giulio Badeschi in Fronte d’Africa._MM scarica l'articolo in formato .pdf Ultimo saluto a Carini benedizione sul sagrato per accogliere tutti Il cappello da alpino, il picchetto d’onore attorno al feretro, i gagliardetti disposti in fila al passaggio del corteo funebre, il saluto finale scandito da un caloroso applauso spontaneo, tante lacrime e un corodglio diffuso. Bettola ieri ha salutato un figlio che tanto ha saputo dare, con la sua voglia di fare importante, colma di generosità e bontà. In tanti si sono stretti attorno ai figli e alla moglie di Giancarlo Carini, capogruppo della sezione Alpini di Bettola, scomparso nella giornata di domenica a seguito di complicazioni legate al coronavirus, contratto purtroppo non più di venti giorni prima. La sua ultima uscita pubblica a Bettola era stata in occasione della commemorazione dei caduti di tutte le guerre, lo scorso 1 novembre, a rappresentare orgogliosamente la sua sezione di Alpini. Molti bettolesi, e non solo, avevano preso parte al rosario recitato lunedì sera al santuario della Beata Vergine della Quercia. Ieri la chiesa della piazza non ha potuto ospitare tutti, in base alle vigenti norme anti assembramento, tanto da indurre il parroco, don Angelo Sesenna, d’accordo con i familiari e l’Amministrazione comunale, a terminare la funzione con la benedizione del feretro sul piazzale della chiesa, con le persone che così hanno potuto dare l’ultimo saluto commosso al loro alpino. In chiesa durante la cerimonia, oltre alla moglie Angela, i figli Stefania, Simonetta, Claudia e Renzo, i fratelli, la sorella, i nipoti ed i parenti hanno trovato posto le autorità, con in testa il sindaco Paolo Negri, il presidente provinciale degli Alpini di Piacenza, Roberto Lupi, il maresciallo della locale stazione dei carabinieri, Christian De Rosa, tanti rappresentanti delle sezioni alpine della provincia con i loro gagliardetti. A celebrare la santa messa, il cappellano degli alpini, don Stefano Garilli, parroco di Ferriere. Nell’omelia il parroco di Bettola, don Sesenna, ha ricordato la figura operosa e generosa di Giancarlo Carini, «sempre pronto ad aiutare chi era in difficoltà, vicino a chi soffriva, pronto e disponibile come è caratteristica del Corpo degli alpini, ma soprattutto di chi ha un cuore puro e buono, così come lo è sempre stato lui con tutti noi, che oggi qui lo ricordiamo e siamo ognuno di noi tanti fiori, che assieme a questi che ne decorano la bara, vogliamo rendergli il giusto omaggio». Massimo Calamari scarica l'articolo in formato .pdf Bettola piange Gian Carlo Carini capogruppo delle penne nere La domenica bettolese si è aperta con la triste notizia della scomparsa di Gian Carlo Carini, capogruppo delle locali penne nere, sopraffatto dal Covid a 77 anni, compiuti il 15 novembre. Il cordoglio è ampio. E’ in lutto infatti anche tutta famiglia alpina della provincia piacentina. Carini, oltre ad essere capogruppo di Bettola dal 1984, ricopriva anche l’incarico di consigliere sezionale dell’Ana di Piacenza per l’Alta Valnure. Oggi alle 20.30 sarà recitato il rosario nel santuario in piazza Colombo; il funerale è previsto nella giornata di martedì . La sua morte è arrivata dopo 15 giorni di ricovero all’ospedale di Piacenza. Il dolore grande, da parte di tanti, è quello di non poterlo vedere in prima linea nella Festa Granda in programma – epidemia permettendo – nell’agosto 2021. In realtà, Carini e il suo consiglio direttivo del gruppo di Bettola erano riusciti ad ottenere la Festa Granda, il raduno provinciale degli alpini ricorderepiacentini, per settembre 2020, rinviata al 2021 a causa della pandemia. «Era euforico di questo evento che avrebbe portato lustro al paese – osserva commosso il sindaco di Bettola, Paolo Negri anche a nome della sua amministrazione – e che avrebbe ulteriormente evidenziato l’importanza degli alpini nella comunità a vari livelli. In questi tre anni da sindaco ho potuto apprezzare da vicino l’impegno degli alpini e il suo personale, in tutte le manifestazioni e in tutte le iniziative legate anche alla pandemia”. Le ultime, ad esempio, sono state il servizio di vigilanza per gli accessi alla Casa della salute, al mercato e alle funzioni religiose. «Una perdita per tutta la comunità – conclude Negri – perché è una persona che ha dato molto, un amico, uomo con la U maiuscola. Sono scosso perché benché sapessi la sua situazione, speravo che ce la facesse». Anche sui social il cordoglio è vasto, da parte dei cittadini – che lo ricordano con il suo immancabile intercalare dialettale: “Elura bagai?” - e dal mondo alpino. «Mi piace ricordare che con la sua guida il gruppo di Bettola era stato insignito del Premio della Bontà di Rustigazzo nel 1991 per aver donato un’ambulanza alla Pubblica assistenza Valnure» ricorda il presidente della sezione Ana di Piacenza, Roberto Lupi. «Nel settembre 2019 aveva ricevuto dalle mani di Fabio Devoti, capogruppo delle penne nere di Cortemaggiore, al termine della Festa Granda magiostrina, la stecca per l’organizzazione del raduno bettolese. Desiderava tantissimo la Festa Granda e sarebbe stata la quinta del gruppo di Bettola di cui tre con Giancarlo capogruppo. Purtroppo non ci sarà, ma lo ricorderemo appena possibile, come abbiamo fatto per i nostri alpini andati avanti». Tanti i lavori manuali cui non si tirava mai indietro, grazie alla sua esperienza lavorativa, ad esempio la sistemazione dell’area al lago dei Pini a Pieve di Revigozzo trasformato in un luogo di ritrovo molto frequentato. «Ha gestito per anni con il fratello sia la ditta Ferroedil – ricordano i figli Stefania, Claudia, Simonetta e Renzo e la compagna Angela - che produceva ferro per cemento armato per lavori stradali in tutta Italia e per ditte importanti come Lombardini, Itinera, Lodigiani, sia la Carini Giancarlo nel campo edile. Un carattere forte, ma che si è fatto volere bene un po’ da tutti. Lo dimostrano le tante chiamate che abbiamo ricevuto. Si era realizzato come persona, con il suo lavoro, e aveva la passione per gli alpini, nata dal servizio militare. Aveva il desiderio di organizzare e vedere la Festa Granda a Bettola: speriamo che la si possa mantenere anche se lui non c’è, in suo ricordo». _Nadia Plucani scarica l'articolo in formato .pdf Alpini di Piacenza verso i 100 anni passione e impegno di sempre Anticipo qui, come alpino e come collaboratore di Libertà, una sintesi della mia relazione intitolata “Alpini piacentini da cento anni all’ombra del Gotico. Il gruppo di Piacenza è stato fondato nel 1921”. Quest’anno, causa pandemia, non si può tenere l’annuale convegno promosso dal Comitato di Piacenza dell’Istituto storico del Risorgimento italiano ma il presidente Corrado Sforza Fogliani ha chiesto ai relatori di inviare ugualmente la loro ricerca in quanto (come sempre a cura della Banca di Piacenza) verranno pubblicati gli atti. Una premessa: gli Alpini, tra i vari corpi che componevano l’esercito italiano al tempo della leva obbligatoria, sono tra i pochi a mantenere un forte senso di appartenenza al gruppo. Questo senso di appartenenza, secondo me dovuto anche alla montagna che, a suo modo, è una scuola di vita, fa sì che nella società gli “ex militari” abbiano costituito un’associazione divisa in gruppi che, a livello provinciale, sono uniti in una sezione. Tutti impegnati, com’è noto, nel sociale. Il primo gruppo a presentarsi sulla scena civica è quello del Comune di Piacenza che si appresta a celebrare i cento anni di vita. Nel titolo è richiamato il Gotico in quanto nel simbolo ufficiale le nostre Penne Nere, fortemente impegnate in opere di solidarietà, hanno messo in evidenza il palazzo simbolo della città. Fondatore Arturo Govoni, personaggio sacro per gli alpini piacentini; a lui il Comune ha dedicato una via. In breve la sua biografia: nato l’11 novembre 1893 a Piacenza, e morto nella stessa città, il 3 luglio 1987, è famoso per essere stato il fondatore dell’associazione Alpini di Piacenza. Tale iniziativa è stata presa con altri, ma certamente suo è il record della longevità come presidente: ha guidato questo particolare sodalizio dal 1922 al 1982 per passare poi al ruolo di presidente onorario. Ragioniere commercialista, si è iscritto all’albo professionale nel 1915: cavaliere di Vittorio Veneto e primo capitano degli Alpini in congedo, ha dedicato il suo tempo libero dal lavoro a far crescere l’associazione seguendo con molta dedizione anche i giovani, dal loro giuramento in caserma al rientro nella vita civile. La storia generale di questi volontari nel sociale è presentata nel volume “Alpini a Piacenza” con un sottotitolo esplicativo: “Volti, storie e testimonianze delle Penne Nere piacentine” (curato da Stefano Pronti - Editoriale Libertà, 2013), mentre per il Gruppo di Piacenza abbiano interpellato il capogruppo Gino Luigi Acerbi, confermato in questo incarico nel febbraio 2020. Con Acerbi sono stati eletti o confermati: Nardo Fava, vicecapogruppo; Ferdinando Tortellotti, segretario; Renato Bergamaschi, tesoriere; consiglieri: Carlo Pintoni, Franco Gabbiani, Giuseppe Marchesi, Ambrogio Nobili, Valerio Marangon e Gianfranco Bertuzzi. Acerbi è stato nominato direttamente da Govoni molti anni fa e da allora è stato costantemente confermato alla guida del Gruppo Alpini di Piacenza. Interpellato in proposito, conferma che le Penne Nere continueranno: ad aiutare chi ha bisogno; essere vicini al Vescovo soprattutto quando prega per coloro che sono stati colpiti dal virus; avere cura del Campo Daturi nei cui pressi hanno la sede e a collaborare con la Croce Rossa; realizzare la raccolta alimentare; aiutare associazioni come l’Amop e l’Assofa (sigle che per i piacentini non hanno bisogno di essere spiegate); celebrare il centenario. Acerbi precisa che il centenario sarà ricordato con iniziative culturali quali convegni e conferenze. Quindi, in definitiva: conferma del cammino percorso, ma anche voglia di capire per andare avanti. scarica l'articolo in formato .pdf La musica di Stefano per tanti anziani Caro direttore, sono davvero felice che il gesto del sig. Stefano Bozzini, che ha voluto raggiungere la moglie Carla ricoverata nell’ospedale di Castelsangiovanni attraverso le note della sua fisarmonica, abbia avuto tanta eco in tutta Italia ed oltre. Le persone come lui, eroi della porta accanto, di solito non fanno mai notizia, eppure, il mondo va avanti anche e soprattutto grazie a loro. E’ quindi un piacere per me, animatrice in una Rsa, poter sottolineare un altro aspetto di questa splendida persona, che ha portato del bene ovunque nella sua vita e che l’ha fatto senza nulla chiedere in cambio. Qualche anno fa, ricevetti una telefonata da Stefano che mi manifestava la sua disponiblità a venire nella nostra Casa Anziani ad allietare qualche pomeriggio con la sua fisarmonica, perché, mi disse, “sono in pensione, mi piace suonare e mi piacerebbe poter fare ancora qualcosa per gli altri”. Occasioni come queste, dove le persone, gratuitamente si prestano per trasmettere gioia agli altri, non si trovano tutti i giorni e quindi abbiamo subito preso la palla al balzo. Conclusione: Stefano, da diversi anni, tutti i giovedì, insieme alla adorata moglie Carla, ad alcuni famigliari della struttura che amano il canto e a diversi volontari, vengono nella nostra Rsa e fanno festa, assaggiamo le buone torte del nostro cuoco o di qualche pasticcerie della zona e poi cantiamo tutti insieme, ci facciamo gli auguri di buon compleanno quando è l’occasione, insomma festeggiamo con la sua musica il trascorrere delle stagioni e ne ricaviamo benessere. L’eco di questi pomeriggi è arrivato anche sul territorio, tanto che alcuni ristoranti della Val Tidone ci invitano, regalandoci dei momenti bellissimi, che fanno sentire i nostri anziani ancora al centro della vita della nostra valle. Per fortuna nella Val Tidone c’è ancora tanta sensibilità verso gli anziani. Anche altri cantanti e musicisti si prestano per farci festa e vogliamo ringraziarli tutti in un abbraccio generale che oggi è merce rara. Stefano e la moglie sono sempre stati disponibili ad accompagnarci, non solo con la musica, ma aiutandoci anche nei trasporti. Lui è sempre disponibile, non a caso appartiene al gruppo Alpini, corpo che si è sempre distinto nell’aiuto agli altri. Il Covid purtroppo ha frenato anche i nostri incontri, che speriamo possano riprendere al più presto, perchè per le persone che non stanno bene le vicinanze sono importantissime. E a Stefano, fisarmonicista ed alpino, tanti complimenti per la sua umanità e naturalmente…tanto di cappello! lettera firmata scarica l'articolo in formato .pdf L’alpino fa il giro del mondo «Cnn? Io suono per Carla» L’alpino paracadutista Stefano Bozzini ringrazia tanto per le attenzioni, lo fa no stop da 120 ore di popolarità, dal giorno della serenata blues per raggiungere almeno con il suono la stanza della moglie ricoverata, nelle settimane in cui l’ospedale di Castelsangiovanni è chiuso alle visite per prevenire il rischio di contagi. Bozzini ringrazia, come sempre gentile, e com’è stato gentile con chi lo chiamava chiedendogli dall’altra parte del mondo “Are you Bozzini? Veteran army?”, per strappargli un’intervista. Ma l’alpino è un alpino, poche chiacchiere: fa spallucce della notorietà, di chi lo ha invitato in ogni genere di salotto televisivo o addirittura di chi gli ha proposto di incidere un cd, al punto che il telefono di casa non ha smesso un secondo di strillare, e chi chiamava non sembrava forse a fondo comprendere che Stefano, quando ha suonato nel cortile dell’ospedale di Castelsangiovanni, domenica alle 15:30, lo ha fatto per amore, ma anche per preoccupazione, quella per la malattia della moglie. «Vorrei solo arrivassero gli esiti dei suoi esami, perché possa iniziare le cure, le terapie», ribadisce, cercando di non perdere quel sorriso che gli si stampa in faccia quando accenna al grande amore. «Ora almeno Carla è qui con me, è tornata a casa, ma il tempo va veloce, servono le cure, lei ha tanto bisogno di riposare». Stefano ribadisce: «Non so dire perché quella mia serenata all’ospedale abbia colpito a tal punto. Non si fanno forse più? Io non ho paura di amare, scherziamo? Bisogna avere paura delle cose brutte nella vita, non di quelle belle e naturali. L’amore fa stare bene, come suonare la fisarmonica, io davvero domenica avrei suonato tutto il giorno in quel cortile, senza stancarmi mai. “Il cuore mi batteva ai mille all’ora...”. Ora, pensi, mi ha chiamato anche la sindaca di Castelsangiovanni Lucia Fontana, mi ha fatto tanti apprezzamenti... Chissà se li merito». Stefano ricanticchia “Spanish Eyes” di Engelbert Humperdinck. Che dice: “Please, please don’t cry, this is just adios « Nella demenza digitale siamo arrivati alla desertificazione dell’amore» and not goodbye, soon I’ll return”, “Per favore non piangere, questo è solo un adios, non un arrivederci, presto tornerò”. «La canzone preferita di Carla», garantisce. Bozzini, con Carla al fianco, ha suonato sempre, anche al suo matrimonio, nel 1973, a Castelsangiovanni, fino a fingere di essersi fatto male a un dito, per poter tornare a ballare con la sua Carla, «Non resistevo più». Ha smesso di suonare solo quando è morto il figlio Marco, di soli 30 anni, un dolore atroce e disumano, che ha fermato il “volo” della dita sui tasti della fisarmonica, fino a quando, aiutato dai figli Maurizio e Lucia, Stefano ha capito che se suonava poteva raggiungere anche il Paradiso. Di certo, è arrivato nel mondo. Nel suo gesto c’è l’amore che torna a fare notizia in un tempo di profondissima incertezza e “mal amori” fluidi, instabili, complicatissimi. A questi Stefano reagisce con la semplicità del suo andare: finisce di pranzare, sente la mancanza della moglie ricoverata, si alza, prende su fisarmonica e un trepiedi, e dice ai figli “Vado da lei”, sottinteso “E dove se no?”. Si siede nel cortile e fa quel che sa fare fin da bambino, quando mungeva le vacche a Villò e poi correva dalla fisarmonica: suona, Stefano. La moglie alla finestra di quel piccolo grande ospedale, dove già un medico in trincea Covid, Simone Isolani, in primavera aveva imbracciato la chitarra, un momento di normalità nell’orrore. Una terra che nel dolore non smette di suonare, di fare serenate, di dirsi “Io ci sono per te” e non conosce altra regola che regalare un frammento di umanità. E non sa smettere di volersi bene.
«Quell’uomo è un eroe eppure c’è ancora chi dice di rinchiudere gli anziani» «Un uomo meraviglioso», lo definisce Paolo Crepet, psichiatra, sociologo e opinionista. La sua voce abita i salotti televisivi, ma questa volta sulla scrivania tiene stretta la foto dell’alpino Stefano Bozzini, l’81enne che ha fatto innamorare il mondo mentre cercava disperatamente di essere amato - come ogni giorno da 47 anni - solo e soltanto dalla sua Carla. Crepet lo dice: «Quell’alpino è eroico. L’icona della speranza». Crepet, traduca quell’immagine. Un uomo innamorato che fa la serenata per la moglie in ospedale. Dove lascerebbe quella fotografia? «Vede, c’è un capitolo nel mio ultimo libro, “Vulnerabili”, che si intitola New Deal, il nuovo corso, il nuovo patto. Se potessi tradurlo in una fotografia, beh, sarebbe indiscutibilmente quella dell’alpino Stefano. Ne sarebbe la perfetta copertina ». In quel capitolo, si parla di un nuovo patto basato su tre principi: il cambiamento del rapporto tra produzione e felicità, una rivalutazione del tempo e una nuova comunicazione fatta di complicità. Stefano Bozzini, a 81 anni, è tutto questo, quindi? «Oh sì. E molto di più. Qualcuno direbbe che è paradossale utilizzare l’immagine di un 81enne per parlare di un nuovo giorno... Invece io ne sono convinto. Il rivoluzionario è lui». Ma come, scusi, gli anziani non erano da rinchiudere in casa? «C’è chi lo ha detto davvero. Gli anziani chiusi nelle stanze. Se fosse stato così, ci saremmo persi questa lezione di vita suonata da una fisarmonica nel cortile di un ospedale. Non avremmo vissuto questa esperienza di straordinario amore. Ed è straordinaria proprio perché vissuta a 81 anni, non a 19. Tutte le età insegnano qualcosa. L’età avanzata ci trasmette una maturità sentimentale diventata oggi rara. Tornando allora alla prima domanda, forse quella foto andrebbe spedita ai nostri governatori...». Se il mondo si è commosso davanti all’amore di Bozzini, forse il mondo si era dimenticato come si ama, senza condizioni? «Uno scandalo. Ci siamo induriti, isolati. Il fatto che il mondo si sconvolga davanti al gesto tanto spontaneo di Bozzini mi lascia anche agghiacciato, in questo senso. Gli Stati Uniti, dopo cinque anni di “trumpismo”, si stracciano le vesti davanti a un uomo innamorato?» Senta, si muore di solitudine? «Sì. Ricordo anni fa, quando ero consulente per la vostra Regione, che qualcuno spingeva eccessivamente sull’assistenza domiciliare, sul portare tutto a casa agli anziani, latte compreso. Io dissi “Ma così li fate morire, la signora ha bisogno di andare un attimo in latteria, e scambiare due chiacchiere”. Capisco in parte l’isolamento sanitario, igienico, lo so bene, perché sono medico e non sto certo invitando a sbaciucchiarsi a caso. Ma come medico non dimentico anche che siamo prima di tutto persone. Non so perché questo concetto fatichi così tanto ad entrare nella testa di certuni. Hanno trovato il modo per fare visita a delinquenti in isolamento, perché non si trova un modo per comunicare di persona con i nostri anziani nelle case di riposo, per guardarsi negli occhi? Davvero non ci si riesce, ricorrendo al buon senso?». Neppure la tecnologia, poi, può sostituire uno sguardo dal vivo, occhi negli occhi. Concorda? «Ha prevalso negli ultimi anni un’idea perversa di innovazione, per la quale tutto deve necessariamente cambiare, e che il “vecchio” sia fatto solo da grandi cavolate. Non è così, lo vediamo chiaramente dall’inneficacia di continue videocall, webinar, chat... Pietoso. Questa è demenza digitale, me lo permetta». Stefano Bozzini non ha paura di amare. Ha capito che il contrario dell’amore è la paura. Perché invece i più “giovani” sembrano fare così tanta fatica ad amare autenticamente, senza maschere? I rapporti sono sempre più sfilacciati, complessi. Anche a 40-50 anni. «In questo credo pesi la tecnologia, che ha portato alla desertificazione dell’amore. Ormai è come se Amazon o altri colossi della logistica, quelli a due passi dall’ospedale dove l’alpino suonava il suo struggente blues, si mettessero a vendere l’amore. C’è un amore da discount. Un amore che se non piace si rende come un pacco». scarica l'articolo in formato .pdf Carpaneto, un fiore per ogni caduto grazie alle penne nere Le commemorazioni del 4 Novembre, anniversario del termine della Prima guerra mondiale, Giornata della forze armate e festa dell’unità nazionale, si sono svolte sotto tono. Purtroppo, l’emergenza sanitaria non permette di svolgere al meglio queste celebrazioni. Il gruppo alpini, che ogni anno a Carpaneto rinnova il dono dei fiori alle stele dei Caduti lungo viale delle Rimembranze, non ha potuto, con rammarico, essere accompagnato dagli alunni delle classi quinte delle scuole elementari. Sono stati comunque 160 i fiori deposti, uno per ogni nome del militare scomparso. Tra questi nomi si possono trovare quelli di Alessandro Casali ed Ettore Rosso, entrambi insigniti della medaglia d’oro al valor militare e quello di Filippo Scotti Douglas, discendente della famiglia che governò Carpaneto per quattro secoli, oltre a quello importate e significativo del “milite ignoto”. «Deporre i fiori è un modo per rendere onore alle persone che, con il sacrificio massimo, hanno contribuito alla libertà di chi sarebbe venuto e, quindi, alla nostra libertà – ha commentato il sindaco Andrea Arfani - Purtroppo, la situazione attuale ha impedito di svolgere normalmente il momento. Per evitare di creare rischi ai bambini e ai loro accompagnatori, la deposizione è stata effettuata da alcuni rappresentanti del Gruppo Alpini di Carpaneto, che ringrazio per la fedeltà alla tradizione e alla memoria, accompagnati dal nostro consigliere Ivano Terreni. Ogni generazione ha la sua battaglia storica. Che il loro ricordo sia di esempio per quanto noi oggi dobbiamo affrontare ». Altre associazioni si stanno adoperando per celebrare al meglio queste giornate. I Pistoni Tonanti, il gruppo di appassionati motociclisti, in collaborazione con il Club Frecce Tricolori numero 10 di Piacenza e l’Associazione Aeronautica, ha allestito in via Piacenza, nella vetrina della loro sede, una esposizione di cimeli dell’Aereonautica. Le celebrazioni di domenica prossima inizieranno con la messa a Carpaneto alle ore 9. Poi verrà deposta una corona d’alloro al Monumento dei Caduti e lungo il viale delle Rimembranze. Stesso rituale, con deposizione e Santa Messa alle 10 e alle 11,10 nelle frazioni di Chero e Ciriano. Le deposizioni avranno però, sempre per rispettare le normative anti-contagio, la sola presenza di una delegazione dell’Amministrazione, del parroco, e dei rappresentanti delle associazioni. _Flu scarica l'articolo in formato .pdf Sarmato, quattro alunni premiati dagli alpini con borse di studio Anno dopo anno è diventata una delle tradizioni più consolidate a Sarmato. E anche stavolta, nonostante l’emergenza sanitaria coronavirus, il gruppo Alpini di Sarmato non ha voluto rinunciare alla consegna delle sue borse di studio ai ragazzi meritevoli delle scuole medie, in memoria degli alpini Franco Cavalli, Albino Losi ed Ettore Poggi. L’occasione è stata offerta dalla tradizionale castagnata che quest’anno ha dovuto fare a meno del raduno di gruppo. A ricevere la borsa di studio sono stati: Asia Bozzoni, Giulia Greco, Silvia Salinelli e Pietro Favarel. Se la prima era assente per un problema improvviso, quest’ultimo invece ha avuto una consegna molto particolare: il giovane Pietro ha ricevuto il premio direttamente dalle mani della nonna Francesca Boledi, moglie dello storico capogruppo degli alpini di Sarmato Mario Bavagnoli. Un emozionante passaggio di consegne tra generazioni, alla quale hanno partecipato, con i rappresentanti dell’Associazione Nazionale Alpini, anche la sindaca di Sarmato Claudia Ferrari e la dirigente scolastica Maria Cristina Angeleri. «Dal 1984 – sottolinea il capogruppo sarmatese Sesto Marazzi – sono state 165 le borse di studio consegnate. E la maggior parte dei premiati si è poi laureato»._CB scarica l'articolo in formato .pdf I 148 anni del Corpo degli Alpini un esempio luminoso nella società Sono trascorsi 148 anni, da quel 15 ottobre del 1872 che sancì l’istituzione ufficiale del Corpo degli Alpini. In questa storica ricorrenza, il pensiero torna innanzitutto alla festa che dodici mesi fa, nel cuore di Piacenza, animava la città per il Raduno del 2° Raggruppamento Ana, simbolo dell’abbraccio spontaneo, accogliente e carico d’affetto con cui la nostra comunità rendeva il suo tributo alle Penne Nere. Sembra passata un’eternità, inghiottita dal buio del lockdown e della sofferenza, dalle incertezze dell’emergenza sanitaria tuttora in corso. Eppure, se voltiamo indietro lo sguardo, quel cappello con la penna che sin da bambini abbiamo imparato a conoscere e amare non vacilla, ma resta – anche nelle circostanze più difficili – una presenza solida e forte in cui abbiamo potuto sempre riporre la nostra fiducia. Verrà ancora, prima o poi, il tempo della convivialità con i nostri cari Alpini. Di certo, in questi mesi non si è mai affievolito il sentimento sincero della condivisione, della generosità, dello spirito di servizio e del senso di appartenenza di cui ci hanno saputo dare costante testimonianza. Mi sembra importante ricordarlo oggi, a maggior ragione mentre siamo chiamati a dare prova di responsabilità e rispetto delle regole, a tutela della collettività: in un cammino lungo quasi 150 anni, il Corpo degli Alpini si è fatto interprete di questi stessi princìpi, ponendo in primo piano il bene comune, il sacrificio nel nome di un ideale alto e concreto di Patria, la volontà di portare un aiuto anche nelle condizioni più impervie. Alle Penne Nere e al loro coraggio, ai loro valori perseguiti con coerenza e onestà, guardiamo oggi più che mai come a un esempio da seguire. Lo sottolineavo un anno fa, nel rivolgere il saluto istituzionale alle autorità Ana presenti a Piacenza, lo ripeto ora con convinzione: abbiamo bisogno di ritrovare la nostra identità e il nostro orientamento in un modello positivo, costruttivo e coeso di società, di cui gli Alpini sono custodi nella quotidianità della loro preziosa attività in seno alle Forze Armate, così come nelle tante iniziative benefiche di cui sono protagonisti. Lo abbiamo visto nella dedizione dei circa 300 volontari Ana emiliano-romagnoli che hanno supportato l’Agenzia regionale di Protezione Civile durante la prima fase della pandemia, così come nelle donazioni con cui le diverse sezioni locali hanno sostenuto la rete del primo soccorso e dell’assistenza sanitaria. Nelle immagini di Bergamo, dove il presidio medico avanzato al polo fieristico è stato realizzato in pochi giorni, nell’aprile scorso, dal personale sanitario degli Alpini e dalla Protezione Civile Ana. Nella commozione suscitata, sul nostro territorio come in tutto il Paese, dalla scomparsa delle Penne Nere che “sono andate avanti”, in molti casi avendo continuato a rappresentare sino all’ultimo, per la propria comunità, un pilastro su cui poggiare. Ecco perché rendere onore al Corpo, nell’anniversario della fondazione, significa riconoscerne non solo il ruolo impresso nelle pagine della nostra storia e nelle Medaglie tributate, ma ancor più nel presente, ovunque vi sia necessità di ricostruire, di ridare speranza e conforto. Grazie a tutti gli Alpini, in armi e in congedo, in questa ricorrenza speciale. scarica l'articolo in formato .pdf Travo piange Eligio il partigiano che mai smise la Resistenza “Il giorno in cui dovevo morire era di marzo, nel 1945”. Alla giornalista Laura Gnocchi, che lo aveva intervistato per quello che sarebbe poi diventato il libro “Noi Partigiani. Memoriale della Resistenza italiana” con Gad Lerner, Eligio Everri aveva detto così. In mezzo ci sono dovuti passare 75 anni e 5 mesi: “Ligio”, perché così tutti lo chiamavano a Travo dove era nato il 18 settembre del 1921, se ne è andato l’altro giorno. La notizia ha fatto presto il giro della valle e della rete perché sia nel mondo reale che in quello virtuale Eligio era molto conosciuto: lo era stato per la sua presenza instancabile, mai venuta meno, alle chiamate al voto, dalle ultime primarie del Pd (quando addirittura l’attuale segretario Zingaretti gli inviò una lettera per ringraziarlo del suo sostegno) alle regionali di gennaio per dare man forte a Bonaccini (che infatti ieri sulla sua pagina facebook lo ha ricordato). Presente lo era stato anche nell’epidemia con un messaggio girato sui social per dire che in quasi 99 anni ne aveva viste tante, ma non tutte. Presente lo è nel libro di Lerner e Gnocchi, unica voce piacentina fra i partigiani di tutta Italia che proprio la scorsa settimana è stato presentato in un’affollata piazza Trento a Travo: lì Eligio non ha potuto esserci insieme ai ribelli di allora, Renato Cravedi in primis con cui lo legava un’amicizia lunga decenni, e tutti gli altri. C’era sua nipote Mia a leggere la sua testimonianza rilasciata ai giornalisti per raccontare di quel giorno del ‘45 in cui avrebbe dovuto morire e invece poi la Storia ha sparigliato le carte e ha fatto il suo giro. Ed Eligio è arrivato a un soffio dai 99 nella sua casa, circondato dai familiari, dai nipoti, dalle sue storie della montagna e di penna nera a cui lui ha sempre tenuto. Nelle foto, diverse quelle conservate dal figlio Daniele, lo si vede spesso con il cappello da alpino: momenti felici insieme a Bruno Anguissola ad esempio, precedente decano degli Alpini travesi scomparso a 104 anni, e al presidente della sezione di Travo Marco Girometta. «Mio padre è sempre stato molto presente e attento fino alle ultime settimane – spiega il figlio Daniele – gli piaceva tenersi informato su quello che accadeva, guardava sempre i telegiornali, leggeva il giornale e se non gli era chiaro qualcosa subito mi chiedeva: facevamo delle belle discussioni ed è stato così fino a poche settimane fa. Questa primavera aveva fatto l’uscita per partecipare al raduno alpino. Lui era così: quando ha scoperto che la sua storia era stata pubblicata nel libro di Lerner e della Gnocchi era felicissimo e molto fiero». Fiero era anche il paese di Travo e in particolare la sezione dell’Anpi che aveva nominato Eligio presidente: “Continueremo a fare tesoro del tuo insegnamento, del tuo esempio; custodiremo per sempre il tuo pensiero fatto di Umanità, di Pace e Libertà. Buon viaggio Presidente, che la terra ti sia lieve” è il messaggio che gli hanno indirizzato alcuni iscritti. I funerali si terranno oggi, lunedì , alle 17 nella chiesa di Travo: l’ultimo saluto a uno degli ultimi partigiani che 75 anni fa ha saputo vincere anche contro la morte. scarica l'articolo in formato .pdf La scuola è di tutti le penne nere al Volta misurano gli spazi Lo sforzo per la riorganizzazione degli spazi scolastici non è un affare che riguarda solo presidi e insegnanti, ma coinvolge tutta la comunità. A Castelsangiovanni anche gli alpini si sono rimboccati le maniche e hanno dato il loro contributo. Alcune volonterose penne nere del gruppo di Castello assieme ad altre provenienti da Pianello si sono presentate al liceo Volta e, d’accordo con la dirigenza scolastica, hanno sistemato le aule del linguistico, svuotato le cantine e aiutato a smaltire materiale non più utilizzabile. Intanto già si guarda a settembre quando per gli studenti delle scuole superiori di Borgonovo si prospetta una ripresa “in presenza”, e cioè con tutti i circa 200 studenti delle 17 classi degli indirizzi tecnico economico e tecnico tecnologico in classe, mentre molti loro compagni di Castelsangiovanni si prospetta invece una didattica mista. Diciotto cioè delle 54 classi che formano licei e istituto professionale (ex Casali) dovranno adottare la didattica a distanza, con una parte degli studenti collegati a turno via internet. Sono queste le soluzioni che vanno profilandosi per i circa 1.200 studenti iscritti al polo superiore Volta della Valtidone. Le criticità maggiori sono a Castelsangiovanni, dove c’è il maggior numero di iscritti. «Per 18 delle 54 classi – dice la dirigente Raffaella Fumi – dovremo adottare una didattica mista e cioè quattro o cinque studenti a turno dovranno seguire le lezioni a distanza perché le classi non possono accogliere più di 18 studenti». In questi giorni intanto, gli alpini si sono recati al Volta per dare una mano. Tra di loro c’era Ferdinando Lucchini, che a dispetto delle sue 90 primavere non si è tirato indietro. «Grazie, lo faccio volentieri» si è limitato a rispondere l’alpino a chi gli rivolgeva i complimenti per la tempra di ferro. All’interno delle aule, metro alla mano, le penne nere hanno posizionato i banchi alla distanza prevista dalle normative anti contagio. I banchi in esubero sono stati invece sistemati nelle rimesse della scuola da dove gli alpini, per liberare spazio, hanno portato via vecchi armadi e pesante materiale non più utilizzabile. Alla fine ciò che non serviva più è stato portato in discarica. «Abbiamo accolto volentieri l’invito della preside a dare una mano – dice il capogruppo Alessandro Stragliati –. Abbiamo pulito le cantine dal materiale in disuso, tolto i banchi non più a norma con le misure attuali e posizionato i restanti alla misura di un metro e trenta, visto che gli spazi lo consentivano. In futuro – dice ancora Stragliati – come alpini porteremo avanti altre attività con la scuola. Attività che riguardano l’ambiente, borse di studio e altre che stiamo ancora definendo». scarica l'articolo in formato .pdf Al Palabanca seicento alpini da tutta Italia «Anche questo è un segnale di ripartenza» mattina al Palabanca si contavano 600 penne nere. Erano quelle dei delegati dell’Ana (Associazione nazionale alpini) che si sono ritrovati nella nostra città per l’assemblea nazionale, che abitualmente si tiene a Milano, guidata dal presidente Sebastiano Favero. All’ordine del giorno c’erano la relazione morale del presidente e l’approvazione dei bilanci, benché Favero non si sia sottratto a un commento sui recenti fatti di cronaca che hanno visto apporre i sigilli alla caserma Levante e l’arresto di alcuni carabinieri di Piacenza. Per Favero è una questione che riguarda i giovani e il loro civismo. E consiglia una soluzione che, ritiene, potrebbe essere utile per arginare casi simili. «Questi fatti dispiacciono - dice - e ci auguriamo siano ben circoscritti. Corroborano quello che noi proponiamo da tempo: tutti i giovani dovrebbero compiere un periodo che io definisco di educazione civica. Lo ritengo necessario e, in tal senso, sotto il profilo dell’educazione civica meglio del servizio di leva non c’è nulla». Quindi precisa: «Ci rendiamo perfettamente conto che oggi la leva obbligatoria non possa essere pensata come quella che abbiamo fatto noi, ma insegnerebbe ai ragazzi a stare in comunità, l’uno a fianco dell’altro, e soprattutto eliminerebbe quel senso di individualismo e di onnipotenza che si riscontra in certi casi. È fondamentale per ridare vigore a questa nostra Italia». Tenutasi al Palabanca grazie all’interessamento dell’Ana di Piacenza, che ha permesso ai delegati di disporre di uno spazio idoneo in base alle norme anticontagio, l’assemblea è un ritorno alla normalità anche per gli alpini. «Ci tenevamo a organizzarla per lanciare un messaggio di speranza - dice Favero - per non dare l’impressione che tutto sia posticipato. È un segno di ripartenza, dall’alto valore simbolico perché siamo ospiti di una città che tanto ha patito per l’epidemia. È doveroso ringraziare chi ha reso questo possibile: l’amministrazione comunale, i titolari del Palabanca e gli alpini di Piacenza. L’assemblea è fondamentale per stabilire gli indirizzi da seguire in futuro». Con uno sguardo però al passato recente, in quanto il presidente ha ricordato uno a uno gli alpini «che sono andati avanti» a causa del Covid-19. All’assemblea, che ha rinnovato quattro consiglieri e due vicepresidenti, era presente anche il generale Claudio Berto, comandante delle truppe alpine. Segno di un legame forte con l’Ana. «Firmeremo un protocollo d’intesa per stabilire un legame ancora più profondo tra gli alpini in armi e quelli in congedo - dice Favero - siamo un tutt’uno». L’assemblea, alla quale hanno partecipato anche i presidenti delle sezioni estere di Francia e Germania, ha fotografato lo stato di salute dell’associazione, che conta oggi oltre 340mila soci. «Gli interventi durante l’epidemia dimostrano come l’Ana goda di buona salute. È fondamentale mantenere sia la memoria dei nostri valori sia la capacità di intervento - spiega Favero - quest’ultima mostrata dai nostri 6.500 volontari durante la pandemia con 81mila giornate di lavoro ». Soddisfazione anche per il padrone di casa Roberto Lupi, presidente della sezione piacentina. «Non essendoci l’adunata nazionale - dice - quello che ospitiamo a Piacenza è l’evento più importante dell’anno. È per noi un motivo di orgoglio. Ci è stata data la disponibilità di una struttura come il Palabanca, da qui la proposta che siamo felici sia stata accettata. Essere a Piacenza, dopo quello che ha dovuto subire la nostra città, è un segnale di rinascita».
scarica l'articolo in formato .pdf L’Associazione Alpini è apartitica Caro direttore, scrivo in relazione alla lettera pubblicata su Libertà di domenica 19 luglio 2020 dal titolo “Salvini non utilizzi il nome degli alpini” a firma del signor Daniele Dosi. Innanzitutto mi complimento con il signor Dosi per la sua capacità e velocità nell’effettuare indagini ed emettere sentenze, roba da far invidia ai più esperti e bravi investigatori e magistrati! Infatti, a un certo punto, afferma: «Mi sorprende invece tantissimo e mi disgusta altrettanto che gli Alpini di Piacenza si abbassino così tanto alla strumentalizzazione politica, accettando questo utilizzo improprio del loro nome». Quindi, ne deduco, che il signor Dosi ha verificato che la mascherina all’on. Salvini è stata consegnata o regalata dalla nostra Sezione o, comunque, da un Alpino piacentino. Le sarei grato se mi fornisse nome e cognome di colui che ha agito in tal senso, per prendere i necessari provvedimenti. Più seriamente, invece, vorrei evidenziare che le mascherine così come i nostri cappelli, in passato anch’essi indossati impropriamente da qualche politico anche di altri orientamenti, sono prodotti da aziende che li mettono sul mercato e chiunque può acquistarli. Così come, d’altro canto, nessuno di noi ha l’autorità o l’autorizzazione a intervenire per non fare utilizzare mascherine, cappelli, magliette, felpe, ecc. con i simboli degli Alpini ed il logo della nostra associazione. L’unica cosa che possiamo fare e che facciamo regolarmente, è quella di intervenire per ricordare a tutti che l’Associazione nazionale Alpini è un’associazione apartitica come recita molto chiaramente e senza possibilità di diverse interpretazioni l’art. 2 del nostro Statuto che riporto integralmente: “Art. 2 - Associazione apartitica, l’Associazione nazionale Alpini si propone di: a) tenere vive e tramandare le tradizioni degli Alpini, difenderne le caratteristiche, illustrarne le glorie e le gesta; b) rafforzare tra gli Alpini di qualsiasi grado e condizione i vincoli di fratellanza nati dall’adempimento del comune dovere verso la Patria e curarne, entro i limiti di competenza, gli interessi e l’assistenza; c) favorire i rapporti con i reparti e con gli Alpini in armi; d) promuovere e favorire lo studio dei problemi della montagna e del rispetto dell’ambiente naturale, anche ai fini della formazione spirituale e intellettuale delle nuove generazioni; e) promuovere e concorrere in attività di volontariato e Protezione civile, con possibilità di impiego in Italia e all’estero, nel rispetto prioritario dell’identità associativa e della autonomia decisionale”. Per il conseguimento degli scopi associativi l’Associazione nazionale Alpini, che non ha scopo di lucro, si avvale in modo determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri soci. Se ce ne fosse bisogno, segnalo infine che proprio nei giorni scorsi ho inviato una lettera a tutti i nostri gruppi ricordando, tra l’altro, che ognuno di noi, naturalmente, può pensare politicamente e votare come ritiene più opportuno, ma l’A.N.A. è rigorosamente apartitica. In conclusione informo che non interverrò più su questo argomento in quanto ritengo che l’articolo dello Statuto sopra riportato sia già più che esauriente e che non siano necessarie altre parole, e poi, noi Alpini siamo gente “del fare” più che del “chiacchierare”. Roberto Lupi presidente Sezione di Piacenza scarica l'articolo in formato .pdf Le scuole e i giardini di Pecorara intitolati agli eroi del quotidiano festeggiamenti dedicati ieri al patrono del comune di Alta Val Tidone, san Colombano, hanno unito il ricordo di chi in passato si è speso per la comunità, all’omaggio di chi oggi, camminando nel solco di quegli esempi, si impegna perché nessuno sia lasciato indietro, con gli occhi puntati alla figura del santo il cui carisma ha plasmato l’identità di un intero territorio. A Pecorara, dove ha fatto tappa la seconda edizione della festa patronale del giovane comune nato dalla fusione tra Pecorara, Caminata e Nibbiano, il passato ha il volto dell’indimenticato parroco don Angelo Villa, a cui è stata intitolata la scuola del paese, e di due storiche penne nere, Carlo Valorosi e Gino Quadrelli, ai quali sono stati intitolati i giardini accanto alla scuola. Una statua, dono degli alunni della scuola primaria, testimonia la volontà di onorare i valori su cui i due alpini improntarono la loro vita. A don Villa è stata invece intitolata la scuola. «È stato un cittadino, sacerdote, operaio della vigna del Signore arrivato il 3 settembre del 1978 a Pecorara per costruire una famiglia» ha ricordato monsignor Mario Dacrema. In 40 anni filati di servizio come prete di montagna, don Villa si fece promotore di decine di iniziative: dal coro ai restauri dei luoghi sacri, dalle feste della mamma alle bambine chierichetto, dalla sala giochi alla compagnia teatrale. «Nel suo abbraccio aperto alla gente, dai piccoli ai giovani, dagli adulti agli anziani – ha ricordato il sindaco, Franco Albertini – don Angelo ha unito la comunità locale in una dimensione di gioia contagiosa ». Lo spazio verde accanto alla scuola ricorda l’operosità dei due storici alpini, che il 12 febbraio del 1946 diedero impulso alla nascita del locale gruppo delle penne nere. Quadrelli sino alla sua morte, nel 2005, ne fu anche a capo del gruppo. «Ricordarli in questo modo, intitolando loro questo spazio – ha sottolineato il presidente provinciale Roberto Lupi – ha il senso di trasmettere i nostri valori ai più giovani, sperando che un domani possano seguire le orme dei nostri vecchi». «Uno spazio verde che speriamo venga utilizzato nel migliore dei modi, come si conviene a tutti i beni pubblici» ha auspicato l’onorevole piacentino Tommaso Foti, tra gli ospiti dei festeggiamenti dedicati a San Colombano. L’omaggio a quegli eroi del quotidiano, che silenziosamente hanno operato per costruire un senso di identità comune all’interno della propria comunità, si è unito all’omaggio alla figura del santo patrono. «Gli chiediamo di guidare i nostri passi – ha detto il cancelliere vescovile e parroco di San Colombano in Bobbio, don Mario Poggi – perché possiamo lavorare assiduamente e con continuità per testimoniare il vangelo non con altisonanti parole ma con uno stile di vita evangelico». Da Bobbio, sede del monastero fondato dal santo abate venuto dall’Irlanda, l’assessora Giorgia Ragaglia ha portato il saluto «perché - ha detto – siamo tutti membri della stessa comunità fondata da San Colombano». «La nascita di Alta Val Tidone – ha ricordato il sindaco Albertini – ci invita a scoprire i tesori nati sulla civiltà colombaniana, che deve camminare nel presente». scarica l'articolo in formato .pdf L’assemblea Ana al Palabanca in arrivo 600 alpini da tutta Italia Piacenza ospiterà per la prima volta l’assemblea nazionale dei delegati dell’Ana, Associazione nazionale alpini, guidata dal presidente Sebastiano Favero. L’appuntamento è in programma al Palabanca nella mattinata di sabato 25 luglio. Seicento i delegati, provenienti da tutte le sezioni italiane e estere, che raggiungeranno la nostra città. In genere l’incontro si svolge a Milano, sede nazionale dell’Ana, nel mese di maggio, dopo l’Adunata nazionale. Spesso al teatro Dal Verme o nella sala congressi della Camera di commercio, in corso Venezia. A causa dell’emergenza Covid-19 era necessario uno spazio più ampio rispetto alle strutture tradizionali che ogni anno accolgono i delegati. Il presidente della sezione di Piacenza, Roberto Lupi, venuto a conoscenza delle nuove necessità, ha proposto come sede Piacenza, in particolare il Palabanca, che ha una capienza di 4mila persone. L’Ana l’ha presa in considerazione e ha dato il via libera. Soddisfazione è stata espressa dallo stesso presidente Lupi. «Dopo aver ospitato lo scorso anno il Raduno del Secondo Raggruppamento e il consiglio direttivo - evidenzia il numero uno delle locali penne nere - è motivo di grande orgoglio accogliere tutti i delegati delle sezioni italiane. Il fatto che la nostra proposta sia stata accettata è anche un segnale di apprezzamento per il lavoro organizzativo svolto nelle precedenti manifestazioni. Inoltre il Palabanca è un luogo facilmente raggiungibile per tutti essendo vicino all’autostrada e al casello di Piacenza Sud». All’ordine del giorno, tra i vari punti, ci sono la relazione morale del presidente e l’approvazione dei bilanci. Alcune sezioni hanno già chiesto informazioni per poter pranzare in città, garantendo dunque un indotto che non sarà quello di un’Adunata nazionale o di un raduno interregionale ma che comunque, di questi tempi, risulta prezioso. Ogni sezione, in base al numero di iscritti, partecipa con un certo numero di delegati. Piacenza ne ha quattro, compreso il presidente. Martedì prossimo si terrà un sopralluogo alla struttura. L’intera organizzazione spetta alla sede nazionale anche se Piacenza dovrà occuparsi di alcune questioni logistiche. In particolare, nella giornata di venerdì 24, preparerà il palazzetto con i distanziamenti e il tavolo di presidenza. Il giorno successivo, trenta volontari saranno impegnati nel dirigere i delegati verso i 5 varchi per evitare assembramenti. L’assemblea di sabato 25 inizierà alle ore 10 e terminerà verso le ore 13. _fed.fri. scarica l'articolo in formato .pdf Ricordati gli alpini “andati avanti” nell’era del Covid Una messa in ricordo degli alpini di Fiorenzuola che se ne sono andati nel periodo del coronavirus, è stata celebrata nei giorni scorsi nella chiesa Scalabrini da monsignor Gianni Vincini. Più che “scomparire” o “morire”, tra gli alpini si usa l’espressione “andare avanti” ed è su questo che si è soffermata la riflessione del tenente alpino Franco Meneghelli, all’inizio della celebrazione. Un andare avanti in un cammino non più terreno, su cui si è centrata poi l’omelia di don Vincini. La celebrazione si è conclusa con la commossa recita della preghiera dell’alpino letta dal socio Alberto Tidone, che ha inserito nell’ultimo verso i nomi degli alpini del gruppo scomparsi: Rino Musile Tanzi e Giovanni Rastelli per il Gruppo di Fiorenzuola, Roberto Carcioffi per quello di Vigoleno, oltre all’amico degli alpini Lino Cammi. Erano presenti i presidenti del gruppo di Fiorenzuola Alberto Mezzadri e di Vigoleno Maurizio Sesenna. Gli alpini partecipanti indossavano la mascherina tricolore creata ad hoc per il gruppo, servita anche per raccogliere offerte._dm scarica l'articolo in formato .pdf A Ferriere festa per i cento anni dell’alpino reduce da 3 fronti di guerra Ha compiuto 100 anni il 26 giugno l’alpino Antonio Barbieri di Pomarolo di Ferriere, reduce di Grecia, Albania e Russia. Il suo cappello dalla penna nera testimonia la sua esperienza su questi fronti di guerra della Seconda guerra mondiale, portando tutti i simboli di queste tremende imprese alpine. La comunità ferrierese, a partire dai suoi amici alpini, lo ha festeggiato sabato pomeriggio, prima con la messa in chiesa a Ferriere celebrata dal parroco e cappellano della Sezione Ana di Piacenza, don Stefano Garilli e poi alla baita alpina, sede del gruppo delle penne nere guidato da Pino Malchiodi. Con Barbieri c’era anche la sua famiglia, i suoi figli Guido e Mariuccia e tutti i nipoti. Tanti i riconoscimenti che gli sono stati tributati: quello del Comune, quello della parrocchia, quello del gruppo alpini alle cui iniziative Barbieri è sempre presente. Cento anni sono un bel traguardo - gli abbiamo chiesto -. Come sta? «Sto benissimo - è stata la risposta del “vecio” alpino -. Frequento ancora tutte le iniziative del gruppo di Ferriere e mi vanto di essere alpino». Della ritirata di Russia cosa ricorda? «Non sono sicuramente belle cose da ricordare - ha risposto Barbieri -. Dopo 48 mesi sono tornato a casa a piedi, ho perso tanti amici che ho visto cadere sotto i miei occhi. Ma sono qui e sono contento perché ho tanti amici che mi vogliono bene, gli alpini, gli amministratori comunali, la famiglia, che mi hanno fatto una bella festa». Da parte del capogruppo degli alpini di Ferriere, Luigi (Pino) Malchiodi, un quadro che ritrae tutti i componenti del gruppo. «Gli facciamo gli auguri per i suoi 100 anni - ha detto il vicesindaco Paolo Scaglia consegnandogli una targa -, il traguardo di un secolo è un omaggio alla vita». Gianluca Gazzola, vicepresidente della sezione Ana Piacenza, ha augurato di festeggiare ancora tanti anni nella sua grande alpinità e ha assicurato la collaborazione per le future iniziative alpine ferrieresi. Presenti anche i gruppi di Farini-Groppallo e di Castellarquato e il past president della sezione Ana Piacenza, Bruno Plucani che in chiesa ha letto la “Preghiera dell’alpino” per chi è “andato avanti”. «Evviva gli alpini!» è stato il saluto di Antonio Barbieri, come ringraziamento a tutti, prima di dare il via al rinfresco._NP scarica l'articolo in formato .pdf Il “grazie” degli alpini a chi ha reso possibile realizzare il monumento Le penne nere di Castelsangiovanni hanno voluto dire “grazie” a chi si è dato da fare per rendere possibile la realizzazione del monumento all’Alpino di via Fratelli Bandiera. Lo hanno fatto scoprendo, ieri mattina, una targa, che è stata posizionata di lato al monumento che venne inaugurato nel 2013. «Il gruppo Alpini ha sentito la necessità di dare corpo a qualcosa di concreto, un piccolo gesto semplice ma che potesse testimoniare in modo tangibile e duraturo l’impegno profuso da chi ha contribuito alla realizzazione del monumento» ha detto il capogruppo degli alpini castellani, Alessandro Stragliati. Quest’ultimo, insieme all’ex capogruppo Massimo Bergonzi, ha scoperto la targa che porta impressi i nomi di tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione del monumento: alpini, ditte, amministratori, artisti, Polo di Mantenimento Pesante nord di Piacenza, benefattori. Durante la cerimonia Stragliati ha ricordato, tra gli altri, l’alpino Giancarlo Sadirlanda, scomparso due anni fa, per «aver voluto fortemente realizzare quest’opera»._MM scarica l'articolo in formato .pdf Calendasco ricorda le vittime «Il dolore di uno è di tutti» Sono ritorn ati lì in un luogo popolato dagli affetti ma che per mesi è stato del tutto inaccessibile, aggiungendo così dolore al dolore. Domenica la gente di Calendasco ha partecipato al cimitero alla santa messa in memoria delle vittime del coronavirus, in particolar modo quelle del paese improvvisamente scomparse, travolte dal morbo. L’iniziativa arriva dal gruppo Alpini di Calendasco, guidato da Filippo Battù, che nei mesi drammatici della chiusura si è speso per mantenere le tombe in maniera decorosa. La messa all’aperto è stata celebrata da don Stefano Garilli assieme al parroco don Fabio Battiato, di fronte ai parenti di coloro che sono scomparsi nell’emergenza coronavirus, alla presenza di chi ha contribuito a tenere salda la comunità durante quelle settimane difficili, come la protezione civile locale o la pubblica assistenza o le forze dell’ordine. Omaggio degli alpini Gli alpini, poi, hanno scelto di rendere omaggio al loro compagno Emilio Rapalli, “andato avanti” a causa del virus proprio come accaduto anche a suo fratello, Luigi. La vita sembrava un film «Questa celebrazione è difficile quanto doverosa» ha sottolineato il sindaco Filippo Zangrandi che ha preso la parola dopo la lettura della preghiera dell’Alpino. «Quello che abbiamo vissuto è un momento che entrerà per sempre nella storia del nostro paese e di tante famiglie. L’ho vissuto dall’inizio, dalle prime riunioni in prefettura a metà febbraio quando ancora tutti ci interrogavamo sul virus e nessuno aveva ancora la percezione di quello che sarebbe successo. Ben presto siano finiti di fronte ad una realtà molto dolorosa. La nostra vita è diventata un film. Calendasco ha risposto a questa tragedia come una grande famiglia. Alla gente che ha perso i propri cari voglio dire che il loro dolore è stato il dolore di tutti noi, di tutta la comunità di Calendasco, nessuno escluso. Quando moriva qualcuno, ricevevo tanti messaggi di gente che chiedeva conferma se fosse realmente successo. E grazie agli alpini che hanno custodito i nostri cimiteri, depositari della sacralità umana, nel momento delle chiusura. Era un dovere verso le vittime di questa epidemia ». scarica l'articolo in formato .pdf Alpini, 27mila ore di solidarietà e 70mila euro di donazioni Difficile per gli alpini rinunciare agli abbracci fraterni ma le norme anticontagio lo impongono e così, l’assemblea dei delegati, slittata lo scorso febbraio a causa dell’emergenza Coronavirus, è andata in scena con rigorosa disciplina. L’appuntamento annuale con i rappresentanti di tutti i gruppi piacentini è stato ospitato dal suggestivo contesto dei chiostri del convento di Cortemaggiore. Oltre al tradizionale cappello con la penna, sui volti degli alpini sono comparse le mascherine, per molti tricolore. Le sedie dei delegati erano distanziate di un metro, una separazione solo fisica perché l’unione tra le Penne nere è indissolubile. Il presidente sezionale Roberto Lupi ha illustrato l’attività svolta nel 2019 dove spiccano le 27.177 ore di volontariato svolte dagli alpini a favore delle comunità in cui vivono e oltre 70mila euro di donazioni per vari progetti. I dati sono contenuti nel “Libro verde della solidarietà”. Nel periodo dell’emergenza gli alpini e i volontari del Nucleo di Protezione civile si sono dati da fare su numerosi fronti per aiutare le persone in difficoltà. L’epidemia di Covid ha duramente colpito la Sezione con diversi lutti. «A breve, nel rispetto delle normative - ha sottolineato Roberto Lupi - organizzeremo una Alpini, 27mila ore di solidarietà e 70mila euro di donazioni messa per ricordare chi è “andato avanti”. Ancora da definire data e luogo. I tradizionali raduni previsti quest’anno, compresa l’Adunata nazionale di Rimini, sono slittati al 2021. Anche la Festa Granda provinciale in programma a Bettola a settembre è stata spostata al prossimo anno. Per il 2021 le candidate a ospitare il raduno provinciale erano Ferriere, Monticelli e Ziano. Il prossimo febbraio è in calendario la votazione per capire a chi verrà assegnata la manifestazione che si svolgerà nel 2022. Alle tre in lizza potrebbe aggiungersi qualche altro gruppo intenzionato a ospitare l’evento. Durante l’assemblea sono stati eletti i consiglieri sezionali con la riconferma di Roberto Ronda, Gianni Magnaschi, Luigi Faimali, Giorgio Corradi, Giovanni Carini e Luigi Mercori. Il consigliere Leopoldo Gogni ha comunicato la rinuncia alla candidatura. Revisore dei conti è stato confermato Gino Luigi Acerbi mentre i tre delegati all’Assemblea nazionale sono Roberto Buschi, Graziano Franchi ed Ernestino Marchini. Presente alla riunione anche il presidente nazionale del collegio dei revisori, Roberto Migli. È stato inoltre presentato ufficialmente Pietro Busconi, nuovo direttore della rivista sezionale Radio Scarpa. Busconi riceve la stecca da Dino Lombardi, al timone per oltre 30 anni. scarica l'articolo in formato .pdf Festeggia il secolo tra le “sue” penne nere accanto alla moglie anche lei centenaria Una famiglia bicentenaria, a voler fare di conto. Attilio Girandola, classe 1920, alpino del Battaglione Susa, ha compiuto il 4 giugno il secolo di vita,con al suo fianco la moglie Rosa Guglielmetti, che già in precedenza aveva superato la soglia dei cento anni. Ha il cappello d’alpino Attilio Girandola e non è il solo, perché come ormai è prassi consolidata dall’amicizia, accanto a lui - naturalmente mantenendo il metro di separazione come vogliono le regole del distanziamento sociale - ci sono numerose altre penne nere: da Bruno Plucani, ex presidente della sezione Ana piacentina, al vice presidente Pierluigi Forlini, al cappellano degli alpini don Stefano Garilli, per arrivare ad altri membri della sezione di Piacenza che non hanno voluto fare mancare il loro affetto alla famiglia Girandola in un momento così significativo. La coppia ha 8 figli, 15 nipoti e 6 pronipoti. Nato a Colla di Pradovera nel 1920, Attilio ha vissuto molti anni a Farini. Durante la Seconda Guerra Mondiale ha combattuto con il Terzo Reggimento in Francia, dove il 24 giugno del 1940 ha riportato una ferita per lo scoppio di una mina. Tornato a casa, ha lavorato come fattorino all’Inps. Oggi è a Piacenza, dove ha ricevuto la visita della sindaca Patrizia Barbieri. Non è la prima volta che la prima cittadina si presenta sull’uscio di casa della famiglia Girandola. Il perché lo spiega lei stessa. «Da questa visita si esce arricchiti - dice - dalla vita di Attilio e Rosa giunge un messaggio importante imperniato sugli stessi valori diffusi dal Corpo degli Alpini: la generosità e il valore degli affetti». «Festeggiare i cento anni di Attilio è doveroso - aggiunge - tanto più oggi che stiamo attraversando come comunità un momento molto complicato. Tutti abbiamo la necessità di avvertire calore intorno a noi e gli alpini ne danno tanto ». I due protagonisti di giornata, Attilio e Rosa, sposati da 79 anni, sono emozionati. Alzano il bicchiere al brindisi sulle note di un canto alpino, poi dalla tavola imbandita si scopre la torta con scritto “Tanti Auguri - 100”, sulla quale una candela accesa fa brillare una mattina di pioggia fine. Vicino a loro ci sono i figli, gli occhi di Attilio sorridono, dice che è felice di festeggiare con gli alpini questo traguardo. «Abbiamo fatto tanti sacrifici - interviene Rosa - se penso che non avevamo neppure l’acqua per lavarci. Ora abbiamo molto più tempo e lo trascorro pregando ». _ Filippo Lezoli scarica l'articolo in formato .pdf Una preghiera e un grazie agli alpini Egregio direttore, nel pieno delle pur doverose celebrazioni ufficiali, cui tanti politici e autorità hanno partecipato, sullo spirito di sacrificio e il senso civico manifestati dai piacentini durante la recente pandemia, voglio citare un episodio non meno importante e anche più autenticamente intenso. L’amico Domenico mi ha raccontato di essere stato avvicinato in piazza Duomo da due turisti bergamaschi che gli hanno chiesto informazioni sulla chiesa. Alla risposta che si trattava del Duomo i due gli hanno riferito che là erano diretti per pregare proprio in quel luogo sacro e ringraziare gli alpini piacentini che pur in un momento così drammatico per la loro città tanto si erano adoperati per aiutare la popolazione bergamasca. Voglio condividere con tutti i lettori l’emozione da me provata davanti a questa testimonianza tanto vera. Gian Carlo Savini Piacenza scarica l'articolo in formato .pdf I volontari e il Covid “Nel Mirino” racconta il meglio di PiacenzaScout, soccorritori sanitari, operatori di protezione civile e non solo. Ad alimentare il motore piacentino della macchina anti-Covid sono stati soprattutto loro: i volontari. Uomini e donne di qualsiasi età, che durante la terribile allerta da coronavirus si sono ritagliati un’importante fetta di tempo per dare una mano sul campo: in ambulanza, nei reparti ospedalieri, fra i nuovi poveri e in tutti gli altri luoghi “caldi” dell’epidemia. Alcune delle loro testimonianze sono state raccolte nel corso dell’ultima puntata di “Nel Mirino”, il format d’approfondimento di Telelibertà in onda ieri sera sul canale 98 del digitale terrestre (repliche in programma oggi, sabato, alle 9 e alle 17 su Telelibertà). Gli ospiti - intervistati dal direttore Nicoletta Bracchi - sono stati il coordinatore di Anpas Paolo Rebecchi, il presidente provinciale della Croce Rossa Alessandro Guidotti, il referente dei volontari di protezione civile Leonardo Dentoni, l’alpino Maurizio Franchi e il caposcout di Agesci Alessandro Tosca. «Ricordo bene la giornata del 21 febbraio, lo scoppio dell’emergenza nel Lodigiano - premette Dentoni -. Mi trovavo in Liguria, in gita con i miei genitori quasi ottantenni. Sono entrato in una trattoria e ho sentito la notizia dei primi contagi a Codogno. A quel punto mi si è gelato il sangue. Continuavo a pensare a cosa sarebbe successo di lì a poco anche a Piacenza. Ho chiamato gli operatori in città per iniziare a predisporre mezzi e attrezzature…». Nel nostro territorio l’epidemia ha mietuto tante, troppe vittime. Ma se le ripercussioni non sono state ancora più drammatiche, il merito va anche ai volontari: «Quasi nessuno di loro si è tirato indietro - sottolinea Rebecchi -. Anzi, abbiamo ricevuto una pioggia di richieste da parte di persone che volevano mettersi in gioco per dare una mano alla popolazione». Tra questi c’erano tanti giovani dal cuore d’oro, come gli scout di Agesci: «Il nostro motto è “Del nostro meglio” - spiega Tosca - e così abbiamo fatto, in particolare intervenendo in sostegno alle nuove fasce di povertà create dalla crisi economica da Covid». L’attività più dura della squadra di protezione civile è stata all’apice dell’epidemia, alla fine di marzo, quando il forno crematorio non riusciva più a gestire l’incessante arrivo di salme: «Abbiamo fornito i condizionatori per raffreddare le tende in cui conservare i defunti - ha ricordato Dentoni con la voce rotta dall’emozione - e abbiamo collocato un tir frigorifero nel piazzale del cimitero per ricoverare le bare in attesa di cremazione. In media, ogni giorno, avevamo cinquanta volontari impiegati in città e provincia. Chi vive fuori Piacenza non capisce davvero il dolore affrontato ». Per Rebecchi «questa esperienza ci ha mostrato quanto siamo fragili, rendendoci un po’ più vulnerabili nella quotidianità che stiamo vivendo oggi». Guidotti non può dimenticare «il senso di impotenza provato davanti all’impossibilità di soddisfare immediatamente tutte le richieste di ambulanze, perché i mezzi di Croce Rossa erano già occupati con altri pazienti in condizioni critiche. In questo clima è emerso un clima di collaborazione ancora più forte. La nostra associazione ha effettuato il trasporto di oltre 2.700 persone per casi legati al coronavirus». Anche per Rebecchi «era allucinante vedere trenta o quaranta chiamate di soccorso in attesa contemporaneamente, nonostante il numero esorbitante di ambulanze a disposizione ». «Lo sforzo di Anpas - ha aggiunto - è stato pazzesco: 10.600 servizi, 385mila chilometri percorsi tra febbraio, marzo e aprile. A fine turno le facce degli operatori non erano più le stesse ». Gli alpini a Bergamo Non solo a Piacenza. L’impegno spontaneo dei volontari è andato ben oltre: «Un gruppo di penne nere del nostro territorio - evidenzia Franchi, coordinatore dell’unità di protezione civile degli alpini - si è reso disponibile per collaborare nell’ospedale da campo allestito all’esterno del nosocomio di Bergamo». Impossibile infine non citare l’enorme mole di donazioni, messaggi di supporto e disegni regalati dai bambini: «Segnali fondamentali - confermano Rebecchi e Guidotti - per dare la spinta negli attimi in cui il mondo sembrava crollarci addosso Thomas Trenchi scarica l'articolo in formato .pdf Castello, un Tricolore per il monumento dedicato agli alpini In vista della festa della Repubblica, che ricorre oggi, gli alpini di Castelsangiovanni hanno voluto collocare un Tricolore in bella vista in quello che per loro è un luogo simbolo. Si tratta del monumento all’Alpino, in viale Fratelli Bandiera, dove anni fa era stato inaugurato un piccolo slargo con una stele che raffigura un alpino a fianco di un mulo. «Lo abbiamo fatto – dice il capogruppo Alessandro Stragliati – come segno del nostro attaccamento alla patria, in vista della festa della Repubblica». A causa delle misure restrittive, gli alpini non potranno oggi festeggiare in maniera corale, ma lo faranno idealmente, proprio come alcuni giorni fa hanno rivolto una affettuoso pensiero a uno dei loro decani: Luigi Fellegara. Lo storico alpino, che in passato è stato nominato Castellano dell’anno, ha soffiato sulle sue novanta candeline. «Gli siamo vicini con affetto – dice Stragliati –. Avremmo voluto festeggiarlo tutti insieme ma le misure restrittive al momento non lo consentono. Gli rivolgiamo comunque un augurio da parte di tutta la sezione»._MM scarica l'articolo in formato .pdf Sette stelle al merito fra tutori dell'ordine e militanti anti-Covid Militari, tutori dell'ordine, spesso Impegnati In prima persona nei giorni più duri ddell'emergenza Covid. Sono i sette volti di chi domani in prefettura riceverà le tradizionali onorireficenze dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Eccoli di seguito e nell'articolo a fianco.
Generale Santamaria Pierluigi Forlini Dal 2013 Pierluigi Forlini è vicepresidente sezionale degli Alpini di Piacenza e dal 2017 è capogruppo degli Alpini di Borgonovo Valtidone. Pensionato, ha svolto la propria attività prima presso il Dazio Doganale di Borgonovo Valtidone, poi in qualità di responsabile ha operato presso l'Azienda Ime di Borgonovo. Successivamente ha prestato servizio come capo reparto collaudo presso la Petroltubi di Castelsangiovanni per terminare po la sua attività gestendo in Borgonovo Vlatidone il distributore già condotto dal padre. Nell'ambito della Associazione Alpini nel 2011 ha ricoperto anche l'incarico di rappresentante di Vallata Alta Valtidone. scarica l'articolo in formato .pdf «L’aiuto a Pro loco e Comune nel segno dell’amico Salvatore» San Giorgio ha pagato un prezzo altissimo nel corso di questa pandemia, perdendo personalità che sembravano immortali, colonne di un paese che sentirà per sempre la loro mancanza. Tra i “monumenti” portati via da questo maledetto virus c’era anche Salvatore Pizzi; lui il paese lo aveva nel cuore e per il paese ha sempre donato tutto sé stesso. Salvatore se n’è andato a 72 anni, carattere forte, di quelli che se ti devono dire una cosa in faccia lo fanno senza neanche pensarci troppo. L’entusiasmo e la passione nel realizzare iniziative rivolte alla comunità l’hanno sempre contraddistinto. Salvatore era un alpino: fiero e sempre a disposizione per la propria sezione. «Salvatore ha posato lo zaino ed è andato avanti. Non è facile spiegare il vuoto che ha lasciato, ma di un aspetto sono certo: Salvatore mancherà a tutti». Sono le parole di Graziano Franchi, Capogruppo degli Alpini San Giorgio, associazione attiva nel territorio nella realizzazione di eventi come la storica castagnata di Piazza Marconi, l’allestimento delle luminarie natalizie e le frequenti visite alle scuole del paese e alla casa di riposo Ceresa. Un impegno continuo nel quale era «L’aiuto a Pro loco e Comune nel segno dell’amico Salvatore» fondamentale l’apporto di Salvatore: un punto di riferimento del volontariato sangiorgino. Salvatore ha lasciato - oltre che una comunità sofferente - la moglie Annamaria e la figlia Samantha il 12 marzo scorso e, a parte i famigliari, nessuno ha potuto salutarlo come avrebbe meritato: per questo il Capogruppo Franchi tiene ad annunciare che appena sarà possibile, gli Alpini di San Giorgio - in accordo con il parroco Don Claudio Carbeni - dedicheranno una messa di suffragio in ricordo di Salvatore e di tutte le penne nere che ci hanno lasciati prematuramente. «Il dolore per la perdita di Salvatore è incalcolabile e ancora vivo in tutti noi, ma non c’era modo migliore per omaggiare la sua persona che continuare a lavorare per il nostro paese», commenta Franchi che sottolinea le collaborazioni con Comune e Pro loco, volte ad aiutare i più bisognosi. Il Gruppo Alpini non si è mai fermato, proprio come amava fare Salvatore, e nel suo ricordo ha scelto di elargire parte del fondo cassa dell’associazione alla Pubblica Assistenza San Giorgio, alla Casa di riposo Ceresa ed alla raccolta fondi ideata per permettere la consegna di spese alle famiglie più precarie. «Abbiamo voluto esserci in questa difficile situazione» afferma Franchi. Salvatore con lo spirito critico che lo contraddistingueva, da lassù, sarà sicuramente orgoglioso Marco Vincenti scarica l'articolo in formato .pdf «Esercito e città cresciuti insieme perfetta sinergia che resiste» Il 4 maggio 1861 un provvedimento dell’allora ministro della Guerra Manfredo Fanti decretava la fine dell’armata sarda e la nascita dell’Esercito Italiano. Una data storica che oggi ricordiamo, nel 159esimo anniversario dell’Esercito, attraverso le parole del Maggiore Generale Sergio Santamaria, direttore del Polo di Mantenimento Pesante Nord di Piacenza. Maggiore Generale, quello tra l’Esercito e Piacenza è un binomio dagli antichi natali che ancora oggi produce i suoi effetti. Città ed esercito sono praticamente cresciuti insieme se pensiamo che dal 1863 a Piacenza esisteva già un ente dell’Esercito Italiano. Si trattava della divisione di artiglieria collocata a Palazzo Farnese. Il 4 maggio è un giorno speciale che credo sia doveroso celebrare con la cerimonia dell’Alza bandiera e la resa degli onori ai caduti di ogni epoca. L’esercito non ha mai mancato di fornire il proprio supporto alla comunità piacentina anche in epoca recente: prima del supporto logistico all’allestimento dell’ospedale da campo in piena emergenza Covid, ricordo anche l’intervento del secondo reggimento del Genio Pontieri durante l’ultima piena del Po. Non è un caso, allora, che le manifestazioni d’affetto arrivate oggi siano così tante. Oltre al sindaco e al prefetto, vogliamo ringraziare anche «Esercito e città cresciuti insieme perfetta sinergia che resiste» la società industriale ed economica per la sensibilità dimostrata nei nostri confronti, anche attraverso cospicue donazioni; per noi testimoniane che costituiscono la motivazione ideale per proseguire il compito che deriva dal nostro giuramento, ovvero quello di difendere il nostro paese fino all’estremo sacrificio. Mi permetta anche una commossa preghiera per chi non ce l’ha fatta durante l’epidemia. E un ringraziamento alle donne e agli uomini del secondo reggimento del Genio Pontieri, al Polo Nazionale Rifornimento e al Polo di Mantenimento Pesante Nord, ma anche al personale civile della Difesa che ho l’onore di dirigere e che lo stesso giuramento porta nell’animo. Torniamo all’ospedale da campo militare in emergenza Covid: non è stato solo un punto di riferimento sanitario, ma anche emotivo. i pazienti hanno raccontato di aver trovato lì una seconda famiglia Una delle cose più brutte che questa epidemia porta con sé è la solitudine del paziente. È tutto affidato a chi gli è intorno. Il soldato che si trova lontano dal suo paese è abituato a questa situazione e quando avverte negli altri questa sensazione di solitudine, è pronto a comportarsi di conseguenza. Così il personale sanitario militare sostituisce i pezzi mancanti della nostra famiglia. È nel suo nostro dna, farlo e costruire una famiglia, che sia nella buca di una trincea o nella una stanza di un ospedale. Per un giovane che si affaccia all’età adulta, cosa direbbe che rappresenta oggi l’esercito italiano? Un punto di riferimento, ma solo per chi ha l’ambizione di fare qualcosa per la propria nazione che va aldilà di ciò che è comune. Quello con l’Esercito è l’unico contratto al mondo che prevede anche l’estremo sacrificio. Un donarsi che va al di là di ogni compito. Non serve solo scienza, coscienza e addestramento, ma soprattutto grande cuore e animo nobile e gentile. Poi c’è vero spirito di comunità nel dover reagire a situazioni di estrema fragilità, dove l’unità tra esseri umani è l’unica vera forza per arrivare all’obiettivo. Si parla in questi giorni della possibilità di restituzione alla cittadinanza dell’ex ospedale militare. Cosa ne pensa? Penso possa essere una soluzione, ma vanno fatte le giuste valutazioni finanziarie. Noi siamo pronti a poterlo cedere, ma penso che il comune abbia già le idee chiare sull’argomento e potrebbe essere una soluzione per guardare al futuro con lungimiranza. Si tratta di strutture importanti e dobbiamo trovare una loro giusta finalità per evitare di fare cattedrali nel deserto. Ma si sta lavorando in questo senso. Cos’ha trovato umanamente lei a Piacenza? Da meridionale poi arruolato nelle truppe alpine, ho sofferto un iniziale pregiudizio verso i piacentini chiusi. E invece, devo dire che ho trovato una città dell’accoglienza e del passaggio, una città con belle persone, non scontrose ed ospitali. Al massimo, timide. Il piacentino non riesce a farsi pubblicità perché umile e laborioso. Come tutte le persone di confine ha saputo prendere il meglio: la laboriosità del lombardo così come l’ospitalità dell’emiliano. Spero veramente di essere un piacentino a Piacenza, e ringrazio chi intorno a me mi ha fatto sentire a casa. Il sistema piacentino, come ha giustamente sottolineato il prefetto Falco, è un sistema vincente in cui le capacità dei singoli vengono amplificate dal lavoro di squadra. scarica l'articolo in formato .pdf <<Quella quarantena in stalla ci salvò tutti dal contagio>> Stare chiusi incasa non è uguale per rutti. C'è chi può permettersi una gabbia dorata e chi deve arrangiarsi in un monolocale con angolo cottura. Restrizioni e divieti sono prorogati al 3 maggio con buona pace dei ponti del 25 Aprile e del 1 Maggio ben ''sacrificati" alla rutela della salute. Da Podenzano arriva un amarcord che risponde a chi comincia a non poterne più distare in casa. «Ragazzi, io ho passato una quarantena in una stalla» dice Giorgio Rossi volto noto anche per essere guida senior Coldiretti Piacenza e vicepresidente regionale dei pensionati dell'organizzazione agricola. Sia chiaro non stavolta, era il '68 ma il ricordo non ha nulla a che vedere con la contestazione giovanile. Rossi quell'anno prestava servizio come alpino nella 71ma compagnia battaglione Gemona. Un nome che evoca il sacrificio della guerra ma anche il servizio alla comunità (si pensi solo all'opera di soccorso durante il terremoto nel Friuli del I 976). «Appena è scoppiata l'emergenza Covid-19, con la decisione della zona rossa nel Lodigiano · dice Rossi· mi sono subito ricordato delle regole che salvarono me e i miei commilitoni da un'epidemia di meningite acuta. Ieri, come oggi, la prescrizione è una sola: stare lontani gli uni agli altri>. Il passato torna con prepotenza soprattutto quando si ritrovano vecchie foto e Giorgio Rossi ne ha trovata una di lui insieme a Giuseppe Schiavi di Mezzano Scotti e alla mula Dannata. «Che in realtà, a dispetto del nome, era buonissima». E' da qui, da quell'immagine in bianco e nero, che nasce il racconto. « Eravamo in Friuli, a Pontebba • ricorda Rossi · era il 2 febbraio del 1968 quando partimmo per il campo invernale che consisteva nel raggiungere baite negli alpeggi che diventavano campi base per esercitazioni. C'era la compagnia miltragliatori e la compagnia che conduceva una ventina di muli che portavano viveri, fieno, munizioni e tutto quello che serviva. Procedevano in fila, mettemmo le racchette ai piedi perché nevicava tanto e avanzavamo fra mezzo metro di neve fresca. Si decise di formare la compagnia per permettere al tenente di passare in rassegna il gruppo, verificare le condizioni per poi fare rapporto al capitano. Mi resi conto che c'era qualcosa che non andava: il tenente si rivolse a me, che ero caporale, dicendomi che c'era un ragazzo che stavamale e di caricare la sua mitragliatrice sul mulo. Mi avvicinai a quel ragazzo e non dimenticherò mai il suo sguardo, il suo viso paonazzo mentre mi diceva che gli girava la testa. Raggiungemmo la baita dove, messi giù i sacchi a pelo, facemmo subito sdraiare il ragazzo. Ormai era sera e la neve non mollava. Smontato dal turno di guardia, nella notte gli portavo da bere, sciogliendo la neve nel mio gavettino. Lui non migliorava e, al mattino seguente, aveva più di 39 di febbre. Lo portammo a valle a dorso di una mula bravissima che si chiamava Dannata e fu subito portato all'ospedale di Udine. Quanto a noi, fummo accompagnati con i camion nella caserma di Paularo. Era vuota ma ci fecero sistemare nella stalla con la prescrizione di mantenere due metri di distanza l'uno dall'altro. Eravamo una sessantina di ragazzi. Stessa distanza andava tenuta anche al momento del rancio. Mi avvicinai al tenente chiedendo spiegazioni: "C'è arrivata comunicazione che quel ragazzo ha meningite acuta" fu la risposta. Ero un po' preoccupato ma da giovani si reagisce a tutto con ottimismo. E quella quarantena senza esercitazioni, in compagnia dei transistor per sentire il festival di Sanremo, non fu un sacrificio. C'erano altri tre piacentini con me: Roberto Palumbo di Vigolzone, Giuseppe Schiavi di Mezzano Scotti e Gelmetti di Cortemaggiore. Con loro ci vediamo alle adunate. Perché racconto oggi questo aneddoto della mia vita. Perché nessuno di noi rimase contagiato. Ieri, come oggi, la regola del distacco fisico è la vera arma contro la dilfusione dell'epidemia». Paola Romanini scarica l'articolo in formato .pdf Raccolta fondi a quota 710mila euro generosità dagli alpini di Bettola e Perino Ha superato i 700mila euro la raccolta fondi “Aiutiamo chi ci aiuta” attivata da Editoriale Libertà a sostegno degli ospedali piacentini. Molte risorse sono già state subito garantite all’Ausl, per dare “ossigeno” nella battaglia incessante al virus. Ognuno ha cercato di fare la sua parte e ogni euro è importante. Le ultime in ordine di tempo arrivano dagli Alpini di Bettola e da quelli di Perino, due gruppi che anche in questa occasione hanno saputo dare dimostrazione di generosità. «Quando c’è bisogno noi ci siamo e con il nostro contributo vogliamo realmente “Aiutare chi ci aiuta” in ore così sofferte e dolorose. Abbiamo voluto “cucire” una parte di questa preziosa coperta della solidarietà», dicono dal gruppo di Perino. «Il grande cuore degli alpini piacentini, stimolato dal presidente Roberto Lupi, ha dato prova di sè in diversi modi», aggiungono da Bettola. «Come Penne nere bettolesi abbiamo donato 2mila euro sulla raccolta fondi voluta da Libertà. Vogliamo essere uniti e solidali con coloro che combattono in prima linea. In quest’ora triste e buia, siamo convinti in una luminosa ripresa. Viva l’Italia, viva gli alpini», Tante le iniziative anche spontanee di solidarietà nel territorio per l’Ausl: ad esempio, tra i giovani, c’è chi ha donato anche le proprie quote del fantacalcio, raggiungendo 600 euro, come dimostrato a Travo (Fantasimo’s). Si ricorda che si può ancora donare e ogni centesimo sarà consegnato all’Ausl: il conto corrente, intestato a Editoriale Libertà spa, all’istituto Credit Agricole, ha come numero dell’Iban IT73G0623012601000032269604. La Fondazione Libertà ha donato subito 100mila euro. _malac. scarica l'articolo in formato .pdf Per i nostri ospedali più di 620mila euro sul conto di Libertà Supera i 600mila euro - precisamente sono 627mila - la raccolta fondi voluta da Editoriale Libertà a sostegno degli ospedali piacentini. In due settimane, sono state tantissime le donazioni arrivate sul conto corrente aperto in Credit Agricole, nella lotta al coronavirus. “Aiutiamo chi ci aiuta” è il nome dato a questa sottoscrizione, sulla quale Fondazione Libertà ha da subito garantito 100mila euro. Solidarietà e aiuto fanno sempre rima con Alpini e l’ultimo aiuto è arrivato proprio da loro, perché la loro disponibilità e il loro impegno a favore di chi ne ha bisogno è risaputo e anche questa volta le Penne nere non sono mancate all’appello. Il Gruppo alpini di Carpaneto, col capogruppo Daniele Mazzoni, ha deciso infatti di sottoscrivere una donazione di cinquemila euro in favore dell’iniziativa, ribadendo “Aiutiamo chi ci aiuta”, un motto che è diventato ormai un collante sociale, consapevoli che negli ospedali si stia combattendo da più di un mese una guerra contro un nemico pericoloso e invisibile. Il gruppo alpini è da sempre molto attento ai bisogni della comunità e, anche a Carpaneto, oltre a donare attrezzatura a varie associazioni o enti, tiene curato il viale delle Rimembranze e il monumento ai Caduti. Questa volta si è autotassato per aiutare gli ospedali. Ormai anche i compleanni non sono più tali: impossibile festeggiare, con un numero di morti così alto. Così il sindaco di Cerignale Massimo Castelli ha chiesto a chi volesse fargli un regalo o un augurio di girarlo direttamente sul conto aperto da Editoriale Libertà per l’Ausl: «Il 26 marzo è il mio compleanno. I vostri auguri mi renderanno felicissimo. Di solito mi bastano, ma questa volta vi chiedo anche un regalo, aderire alla sottoscrizione del quotidiano Libertà e donare un po’ di euro all’ospedale di Piacenza, che si sta dimostrando un presidio sanitario sociale e umano indispensabile, fatto di uomini e donne eccezionali, che rischiano per noi è i nostri cari». Aiuti sono arrivati anche da Milano, dove risiedono alcuni originari del Piacentino, come Irma Malchiodi. E addirittura anche da regioni non vicine come il Trentino, come nel caso di Alberto Bentini. Ricordiamo l’Iban IT73G062301260100003226960 4: causale “Aiutiamo chi ci aiuta” o “Sostegno agli ospedali piacentini”. Si ricorda che il conto corrente è intestato a Editoriale Libertà spa e che è ancora possibile fare uno sforzo di generosità per uscire da quest’incubo. _Elisa Malacalza_Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Addio a Ferrari, Agazzano perde il suo alpino di ferro Agazzano ha perso Italo Ferrari, il suo “alpino di ferro” dal sorriso dolce. Solo pochi mesi fa Italo (così veniva chiamato, ma il suo vero nome era Vittoli) aveva tagliato il traguardo dei 100 anni, portati con fierezza. Fino a che ha potuto Ferrari è sempre stato presente a tutte le manifestazioni, dalle ricorrenze di inizio novembre a quelle per la Liberazione e anche alle adunate alpine. Lo scorso anno aveva dovuto arrendersi all’inesorabile trascorrere del tempo e non aveva partecipato alle celebrazioni del 4 Novembre. Dalla sua abitazione di Agazzano aveva però seguito con lo spirito e con il suo inseparabile cappello alpino. Italo Ferrari, oltre ad essere l’alpino più anziano del gruppo di penne nere agazzanesi, era stato anche presidente onorario dei Combattenti e Reduci, sempre della sezione agazzanese. «Purtroppo - dice il capogruppo degli alpini Emanuele Boccellari - a causa della situazione attuale non potremo rendergli onore con la nostra presenza, come Italo avrebbe meritato». «Quest’anno tra l’altro - aggiunge il capogruppo - avremmo dovuto consegnare a lui la stecca alpina che ogni anno consegniamo ad un alpino della nostra sezione che si è contraddistinto per particolari meriti. Per noi Addio a Ferrari, Agazzano perde il suo alpino di ferro equivale ad un riconoscimento quale alpino dell’anno. Avevamo scelto lui - prosegue il capogruppo - perché nel 2019 Italo aveva compiuto 100 anni e ci pareva doveroso tributargli questo riconoscimento». La stecca verrà comunque consegnata idealmente dagli alpini di Agazzano al loro amato decano. Sempre gli alpini, insieme a tutte le autorità e anche ai Combattenti e Reduci, lo scorso autunno avevano festeggiato con Ferrari il traguardo dei 100 anni di vita nella sua casa di Agazzano dove si è spento circondato dai suoi famigliari. In quell’occasione gli erano state consegnate alcune targhe, tra cui una che, in un gioco di simboli e disegni, tracciava un parallelo tra i 100 anni degli alpini, nati a Milano nel 1919, e il secolo di vita di Ferrari. Originario della frazione di Sarturano Ferrari in passato era stato insignito della Croce di Guerra. Arruolato negli alpini Italo partì il 17 marzo del 1940 per la Grecia e l’Albania, dove fu spedito a combattere prima di essere mandato in Francia, passando per la Jugoslavia. Mentre era in Francia in Italia si consumava l’armistizio dell’8 settembre. «Da Grenoble me la feci tutta a piedi fino a Torino» aveva raccontato a Libertà. Con un treno e con mezzi di fortuna riuscì ad arrivare a Castelsangiovanni e poi finalmente ad Agazzano. Domani l’estremo saluto solo per i familiari. scarica l'articolo in formato .pdf Come un pit stop: quelle ambulanze in dieci minuti subito sanificate È un impegno senza sosta e fondamentale quello dei volontari della protezione civile che quotidianamente sanificano le ambulanze che trasportano i pazienti colpiti dall’epidemia di Coronavirus. Sono in tutto una quindicina i volontari che in queste settimane si occupano della pulizia delle ambulanze. In via Anguissola, nell’area allestita con una tenda, l’operazione riguarda circa 70 mezzi al giorno. In questa fase di grande emergenza che sta coinvolgendo la nostra città e l’intera nazione, a presiedere l’attività di pulizia è Maurizio Franchi, coordinatore degli alpini e dell’Unità di protezione civile di Piacenza. «In questi giorni - spiega Franchi - il nostro compito è quello di sanificare le ambulanze che sono in servizio per contrastare l’emergenza dovuta al contagio da Covid-19. Di fatto accogliamo i volontari che arrivano qui e li aiutiamo a eseguire le operazioni di decontaminazione del veicolo nella maniera più corretta». Si tratta di un lavoro in parte manuale e in parte automatico. Oltre al personale, che si alterna in base a turni che non conoscono la differenza tra giorno e notte, l’unità dispone infatti di una macchinario a forma conica che viene posto all’interno dell’ambulanza, successivamente chiusa, che viene poi decontaminata in automatico grazie a una modalità che richiama quella dei comuni aerosol. «Una volta che l’operazione di pulizia è completata - aggiunge Franchi - distribuiamo i nuovi Dpi (Dispositivi di protezione personale) a coloro che prestano servizio sull’ambulanza, i quali sono così pronti per ripartire e rispondere ad altre chiamate». Un’operazione piuttosto rapida, che complessivamente non comporta più di dieci minuti. «Il lavoro della macchina per essere portato a compimento impiega cinque minuti - spiega Franchi - ai quali ne vanno aggiunti altrettanti per la pulizia fatta dagli operatori». _f.lez scarica l'articolo in formato .pdf Tempi record l’ospedale militare parte domattina Sarà operativo da domani mattina l’ospedale da campo dell’Esercito Italiano in corso di allestimento nell’area dell’ex Arsenale di Piacenza, oggi Polo di mantenimento pesante. I lavori, iniziati giovedì mattina e proseguiti anche di notte, termineranno nella tarda serata di oggi. Tre giorni dunque per vedere in funzione quello che sarà il 9° Reparto Covid-19 dell’ospedale Guglielmo da Saliceto. Quaranta posti letto per ricoverati di media gravità, gestiti dalla sanità militare, che andranno ad integrare i posti letto della sanità civile alleggerendola. Sanità civile che «non è al collasso - ci tiene a precisare il generale Sergio Santamaria, comandante del Polo -, questa operazione è stata pensata per tenerci un margine di manovra e sicurezza. Senza riserva non vince nessuna battaglia. E qui è la stessa cosa». Il primo pensiero del generale è per le vittime e i loro cari: «Piacenza ha più di 230 morti, voglio dire alle loro famiglie che gli siamo vicini con il cuore». Poi ritiene importante evidenziare come per la realizzazione della struttura provvisoria ci sia stato un lavoro di squadra tutto piacentino: «Il grande contributo del 2° reggimento Genio Pontieri nella preparazione del terreno e nei sottoservizi; l’altrettanto grande contributo dell’Arsenale, con i suoi dipendenti civili, fabbri, falegnami, elettricisti, muratori, operai semplici che si sono dati disponibili, tutti piacentini che stanno lavorando per la loro città». Ma anche la gente, i normali cittadini, quelli che abitano in via XXIV Maggio: «Quando hanno visto arrivare questi mezzi dell’Esercito, quando hanno visto mettersi in moto tutto il sistema, hanno incominciato a mettere fuori delle bandiere italiane, poi degli striscioni con frasi come “Forza ragazzi”, “Ce la faremo”. Quei messaggi, quegli incoraggiamenti si sono trasformati in un’adrenalina che ha trascinato tutto il personale civile e militare ben al di là dei suoi compiti istituzionali». Santamaria evidenzia come il ministro della Difesa in persona, Lorenzo Guerini, abbia voluto che qui a Piacenza nascesse tutto questo. «Sì, mi ha telefonato - conferma -, sono in contatto telefonico con la Difesa, conosce bene le esigenze che abbiamo qui a Piacenza e i margini di manovra che dobbiamo avere. Ecco perché questo ospedale è stato allestito da noi». Il generale osserva poi come non esista alcun pericolo per le abitazioni intorno all’ex Arsenale. «E’ come abitare di fianco ad un ospedale normale» fa presente. «Ci sono procedure poi molto rigide - continua - dal punto di vista igienico- sanitario anche da parte del personale, anche solo per passare da un’area all’altra del campo». L’ospedale da campo è formato da una trentina di moduli (tende) provenienti soprattutto dal 1° Reparto Sanità Torino e in parte da Bellinzago Novarese, dove ha sede il 3° Reparto Sanità Milano. Il Torino è un reparto storico con una grande esperienza anche nelle missioni all’estero come in Kurdistan, Libia, Mozambico. Solo la parte clinica consta di una trentina di tende. In più c’è quella logistica. Tutta la struttura è in un’area circoscritta e isolata dal resto del Polo con un’entrata-uscita dedicata in via XXIV Maggio. Solo da lì si potrà accedere, non dall’ingresso di viale Malta. E’ un’area fortemente collegata all’ospedale di Piacenza da una sorta di cordone ombelicale sanitario comunicante. Un’area che i piacentini hanno già avuto modo di conoscere. L’ospedale da campo viene costruito proprio nella zona che lo scorso novembre ospitò le migliaia di alpini del raduno del II Raggruppamento. «Proprio in quell’area - osserva Santamaria -, a dimostrazione che l’Arsenale di Piacenza è una parte integrante della città, nei momenti belli e nei momenti difficili». Come questo, dove sembra di essere in guerra. «Ma non è propriamente una guerra tradizionale - corregge il generale - qui conosciamo il punto debole del nemico e nella guerra vera è difficile capirlo. Sappiamo come si trasmette, quindi dobbiamo stare a casa, avere pazienza, dare ognuno di noi il nostro contributo. Qui il cittadino è strategico perché se il cittadino sta a casa si vince. E chi deve per forza uscire per fare la spesa o lavorare conosce le procedure da tenere. Sono quelle il punto debole del nemico. Se osserveremo le regole sono sicuro che lo sconfiggeremo». Federico Frighi scarica l'articolo in formato .pdf Donazioni all’ospedale: rinforzi dagli Alpini Si aggiungono anche le mani forti e concrete degli alpini alla lunga catena di solidarietà che l’attuale emergenza sanitaria ha messo in moto per sostenere lo sforzo dei presidi ospedalieri piacentini. Le penne nere dei gruppi valtidonesi hanno unito le forze e hanno messo insieme 4mila euro da destinare all’ospedale unico della Valtidone e Valluretta di Castelsangiovanni. I gruppi coinvolti nella raccolta fondi sono quelli di Pecorara, Pianello, Ziano, Borgonovo e Castelsangiovanni. Si tratta di decine di penne nere che, dopo un breve consulto tra i diversi capigruppo, hanno deciso di raccogliere la somma da destinare in beneficenza. Ogni gruppo ha donato quanto poteva, in base alle proprie disponibilità. «I 4mila euro - dice il capogruppo di Castelsangiovanni Alessandro Stragliati - li destineremo a favore dell’acquisto di materiale sanitario necessario a fronteggiare l’emergenza dovuta al Covid 19». L’ospedale di Castelsangiovanni, ricordiamo, è stato interamente destinato a questa emergenza. Accoglie cioè in questi giorni solo malati affetti da coronavirus. Per questo tutti i reparti sono stati riorganizzati ed è stata potenziata la terapia intensiva. Anche altre associazioni e semplici privati si sono messi a disposizione e hanno donato soldi e materiale utile al presidio ospedaliero valtidonese._MM scarica l'articolo in formato .pdf Palombi, l’alpino che imbandierò la città «Schivo ma sempre pronto a impegnarsi» Non amava apparire Luciano Palombi ma, come spiega il presidente della sezione Alpini di Piacenza Roberto Lupi, «bastava chiamarlo ed eri sicuro che ci sarebbe stato». Anche lui purtroppo è ora tra le vittime del coronavirus: dopo il contagio e il ricovero se n’è andato in pochi giorni. Aveva ottant’anni portati così bene che anche al raduno del secondo raggruppamento alpini svoltosi nell’ottobre dell’anno scorso aveva “imbandierato” tutta Piacenza. E poi aveva anche preparato da mangiare per tutti perché in questo era un gran maestro: prendersi cura degli altri. Oggi che è mancato, le penne nere di Piacenza non possono prendersi cura di lui: le norme anti-contagio lo vietano, ma il cordoglio e il dolore per l’improvvisa scomparsa dell’amico restano forstissimi. «Non era di quelli che amavano apparire – spiega Lupi – anzi proprio l’opposto. È sempre stato iscritto alla nostra associazione e per tre mandati, cioè per nove anni, è stato anche consigliere di sezione. Era stato anche insignito dell’onorificenza di cavaliere della Repubblica: ricordo che ne era molto orgoglioso, ci teneva. Quando è stata costituita l’unità di protezione civile, lui è stato uno dei primi della nostra sezione a farne parte e ne ha fatto parte fino a poco tempo fa, quando per raggiunti limiti di età ha dovuto lasciare. Ma l’impegno da alpino quello no, non lo ha mai abbandonato ». Nato a Travo, ma ormai residente in città, vedovo da qualche anno, Palombi lascia due figli e i nipoti: «Non spetta a me dirlo, ma alla sua famiglia era molto attaccato – continua Lupi – e poi veniva la famiglia delle penne nere: Luciano era un grande alpino e un grande uomo, sempre disponibile e presente. Tutti ricordiamo il suo impegno durante la grande adunata nazionale del 2013 e, in tempi più recenti, al raduno del secondo raggruppamento svoltosi l’anno scorso: faceva parte della Commissione dell’imbandieramento e così aveva tappezzato tutta la città di bandiere e le aveva tolte, una volta terminato tutto». Negli ultimi mesi, insieme ad altri alpini, aveva ristrutturato la cucina della sede di via Cremona: del resto capitava spesso che Palombi si ritrovasse dietro ai fornelli a cucinare per tutte le penne nere e così era stato anche nello scorso ottobre. Qualche giorno fa improvvisamente ha accusato i primi sintomi del Coronavirus. Poi il ricovero in ospedale e ieri purtropppo la situazione è precipitata e il suo cuore ha cessato di battere. Oggi tutti gli alpini di Piacenza piangono Palombi, la penna nera che non voleva apparire, ma solo lavorare. «Per noi è doloroso non poterlo accompagnare in questo ultimo viaggio – conclude Lupi – è molto triste, il suo ricordo lo portiamo con noi». _Betty Paraboschi scarica l'articolo in formato .pdf Addio al fornaio Ernesto «Alpino generosissimo» Per una vita, fin da ragazzino, ha impastato pane e buon umore. Da qualche tempo ormai in pensione, per tutti era rimasto il fornaio di Saliceo di Cadeo. Ma anche Ernesto Sala se n’è andato,a 74 anni, lasciando la moglie Maria Luisa e i figli Cristina, Ilaria e Simone. «Un amico vero», lo hanno definito tanti, ricordandone la generosità, la grandezza d’animo e la disponibilità. Ernesto era un alpino e il gruppo Ana di Cortemaggiore lo ricorda come generoso, presente, quando c’era da aiutare. «Non si tirava indietro», sottolineano le Penne nere. E Fabio Devoti, a guida degli alpini magiostrini, precisa: «Ci ha sempre sostenuti anche con offerte, era concreto, disponibile. Amava molto essere alpino, e lo era davvero, nel cuore». Piange l’Associazione dei panificatori piacentini, che in Ernesto vedeva un modello; perché sapeva fare il pane ma creava amicizia, legami, teneva viva la comunità. «Ha fatto il fornaio dal 1969, per 50 anni», precisano i colleghi in lacrime. «Era uno che sapeva darsi da fare. Metteva le mani in pasta, nel vero senso della parola, perché aveva un cuore immenso. E se poteva aiutare la gente lo faceva. Ha dedicato la sua intera vita al lavoro e alla famiglia, che da anni porta avanti il forno con la stessa passione e dedizione di Ernesto, stimato e benvoluto da tutti». Anche il sindaco di Cortemaggiore Gabriele Girometta, come abitante di Chiavenna, lo ricorda bene: «Beh il suo forno era un appuntamento, era un luogo anche di ritrovo. Abbiamo spesso pranzato insieme, era un piacere la sua compagnia », spiega. «Era una persona onesta, conosciuta, molto generosa. Aveva sempre la battuta pronta, era uno solare. Manca a tutti, anche se per fortuna l’attività viene portata avanti dalla famiglia già da quando Ernesto era andato in pensione». _malac. scarica l'articolo in formato .pdf A Ferriere il campo estivo degli alpini 35 ragazzini a lezione di amor patrio Sarà Ferriere, in località Ca’ nova, a 650 metri circa di altitudine, ad ospitare il primo campo estivo per ragazzi organizzato dalla sezione di Piacenza dell’Associazione nazionale alpini. La decisione è arrivata dopo diversi sopralluoghi lungo le vallate della provincia alla ricerca di una zona adatta, isolata ma nello stesso tempo facilmente raggiungibile e provvista dei servizi essenziali. La scelta è caduta sul Centro sovracomunale di Protezione civile di Ferriere, sulla strada per Canadello, che ingloba ambienti montani, con alberi e prati, e strutture in muratura, tra capannoni per i mezzi di soccorso invernali ed estivi e la casermetta dei carabinieri forestali. Il campo si terrà dal 3 al 5 luglio prossimi per ragazzini dai 10 ai 14 anni, ovvero delle scuole medie inferiori. «Purtroppo non possiamo ospitarne più di 35», evidenzia Gianluca Gazzola, vice presidente della sezione Ana di Piacenza, colui che da vicino sta seguendo tutti gli aspetti organizzativi dell’iniziativa. «Per noi è un’esperienza pilota e non abbiamo voluto fare il passo più lungo della gamba - osserva -. Se tutto andrà bene, l’anno prossimo si potrà aprire ad un numero maggiore di iscrizioni con un numero superiore di giorni». Ad oggi infatti il numero dei posti disponibili è stato abbondantemente superato ed esiste una lista d’attesa. Il tutto senza fare pubblicità. «Ci sono arrivate subito richieste dalle famiglie che frequentano gli alpini o che comunque sono in contatto con iscritti all’Ana. Alcune anche da fuori provincia, ad esempio Milano ». Il campo scuola per giovani alpini, introdotto già nel 2011 nella sezione Ana di Bergamo, per Piacenza, come detto, è una novità e si inserisce nella linea educativa dell’Associazione nazionale alpini. L’Ana da tempo chiede il ritorno al servizio militare obbligatorio, anche in modalità diverse rispetto al passato. Le tre giornate del campo estivo saranno aperte e chiuse dall’omaggio al tricolore, con l’alzabandiera e l’ammainabandiera. I ragazzini soggiorneranno in tende pneumatiche della Protezione civile, ognuna delle quali ospiterà dieci brandine. «Saranno divisi in squadre di dieci - annuncia Gazzola - che a turno si occuperanno della pulizia del campo, di riassettare le brande, di apparecchiare e sparecchiare il refettorio, di servire in tavola. Saranno poi responsabili di tuttutte le attrezzature che verranno messe a loro disposizione». Refettorio e servizi igienici saranno quelli in muratura già al servizio del centro. «Daremo loro una sorta di divisa - aggiunge Gazzola -, molto semplice, formata da una maglietta e un cappellino, per essere riconoscibili. Saranno seguiti 24 ore su 24 da un gruppo di educatori e volontari». Vigileranno sui 35 ragazzini circa venti alpini della sezione Ana di Piacenza, alcuni dei quali - quelli con funzioni educative - avranno frequentato un corso tenuto da psicologi per la gestione di minori, in collaborazione con l’Ana nazionale. Ognuna delle tre squadre, in particolare, sarà agli ordini di un caposquadra adulto che vivrà giorno e notte con i suoi ragazzi. Le tre giornate del campo scuola si prevedono molto intense. Ci sarà tempo per una escursione in ambiente montano assieme agli istruttori del Club alpino italiano che collabora con gli alpini. Poi lezioni di pronto soccorso e di Protezione civile - queste ultime grazie alla collaborazione con la Protezione civile provinciale -, ma anche di canto. Già, perché per essere mini alpini occorre conoscere i cori di montagna, almeno quelli più facili. Così, a Ca’ Nova di Ferriere, saliranno alcuni componenti del coro Ana Valnure che terranno una lezione di canto corale. Federico Frighi
scarica l'articolo in formato .pdf Festa Granda, una poltrona per tre Ferriere, Monticelli e Ziano candidate Una poltrona per tre. Si può riadattare il titolo della celebre pellicola cinematografica con Dan Aykroyd e Eddie Murphy per spiegare quanto sia ambito, nella sezione Ana di Piacenza, l’unico posto disponibile per la Festa Granda degli alpini edizione 2021, la settantesima. A contendersi l’adunata provinciale, appunto Festa Granda, del prossimo anno sono tre gruppi. Rigorosamente in ordine alfabetico, quello di Ferriere, quello di Monticelli d’Ongina e quello di Ziano. Lo scorso anno vinse Cortemaggiore (preferita a Sarmato), quest’anno toccherà a Bettola (unica candidata). La decisione doveva venire presa dall’assemblea dei delegati in programma sabato a Piacenza, nella sede del Club alpino italiano (Stradone Farnese, 39, ex Cavallerizza). Ieri mattina il presidente sezionale, Roberto Lupi, ha annullato l’appuntamento in ossequio alle disposizioni del Comune di Piacenza per fronteggiare l’emergenza coronavirus. L’assemblea è posticipata a data da destinarsi. Poco male, ci sarà più tempo per decidere sulle candidature. Dei tre gruppi che l’hanno presentata Ferriere ha già ospitato la Festa Granda per tre volte, l’ultima nel 2012 (in precedenza nel 1975 e nel 1955). Per Monticelli e Ziano sarebbe invece la prima volta. Quello di Monticelli è anche l’ultimo gruppo creato nella sezione di Piacenza, tredici anni fa. Conta 45 alpini e 10 aggregati. «C’è un po’ di agitazione - ammette il capogruppo Giancarlo Basini -, organizzare una Festa Granda presuppone uno sforzo organizzativo anche economico considerevole. Il Comune per fortuna è con noi, quindi speriamo bene». Prima volta anche per Ziano, un gruppo che conta 50 alpini e 28 aggregati. «Noi la Festa Granda non l’abbiamo mai avuta - conferma il consigliere Alessandro Nicollini che è anche il cassiere del gruppo di Ziano -. Ci piacerebbe molto ospitarla, un pò perché il nostro, con i suoi 84 anni, è uno dei gruppi più anziani, un po’ perché vorremmo intitolare la sede ai fratelli Daturi, morti sul fronte russo». Infine Ferriere. Già tre volte sede di Festa Granda, dicevamo, ma un asso nella manica che potrebbe far decidere per l’Alta Valnure: ovvero la presenza di un reduce di guerra oggi ultracentenario. Si tratta di Antonio Barbieri ,reduce della campagna di Russia, che ha compiuto 101 anni. Si vedrà. Di certo l’attesa è tanta perché, come osserva il presidente della Sezione Ana di Piacenza, Roberto Lupi, «la Festa Granda è il nostro momento associativo più importante. Ce ne sono altri più formali come l’assemblea dei delegati ma questa è l’essenza stessa del nostro essere alpini. C’è la commemorazione dei caduti, come recita il nostro motto “ricordare i morti aiutando i vivi”; c’è il nostro amor patrio che mettiamo in luce anche con l’alzabandiera». «E’ una bella tradizione della nostra sezione - continua Lupi -. Vi partecipano mediamente dalle duemila alle tremila persone (in tutta la sezione gli iscritti sono 2.800, ndr.), a seconda del meteo e della raggiungibilità del luogo. Impegnativa anche l’organizzazione: se ne occupa il gruppo locale in collaborazione con la sezione e sempre d’accordo con le amministrazioni comunali». All’ordine del giorno la partecipazione all’Adunata nazionale di Rimini L’assemblea dei delegati alpini della Sezione di Piacenza non è chiamata solo a decidere il gruppo che ospiterà la Festa Granda del 2021 ma avrà ben 15 punti all’ordine del giorno, tra cui la partecipazione all’Adunata nazionale di Rimini prevista per il prossimo mese di maggio. Tra gli altri interventi la relazione morale del presidente Roberto Lupi, il bilancio consuntivo e rendiconto di cassa al 31 dicembre 2019, la situazione patrimoniale alla stessa data, il bilancio preventivo 2020, la relazione dei revisori dei conti, le modifiche al regolamento sezionale. Poi l’elezione di sette consiglieri sezionali: sono scaduti Leopoldo Gogni, Roberto Ronda, Gianni Magnaschi, Luigi Faimali, Giorgio Corradi, Giovanni Carini, Luigi Mercori (tutti rieleggibili). Poi l’elezione di un revisore dei conti: Gino Luigi Acerbi (rieleggibile). L’elezione di tre delegati all’assemblea nazionale. Infine il punto sulla Protezione civile Ana e sulla nuova direzione di Radio Scarpa. L’assemblea sezionale dei delegati è il più importante organo dell’Associazione nazionale alpini e un fondamentale momento associativo, è quindi obbligo morale dei delegati parteciparvi. Ogni gruppo vi partecipa inviando un delegato ogni 25 iscritti o una frazione superiore a 15. Il capogruppo è di diritto uno dei delegati. Federico Frighi scarica l'articolo in formato .pdf Cent’anni di auguri al capitano alpino Luigi Bottazzi «Buon compleanno capitano, orgoglio e colonna di Castelsangiovanni ». È stato accolto così ieri il capitano degli alpini Luigi Bottazzi non appena ha varcato la sede delle penne nere, dove amici e parenti lo attendevano per festeggiare insieme i suoi cento anni di vita. Festeggiamenti che purtroppo la paura del contagio da coronavirus ha costretto a celebrare in forma ridotta. «Avremmo voluto accoglierti in teatro con le scuole – ha detto il capogruppo delle penne nere castellane Alessandro Stragliati – ma il coronavirus ha bloccato tutto, ma non noi alpini che non abbiamo paura di nulla. La nostra medicina preventiva – ha aggiunto in tono scherzoso – è il gutturnio e quindi ti festeggiamo con un brindisi». L’inossidabile alpino, classe 1920, una delle ultime voci rimaste a raccontare l’orrore dei lager nazisti, ha tradito un po’ di emozione ma non ha abbandonato il suo consueto spirito arguto. Accomodatosi sulla sedia si è goduto la festa, non si è sottratto agli scatti fotografici e, sulle note dell’Inno d’Italia, si è messo sull’attenti. «Grazie, grazie mi fate troppe feste non me lo aspettavo» ha commentato il centenario capitano nel ricevere due targhe. Una gliel’hanno consegnata le due assessore Federica Ferrari e Valentina Stragliati. Un’altra è invece arrivata dai suoi amici alpini. «Lei è un orgoglio, un pezzo di storia e una colonna per tutta la comunità di Castelsangiovanni» gli ha detto Ferrari. «Gli alpini – c’è invece scritto nella targa consegnata a Bottazzi dal capogruppo Stragliati – ricordano il tuo gesto altamente eroico quando, nel 1943, ti rifiutasti di aderire alla Repubblica di Salò pur sapendo che saresti stato deportato nei lager nazisti». All’epoca Bottazzi era un giovane sottotenente in forze al Sesto Reggimento Alpini di stanza a Colle Isarco. All’indomani dell’armistizio del 9 settembre 1943 venne fatto prigioniero dei tedeschi. Iniziò una lunga odissea, fino al 16 aprile del 1945, quando il lager di Fallingbostel, in cui all’epoca era internato, venne liberato dagli inglesi. Prima dovette passare attraverso l’inferno di Stablack, Deblin, Sandbostel, e cioè lager in cui il fiero capitano si rifiutò sempre di lavorare per i tedeschi. Anche per questo dopo la guerra ricevette una Croce la merito di guerra. _MM scarica l'articolo in formato .pdf Stragliati confermato presidente del gruppo alpini di Castello Alessandro Stragliati continuerà a guidare le penne nere di Castelsangiovanni per altri tre anni. Nella recente assemblea tenutasi nella sede di via Morselli, il gruppo alpini della città valtidonese ha rinnovato il proprio direttivo e riconfermato Stragliati presidente per un secondo mandato. Ad assumere la funzione di vicepresidenti saranno invece Pierluigi Prazzoli ed Ernestino Chiesa. Nel ruolo di consiglieri si sono invece insediati Luigi Bernini, Franco Naprini, Remo Gallonelli, Giulio Passerini, Luigi Riscassi, Alberto Ferrari, Mario Vitali e Gianfranco Bonvini. Revisori dei conti sono invece Stefano Bozzini e Giovanni Zazzarini mentre il segretario e tesoriere è Ernesto Labò. Tra gli impegni che il capogruppo Stragliati si è assunto uno riguarda un’iniziativa che dimostra attenzione per l’ambiente. «Ho individuato – spiega il capogruppo - due pioppi alti 25 metri con un fusto del diametro di tre metri e mezzo. Entrambi si trovano lungo la golena del Po, vicino al ponte di Parpanese. Sono molto vecchi e noi, come alpini, li vorremmo adottare e intendiamo prendercene cura e gestirne la manutenzione ». «Il pioppo – aggiunge Stragliati - nella cultura celtica veniva dedicato ai soldati morti in battaglia. Per questo, accanto al tronco di questi due pioppi pianteremo un palo che sosterrà una targa con inciso il nome di due castellani caduti nella Prima Guerra mondiale». Di questi due uno era Angelo Giacomo Tosca nato il 6 dicembre 1879 e disperso sul Carso il 24 maggio 1917. «Tosca - aggiunge il capogruppo degli alpini - aveva avviato un’attività di fabbricatore di zoccoli e utilizzava il legno dei pioppi come materia prima». Oltre all’attività a favore dell’ambiente, gli alpini hanno riconfermato durante la recente assemblea di inizio anno l’impegno per le scuole del territorio. Per questo daranno il loro sostegno alle borse di studio per studenti delle scuole medie e superiori. Le penne nere sosterranno anche il coro Ana Valtidone, di cui fanno parte penne nere dell’intera vallata. Ad oggi fanno riferimento al gruppo degli alpini di Castello circa 110 penne nere e una trentina di sostenitori. «Come gruppo – conclude Stragliati – saremo presenti alla prossima adunata nazionale, che si terrà il 10 maggio a Rimini »._MM scarica l'articolo in formato .pdf Intrecci ricordando le amiche scomparse a 24 ore di distanza Da quattro anni a questa parte la piccola chiesa di Sarturano di Agazzano ospita un inedito intreccio. Da un lato ci sono le mani delle donne di Armonia. Mani pazienti, capaci di tessere coperte color rosa che sono un inno alla gioia, tutta femminile, di voler vivere e di voler testimoniare che il cancro si può combattere. Sconfiggerlo non è impossibile, tanto più se si hanno amici come gli alpini di Agazzano, le cui mani forti e concrete sono sempre pronte ad aiutare senza nulla chiedere in cambio. Il connubio, nato quasi per caso quando le penne nere agazzanesi aiutarono le donne di Armonia ad appendere le loro coperte di Intrecci in Armonia durante una manifestazione lungo il Facsal a Piacenza, è stato suggellato anche quest’anno da una celebrazione in occasione della ricorrenza legata a Sant’Agata. Quest’ultima è la protettrice delle donne operate al seno. L’appuntamento è stato ospitato nella chiesa di Sarturano al cui interno è presente un medaglione in cui la santa è ritratta. «Questa celebrazione - ha detto la presidente di Armonia Romina Cattivelli al termine della messa celebrata da monsignor Marco Giovannelli - nasce grazie ad Intrecci in armonia e grazie agli alpini di Agazzano. La dedichiamo a Lidia Laneri e Manuela Tortosa, due amiche scomparse a 24 ore di distanza l’una dall’altra poco più di un mese fa. Sono state – ha aggiunto Cattivelli - due amiche che ci hanno insegnato quanto è bella la vita e quanto sia importante la prevenzione e aver cura di noi stesse». Alle due donne verranno dedicate due sale della chirurgia senologica. Nel frattempo gli alpini, al termine della messa animata dalla Schola Cantorum di Agazzano, hanno consegnato un contributo di 200 euro all’associazione che destinerà i fondi per iniziative a favore della lotto contro il cancro. _MM scarica l'articolo in formato .pdf Pullman da Bobbio per l’Adunata a Rimini «Unitevi a noi alpini» Dalla colletta alimentare ai doni portati alla casa protetta di Bobbio, dal restauro dei locali parrocchiali a Pillori alle feste della solidarietà. Quando c’è bisogno di aiutare, gli alpini di Perino dicono “Presente”. Ora, riconfermato per il tredicesimo anno l’alpino Luciano Mazzari alla guida del gruppo, la prossima tappa di questa staffetta instancabile di generosità sarà la donazione di giochi per i bambini del paese, prevista a marzo; il valore supera i mille euro, a testimonianza dello sforzo fatto.«Cerchiamo di mettercela sempre tutta, con le nostre forze», precisa il capogruppo Mazzari. «Abbiamo lavorato molto, ad esempio, perché il sogno della baita diventasse realtà. Ci siamo sempre autofinanziati con il ricavato di feste e altre iniziative. Siamo riusciti a realizzare lo scivolo per rendere agibile l’accesso alla chiesa di Perino da parte di persone con disabilità. E la nostra attenzione massima è andata anche ai simboli, al loro valore, come dimostrato al monumento di Pillori». A Pillori ogni anno le Penne nere organizzano infatti una festa di fronte alla chiesa di San Cristoforo. Tra tortelli, gnocchi, costine, salame cotto, patatine, salumi, torte, vini, gli alpini sono riusciti così a garantire sia il restauro dei nuovi bagni e sia parte di quello della chiesetta del quattordicesimo secolo. Ora si lavora già per dare la possibilità a tutti di lasciarsi contagiare dall’entusiasmo della 93esima Adunata nazionale di Rimini, dal 7 al 10 maggio. «Abbiamo pronto un pullman che partirà da Bobbio il sabato e rientrerà la domenica. Abbiamo già trovato anche l’albergo per la notte», precisa l’alpino Mazzari, che sta curando i dettagli del viaggio. «Un altro mezzo, invece, consentirà ai partecipanti di andare a Rimini e rientrare a casa in giornata, la domenica. Porteremo con noi da mangiare e da bere», sorride Mazzari. «Ci sono ancora posti disponibili, chiunque voglia unirsi a noi è ovviamente il benvenuto ». _malac. scarica l'articolo in formato .pdf A Marsaglia nuovo capogruppo alpini eletto Sbaraglia Gianfranco Sbaraglia è il nuovo capo gruppo degli Alpini di Marsaglia. Sbaraglia succede a Endro Bongiorni, in carica dal 2017. L’elezione del nuovo capogruppo è avvenuta nel corso dell’ultima assemblea del gruppo Alpini Marsaglia, fondato nel1956. Sbaraglia, eletto all’unanimità, è iscritto al gruppo da alcuni anni ed è uno dei componenti della squadra di sci di fondo del Gruppo Sportivo Ana della sezione di Piacenza, provinciale «con il quale ha partecipato a varie gare ottenendo risultati che hanno permesso alla Sezione di ottenere positivi piazzamenti di classifica» ricorda Roberto Lupi, presidente della sezione provinciale Ana, iscritto al Gruppo di Marsaglia. Oltre al capogruppo sono stati eletti Endro Bongiorni quale vice capogruppo e Giorgio Rettagliata confermato tesoriere. Durante l’assemblea Lupi ha ringraziato Endro Bongiorni «per la passione che ha messo nelle attività portate avanti negli anni del suo mandato e per quello che continuerà a fare come vice capogruppo. A Gianfranco Sbaraglia i complimenti ed un grande “in bocca al lupo” per il nuovo incarico». Sbaraglia ricoprirà l’incarico per i prossimi 3 anni. Durante l’assemblea, gli alpini di Marsaglia hanno tracciato un primo programma per il 2020, che comprende la cena sociale in aprile, la partecipazione all’adunata nazionale, alle altre cerimonie e la preparazione per l’evento del 65° anniversario nel 2021. Alcuni iscritti, fanno sapere da Marsaglia, parteciperanno alle prossime Alpiniadi e si cimenteranno nelle gare di sci di fondo e slalom gigante. _PC scarica l'articolo in formato .pdf A Piozzano polentata benefica degli alpini per aiutare i disabili Domenica 16 febbraio nel salone parrocchiale di Piozzano ci sarà un’iniziativa benefica a sostegno delle persone che hanno difficoltà a spostarsi in autonomia. Gli alpini e i volontari dell’associazione Tandem Volante invitano tutti, piozzanesi e non, a trascorrere e a condividere il pranzo. Alle 12 organizzeranno infatti una polentata di beneficenza. Il ricavato sarà devoluto per l’acquisto di mezzi per gli spostamenti di persone disabili. L’associazione Tandem ha aiutato diverse realtà del Piacentino e non solo. Tra le beneficiarie ci sono stati, ad esempio, l’Unione ciechi di Piacenza, l’associazione Oltre l’Autismo, l’Unione ciechi di Lodi e diversi altri enti. Chi parteciperà alla polentata di Piozzano potrà quindi unirsi a questa catena di solidarietà._MM scarica l'articolo in formato .pdf Giovani alpini, sede da definire ma è già boom per il campo estivo È già tutto esaurito ancora prima di sapere il luogo in cui si terrà. Il primo Campo Scuola Giovani Alpini della sezione Ana di Piacenza batte ogni record. È in programma la prossima estate, dal 3 al 5 luglio, per i ragazzi delle scuole medie (dai 10 ai 14 anni). Dove? Nell’Appennino piacentino, probabilmente in Valnure, ma non è detto. Se non dovesse avere esito positivo il sopralluogo (si tiene proprio oggi) ci sono diverse alternative: Valdarda, Valtrebbia e anche Valtidone. Ai genitori poco importa: degli alpini ci si fida. Come gli oratori o forse più. Giovani marmotte con la penna sul cappello invece della coda in pelliccia dell’immaginario disneyano. «Abbiamo già dovuto mettere un tetto alle preiscrizioni» osserva Gianluca Gazzola, vice presidente della sezione Ana di Piacenza, colui che da più vicino segue l’organizzazione. «Abbiamo abbondantemente superato quota 35, ossia il limite di partecipanti che ci siamo dati». Il campo scuola per giovani alpini, introdotto già nel 2011 nella sezione Ana di Bergamo, per Piacenza è una novità e si inserisce nella linea educativa dell’Associazione nazionale alpini. L’Ana da tempo chiede il ritorno al servizio militare obbligatorio, anche in modalità diverse rispetto al passato. Gazzola ribadisce il concetto esplicitato nella nota di presentazione del campo scuola: «La leva militare non c’è più, la società fin quando procederà su valori effimeri, di esaltazione dell’immagine, non produrrà ricambi di uomini e donne pronti ad impegnarsi per la collettività. Per questo abbiamo deciso di ricominciare dai più piccoli, dalle generazioni pronte ad assorbire i nostri valori per formare i futuri volontari della Protezione civile ». Nel campo scuola - viene spiegato - saranno presenti educatori adulti incaricati di infondere il senso del dovere e del rispetto delle regole della convivenza civile e formarli alle più semplici nozioni di protezione civile e di pronto soccorso. La giornata inizierà con l’alzabandiera e terminerà con l’ammainabandiera. I ragazzi nel tempo libero dovranno pensare autonomamente e responsabilmente al mantenimento e al decoro delle attrezzature e dei posti loro assegnati, partecipando attivamente alla distribuzione dei pasti, al riassetto del refettorio e della propria branda. Ci sarà spazio anche per momenti all’aria aperta, escursioni in montagna, piccole attività addestrative di Protezione civile e il comportamento da tenere in situazioni di emergenza. Particolare attenzione sarà assegnata alla gestione della sicurezza del campo. «Abbiamo seguito il nostro istinto - spiega ancora Gazzola -, il nostro modo di vedere le cose, il nostro modo di amare la nostra cultura, le nostre tradizioni e la natura stessa. Il nostro campo scuola prevede che i ragazzi, nostri ospiti, non vivano l’esperienza come un semplice weekend in tenda o fruitori di un servizio turistico, ma come protagonisti di un’avventura vissuta in una comunità di coetanei». _Federico Frighi scarica l'articolo in formato .pdf Gli anziani della San Giuseppe commossi dai cori degli alpini I canti alpini sono entrati nella casa di riposo “San Giuseppe” di Piacenza e hanno fatto breccia nel cuore dei tanti ospiti, per la gran parte anziani, che con la mente sono ritornati agli anni della gioventù, quella forse difficile ma anche spensierata, quella che ha visto partire e tornare (e a volte non tornare) un alpino nelle loro famiglie. E li hanno cantati insieme al coro Ana Valnure di Bettola invitato nei giorni scorsi alla struttura di via Morigi dallo staff di animazione. La formazione corale, diretta dal maestro Edoardo Mazzoni, era composta di circa trenta cantori, compresi due giovanissimi “canterini”, Riccardo e Leonardo, che indossando con orgoglio il loro cappello con la penna nera, hanno eseguito insieme al coro tutti i brani del repertorio proposto. Gli applausi sono stati tanti per il coro Ana Valnure che, oltre alle trasferte musicali sia in Italia sia all’estero, rimane radicato al territorio. Il legame con la comunità è prioritario anche per la Casa di riposo “San Giuseppe”, diretta da Claudio Boriotti, e per gli operatori. Nella struttura vengono infatti organizzati quotidianamente momenti di intrattenimento e periodicamente occasioni che mantengono il collegamento con il territorio coinvolgendo quindi associazioni o istituzioni, momenti che aiutano a tenere viva l’identità sociale della persona che risiede alla casa di riposo, per continuare a farla sentire parte di una società. La Casa ospita attualmente 128 persone, di diverse età, non autosufficienti. Tra essi vi è il maestro Juri Boschiroli, ospite del nucleo Grada (reparto della struttura dedicato alle gravissime disabilità acquisite) dopo l’incidente stradale in cui è rimasto coinvolto nel 2016. Grazie al percorso di riabilitazione nella struttura non ha mai perso il “contatto” con la musica e nell’occasione del concerto del coro Ana Valnure il maestro Mazzoni, suo amico di lunga data, gli ha ceduto il posto per la direzione di alcuni brani. Ad applaudire i protagonisti del pomeriggio erano presenti anche due past president della sezione Ana di Piacenza, Aldo Silva e Bruno Plucani. scarica l'articolo in formato .pdf Gli alpini di Castellarquato sistemano l’ingresso del paese Il gruppo alpini arquatesi, con il loro capogruppo Italo Colla, è da sempre molto attivo e partecipa alla vita della comunità prestando senza sosta il suo fondamentale contributo in svariati ambiti. Il sindaco di Castellarquato Giuseppe Bersani a nome di tutta l’amministrazione e di tutta la cittadinanza, vuole quindi fare un pubblico ringraziamento per il lavoro di volontariato che gli alpini svolgono sul territorio. Tra i più importanti interventi c’è sicuramente quello portato a termine di recente, di sistemazione e pulizia dell’area verde adiacente al ponte sul torrente Arda. «Questi sono gli alpini – ha dichiarato la penna nera Andrea Calafà, uno dei volontari che ha ripulito l’area verde – Abbiamo messo in ordine l’ingresso del paese, per chi arriva da Fiorenzuola. Questo è un concreto aiuto alla comunità intera che abbiamo svolto volentieri e che offre un buon biglietto da visita per chi viene a visitare il nostro borgo». Tra gli altri lavori eseguiti dal gruppo e apprezzati da tutti, troviamo la manutenzione dei terreni attorno alla rocca e la messa in funzione del dispositivo di apertura automatica del cancello pedonale del cimitero. scarica l'articolo in formato .pdf «Largo ai giovani» Gli alpini accolgono il piccolo Gabriele Il suo viso sorridente mostra tutta la sua felicità ed il suo orgoglio di essere entrato “ufficialmente” nella famiglia alpina del gruppo di Vigolzone, e di conseguenza di quella della sezione Ana di Piacenza. Gabriele Ghetti ha quasi 10 anni, li compirà il 14 luglio, e domenica ha ricevuto dalle mani del maggior generale alpino Sergio Santamaria, direttore del Polo di Mantenimento Pesante Nord di Piacenza, la tessera di “Amico degli alpini”, diventando così un nuovo iscritto al gruppo di Vigolzone guidato dal padre Matteo, orgoglioso del figlio. La consegna è avvenuta durante il momento conviviale che ha concluso la commemorazione del 77esimo anniversario della battaglia di Nikolajewka che ogni anno viene celebrato a Vigolzone dove è presente il monumento ai caduti di quel tragico evento che contiene la terra di Nikolajewka, un monumento – ha ricordato l’attuale capogruppo di Vigolzone Ghetti - voluto e realizzato in modo particolare dall’ex capogruppo, Gaetano Morosoli, per ricordare i soldati che non sono più tornati e per ringraziare le famiglie russe che durante la ritirata hanno dato riparo e conforto agli alpini. Onore ai caduti con la fanfara alpina di Pontedellolio, la messa in chiesa e i canti del coro Ana Valnure e la corona di alloro donata dal gruppo di Pecorara. Reciproco il saluto militare tra Gabriele Ghetti e Santamaria, gesto che ha preceduto la consegna della tessera, come si confà tra alpini. Gabriele è giovanissimo, ma ha già ben chiaro che lo stile alpino è quello che fa al caso suo, che l’attività e i valori delle penne nere lo accompagneranno per sempre. «Ho una grande passione per gli alpini – dice – leggo libri, seguo spesso mio papà nelle uscite e quando c’è stata occasione ho partecipato ai consigli direttivi». Parlando di giovani, il gruppo di Vigolzone durante la mattinata ha consegnato ad alcuni ragazzi, rappresentanti degli studenti delle scuole del paese, due computer portatili per l’attività didattica «perché – osserva il capogruppo Ghetti – possa invogliarvi a ricordare assieme a noi questi giovani che sono andati avanti, perché siate voi a portare avanti questo ricordo dopo di noi». Il gruppo ha festeggiato anche il nuovo gagliardetto, portato dalla madrina Orietta Murelli. _Nadia Plucani scarica l'articolo in formato .pdf Gruppo alpini di Castelvetro Carotti succede a Maccagnoni Giuseppe Carotti è il nuovo capogruppo degli alpini di Castelvetro. Le elezioni si sono tenute alla sede del gruppo denominata “Ca Nostra”. Carotti succede a Fausto Maccagnoni e, accettando l’incarico, ha assicurato che nel prossimo triennio, 2020-22, offrirà il massimo impegno confidando anche sulla collaborazione, mai venuta a meno nel corso degli scorsi anni, di tutti gli alpini del gruppo. Il gruppo, accogliendo con un applauso l’esito delle votazioni, ha augurato un proficuo lavoro a Carotti, assicurando il proprio sostegno. Il gruppo alpini di Castelvetro è molto attivo nella vita sociale del paese, organizza e promuove diverse iniziative nel corso di tutto l’anno. L’ultima delle quali la “Colletta alimentare” in favore delle famiglie bisognose, nel mese di dicembre 2019 e la partecipazione alle commemorazioni del 4 novembre e dell’Agente Scelto Stefano Villa. _Flu scarica l'articolo in formato .pdf «Quei giovani alpini compirono un’impresa ritenuta impossibile» Qual è l’insegnamento che la battaglia di Nikolajewka può dare alla società di oggi e in particolare ai giovani? È la domanda cui ha dato risposta Davide Forlani, già presidente della sezione Ana di Brescia, che ha tenuto l’orazione ufficiale ieri mattina a Vigolzone durante la commemorazione a carattere provinciale promossa a 77 anni di distanza della storica battaglia combattuta sul fronte russo. Un evento tragico che per il Corpo degli alpini, e per gli italiani, ha significato però anche una conquista. Il 26 gennaio del 1943 i nostri soldati, mossi da un ultimo impeto, riuscirono a sfondare l’accerchiamento russo nella città di Nikolajewka, aprendo una breccia che per loro significava la possibilità di tornare a casa. «In quel tragico evento di 77 anni fa – ha osservato Forlani rivolgendosi anche agli studenti presenti - i giovani, in particolare italiani, hanno dimostrato che quando si hanno dei valori che sopravanzano quelli materiali si può riuscire anche in imprese giudicate impossibili». Per quei soldati, ha detto, questi valori furono la fede, l’amore per la patria, l’affetto per le famiglie, la totale dedizione al proprio lavoro, la solidarietà. «Tutto ciò - ha aggiunto il relatore citando le parole di un reduce, il tenente medico Virgilio Appino - permise ad un manipolo di pigmei di diventare giganti e vincere l’impreparazione fisica e psichica, la situazione bellica, le condizioni climatiche e lo sconforto montante ». Ricordando Nikolajewka non si esalta l’uomo o un reparto militare o un fatto, ma – sono ancora parole di Appino lette da Forlani - «ha senso ricordare i caduti e sperare che la vicenda da noi vissuta serva ad ammonire chi resta che, senza gli intramontabili valori di sempre, un popolo diventa un gregge, una patria diventa un paese qualunque e nessuno potrà impedirne la catastrofe completa, la quale appunto noi evitammo a Nikolajewka». È pertanto doveroso dire oggi “grazie” a quelle “penne mozze”, cioè agli alpini caduti che, ha affermato il maggiore generale Sergio Santamaria, direttore del Polo di Mantenimento pesante Nord di Piacenza, «sapevano di essere votati al sacrificio e che ancora una volta, anche in quel tragico evento, hanno dimostrato che la priorità dell’alpino è il compagno, l’amico, il commilitone, combattendo e resistendo per permettere ai connazionali di poter tornare in patria». Nikolajewka insegna e lascia una speranza. «È quanto vogliamo che sia – ha detto il sindaco di Vigolzone, Gianluca Argellati –. Gli alpini di oggi riuniti nell’Ana sono infatti un vero Corpo di pace, che ha mostrato in molte occasioni di Protezione civile che cosa è il cuore alpino, la solidarietà attiva e fattiva. È quella stessa che ha unito i nostri padri in quella tragedia, ma che ha portato i superstiti a ritornare sul Don per costruire un asilo in segno di riconoscenza verso quelle popolazioni che furono spesso generose e ospitali con i nostri militari. I fatti parlano, ci indicano la direzione concreta verso cui proseguire per costruire la pace in Europa e nel mondo». La commemorazione, organizzata dal gruppo alpini di Vigolzone, con a capo Matteo Ghetti, ha riunito gli alpini della provincia di Piacenza capitanati dal presidente Roberto Lupi. Per la sezione Ana di Piacenza la giornata di ieri è stata anche un momento di festa per la presenza di un giovane alpino in armi, Riccardo Ferroni, 21 anni, di Villò, di stanza a Bolzano nel Reparto Supporti Tecnici “Tridentina” cui Ghetti ha consegnato la tessera di iscritto al gruppo di Vigolzone. scarica l'articolo in formato .pdf Nel ricordo di Nikolajewka anche il baby alpino Gabriele Vigolzone domenica gli alpini della sezione di Piacenza commemorano il 77esimo anniversario della battaglia di Nikolajewka e lo faranno con la tradizionale mattinata dedicata ai caduti che avrà inizio alle 9.30 con l’ammassamento in piazza Serena. Seguiranno alle 10 l’alzabandiera, gli onori e la deposizione della corona di alloro (quest’anno offerta dal gruppo Ana di Pecorara) al monumento dedicato ai caduti in terra di Russia, l’allocuzione ufficiale da parte di Davide Forlani, già presidente sezione Ana Brescia, e i saluti del presidente sezionale Ana Roberto Lupi e del capogruppo di Vigolzone, Matteo Ghetti, in carica da maggio 2019. Il legame con i giovani La commemorazione, dal carattere provinciale, avrà quest’anno diversi momenti significativi. Il capogruppo Ghetti consegnerà infatti due nuove tessere ad altrettanti – e molto speciali - iscritti al gruppo, suo nipote Riccardo Ferroni, 21enne vigolzonese, alpino in armi, attualmente di stanza a Bolzano, che sarà ufficialmente iscritto al gruppo di Vigolzone, e a suo figlio Gabriele Ghetti, 10 anni, che riceverà la tessera di aggregato; sarà quindi il primo “Amico degli alpini” minorenne della storia del gruppo, forse anche della sezione Ana piacentina. Gabriele, che frequenta la quarta elementare, segue il padre Matteo in tutte le uscite alpine, partecipa alle sedute del consiglio direttivo. «Io ho cominciato a frequentare alpini subito dopo il congedo», osserva Matteo Ghetti . «Sia mio nipote Riccardo sia i miei figli mi hanno sempre seguito molto volentieri alle adunate, ai concerti alpini, alle fiere militari. Hanno sempre respirato alpinità ed è una soddisfazione vederli così appassionati. Riccardo ha assorbito i valori dell’associazione e ha fatto la scelta di entrare proprio negli alpini». «È importante mantenere il legame con i giovani e i giovanissimi perché si appassionino ai valori alpini», afferma il presidente Lupi. «Anche per questo stiamo predisponendo il primo campo scuola dedicato ai ragazzi e alle ragazze tra i 10 e i 14 anni, il 3, 4 e 5 luglio». Evento nell’evento sarà l’inaugurazione del nuovo gagliardetto del gruppo di Vigolzone che, portato dalla madrina Orietta Murelli, volontaria molto attiva nel gruppo, alle 11 sarà benedetto in chiesa prima della messa. La liturgia sarà accompagnata dai canti del coro Ana Valnure. Nadia Plucani scarica l'articolo in formato .pdf Il verde di Carpaneto affidato ai volontari «Esempio per tutti» Ha preso avvio a Carpaneto un programma dedicato alla manutenzione e alla pulizia del centro storico e delle aree verdi. Si tratta di una prima parte di lavori che saranno ciclicamente effettuati, in modo continuativo, per mantenere sempre in ordine le aree pubbliche. Il centro storico, con la piazza e le sue vie limitrofe, i giardini di viale Vittoria, sono stati sistemati direttamente dagli operai comunali. A questi lavori si aggiungerà l’ulteriore intervento, a cura della ditta incaricata alla manutenzione del verde pubblico, che rimuoverà alcune piante secche e poterà alcuni rami. L’area del Monumento ai Caduti e quella di Largo degli Alpini hanno avuto la manutenzione da parte del Gruppo Alpini di Carpaneto che, come sempre con cura e attenzione, ha sfalciato l’erba e ripulito da cartacce e foglie tutta l’area. Sia nel capoluogo, sia nelle frazioni alcuni cittadini, tra i quali Mario Tagliaferri, hanno collaborato mettendo in ordine aiuole e vialetti pedonali. Gli uffici comunali preposti stanno altresì pensando di migliorare la sicurezza dei vialetti con una nuova illuminazione. «La soddisfazione nel vedere messe in ordine alcune tra le più belle aree verdi e pubbliche che abbiamo è tanta - sottolinea il sindaco di Carpaneto, Andrea Arfani -. Purtroppo a causa dell’inciviltà troppo diffusa ci troviamo spesso situazioni di degrado provocate durante le ore notturne. Esiste una maleducazione diffusa. Se da un lato interveniamo con l’attivazione degli ispettori ambientali, che hanno già elevato diverse sanzioni, dall’altro vediamo quanto sia vitale il supporto di volontari che ringraziamo pubblicamente». L’assessore a cultura e politiche giovanili Paola Campopiano, ricordando il progetto realizzato lo scorso anno con gli adolescenti, ha proposto l’istituzione di nuove giornate dedicate alla protezione dell’ambiente, eventualmente in collaborazione con la scuola: «Se in una città ci sono delle aree sporche, è per la mancanza di rispetto di alcuni cittadini. Non bisogna sempre aspettare che il riordino di aree imbruttite lo faccia qualcun altro, ma ognuno di noi deve solo attuare quelle buone pratiche che ci hanno insegnato e che non costano nulla. Se poi a questo si aggiungono attività di volontariato e partecipazione attiva, di sicuro il nostro paese non potrà che essere ancora più “brillante”». Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Addio Pietro Gazzola una vita da alpino al servizio degli altri Si è spento il cuore buono e volenteroso di Pietro Gazzola, bettolese di 80 anni, morto dopo una breve malattia che lo ha strappato all’affetto degli amici e dei propri cari. Bettolese da sempre, Pietro lascia il figlio Lorenzo, la moglie Marilena ed i nipoti Elia e Noemi. Di lui in paese tutti lo ricordano come una persona cordiale, di compagnia, ma soprattutto dall’animo gentile e buono, pronto ad aiutare gli altri. Tra i suoi motivi di orgoglio, vi era sicuramente quello di essere un Alpino, presente in ogni manifestazione di rappresentanza, o nei momenti di suffragio e commemorazione ai funerali di commilitoni. E’ stato per molti anni consigliere del gruppo Alpini di Bettola, i cui membri lo ricordano con tanto affetto e tanta nostalgia. «E’ stato un nostro consigliere dai primi anni Novanta - ricorda il capogruppo degli Alpini di Bettola Giancarlo Carini - ma prima di tutto un grande volontario, che non sii tirava mai indietro quando si trattava di lavorare, anche in prima persona, in circostanze di calamità in giro per l’Italia». Infatti Pietro Gazzola quando la popolazione italiana si è trovata in difficoltà, non si è risparmiato. Ha partecipato alle spedizione di volontari in aiuto e soccorso delle persone colpite dal terremoto di Foligno, che colpi l’Umbria e le Marche nel 1997, l’alluvione ad Alessandria nel 1994, con l’esondazione di Po e Tanaro. Prima ancora nel 1976, era stato tra i tanti accorsi a dar man forte alla popolazione del Friuli in occasione del terremoto del 6 maggio. Il suo prodigarsi e il suo impegno sociale, sono stati fermati solo da un’operazione all’anca e dalla malattia che lo ha poi strappato alla vita, ma non l’avanzare dell’età. La sua vita lavorativa, l’ha svolta in qualità di tecnico per la ditta Saipem del gruppo Eni, impegno che lo ha portato in giro per l’Italia e anche all’estero. scarica l'articolo in formato .pdf Anziani e alpini in un pomeriggio di festa in musica Anche quest’anno gli alpini del gruppo di Farini e Groppallo hanno trascorso il pomeriggio dell’Epifania alla Casa protetta Alta Valnure di Farini, un classico appuntamento in cui le penne nere sono sempre presenti ed è tanto atteso dagli ospiti della struttura. Generosità e cordialità alpina vogliono che non manchi mai una buona merenda ed un brindisi, offerti per augurare agli anziani un buon 2020. Un momento di festa e di amicizia che è stato accompagnato dai canti dei cori di Mareto e di Farini, molto apprezzati dagli ospiti che hanno seguito le melodie ben conosciute. Hanno preso parte al pomeriggio anche il sindaco Cristian Poggioli, il direttore d’area Coopselios (che gestisce la struttura), Danila Bocelli, la coordinatrice della Casa Protetta, Mariarita Benzi, gli operatori e tanti familiari. Nella giornata è stato festeggiato anche il compleanno di una delle ospiti, Giovanna Bazzini, che ha raggiunto i 95 anni. _NP scarica l'articolo in formato .pdf Nel lunario la gloriosa storia delle penne nere agazzanesi Il lunario 2020 delle penne nere agazzanesi racconta cento anni di adunate nazionali, organizzate per celebrare l’orgoglio alpino. Dodici mesi scanditi dal ricordo delle adunate che ogni anno hanno visto protagonista una differente città italiana e che al tempo stesso hanno scandito le tappe dei primi cento anni di vita degli alpini d’Italia. Il calendario è stato distribuito in occasione delle recenti festività e il ricavato servirà come sempre a sostenere attività benefiche. «Tutto è stato dato e nulla è stato chiesto», si legge nella copertina del lunario, a significare che tutto quanto le penne nere agazzanesi raccolgono, contando solo sulle loro forze, lo devolvono a favore del Comune, Anspi, scuole del paese, hospice, Amop, Armonia e tante altre realtà presenti sul territorio. Lo stesso faranno anche con i proventi del calendario che racconta la storia del gruppo ma anche quella della sezione nazionale, ad esempio attraverso le parole del noto giornalista del Corriere della Sera, gragnanese e alpino, Giangiacomo Schiavi. «Ho incontrato un’umanità che per mesi è diventata una sorta di fratellanza capace di smuovere sentimenti veri, di amicizia coraggio, lealtà» scrive Schiavi in apertura del lunario 2020 ricordando le sue esperienze in caserma da giovane alpino. Cento anni di adunate vuol dire anche cento anni raccontati da una carrellata di manifesti e locandine, quelli che dal 1920 a Ortigara (la prossima sarà a Rimini) hanno contraddistinto le adunate alpine.. Una immagine del 1939 mostra la sede della quarta alpini brigata Aosta, oggi sede universitaria. Un’altra è una foto clandestina, scattata nel lager di Beniaminowa, in Polonia, e mostra Giovannino Guareschi con il capitano alpino Beppe Novello. Altre sono figure che hanno fatto la storia locale. In una l’agazzanese Gino Braghieri, classe 1920 detto “Ginon ad la curriera”, posa forse un po’ intimidito dall’obiettivo del fotografo Polacco a Susa in una foto d’interni. Ci sono anche scatti più recenti, che mostrano le innumerevoli attività e le trasferte del gruppo agazzanese oggi guidato da Emanuele Bocellari. Mariangela Milani scarica l'articolo in formato .pdf Alpini di Pontedellolio Badini capogruppo Cambio al vertice del gruppo alpini di Pontedellolio. Luciano Badini prende il posto di Luigi Garolfi. Alla seduta per il rinnovo del consiglio direttivo ha presenziato anche il consigliere di vallata, Giovanni Carini. I soci regolarmente iscritti, convenuti numerosi, hanno così espresso le loro preferenze fra i nominativi dei candidati. Oltre ad alcune riconferme, hanno fatto il loro ingresso nel consiglio direttivo nuovi giovani alpini che hanno deciso di mettersi al servizio del gruppo. Il nuovo direttivo ha designato successivamente il capogruppo e la carica è stata assegnata all’unanimità a Luciano Badini, classe 1956, che ha svolto il servizio militare nel 1976/77 a Trento alla Caserma “Battisti”. Il Direttivo ha deciso di assegnare a Garolfi la carica di “capogruppo onorario” “quale doveroso riconoscimento per l’impegno profuso a favore del Gruppo, ininterrottamente, per più di 40 anni”. Tra i suoi impegni, ha avuto l’onore, e l’onere, di organizzare a Pontedellolio, nel 1994 e nel 2008, la terza e quarta Festa Granda. _NP scarica l'articolo in formato .pdf Pianello, Carovana di doni per i nonni del Castagnetti Tutti in fila per i nonni della Pia Casa. A Pianello le penne nere hanno aperto il nuovo anno all’insegna della solidarietà a favore degli anziani ospiti della casa protetta monsignor Castagnetti. Per loro gli Alpini hanno organizzato una “Carovana della bontà” lungo le vie del paese. All’invito a partecipare hanno risposto Avis, Centro pensionati, Croce rossa, Società operaia e Pro loco i cui volontari si sono uniti agli Alpini e hanno riempito una jeep, caricandola di doni. Caramelle frutta, biscotti e ogni ben di Dio sono stati prima benedetti sul sagrato della chiesa per poi essere recapitati agli anziani, che da giorni attendevano l’arrivo della compagnia di amici pianellesi per la consueta visita di inizio anno. La consegna si è trasformata in una festa a base di musica e balli. Ad animare il pomeriggio ci hanno pensato Francesco Braga alla chitarra, Stefano Bozzini alla fisarmonica e Camillo Passerini (voce), tutte penne nere con la passione per la musica. Insieme a loro e al gruppo che ha animato la carovana, gli ospiti del Castagnetti hanno salutato l’inizio del nuovo anno circondati dall’affetto di tutte le associazioni pianellesi. Gli impegni degli Alpini guidati da Mario Aradelli non si fermano qui. Nel prossimo mese di febbraio scenderanno di nuovo in campo per il Castagnetti, cucinando frittelle e dolci di carnevale che poi regaleranno agli anziani._ MM scarica l'articolo in formato .pdf A “Mastro Balocco” maxi-televisore dagli Alpini Il Centro socio-riabilitativo diurno “Mastro Balocco” ha ricevuto un graditissimo omaggio dal gruppo Alpini di Carpaneto, un televisore a grande schermo dell’ultima generazione. «Da molti anni gli alpini collaborano e aiutano il Centro, per questo li ringrazio tantissimo - ha spiegato Marisa Monticelli, la coordinatrice di Mastro Balocco, gestito da Coopselios - Questo regalo sarà molto utile per tutti i nostri ospiti, in quanto osservare la realtà attraverso la televisione, in modo particolare nel periodo invernale, nel quale le uscite sono limitate, è anche un’attività didattica, legata al racconto di ciò che si vede. Questa attività serve a rendere i ragazzi e le ragazze del centro più autonomi e competenti». Il televisore era atteso come regalo in quanto quello che era in dotazione al Centro non funzionava più. I numerosi alpini presenti, con il vicecapogruppo Camillo Bersani e il consigliere Aldo Rigolli, hanno salutato gli ospiti intonando tutti assieme uno dei loro tradizionali canti di montagna e dandosi appuntamento alla prossima manifestazione che vedrà impegnati i ragazzi di Mastro Balocco. _Flu scarica l'articolo in formato .pdf Gli alpini portano una ventata di musica e allegria tra gli anziani La generosità degli alpini di Castelsangiovanni non si ferma nemmeno durante le feste. Una loro delegazione guidata da Alessandro Stragliati si è recata in visita agli anziani ospiti della Fondazione Conte Franco Cella di Rivara onlus, in comune di Arena Po. Il gruppo di alpini, alcuni vestiti in abiti che si richiamano al Natale ma sempre con il cappello alpino sul capo, si è cimentato in un repertorio di musiche e canti di un tempo. Lo stesso avevano fatto anche lo scorso anno, in una precedente visita che aveva riscosso parecchio successo. «I dirigenti della struttura - dice Stragliati – ci hanno già chiesto se saremo presenti anche in occasione delle feste pasquali». In attesa di quel momento, le penne nere castellane si danno da fare ovunque sia richiesta la loro presenza. Di recente hanno partecipato all’organizzazione degli eventi natalizi di Castello, portando anche un’asinella a spasso in piazza XX Settembre per la gioia di grandi e bambini. Poco prima di Natale hanno inoltre finanziato due borse di studio, ciascuna da cento euro, per altrettanti alunni delle scuole medie a cui hanno donato anche “Il piccolo alpino” di Salvatore Gotta. Alla biblioteca scolastica hanno infine donato libri pubblicati in occasione del centenario dell’Associazione Nazionale Alpini._MM scarica l'articolo in formato .pdf News alpine da 32 anni in pensione il maestro prestato al giornalismo Attacca la penna al chiodo dopo 32 anni di direzione. La penna naturalmente non è quella del cappello alpino - che rimane -, quanto lo strumento principale del lavoro di giornalista. Dino Lombardi, maestro elementare ed insegnante di educazione fisica in pensione, al compimento degli 80 anni di età, lascia la direzione dello storico giornale alpino “Radio Scarpa” che guida ininterrottamente dal 1988. «Lascio a malincuore - spiega - anche se resterò nel comitato di redazione a disposizione del nuovo direttore ». Il giornale della sezione Ana di Piacenza, oggi quadrimestrale, era nato nel 1957 e inizialmente con la testata “Il Notiziario”. Grazie all’esperienza nel campo del giornalismo di Lombardi con il mensile Piacenza Sport, l’amico Aldo Silva, neo presidente degli alpini piacentini che raccolse il testimone dal presidentissimo Arturo Govoni, affidò a Dino Lombardi, nel 1988, la direzione della rivista “Radio Scarpa” che raccontava e racconta la vita associativa delle Penne nere piacentine. Infiniti i ricordi legati al mondo degli alpini che per Lombardi sono diventati una seconda famiglia. L’ormai ex direttore sfoglia con orgoglio le edizioni da dodici pagine. Indimenticabile l’Adunata nazionale del 2013. L’ultimo numero firmato è quello dedicato al Raduno del Secondo Raggruppamento andato in scena lo scorso ottobre. Il giornalismo è da sempre stata una delle grandi passioni di Lombardi. Il suo esordio come “direttore” fu nel giornalino di classe ai tempi della scuola elementare De Amicis. Alla guida di Radio Scarpa il maestro- direttore ha accompagnato il notiziario nel corso degli anni rendendolo più rispondente alle esigenze del mondo degli alpini ma anche più accattivante dal punto di vista grafico. E dettando regole a volte un po’ indigeste per quelle penne nere a digiuno di strumenti di comunicazione. Come quella delle cene e delle castagnate benefiche: «Ho sempre preteso che non mi mandassero solo la foto ma che mi dicessero anche a chi venivano devoluti i fondi raccolti. Per dare un’informazione più completa». Una volta imparato ad usare i vari software per impaginazione e per trattare le fotografie, Lombardi, aiutato dall’amico Ludovico Lalatta (giornalista di Libertà), interveniva anche sulle immagini che arrivavano dai gruppi. Troppe bottiglie vuote sulla tavolata stavano male? In soccorso arrivava il cancellino informatico. Qualcuno si dimenticava di indossare il cappello? Ci pensava la redazione con un copia-incolla da manuale. «Sono profondamente convinto di come sia fondamentale questo giornale per gli alpini di Piacenza e provincia - osserva - . Per loro è un collante, è un qualche cosa che sentono, rappresenta un contatto. E quando mandano i report sulle loro iniziative non è per vanità ma solo per far sapere che cosa fanno, perché tutti si sentano coinvolti». scarica l'articolo in formato .pdf Addio a Montanari, pioniere negli alpini-paracadutisti Lutto nel mondo degli alpini piacentini. È scomparso - o meglio, è “andato avanti”, secondo l’espressione abituale delle Penne nere - a 90 anni, Walter Montanari, già consigliere sezionale con il ruolo di tesoriere. Montanari è stato salutato per l’ultima volta e gli sono stati resi gli onori nella chiesa di San Paolo dalle Penne nere della città e di molti gruppi della provincia che si sono stretti attorno ai parenti, in particolare alla moglie Mariuccia e alla figlia Sonia. «Era stato uno dei primi alpini paracadutisti - ricorda Gino Luigi Acerbi, capogruppo di Piacenza -. La specializzazione nacque nel 1952 e Montanari negli anni immediatamente successivi si trovò a fare il militare e a scegliere, appunto tra i primi, la nuova possibilità che si apriva per il Corpo degli alpini. Durante il servizio in Umbria e in Friuli arrivò anche a comandare la 72esima contraerei del battaglione Tolmezzo». Poi, nonostante gli fosse stato chiesto di firmare per la carriera militare, decise di congedarsi diventando perito industriale e dirigente di un’azienda piacentina nel settore degli autotrasporti ». Figura apprezzata nella sezione Ana di Piacenza, era il decano del gruppo cittadini. frighi scarica l'articolo in formato .pdf Alpini San Nicolò Merli capogruppo Primo Camillo Merli è il nuovo capogruppo degli Alpini di San Nicolò. Alla presenza del vicepresidente sezionale Gianluca Gazzola e del consigliere di vallata Luigi Mercuri è risultato eletto all’unanimità. Segretario è Danilo Repetti e cassiere Eugenio Papa. Merli ha quindi aperto il rinnovo delle iscrizioni lanciando un appello a tutti gli alpini congedati per rafforzare il gruppo attualmente composto da 55 elementi. Alla fine delle elezioni, il sindaco di Rottofreno Raffaele Veneziani con gli alpini presenti hanno raggiunto il camposanto locale per deporre un mazzo di fiori a Giorgio Gnocchi, il capogruppo scomparso sei mesi fa. Primo Camillo Merli è nato nel 1948 in provincia di Alessandria da genitori piacentini in trasferta professionale. Ha abitato a San Nicolò dal 1960 al 1974, anno del matrimonio che lo ha portato a Piacenza. Ha svolto il servizio di leva nel 1968/1969 nel terzo reggimento artiglieria di montagna a Pontebba (Udine) ed è sempre stato iscritto nel gruppo di San Nicolò. _AZ scarica l'articolo in formato .pdf Gli alpini premiano i super studenti e aiutano i nonni Gli alpini, si sa, hanno un cuore grande. Quelli di Pianello, oltre a farsi in quattro per tentare di dare una mano ovunque serva, hanno un occhio di riguardo soprattutto verso i più giovani. Lo fanno destinando, in occasione dell’annuale raduno di inizio dicembre, una borsa di studio agli alunni più meritevoli delle scuole elementari di Pianello e Trevozzo. Un premio di studio, pari a cento euro per ogni alunno, che vuole essere un incentivo a fare sempre meglio e un sostegno a mamma e papà nell’aiutarli ad affrontare le spese scolastiche. Quest’anno i premi finanziati dalla penne nere pianellesi sono stati consegnati a Anne Sophie Cassi, Marcello Cassi, Nesserine Cheddani, Tommaso Fulgosi, Edoardo Gatti e Cesare Rossi. Ma la festa è stata anche un momento per gli alpini guidati da Mario Aradelli di tirare le somme di un anno di intense attività e di guardare agli impegni che già li attendono. «Primo tra tutti – dice il capogruppo Aradelli – la tradizionale Carovana della bontà che il giorno dell’Epifania, il 6 gennaio, ci vedrà impegnati a favore degli anziani ospiti della casa protetta di Pianello ». Nel frattempo l’annuale raduno tenutosi in paese ha visto la partecipazione di tanti amministratori, autorità civili e militari, ma soprattutto di tanta gente comune e associazioni che si sono strette alle loro amate penne nere. Il raduno ha visto sfilare in paese decine di alpini giunti anche da fuori provincia. «Ci ha reso felici assistere ad una partecipazione così numerosa dice Aradelli – con i vessilli e il presidente Roberto Lupi a rappresentare i gruppi piacentini e di tutto il Nord Italia». Tra i presenti c’era quest’anno anche il presidente della sezione di Alessandria, Bruno Dalchecco. La cerimonia è stata animata dal coro Ana Valtidone e dalla Fanfara Alpina di Pontedellolio. _Mm scarica l'articolo in formato .pdf Gli alpini di Settima al raduno «Pronti ad aiutare la comunità» «Sempre pronti e a disposizione della comunità, ogni volta che c’è bisogno». Dopo i festeggiamenti dello scorso anno per i suoi primi 50 anni di attività, il gruppo Alpini di Settima è tornato a ribadire in queste settimane, con il suo consueto raduno, il suo ruolo all’interno della comunità di Gossolengo. E lo ha fatto con voglia di proseguire una storia lunga e ricca di solidarietà. Per festeggiare questo 51esimo anniversario di fondazione sono giunte a Settima le Penne Nere dei vari gruppi sezionali e i rappresentanti delle varie associazioni del territorio. Prima la Santa Messa, celebrata dall’ex cappellano sezionale don Giacomo Ferraglio, poi gli onori ai caduti nei pressi del monumento con la lettura della preghiera dell’Alpino da parte del capogruppo Roberto Ronda. Con lui, a omaggiare i caduti e gli alpini anche il sindaco di Gossolengo Andrea Balestrieri con i vicepresidenti Ana Pier Luigi Forlini e Gian Luca Gazzola e i past presidenti Carlo Fumi e Bruno Plucani. Ai saluti delle autorità si è aggiunta quindi l’orazione ufficiale di Giuseppe Ghittoni, tra la storia passata e presente degli Alpini. Dal 1968 il gruppo di Settima – fondato l’11 febbraio da sette alpini con Gilberto Ronda a fare da capogruppo – ha fatto tanto per il paese e non solo: dal recupero dell’ex asilo parrocchiale (per farne la propria sede) al terremoto in Umbria, Emilia e Abruzzo; dal restauro del monumento ai caduti di Gossolengo alla raccolta del banco alimentare, fino all’acquisto di materiale per l’aula linguistica dell’istituto Raineri Marcora di Piacenza. E ora guarda avanti verso nuove sfide. _CB scarica l'articolo in formato .pdf Nel 2020 giovani e ambiente il domani degli alpini è già qui Sono trascorsi sessantasette anni da quell’8 dicembre del 1952, quando un gruppo di pionieri diede vita al gruppo alpini di Castelsangiovanni, ma lo spirito non si è per nulla logorato. La stessa vitalità che mosse i fondatori del gruppo, la stessa voglia di mettersi a disposizione della comunità, ancora muove i loro successori che ne custodiscono gelosamente la memoria con l’intento di trasmetterla alle nuove generazioni. È questo lo spirito che ieri ha accompagnato l’annuale festa delle penne nere castellane, sentinelle e custodi dei valori trasmessi loro da chi perse la vita per difendere la libertà, ma con lo sguardo rivolto al domani. «A breve - ha annunciato il capogruppo Alessandro Stragliati – consegneremo sei borse di studio ad altrettanti studenti e nel 2020 ci impegneremo in attività a favore dell’ambiente con la speranza che le nuove generazioni diventino uomini come lo siamo diventati noi, attenti ai doveri verso la patria prima ancora che a chiedere diritti». Alla sfilata hanno preso parte associazioni, autorità civili e militari. «Tutti impegnati - ha sottolineato la sindaca Lucia Fontana – nel trasmettere lo stesso spirito di quegli ardimentosi alpini che sessantasette anni fa fondarono il gruppo di Castelsangiovanni». Tra di loro vi è ancora un testimone diretto, Luigi Fellegara, sempre presente ad ogni manifestazione. «I valori dell’alpinità – ha aggiunto la vicepresidente della Provincia Valentina Stragliati – devono essere trasmessi ai giovani, in un’alleanza strategica tra generazioni ». Il passaggio delle penne nere, accompagnato dalla banda Carlo Vignola di Agazzano, è stato salutato da centinaia di castellani lungo le strade del centro città, addobbate a festa. Il momento più toccante è stata la commemorazione dei caduti. «Ricordarli vuol dire non rendere inutile il loro sacrificio» secondo il vicepresidente della sezione piacentina Pierluigi Forlini. La festa è stata preceduta da un concerto del coro Ana Valtidone. «Non ci stancheremo mai di custodire e trasmettere i valori che i nostri vecchi ci hanno insegnato» ha detto Giorgio Sonzogni, in rappresentanza dell’associazione nazionale. scarica l'articolo in formato .pdf Dagli alpini castagne di solidarietà in favore dell’hospice “la Casa di Iris” Si moltiplicano sotto le feste le iniziative di solidarietà degli alpini, in particolare del Gruppo di Piacenza guidato da Gino Luigi Acerbi. Nei giorni scorsi le penne nere piacentine hanno organizzata una castagnata davanti al Leroy Merlin. L’azienda ci ha messo le castagne, gli alpini le hanno trasformate in caldarroste benefiche raccogliendo la somma di mille euro (più altri 165 contando i resti). Il tutto è stato donato all’hospice di Piacenza “la Casa di Iris”. Alla consegna simbolica dell’assegno, nella struttura della Madonnina, erano presenti anche il presidente della Fondazione la Casa di Iris, Sergio Fuochi, e il direttore sanitario Giovanna Albini, oltre che il vicario generale monsignor Luigi Chiesa, assistente spirituale della struttura. Non è finita qui. Contro il neuroblastoma Oggi, domani e domenica gli alpini del Gruppo di Piacenza saranno presenti con un banchetto all’Obi di Piacenza per un’iniziativa in favore dell’ospedale Gaslini di Genova con il patrocinio dell’Ana (Associazione nazionale alpini). Le penne nere raccoglieranno fondi per la lotta contro il neuroblastoma, un tumore infantile maligno delle cellule delle creste neurali. Rappresenta circa il 10% dei tumori solidi nei neonati e nei bambini entro i 15 anni. Ogni anno vengono formulate 130-140 nuove diagnosi in Italia. L’incidenza non varia molto tra maschi e femmine, ma mostra differenze importanti nelle diverse fasce di età con la maggior parte dei casi concentrata nel primo anno di vita. Il Gruppo alpini coprirà i tre turni con i propri volontari. Obi contribuirà con 50 centesimi di euro devoluti alla causa per ogni scontrino emesso. _fri. scarica l'articolo in formato .pdf Penne Nere a Podenzano festa annuale del gruppo con premi ai giovanissimi Piccoli volontari crescono. Il gruppo alpini di Podenzano, durante l’annuale festa di gruppo che si è tenuta nella mattinata di domenica, ha riconosciuto e premiato l’impegno di tre giovanissimi che si sono dati molto da fare durante il Tomato Festival del mese di luglio, alla “locanda degli alpini”. Sono Aurora e Mattia Passafonti, fratelli figli di un alpino iscritto al gruppo di Podenzano, e la loro amica Alice Annunziato che hanno trascorso le diverse serate della fiera paesana insieme alle penne nere impegnandosi nel servizio ai tavoli e in cucina. «Ci hanno dato una grande mano - ha commentato il capogruppo degli alpini di Podenzano, Giovanni Carini -. Per questo vogliamo consegnare un piccolo contributo che possa essere un ringraziamento ed un incentivo a proseguire nel mondo del volontariato». Alpini sempre presenti in ogni manifestazione, ha ricordato il sindaco Alessandro Piva, una di quelle associazioni che lavorano ed amano il proprio paese e la propria gente. Carini, nel salone dell’oratorio, ha consegnato un dono anche ad alcuni alpini che si sono particolarmente distinti durante l’anno: Igino Murelli, Claudio Segalini, Luciano Vitali, Giuseppe Campanello, Luigi Cammi, Giorgio Trenchi, Sergio Ivo, Mario Gladiosi. Un riconoscimento anche alla Polizia locale dell’Unione Valnure Valchero per il servizio di sicurezza e alla Schola Cantorum di Podenzano che ha accompagnato con i canti la messa in chiesa celebrata dal parroco don Fausto Arrisi. “Signore delle cime” e la “Preghiera dell’alpino” hanno chiuso la liturgia che è proseguita al monumento ai caduti per onorarne, ha osservato il vicepresidente sezionale Pierluigi Forlini, è sempre doverosa. Dal presidente dei revisori dei conti dell’Ana nazionale, il piacentino Roberto Migli, un omaggio al gruppo dei Podenzano direttamente dalla sede nazionale: il guidoncino del Centenario dell’Ana, un simbolo che rafforza ancora di più l’appartenenza alla grande famiglia alpina. _Nadia Plucani scarica l'articolo in formato .pdf Un esercito di 500 volontari ha aiutato la colletta alimentare Come ormai consuetudine da 23 anni, chi nell’ultimo sabato di novembre è entrato in un supermercato ha trovato ad attenderlo i volontari che raccoglievano alimenti per rispondere al bisogno di quanti vivono nella povertà. Un momento di sensibilizzazione e di concreto coinvolgimento, che anche in questa occasione ha visto Piacenza rispondere presente, grazie a tanti concittadini che hanno donato la spesa a chi è in difficoltà, soprattutto prodotti non deperibili quali zucchero, pasta, riso, scatolame o prodotti per l’infanzia. Organizzata dal ramo territoriale del Banco Alimentare della nostra città, con la collaborazione di Comunione e Liberazione, degli Alpini, di Round Table, dei Lyons e dell’Associazione Bresegna, nella colletta alimentare di ieri in 55 punti vendita di Piacenza e provincia sono stati impegnati circa 500 volontari. Nutrita la presenza degli alpini, anche se in questa occasione l’adesione è stata se possibile ancora maggiore, a garantire - data la stima che godono da parte della popolazione - la bontà dell’iniziativa. Fanno sapere gli organizzatori: «È un modo concreto ed efficace di essere utili sul territorio. A Piacenza poi c’è una fiducia in questo evento che viene confermata ogni anno». In Regione due punti di raccolta, a Parma e a Forlì , dove viene inviato quanto si è ottenuto nella giornata della colletta. Sono poi le diverse associazioni a richiedere ai punti di raccolta. _Lez. scarica l'articolo in formato .pdf «Alpini disponibili quando gli altri sono in difficoltà» Quando c’è un’emergenza, quando c’è da rimboccarsi le maniche o semplicemente quando c’è qualcuno da aiutare, gli alpini non si tirano mai indietro. Una certezza, in un periodo in cui i valori si perdono. Ecco il messaggio lanciato nei giorni scorsi a Rivergaro, in occasione dell’annuale raduno di gruppo delle Penne Nere locali. Gli alpini di Rivergaro si sono ritrovati nella loro sede, in via Roma, per poi dirigersi in corteo fino al monumento dei caduti per il rituale alzabandiera, la deposizione della corona d’alloro e i doverosi onori a chi ha perso la vita per la Patria. Tanti i partecipanti alla cerimonia, tra cui il sindaco di Rivergaro Andrea Albasi, il capogruppo Luigi Mercori con il suo vice Renato Albasi e il comandante della stazione locale dei carabinieri Roberto Guasco. Tra i vertici Ana, non è voluto mancare il presidente sezionale Roberto Lupi accompagnato dai vice Pier Luigi Forlini e Luigi Gazzola con alcuni consiglieri, il presidente dei revisori dei conti nazionale Roberto Migli e i capigruppo di una ventina di gruppi con i rispettivi gagliardetti. I presenti hanno proseguito in corteo fino alla chiesa di Sant’Agata, per la messa celebrata da don Giovanni Cordani. Proprio il sacerdote, durante l’omelia, ha collegato la lettura del Vangelo all’opera delle Penne Nere. «La fede non si è fermata, perché c’è sempre la speranza » ha detto. «Voi alpini siete una testimonianza di quanto sia viva la speranza di continuare, nonostante calamità e vicissitudini ». Anche il sindaco Albasi, dopo i ringraziamenti di Mercori, ha ribadito quanto ami partecipare a eventi legati alpini «per la loro presenza sul territorio e la collaborazione con l’amministrazione ». Lupi si è concentrato infine sul tema della protezione civile, «per la quale siamo costantemente disponibili in ogni momento di difficoltà»._CB scarica l'articolo in formato .pdf Il grazie di Chiara ai borgonovesi per l’ecografo destinato al Perù Il cuore dei borgonovesi batte insieme a quello delle persone più povere del Perù. Grazie a Chiara Lombardi, 29enne antropologa la cui famiglia è originaria della borgata valtidonese, e grazie alla generosità di chi la scorsa estate aveva preso parte a una serata benefica ospitata nella sede degli alpini a Bruso, erano stati raccolti ben 5mila euro. Quei soldi hanno permesso di acquistare un ecografo che è servito, e servirà insieme anche ad un elettrocardiografo donato dal farmacista di Mortizza, a visitare centinaia di peruviani che non hanno accesso alle cure mediche. Per testimoniare come sono state utilizzate le offerte, di recente gli alpini hanno ospitato un’altra serata nella loro sede di Bruso, durante la quale i genitori di Chiara, Gisella e Giovanni - promotori dell’iniziativa con i Ragazzi del 58, Pro loco e Movimento laicale Orionino - hanno mostrato foto e video di quanto viene fatto in Perù. «I due strumenti portatili – dice Chiara Lombardi rientrata in questi giorni dalla famiglia per una breve visita – sono importantissimi perché possiamo portarli con noi durante le campagne itineranti della salute». Queste iniziative portano la giovane antropologa, insieme a un’équipe di 12 tra medici infermieri, dentisti e fisioterapisti, a spostarsi nelle regioni montuose attorno alla metropoli di Cuzco. «Durante queste campagne ci spostiamo da una comunità all’altra – dice Chiara - e visitiamo ogni giorno un centinaio di persone». L’équipe offre un primo triage, cure (dove possibile) e farmaci (se disponibili), il tutto in via gratuita, a persone che spesso hanno poco più di nulla e per cui le cure sanitarie sono il più delle volte inaccessibili. Durante il resto dell’anno Chiara opera nel Policlinico Santa Rita, sempre a Cuzco, fondato dai padri agostiniani. «Noi – dice la giovane donna che venerdì ripartirà per il Perù – siamo in una zona molto periferica, dove non ci sono strutture di emergenza. Le ambulanze sono poche e se qualcuno ha bisogno prima di mandarle chiedono se il paziente avrà i soldi per pagare. Le cure ci sono, ma sono per i turisti e i ricchi». Durante questi giorni in cui si trova a Piacenza, Chiara ha voluto ringraziare tutte le persone che, grazie al tam-tam avviato dai genitori, la sostengono. «Voglio dire grazie - ha detto l’antropologa - a tutte le persone che hanno consentito l’acquisto di questi apparecchi per noi indispensabili. Spero che si possano organizzare altri eventi. Servirebbe un laringoscopio per intubare le persone. Speriamo... Intanto dico grazie a tutti »._MM scarica l'articolo in formato .pdf San Nicolò, iniziativa benefica degli alpini Stanno ripartendo le attività promosse dal gruppo Alpini di San Nicolò. La scomparsa del capogruppo, Giorgio Gnocchi, aveva gettato nello sconforto i componenti del sodalizio locale. Una perdita pesante per le locali penne nere che aveva lasciato tutti attoniti, al punto che nessuno ha finora occupato il posto lasciato improvvisamente vuoto. Oggi e domani le penne nere torneranno invece in pista con degustazioni di polenta con ciccioli e salame cotto che saranno proposte alla fine delle messe davanti alla chiesa parrocchiale di San Nicolò e le offerte raccolte saranno devolute in beneficenza. Franco Bonini ed Eugenio Papa, insieme al resto gruppo, stanno inoltre organizzando l’elezione di un nuovo referente in sostituzione dello scomparso Gnocchi. L’elezione avverrà domenica 14 dicembre e sarà seguita, alle 18, da una messa con l’accompagnamento del coro di Gragnano. Gli Alpini dovranno infine decidere quali simboli di San Nicolò applicare sul proprio gagliardetto rinnovato._ AZ scarica l'articolo in formato .pdf Lei centenaria, lui quasi Ottant’anni di vita insieme Rosa Guglielmetti e Attilio Girandola sono sposati da oltre 78 anni. Una vita insieme che ha regalato loro otto figli e tante soddisfazioni, ma anche la consapevolezza che non si realizza niente se non si affrontano le difficoltà sostenendosi a vicenda. Oggi Rosa compie cento anni, siede comoda su una poltrona nel salotto dell’appartamento che divide col marito novantanovenne e una collaboratrice domestica. “Faccio ancora le faccende di casa - ci tiene a precisare Rosa -. L’aiuto è per Attilio che fa un po’ fatica a camminare”. La tavola è imbandita; sono arrivati i figli, i nipoti, gli amici preti, gli alpini, capitanati da Bruno Plucani, che dopo il brindisi, cantano per Rosa e per Attilio, anch’esso penna nera. La festeggiata, una chioma di capelli bianchi, occhiali e una magrezza sostenuta da nervi d’acciaio, comincia a ricordare. “Ho cominciato a lavorare a 11 anni come mondina. Quando ho sposato Attilio ne avevo 22 e vivevamo ancora a Pradovera. La vita al tempo era dura, ma avevamo speranza nel futuro. Io stavo a casa ad accudire i figli e mio marito andava in giornata a Piacenza in motoretta per lavorare alla previdenza sociale. Impiegava tanto tempo a spostarsi, ma al tempo funzionava così “. Quando le chiediamo quale sia il segreto per arrivare al secolo di vita così in forma la festeggiata risponde così : “Ho sempre mangiato poco. Ora mi bastano un paio di zuppette al giorno e poi mi sono sempre tenuta impegnata col lavoro e con i figli. Ma la cosa più importante è credere in nostro Signore; Lui mi dà la forza ogni giorno e, attraverso la preghiera, ha reso la mia esistenza più serena e tranquilla”. All’arrivo del sindaco Patrizia Barbieri, invitata dagli alpini, la signora Rosa si commuove (”Non pensavo di essere così importante”) e ricorda a tutti che uno dei suoi desideri da realizzare prima di morire è quello di incontrare di persona il nostro vescovo Gianni Ambrosio; “C’è ancora tempo, non preoccuparti” risponde Attilio che, stringendole la mano, la fa sorridere. scarica l'articolo in formato .pdf Alpini di Agazzano donano una targa al decano Italo “Cento anni e la stessa anima alpina”. È la frase che le penne nere di Agazzano hanno impresso sulla targa che hanno fatto realizzare per festeggiare il loro decano, Italo Ferrari, che solo pochi giorni fa ha tagliato il traguardo dei cento anni di vita. Anche in occasione del suo centesimo compleanno Ferrari non si è voluto staccare dal suo compagno più fedele, e cioè il cappello alpino che ha sempre indossato, e tutt’ora indossa, con fierezza. In suo omaggio, i compagni del gruppo alpini di Agazzano hanno fatto preparare una targa che, in un gioco di simboli e disegni, traccia un parallelo tra i cento anni dell’Associazione nazionale alpini, fondato a Milano nel 1919, e il secolo di vita di Italo (all’anagrafe Vittoli), Ferrari. La targa riproduce anche due immagini, di cui una recente e una da giovane penna nere, del decano con, ovviamente, sempre in testa il suo cappello alpino. Un’altra targa gli era stata consegnata pochi giorni fa, in occasione del compleanno, dal sindaco di Agazzano Mattia Cigalini con gli alpini e i Combattenti e reduci. Classe 1919, Italo è l’ultimo rimasto di quattro fratelli che sono stati tutti quanti alpini. Fino allo scorso anno ha sempre partecipato a tutte le manifestazioni organizzate dalle penne nere e alle celebrazioni di piazza. Quest’anno per la prima volta non ha potuto essere presente alle commemorazioni del 4 Novembre organizzate di recente ad Agazzano, ma il suo nome è stato ugualmente ricordato come esempio di attaccamento ai valori, additato ad esempio ai più giovani._MM scarica l'articolo in formato .pdf Vernasca in festa col gruppo alpini e i “gemelli” di Re In primo piano, a Vernasca, il gruppo alpini, coordinato da Giovanni Marazzi, insieme a tutti gli alpini di Settesorelle, Vezzolacca e Vigoleno. Dopo aver partecipato alla bella manifestazione svoltasi a Piacenza, alcuni come volontari-aiutanti, altri per sfilare, dopo essere stati presenti, accanto alle autorità, per ricordare i caduti in guerra e porre la corona ricordo davanti ogni monumento esistente sul territorio comunale di Vernasca, si sono organizzati, e alla grande, per accogliere gli alpini del comune di Re, paese in provincia di Verbania, nella Val Vigezzo (noto per la presenza di un importante santuario dedicato alla Madonna del Latte o del Sangue) con i quali sono gemellati dal 2009, grazie ai coniugi Ada Prati di Vezzolacca e Fedele Necchi di Re, i capogruppo alpini di Vezzolacca Tonino Solari e quello di Re, Pio Cantadore. Per accogliere gli amici e condividere con loro un’intera domenica, il paese si è addobbato con le bandiere tricolori e molti hanno seguito la sfilata lungo le vie del centro, cadenzata dalle note della banda di Busseto e partita dalla Chiesa Vecchia, simbolo di Vernasca, dove si sono dati appuntamento per ritrovarsi, finalmente, dopo tanti anni. Il gruppo di Re ha raggiunto il paese che li ha voluti ospitare con un pullman dove, oltre agli alpini, vi erano anche i familiari. Insieme agli alpini locali, gli ospiti hanno seguito la messa dedicata a tutti i commilitoni deceduti, celebrata da don Alfonso Calamari che ha espresso, con una semplicità toccante, il suo “grazie” a nome di tutta la comunità, agli alpini, sempre molto attivi per portare avanti concretamente ideali altamente positivi e di esempio per tutti. Dopo aver sostato davanti al monumento ai Caduti, in piazza Vittoria, omaggiandolo con fiori , con la tradizionale corona d’alloro e preghiere, presenti le autorità locali, il sindaco Pinuccio Sidoli, il consigliere regionale Gianluigi Molinari, i rappresentanti dei carabinieri di Vernasca, il vicesindaco di Re Stefano Bonzani, i partecipanti alla cerimonia, tutti insieme - ed erano più di 200, un numero notevole nella realtà di un paesino di alta collina - si sono ritrovati nel salone parrocchiale per un pranzo ricco di gustosi piatti preparati dai volontari, trascorrendo qualche ora in allegria ed amicizia, e decidendo di devolvere l’intero guadagno alla parrocchia. Decisamente soddisfatti gli organizzatori, che si sono dichiarati disponibili, come già nel passato, a collaborare nelle varie manifestazioni che si terranno nel corso del prossimo anno a Vernasca e nelle frazioni comunali. _Renata Bussandri scarica l'articolo in formato .pdf Gli ex commilitoni tornano nei luoghi del servizio di leva I ricordi del servizio militare non svaniscono mai, mesi di lavoro, non sempre facili, ma in cui sono nate e si sono consolidate amicizie che durano una vita. Per questo alcuni alpini di Podenzano sono tornati sui luoghi dove da “giovanotti” hanno svolto il servizio militare in Friuli Venezia Giulia. Accompagnati dalle consorti, Giovanni Carini (capogruppo Ana di Podenzano), Giorgio Rossi, Luigi Cammi, Claudio Segalini, Sergio Ivo, Igino Murelli e Angelo Bongiorni hanno trascorso tre giorni in Carnia e Cadore. Lo scopo era proprio quello di rivedere le caserme e i luoghi dove avevano trascorso i mesi della naja: Tarvisio, Pontebba, Paluzza, Chiusaforte, in provincia di Udine, sono state le tappe. «Paesi ed edifici che hanno suscitato tanti ricordi – dicono le penne nere podenzanesi – e grande commozione per quanto i valori alpini siano attuali». Interessante anche il museo alpino di Chiusaforte allestito alla Caserma Zucchi, ex sede del 15 Reggimento Alpini fino al 1995 e storica sede del Battaglione Alpini “Cividale”. Tappa a Collina, dove il battaglione “Gemona” svolgeva il campo estivo in una pineta e da cui, con circa 60 muli, si portavano i viveri al rifugio Marinelli (a 2120 metri di altitudine) che servivano per tutta la stagione estiva: legna, farina, salumi, casse di vino, liquori e bibite, gasolio per generatori. «Un bellissimo ricordo – dice Giorgio Rossi – è quello di Collina, durante il campo estivo, dove nel 1968 ho visto la vittoria dell’Italia nel campionato europeo di calcio contro la Yugoslavia con i gol di Riva e Anastasi». Ultimo giorno a Sappada in Cadore e poi al Rifugio Piani del Cristo alle falde del monte Peralba a vedere la sorgente del Piave e nel ritorno sosta in Trentino, in Val di Sole, una delle valli flagellate dal vento nel 2018 che ha abbattuto milioni di abeti rossi. _Nadia Plucani scarica l'articolo in formato .pdf Quaderno bianco e pennarelli colorati per scrivere insieme il libro del futuro Fuori non si trova un posto per parcheggiare, come se ci fosse una partita di cartello allo stadio Garilli. Dentro ci sono tutti. Quasi tutti i parroci della città e anche alcuni dalla provincia, fedeli piacentini provenienti dalle parrocchie del Preziosissimo Sangue e di San Corrado ma anche da quella di Sarmato di dove don Federico Tagliaferri, 55 anni, è originario e dove lo scorso giugno ha celebrato il 25esimo di ordinazione sacerdotale. Ieri in chiesa c’era la sua famiglia. E, naturalmente, tanti parrocchiani di San Giuseppe operaio. A parlare per loro è Rinaldo Busca, uno dei veterani della comunità della Galleana. «Da 48 anni questa comunità cammina nella fedeltà al Vangelo - rileva dall’ambone durante il saluto - grazie anche al servizio appassionato e generoso di don Giancarlo e dei sacerdoti che nel tempo si sono succeduti e dei tanti laici che si sono rimboccati le maniche». Rivolto a don Tagliaferri: «Aiutaci a ravvivare le tradizioni e i luoghi a cui noi di San Giuseppe siamo legati (si veda Vigo di Fassa) e a riscoprirne il valore e il senso più profondo». Presenza importante per il neo parroco quella degli alpini, capeggiati dal presidente della sezione di Piacenza, Roberto Lupi. Don Tagliaferri, caporal maggiore alpino, li ringrazia per «l’amicizia e lo spirito di corpo». È all’offertorio che la parrocchia schiera i propri carismi davanti al neo parroco: dalle comunità neocatecumenali agli scout fino all’Azione cattolica. Portano acini d’uva e pane, un cesto con i volti delle persone, un registro con una scatola di pennarelli colorati per scrivere il libro del futuro, poi una torta per essere pronti ad accogliere, una pianta come quella che ha consentito l’incontro di Zaccheo con Gesù, infine un cartellone realizzato dai ragazzi che hanno appena ricevuto la cresima. _fri. scarica l'articolo in formato .pdf A Cortemaggiore Fabio Devoti rimane capogruppo degli Alpini Fabio Devoti è stato riconfermato capogruppo degli alpini di Cortemaggiore. L’elezione è avvenuta nella giornata di festa organizzata come da tradizione nel periodo autunnale. Il gruppo alpini di Cortemaggiore ha partecipato alla Santa Messa celebrata presso la chiesa del convento francescano dal parroco di Besenzone don Giancarlo Plessi a cui, al termine della celebrazione, è stata consegnata un’offerta finalizzata al mantenimento e alla cura del convento stesso. Dopo i classici discorsi di rito delle autorità presenti, tra le quali il sindaco di Cortemaggiore, Gabriele Girometta, quello di Besenzone Carlo Filiberti, il capogruppo degli alpini Fabio Devoti e il consigliere della Bassa Valdarda Giorgio Corradi, si è tenuta una breve riunione di gruppo con gli iscritti. Ciò al fine di programmare gli impegni futuri. Successivamente, sono avvenute le votazioni per la elezione del nuovo consiglio direttivo. Oltre al capogruppo Fabio Devoti, Emanuele Braghieri è stato nominato vicecapogruppo, Roberto Boaron ricoprirà l’incarico di cassiere, mentre Ermanno Nazzani sarà il revisore dei conti. Gli altri consiglieri eletti sono: Stefano Boaron, Luigi Merli, Amato Cignatta e Aldo Repetti. La giornata è terminata con un momento conviviale e un pranzo presso l’oratorio di Besenzone. _Flu scarica l'articolo in formato .pdf Mazzolini di fiori per i caduti in guerra L’omaggio dei ragazzi di Carpaneto Gli alunni di quinta della scuola elementare di Carpaneto, ieri mattina, accompagnati dalle loro insegnati, si sono recati lungo il viale delle Rimembranze, per deporre fiori sulle steli che ricordano i caduti in guerra di Carpaneto. Sono stati accolti dal gruppo alpini e dal sindaco di Carpaneto Andrea Arfani. «Ricordare questi nomi e venire ogni anno a deporre fiori sulle stele che ricordano tutti i nostri morti in guerra è una cosa molto positiva - ha spiegato Arfani - La libertà che stiamo vivendo in questo periodo, che dura ormai da anni, è merito del sacrificio di tantissimi giovani, ragazzi che hanno risposto alla chiamata della nazione e che sono andati a combattere. Onorare il loro ricordo e le loro gesta è giusto e fa onore anche a voi, bravi!». Gli alpini hanno ricordato che le stele sono 160, le stesse sono state recuperate e riverniciate nel 2011, e ricollocate sul viale per ricordare degnamente i ragazzi morti nella Prima Guerra Mondiale. Dopo la guerra, le famiglie di Carpaneto contribuirono in modo tangibile alla realizzazione del viale acquistando un albero per ogni soldato di Carpaneto scomparso. Sono state le famiglie di ogni bambino a confezionare i 160 mazzolini di fiori e, prima della sua deposizione sulla stele, ogni alunno ha letto ad alta voce il nome del soldato scritto sulla targhetta. Tra i 160 nomi, oltre a quello del Milite Ignoto, ci sono Alessandro Casali ed Ettore Rosso, insigniti della medaglia d’oro al valor militare e quello di Filippo Scotti Douglas, discendente della famiglia che governò Carpaneto per 4 secoli. La manifestazione di ieri è stata l’anticipazione delle commemorazioni che si svolgeranno sul territorio di Carpaneto che iniziano oggi, alle ore 9 con la Messa a Magnano, e la deposizione di una corona d’alloro. Domenica sarà invece la volta del capoluogo con la Messa alle ore 9 e, a seguire, corona d’alloro e discorsi delle autorità con anche il neoeletto sindaco dei ragazzi, Chiara Croci. Domenica i caduti verranno ricordati nelle messe di Chero alle 10,30 e di Ciriano alle 11,30. Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Grazie scarica l'articolo in formato .pdf Noi alpini e il nonnismo condanna senza dubbi ma la leva aveva un valore Caro direttore, scrivo in relazione alla lettera pubblicata su “Libertà” di venerdì 25 ottobre dal titolo “Gli alpini sono ammirevoli però io ho ricordi brutti. Il nonnismo va rivisitato” per la quale ho apprezzato le sue considerazioni che terminano con il sollecito a una risposta anche da parte di qualcun altro. In primis mi permetto di correggere il lettore quando cita “il cappello con la piuma” in quanto il nostro cappello è contraddistinto dalla penna, le piume sono sul cappello dei bersaglieri. Detto ciò, mi spiace che fatti risalenti al 1981, anno in cui il lettore dichiara di aver svolto il servizio militare, vengano evidenziati nel 2019, a distanza di 38 anni (!) e proprio a pochi giorni dal Raduno del 2° Raggruppamento, per la cui organizzazione tanti volontari, alpini e non, hanno lavorato con passione e con l’orgoglio di fare qualcosa di positivo per il nostro territorio e per la nostra comunità e con l’obiettivo di risvegliare, soprattutto tra i più giovani, quell’amor patrio che raccoglie dentro di sé tutti i valori positivi del bene comune, a partire dal senso civico per terminare con lo spirito di solidarietà che contraddistingue molte delle opere della nostra associazione. Per venire al “nocciolo” della questione sollevata dal lettore, quindi ai fatti di nonnismo che si verificavano, a volte, nelle caserme non solo degli alpini, non posso che concordare che erano e sono da condannare senza se e senza ma. Giova però ricordare che la popolazione che animava le caserme rifletteva esattamente la società di allora dove, purtroppo, certe consuetudini che oggi definiremmo di “bullismo”, venivano praticate nelle piazze, nei bar ed in altri luoghi. Sia ben chiaro che con questo non intendo giustificare tali comportamenti. D’altro canto, per alcuni episodi riprovevoli, non si può generalizzare e “negativizzare” il servizio di leva che per tanti, a partire dal sottoscritto, è stata una bellissima esperienza e una scuola di vita. Quando ho il piacere, come mi succede spesso, di confrontarmi con i miei commilitoni, ricordiamo tanti episodi di vita militare, tra i quali anche quelli di sano “nonnismo” dove i veci aiutavano i bocia a inserirsi in un ambiente che non sempre era facile da affrontare e dove non mancava mai la goliardia che, ancora oggi, contraddistingue i nostri incontri. Se qualcuno non accettava le regole “non scritte” della caserma, in primis quella di portare rispetto per i veci, ne pagava la conseguenze, una delle quali era quella di essere “sbrandato”: se contenute nei limiti corretti e prese con la giusta dose di goliardia era un modo come un altro per divertirsi, nessuno si sentiva “bullizzato”. Guardiamo avanti, il servizio di leva obbligatorio (ahimé) è stato sospeso, ma se la nostra associazione conta ancora oggi 380.000 iscritti vuol dire che qualcosa di buono ha lasciato in coloro che hanno svolto la naja nel corpo degli Alpini e che ancora oggi servono la Patria non più con la divisa ma sempre con l’orgoglio di portare il cappello con la penna per aiutare chi si trova in situazioni di difficoltà e per cercare di non disperdere i valori che i nostri veci ci hanno tramandato. Colgo l’occasione per ringraziare tutti gli alpini, i volontari e le Istituzioni che hanno collaborato ed hanno profuso grande impegno per l’organizzazione del Raduno, nonché tutti coloro che hanno contribuito economicamente oltre al nostro quotidiano “Libertà” ed a Telelibertà che hanno dato grande risalto all’evento. Roberto Lupi presidente Sezione di Piacenza Associazione nazionale alpini
Ci speravo, nella risposta di Roberto Lupi, presidente degli alpini di Piacenza. Lo ringrazio. Mi sembra ovvio riservare alla sua lettera lo stesso identico spazio dato alla recluta dell’81 che ha sollevato lo spinoso tema del nonnismo. E tengo a sottolineare un dato di metodo: con rispetto e con un minimo di stile, si può discutere di tutto, anche tra “avversari”. E se questo avviene qui, nello spazio di “Libertà” dedicato al dialogo con i lettori, mi fa piacere. Il presidente Lupi si rammarica che l’ex alpino suo interlocutore riporti a galla fatti di 38 anni fa «proprio a pochi giorni dal raduno del 2° Raggruppamento». Mi permetto di fare l’avvocato d’ufficio: quell’ex alpino ha scelto di porre il tema dopo il raduno, non prima e nemmeno durante. Ha chiesto di discutere, non ha voluto provocare né tantomeno sfregiare. Detto ciò, c’è un’affermazione significativa nella lettera del presidente dell’Ana di Piacenza: gli episodi di nonnismo sono «da condannare senza se e senza ma». Non tutti saranno persuasi da quella specie di attenuante sociale evocata dal riferimento al “bullismo” allora diffuso, senza che lo si chiamasse così, «nelle piazze, nei bar e in altri luoghi». In caserma la portata delle vessazioni aveva spesso una brutalità, e una legittimazione, che segnava un salto, in peggio, di qualità. E’ vera comunque una cosa e cioè che bisogna «guardare avanti». La stima, la simpatia, l’affetto che circondano gli alpini per ciò che quotidianamente donano alle comunità di cui fanno parte è fuori discussione. Buona domenica a tutti, specialmente a chi distingue tra un capitolo di storia imbarazzante e il senso di una storia ammirevole. scarica l'articolo in formato .pdf Immagini e parole Ad növ j’Alpein di PIERGIORGIO BARBIERI La festa Nasiunäla d’j’Alpein ca l’è stä fata a Piaseinsa l’éra vegn abòta bein, lùra un’ätra par ricunuseinsa. Ist’ann a l’è mia nasiunäla, almä du regiòn igh sarann, csé a l’è ‘na festa regiunäla, ma l’istess bein i farann. Vist i preparativ fàtt a gh’è mia mutiv da dubitä, j’hann laurä cmé di màtt, a gh’è almä da spetä. Seins ätar ag sarà menu gint, ma seimpar un bèll mücc’ e cma ‘l solit a pòst e diligint i sfilerann insëm in grüpp. Sum chimò abòta cüriùs da vëdd cor e bànd e seint müsica e vùs miss tütt in fila marciànd. J’Alpein ‘na gràn urganisasiòn, un gràn spirit ad còrp, al dimustran in väri ucasiòn ca j’enn mäi mòrt.
La nossa bandera e i nos alpein di DON BEARESI nell’anno 1973 in onore degli alpini A Piaseinza agh vurum bein: žù al cappéll ca riva i noss Alpein! i’Alpein, gint ad valur, i s’enn seimpar fatt unur. Quand gh’è in gir udùr ad vein, lur i rivan cme i müssein; e sa svera un buttigliòn, as na müccia anka un battagliòn! A Piaseinza sum sincér in dal cör e in di biccer; al noss vein l’è mia d’azé, parché nöi al fum... coi pé! E par béval pössé bein, um fatt kôos di gran cudghein, tütta roba da tastä’, gogn ad prima qualitä’! E par bev ancura méi, dla puleita cui grassei, fatta kôos in dal parô’ ca csé bona ‘s n’in fa pö! I rašdur ch’i hann fatt la guerra, i la mangian sedì i terra, e i ricórdan la gavëtta, al brudéin e la galëtta! I ricordan i cumpagn, kien rastä’ là in sill muntagn, e i’enn mort püttost che ceed, parché i gh’ävan una gran feed. In ricord dal so valur, i’hann purtä’ un bell triculur, c’la sbarba’tta quand gh’è al veint, veerd,biank e russ fughéint. Verd cme l’erba di noss prä’, cme ‘l furmeint ch’é dré büttä’: la speranza d’un dastein, seimpar bell cme un ciel asrein. Bianc cme al latt di noss bandòn, cme ‘l surrìs di noss puppòn: l’è ‘l culur d’la nossa feed, dal servizi e dal cungéed. Russ cme ‘l vein ch’um aschissä’, russ cme ‘l sangu di suldä’: l’è ‘l pö bell di trì culur, tütt cur gg’ e tütt amur. . . L’è la festa dl’amicissia, tütt fradéi, seinza malissia... Sö i biccér pr’i noss Alpein: tant cme lur, vurumas bein!
scarica l'articolo in formato .pdf Gli alpini sono ammirevoli però io ho ricordi brutti il nonnismo va “rivisitato” Gentile direttore, ho aspettato che finisse giustamente la festa che Piacenza ha preparato per il ritorno degli Alpini, prima di scriverle la mia testimonianza. Nel 1981 anch’io ho avuto “Il cappello con la piuma” ed insieme a me tanti emiliani che furono destinati nella Cadore. Le tralascio il paesino imboscato dove era collocata la caserma e quanto la medesima era lontana da un centro abitato ma soprattutto quanto era decrepita tutta la struttura dove eravamo alloggiati e svolgevamo le attività. Si tranquillizzi, la mia non è la solita lettera sui disagi della cosiddetta naja ma una riflessione su alcuni aspetti poco ricordati. Per me è stato l’incontro con quello più tardi sarebbe stato chiamato con il nome appropriato bullismo ma che allora veniva chiamato con un nomignolo che lo faceva sembrare meno pericoloso e più goliardico: nonnismo. Mi creda non c’era niente di goliardico nella “comunione del mussista” (nel mansionariato alpino il conduttore di muli) che consisteva per i nuovi arrivati nell’intingere ostie sconsacrate nell’urina dei muli, e a volte non solo quella, e farle deglutire. Non c’era niente di goliardico nelle “secchie” che erano letteralmente secchi di acqua gelata, quando andava bene, che venivano gettati addosso al malcapitato mentre dormiva reo di non aver sottostato alle imposizioni che le “max” (gli alpini a cui mancavano uno o due mesi al congedo) impartivano durante il giorno. Se lo sgarro era forte (non bloccarsi come statue di sale al comando anche con la forchettata di pasta mentre mangiavi, o non fare il “cubo” o il letto al posto della “max”) allora all’acqua venivano aggiunti dagli altri congedanti le proprie deiezioni liquide e… solide. Le lascio immaginare come poteva dormire la persona che la riceveva e tutta la camerata che condivideva quello spazio. Io sono stato testimone di tutto questo e di altre cose che solo la decenza e il rispetto dei suoi lettori miei concittadini mi impediscono di raccontare, e che farebbero inorridire e disturbare inutilmente. Le racconto solo quest’ultimo episodio, avvenuto durante il Car a Belluno. Un ragazzo al primo mese di naja riceve un’improvvisa licenza per tornare a casa. Tornare a casa nei primi tre mesi di servizio militare era una probabilità pressoché remota. Si alimentò subito la diceria di un raccomandato, di un “protetto”. Per punire questa sua condizione tutti gli abiti militari riposti sopra la sua branda vennero spalmati di lucido nero in dotazione per gli scarponi (che dovevano essere impeccabili ogni mattina). La verità era che era stato richiamato a casa perché di li a poco sarebbe morta la mamma di una leucemia fulminante. Io credo che, come tante cose su cui abbiamo riflettuto a posteriori, anche questa del nonnismo andrebbe rivista e analizzata, per potersi poi concretamente concentrare sulle cose positive e sugli aspetti benemeriti che l’associazione degli alpini ha compiuto e compie quotidianamente. lettera firmata Piacenza Credo di non sbagliarmi se dico che il movente della lettera è un certo fastidio per l’importanza che Piacenza e magari anche “Libertà” hanno dato al raduno degli alpini sabato e domenica scorsi. Capisco. Non è obbligatorio metabolizzare ricordi come quelli del nostro lettore e riporli con ordine nei propri cassetti interiori, dicendosi che così andava il mondo nell’anno 1981 e oggi per fortuna il tempi sono cambiati eccetera eccetera. Ognuno ha diritto a mantenere un punto di vista critico, anche duramente polemico, verso pratiche oggettivamente brutali. Il nostro lettore (che chiede l’anonimato «data la delicatezza della testimonianza») considera la stagione del cosiddetto nonnismo qualcosa di vergognoso da «rivedere e analizzare». E data la crudezza degli episodi rievocati a mo’ di esempio, sulla sensatezza di questa richiesta c’è poco da obiettare. Ci sono varie cose nel mondo su cui si è utilmente «riflettuto a posteriori», nulla vieta di farlo anche sul nonnismo, che peraltro riguardava il servizio di leva in generale e non solo quello svolto negli alpini. Una sola regola d’ingaggio: fare autocritica sulla “comunione del mussista” e “secchie”, robe del passato, non può gettare ombre sul presente di operoso e ammirevole volontariato degli alpini. Su questo concorda lo stesso autore delle lettera scrivendo nel finale che, una volta ripassata senza ipocrisie né sconti quella pagina, ci si potrà «concentrare sulle cose positive e sugli aspetti benemeriti » delle attività odierne degli alpini. Un’ultima cosa: è apprezzabile la scelta del lettore di porre la questione aspettando che la festa delle penne nera si fosse conclusa. È la prova di uno stile e di un intento costruttivo. Anche soltanto per questo, meriterebbe una risposta non soltanto da parte mia. scarica l'articolo in formato .pdf Il coro Ana Valtidone tra i protagonisti al 2° Raggruppamento Anche il coro Ana Valtidone ha vissuto due giorni da protagonista nel raduno del 2° Raggruppamento alpini tenutosi sabato e domenica a Piacenza. A spiegarlo e a raccontarne le emozioni è il mestro e direttore del coro, Donato Capuano. Primario dell’ospedale di Bobbio, 65 anni, Capuano dal 1984 guida il coro polifonico della parrocchia di Castelsangiovanni e dal 2008 il coro Valtidone, diventato coro dell’Associazione nazionale alpini (Ana) nel 2010 grazie all’interessamento dell’allora presidente della sezione di Piacenza, Bruno Plucani. «Abbiamo sempre partecipato a tutte le Adunate nazionali - spiega Capuano - anche all’ultima di Milano, dove abbiamo preso parte alla serata dei cori». Nel raduno del 2° Raggruppamento il coro - presieduto da Pino Quaretti - ha rappresentato la colonna sonora della messa con il vescovo nel Duomo di Piacenza. Musica sacra dai colori alpini quella con cui i 34 coristi hanno accompagnato la funzione liturgica: da “Signore delle cime” all’“Ave Maria” sempre di Bepi De Marzi, da “Io resto qui” di Giorgio Susana alla “Preghiera degli alpini” di Giovanni Veneri. È stato anche grazie a loro se la funzione religiosa, con una cattedrale gremita da 1.200 persone, è stata una di quelle da ricordare sul calendario. L’impegno del coro Ana Valtidone è proseguito sia nella serata di sabato con canti alpini sul sagrato della basilica di San Francesco, sia la domenica con un’esibizione di fronte ai dodicimila alpini in attesa di sfilare, riuniti nel Polo di mantenimento pesante Nord - «Un colpo d’occhio meraviglioso » ricorda Capuano - e con la partecipazione alla sfilata della sezione di Piacenza. E adesso? «Continuiamo con il programma ordinario e ci prepariamo agli appuntamenti della fine dell’anno - osserva il maestro - . D’estate ci troviamo nella chiesa di Bruso, d’inverno nella sede alpini di Castelsangiovanni. Abbiamo un’età media di 60 anni e la speranza è di riuscire a coinvolgere nel coro qualche giovane». _fed.fri. scarica l'articolo in formato .pdf Bar e tavolini deserti per il commercio è flop Bene i musei farnesiani Stavolta ai commercianti, ai pubblici esercenti in particolare, non è andata come ci si aspettava. Gran parte del centro storico non è stato toccato se non marginalmente dal raduno alpino, per non dire delle zone semicentrali della città e della periferia. In centro una trentina gli esercenti che avevano investito nel plateatico per tavolini e dehor. Solo pochissimi si sono visti ripagare lo sforzo economico. «Se mi si chiede se le nostre aziende hanno fatto affari con gli alpini la risposta è no» non lascia il minimo dubbio Fausto Arzani, direttore di Confesercenti. «Questa volta neppure quelli sull’asse della sfilata hanno avuto soddisfazione. Per loro è stato un flop». Qualche esercente punta il dito in primis verso gli stand gastronomici realizzati in via Sopramuro e piazzetta Plebiscito. «Chi era nelle vicinanze ne ha tratto vantaggio di rimbalzo, gli altri sono rimasti schiacciati» ammette Arzani che fa comunque presente come la sua associazione abbia avvisato: «Era un evento diverso dall’adunata del 2013». Anche il direttore dell’Unione Commercianti, Alberto Malvicini, assieme al suo staff, aveva fatto circolare il medesimo messaggio di cautela tra gli iscritti. Ad aver giocato un ruolo importante, secondo Malvicini, il “mordi e fuggi”: «Molti penso siano tornati a casa subito dopo la fine della sfilata, vista la vicinanza con i loro territori ». L’assessore al commercio, Stefano Cavalli, di fronte alle rimostranze rimane perplesso. «Sapevano che non sarebbe stata un’adunata nazionale - dice - e l’avevamo detto. Però numericamente siamo oltre alle aspettative: 40mila persone, secondo la questura, quando la stima iniziale era di 25 mila. I numeri parlano chiaro e sono a nostro favore. Io poi sono rimasto in città fino alle 18 di domenica e ho visto tanta gente in giro, così come sabato sera». Se gli si fa presente che più di qualcuno si è lamentato perché il mercato del sabato in centro è stato spostato sul Pubblico Passeggio, si fa ancora più perplesso. «Non capisco. Sono stati gli stessi commercianti - rivela - a chiederci di spostare sia il mercato del mercoledì, sia quello del sabato sul Facsal. Noi quello di mercoledì lo abbiamo tenuto, quello di sabato no, perché piazza Cavalli doveva essere a disposizione dell’organizzazione del raduno». Se le pinte di birra sono rimaste al palo, le brochure informative del punto turistico allestito in piazza Cavalli assieme a Destinazione Emilia sono andate a ruba, mentre i musei Farnesiani hanno raddoppiato gli ingressi. Il Farnese è arrivato a 320 visitatori tra sabato e domenica, «il doppio di un normale fine settimana» è soddisfatto l’assessore alla cultura, Jonathan Papamarenghi. È tramite il suo assessorato che il contributo economico del Comune è giunto all’Ana. «Per la prima volta abbiamo portato il point informativo in piazza (nel 2013 non c’era) mentre abbiamo ampliato l’orario dello Iat - evidenzia -. Vista la grande affluenza e la curiosità attorno alle eccellenze artistiche di Piacenza e territorio siamo sicuri che una parte delle persone ritornerà, magari con più tempo a disposizione, con amici e familiari al seguito. Il Raduno del 2° Raggruppamento Ana ha portato in dote, a Piacenza, non solo l’atmosfera unica di un evento che ci ha permesso di rendere omaggio ai valori e all’impegno civile e militare degli Alpini, ma anche una straordinaria opportunità di promozione turistica ». «Palazzo Farnese - ci tiene infine ad evidenziare l’assessore alla cultura - ha ospitato l’incontro annuale dei presidenti di sezione le cui delegazioni, attraverso una visita guidata, hanno poi potuto ammirare i tesori custoditi nei musei ». _fed.fri. scarica l'articolo in formato .pdf Sorrisi e solidarietà nel reparto di oncologia Su invito del professor Luigi Cavanna e su richiesta di alcuni suoi pazienti ricoverati, una delegazione di alpini piacentini, al termine della grande sfilata del 2° Raggruppamento, si è recata nel reparto di oncologia dell’ospedale di Piacenza a portare i saluti della Sezione di Piacenza a tutti i ricoverati, in modo particolare a due alpini della Valnure che hanno accolto la delegazione con il saluto “alla militare” e con le lacrime agli occhi perché dispiaciuti di non aver potuto partecipare all’evento. «Abbiamo incontrato anche una signora di Milano – ha spiegato il vicepresidente sezionale Ana, Pier Luigi Forlini – e ha raccontato che suo figlio è alpino, ma non può partecipare ai raduni perché la deve curare. E’ una testimonianza concreta dei valori alpini». La delegazione, guidata dalla caposala, ha sostato anche nelle sale d’attesa stringendo le mani dei parenti dei pazienti. Con Forlini erano presenti gli alpini Bruno Plucani, Roberto Ronda, Luigi Mercori, Giorgio Corradi, Ettore Ziliani, Giancarlo Lorenzi, Giovanni Bellagamba e il primo caporalmaggiore Vanessa Gentilotti, 26 anni, soldatessa piacentina iscritta al gruppo alpini di Agazzano e in forza al 2° reggimento alpini di stanza a Cuneo. «Ringraziamo gli alpini – ha commentato Cavanna impegnato nelle visite – i nostri pazienti sono stati molto contenti della loro visita, un bel segno di solidarietà». _NP scarica l'articolo in formato .pdf «In piazza nel 2022 per il centenario della nostra sezione» Il prossimo appuntamento con gli alpini in piazza Cavalli? Nel 2022, in occasione del centenario della sezione di Piacenza. A fissarlo per i piacentini è Roberto Lupi, il presidente delle penne nere di casa nostra. Uomo concreto e senza fronzoli, passata l’ansia per il raduno del 2° Raggruppamento, ora può tirare il fiato, gratificato dai tanti attestati di congratulazioni ricevuti in queste ore. «È andata molto bene, sia per la gente - la questura ci ha parlato di 40mila persone, ben più delle nostre stime - sia per la parte organizzativa e logistica, filata via liscia. Avevamo timore per le operazioni di deflusso sui pullman, invece tutto ok. Le cerimonie sono state sentite e partecipate. In particolare in Duomo ho notato un ascolto, un silenzio mai sentito. Domenica grande entusiasmo, soprattutto in certi tratti della sfilata: al Dolmen, in piazza Sant’Antonino, in largo Battisti e poi in piazza Cavalli ma anche in via Cavour e dopo. A quanto ci hanno detto questo è stato uno dei raduni del 2° Raggruppamento maggiormente partecipati ». Il fiore all’occhiello, a sentire gli esperti, è stato il luogo dell’ammassamento: l’ex Arsenale. Conferma? «Il ritrovo all’interno del Polo è una cosa che tutti ci hanno invidiato. C’erano solo gli alpini perché era riservato a chi avrebbe sfilato. In una location prestigiosa, con le artiglierie schierate e addobbate con le bandiere tricolori. Dal punto di vista della sicurezza l’ammassamento è il momento più critico. Essere all’interno di una struttura controllata come quella è stata una garanzia di tranquillità». Vediamo le criticità. Nell’ottica di fare sempre meglio. Ce ne sono state? «Dovessimo rifarlo nel breve tempo questo raduno transennerei piazza Cavalli. Sabato, quando siamo arrivati in piazza con il labaro nazionale e la corona di alloro, il percorso previsto era davanti alle tribune per poi fermarci davanti al sacrario del Gotico e tornare indietro facendo fare una inversione ad “u” al corteo». Invece...? «Non è stato possibile perché la gente aveva invaso la piazza e si è creato un momento di tensione tra il servizio d’ordine che ha dovuto gestire una situazione imprevista. Poi è filato tutto liscio». E la bandiera che non voleva venire ammainata... «Quello è stato un momento di colore. Noi pensiamo che nella notte qualcuno abbia tirato la corda e il vessillo si sia incastrato. Ma a detta di tutti è un buon segno, un augurio che la festa continui». Infatti, e adesso? «Prima ci riposiamo un poco. Continuando con i nostri appuntamenti associativi. Torneremo nel 2022 per il centenario della sezione di Piacenza. Sarà una data importante ». La solita domanda. A quando una nuova adunata? «Nulla è impossibile ma nel breve tempo è molto difficile. In novembre si decide l’adunata nazionale 2021 e in lizza ci sono città come Alessandria o Matera che non l’hanno mai ospitata. Oppure Brescia che l’ha già vissuta ma tanti anni fa. Se c’è la collaborazione con le istituzioni come ho trovato oggi non è un traguardo impossibile. Sono comunque eventi che richiedono uno sforzo economico importante ». A proposito, quanto è costato questo raduno? «Intorno ai centomila euro, la maggior parte coperta dai partner come Credit Agricole, Fondazione di Piacenza e Vigevano, il Comune di Piacenza tramite l’assessorato al turismo, la Regione Emilia Romagna. Solo in maniera residuale dalla sezione Ana di Piacenza». Gli esercenti si sono lamentati per l’indotto praticamente nullo in città, centro storico compreso. Come lo spiega se c’erano 40 mila persone? «La città in centro non ha una disponibilità di ristoranti come quella chiesta da alcuni gruppi che avevano bisogno di 300-350 coperti. Così si sono sparpagliati in giro per la provincia. Poi la domenica pomeriggio la gente ha cominciato anche a tornare a casa. In tutti i casi ...» In tutti i casi? «Lo avevamo detto: non è l’adunata nazionale dove per 4-5 giorni hai la città invasa. A noi poi interessa prima di tutto sensibilizzare i cittadini sui nostri valori, in particolare che i giovani vedano negli alpini un esempio positivo. Se ci sono anche i numeri e le ricadute economiche ben vengano ma il nostro scopo non è quello. Noi vogliamo fare la nostra piccola parte di educazione civica tra i cittadini e le nuove generazioni. E in questo raduno ci auguriamo di esserci riusciti ». scarica l'articolo in formato .pdf Veci e bocia al raduno di Piacenza I loro valori adesso cercano eredi emoria, solidarietà e fedeltà: sono questi i valori degli Alpini - dice Santamaria - oggi qui rappresentati dalla bandiera, dai sindaci, dall’esercito e dalle sue medaglie perché, se siamo qui, lo dobbiamo anche a chi ha lottato per darci la libertà». Passato e futuro cercano un collante perché la memoria che piace agli Alpini è viva e si traduce nell’impegno concreto a costruire, giorno per giorno, la pace e un mondo di migliore. Un’eredità importante che le Penne Nere vogliono affidare ai giovani anche attraverso la naja. Nella sfilata che ieri ha entusiasmato Piacenza, avanza lo striscione con su scritto “Con coraggio vogliamo il ripristino della leva”. Una richiesta accolta da un tripudio di applausi. Sfila l’orgoglio alpino, sfilano 100 anni di storia. Molti volti abbronzati di chi vive e ama la montagna. Sfila la simpatia che stempera la solennità del momento. Gli Alpini si scambiano il “cinque” con i bambini. Accompagnati da genitori e nonni ci sono tanti ragazzi che assistono a questa festa di popolo capace di suscitare autentica emozione. “Veci e bocia” si legge su un altro striscione, a riproporre il tema caro di un’identità che accomuna diverse generazioni. «Sa che cosa c’è? Che io non mi sento l’età che ho - dice un anziano alpino in piazzetta Plebiscito - e quando c’è da andare o da fare qualcosa di utile ci sono». Poco distante da lui un bambino sulle spalle del papà indossa il cappello con la penna nera e sventola un piccolo Tricolore con su scritto W gli Alpini. L’atmosfera è calda, spunta qualche lacrima al passaggio dei reduci, memoria vivente del sacrificio. Vederli è un tuffo al cuore: vorremmo abbracciarli. Sono a bordo di mezzi americani del ‘43 e un ragazzino li applaude rapito dallo spettacolo. Dall’altoparlante il fantastico speaker del Raduno dona perle di storia e solidarietà. I giovanissimi sentono parlare del passato ma anche di migliaia di ore di protezione civile, di migliaia di pigotte per l’Unicef e del grande cuore piacentino con la scuola scalabriniana in Albania. Percepiscono, a pelle, che c’è davvero tanto dietro e dentro questa sfilata. Lo dimostrano anche gli Alpini che sfilano in carrozzina a testimoniare la voglia di fare il bene, sempre e comunque. Stamattina, nelle sede degli Alpini al Daturi, alcuni liceali piacentini andranno a “lezione” dal capogruppo Ana di Piacenza Gino Luigi Acerbi. Sono i ragazzi che, nei giorni scorsi, erano stati coinvolti nella cerimonia dell’alzabandiera. Si sono incuriositi, vogliono saperne di più del Tricolore, degli Alpini e di cento anni di storia delle Penne Nere. E’ un segnale di speranza. Forse il passaggio di testimone c’è già stato. Paola Romanini scarica l'articolo in formato .pdf Cori e brindisi nella lunga notte degli alpini La piazza partecipa e canta anche in dialetto La conquista della piazza è compiuta quando attaccano a suonare, a ritmo di marcia, “T’al dig in piasintein”. Basterebbe quello: l’inno della piacentinità di ieri e pure di oggi cantato a gran voce da tutti i presenti davanti al maestro Edo Mazzoni che con piglio sicuro guida i “suoi” musicisti. Ma in piazza Cavalli il sabato sera del raduno del secondo raggruppamento alpini è anche altro: è il banchetto che alla mattina traboccava di cappelli con la penna nera e a sera invece ne ha ancora sì e no una decina, è la goliardia dei canti ad ogni angolo, è il quadrilatero della piazza così pieno di gente che non ce ne sta altra, è la fatica dei baristi, anche quelli più abituati a gestire le folle, che spillano ormai per inerzia le birre sopraffatti dal caos. Ma poi è soprattutto il carosello delle fanfare: a palazzo Gotico le ultime note dell’inno di Mameli suonato dall’ottima fanfara della brigata alpina Taurinense dà il “tana libera tutti” alle tre bande assestate in piazza Duomo, in piazza Borgo e a barriera Genova. Basta un segnale, presumibilmente uno squillo o un messaggio, ed ecco che tutte partono: la prima ad arrivare è quella partita all’ombra del Gotico, la fanfara di Pontedellolio guidata da Mazzoni. A ruota la banda di Agazzano di Antonio Quero e la fanfara della Val Camonica si fanno largo tra la folla. Brave lo sono tutte, ma la formazione pontolliese sbaraglia: Mazdig in piasintein” la piazza si mette a cantare in dialetto. La conquista è fatta. La banda di Agazzano si infila sulla scia dell’entusiasmo e propone i “classiconi” del repertorio bandistico: “Zum zum zum”, “Maramao perché sei morto”, “Pippo non lo sa”, “Com’è bello far l’amore da Trieste in giù” si susseguono per cedere poi la parola, pardon la piazza, alla fanfara della Val Camonica guidata da Tino Savoldelli coi suoi inni, il suo “Silenzio” istituzionale e il suo passo marziale. “Evviva, evviva il corpo degli alpini” cantano i piacentini, tutti senza distinzione, prima di mettersi sull’attenti alle prime note di “Fratelli d’Italia”: il carosello delle fanfare non poteva chiudersi che così , con l’inno di Mameli eseguito dalle tre formazioni e cantato dalla piazza conquistata nel nome delle penne nere. Il resto è festa: brindisi, cori, risate e convivialità prima di sfilare la domenica. Betty Paraboschi scarica l'articolo in formato .pdf Folla e affari in pieno centro ma piange il resto della città Bar e ristoranti affollati in piazza Cavalli e dintorni. Affari inferiori al previsto nelresto del centro storico. Il maxi raduno stavolta non ha accontentato tutti. La delusione ieri serpeggiava in piazza Duomo e strade limitrofe. Ma il malumore covava già da sabato mattina per il trasloco del mercato. Claudio De Tullio, titolare del “Clod caffè” in via Legnano, sbotta: «Non si possono creare piazze di serie A e piazze di serie B. Noi abbiamo offerto un servizio tenendo aperto la domenica, peraltro dopo un sabato fiacco, e ora la delusione è forte. Qui non è passato nessuno. Piazza Duomo è un gioiellino, meritava di essere coinvolta meglio». Pure Massimiliano Ferrari, titolare di “Degustazione Legnano”, si apettava qualcosa di più: «Abbiamo tenuto aperto apposta per gli alpini, purtroppo qui in via Legnano siamo rimasti esclusi. La festa del 2013 si conferma inarrivabile, noi non c’eravamo ancora, ma il precedente titolare aveva visto ben altro movimento ». Paolo Lucchini, dietro il bancone del “Caffé dei Cortesi” di via Roma, si dichiara «soddisfatto» dell’apertura domenicale per le penne nere, un po’ meno del weekend «senza mercato». Le bancarelle spostate sul Pubblico passeggio, a detta di molti, sabato mattina avrebbero finito per svuotare il centro storico. La conferma arriva dagli stessi esercenti di piazza Cavalli, cuore pulsante della festa alpina. «Male venerdì sera, benissimo sabato sera e bene la domenica. Sabato mattina ha pesato l’assenza del mercato », riassumono Sabrina Bertè e Nicoletta Fiorani titolari del “Dado Bar”. Sorride Predrag Vojvodic, per tutti Cune, titolare del “Barino”: «Siamo stati fino all’ultimo con l’incognita del meteo e delle presenze, alla fine è andata bene. Sabato sera, soprattutto, qui è stata una lunga notte di festa gioiosa e senza eccessi». Il centro si è svuotato subito dopo la parata di ieri suscitando ulteriori perplessità. Stavolta, a differenza del 2013, i gruppi organizzati in pullman hanno lasciato la città all’ora di pranzo per raggiungere i ristoranti alle porte di Piacenza, in grado di accogliere comitive di 100 - 200 persone. Michele Borghi scarica l'articolo in formato .pdf Gli alpini di Bergamo scoprono i sapori della nostra provincia Piacenza “salotto” in cui gli alpini sono stati davvero accolti come in famiglia. Parola di Giuseppe Ferrari, presidente della sezione Ana di Bergamo, che ieri, terminata la sfilata del Secondo raggruppamento, ha pranzato con 200 dei “suoi” alpini alla trattoria Rio Verde di Due Case. Bergamo, che è la seconda sezione Ana più numerosa d’Italia dopo Brescia, ha partecipato al Raggruppamento con 700 penne nere. «L’organizzazione di Piacenza è stata ottima – ha osservato il presidente Ferrari - si sono superati e ci siamo trovati benissimo. Sabato ho partecipato alla riunione a Palazzo Farnese. Avevo già conosciuto quel luogo all’adunata 2013, ma è stata una riscoperta. Piacenza è stata molto accogliente, è un salotto e si sta molto bene. La gente è accogliente: quando abbiamo sfilato per andare a messa in Cattedrale, ho visto una grande partecipazione che non ho mai visto prima. C’era tante gente di Piacenza, significa che i piacentini tengono agli alpini». Un’organizzazione impeccabile come quella del pranzo nel locale di Fabrizio Ponticelli a Podenzano – il padre Franco è alpino doc - con oltre dieci tra camerieri, cuochi e collaboratori al banco bar, proponendo salumi, primi piatti, arrosti, vini piacentini. «L’organizzazione del pranzo è stata impegnativa – hanno commentato Ponticelli e i suoi collaboratori -, ma con gli alpini va sempre tutto bene». Da Bergamo a Podenzano passando per Vigolzone. Il collante è stato il gruppo di Vigolzone, ed in particolare il capogruppo Matteo Ghetti, legato da amicizia decennale con Alessio Granelli, referente Ana Bergamo della Federazione internazionale dei soldati della montagna. Entrambi si sono ritrovati in questa occasione. «Sono stati due giorni di grande impegno – ha detto Ghetti che ha prestato tempo e competenze anche nel servizio d’ordine -, ma è sempre ripagato dall’amicizia con tanti alpini e dall’affetto della gente». _Np scarica l'articolo in formato .pdf I 40mila alpini chiedono la naja Sfilano orgoglio e grande cuore “Salviamo i boschi dal fuoco”, “Amico degli alpini, onore con il cuore”, “Ora come allora, un secolo di percorso solidale”, “Fatti, non parole”, “Basta guerra”. E poi gli striscioni più applauditi al loro passaggio: quelli che ricordano la Julia, mamma roccia, don Carlo Gnocchi e i fiori selvatici di montagna, il capitano Pietro Cella. Ma soprattutto l’appello “Più coraggio, vogliamo il ripristino della leva” diventa esultanza in largo Battisti, fino all’arrivo dell’arrivederci a Rimini 2020 e l’invito a un moto perpetuo, un guizzo dal cuore: “Vogliamoci bene”. Sono i valori che circa 40mila alpini hanno fatto marciare dal polo di mantenimento pesante di viale Malta fino a superare piazza Cavalli. «Trasformiamo un ricordo in memoria viva», hanno detto emozionate le Penne nere arrivate da Lombardia e Emilia-Romagna al raduno del secondo raggruppamento. Veci e bocia, e “L’impegno continua” si legge sul retro delle loro magliette. «Non è una semplice ripetizione di schemi celebrativi, ma la conferma dell’attualità dei valori di umanità, solidarietà, condivisione», ha sottolineato il prefetto Maurizio Falco, dal palco del polo sulle cui mura farnesiane (occasione eccezionale per vederle) è sventolato il Tricolore. «Gli alpini sono fili preziosi, consentono di tenere insieme il tessuto di una comunità che rischia di sfilacciarsi sotto gli strappi di una intemperie internazionale, che mescola culture, economie, alleanze ». Il prefetto ha parlato di un «scivoloso presente»; ha citato le ore difficili della Brexit, la recrudescenza del conflitto tra Catalogna e Spagna, le proteste violente a Hong Kong, ma anche «modelli tecnologici forse troppo utilitaristi». L’appello è a «non trasformare il confronto in conflitto», all’ «intelligente generosità», con un obiettivo che è poi senso del raduno: «Impegnarsi a spiegare ai nostri figli quello che potremo essere domani». Onorata la sindaca Patrizia Barbieri, anche presidente della Provincia, nel salutare le migliaia di Penne nere arrivate nella “cittadella militare” di viale Malta già dalle 8.30. «Mi sono domandata spesso quali fossero le parole giuste per rendere omaggio ai valori di cui vi fate interpreti, quotidianamente, con il vostro spirito di servizio nei confronti della collettività. Ho scelto allora di parlarvi con il cuore, per rispetto alla semplicità, all’immediatezza, all’umanità con cui, da sempre, mettete amore nel vostro impegno. Spesso, il vostro ruolo prezioso è il pilastro semplice e forte di una quotidianità silenziosa, che pochi giorni fa ho avuto il piacere di conoscere grazie a don Emidio Boledi, premio “Alpino dell’Anno”». Una volta indossato il cappello, si è alpini per sempre: «Permetteteci, allora, di esserlo per un giorno insieme a voi», ha incalzato la sindaca. «A muoverci è la necessità di potersi specchiare nel volto migliore di quell’identità collettiva che ci insegnate a preservare ». E l’assessore regionale alla Protezione civile e alla montagna Paola Gazzolo: «I valori degli alpini servono a ricostruire soprattutto le certezze e il tessuto sociale, donando un valore condiviso». scarica l'articolo in formato .pdf Ferlisi e l’onore del labaro «Penso a mio nonno tornò dal gelo di Russia» Sergio Ferlisi, cravatta rossa e penna nera sul cappello, si trova a fianco del palco d’onore e con la mano lancia un bacio a Fabiana, la sua compagna che è in piedi dalla parte opposta della strada e che ha in braccio la cagnolina Maia, vestita di tricolore. I loro sguardi e le loro parole si congiungono a intermittenza, schivando gli alpini che nel mezzo sfilano marciando. Ma questo avviene dopo. Prima c’è l’attesa in cui Fabiana spiega il suo entusiasmo. «Siamo qui perché il mio ragazzo, Sergio, porta il labaro nazionale », dice prima di introdurre Enrica, che di Sergio è la sorella e lo è un po’ anche degli alpini come corpo. «Veniamo da una famiglia di penne nere - racconta Enrica - sia mio padre sia mio nonno lo sono stati. E, posso dirlo, un po’ ci sentiamo tali anche noi». Sergio Ferlisi, di Pianello, ha dunque portato il labaro nazionale al fianco del presidente dell’Ana Sebastiano Favero. «Ho provato soddisfazione ed emozione» ha commentato Sergio, la cui famiglia conserva con lui la tradizione. «Penso a mio nonno - dice - l’ho conosciuto poco, quando ero piccolo, ma ne serbo il ricordo. Era della classe 1913 e ha combattuto in Russia e in Albania. In Russia è stato fatto prigioniero, raccontava come nei campi di concentramento gli gelassero le orecchie. Riuscì fortunatamente a tornare». La città è animata, le braccia della folla e il vento fanno a gara ad agitare le bandierine tricolori. Parenti, amici, curiosi e amanti delle penne nere sono assiepati già di buon mattino lungo il tragitto che porterà le 19 sezioni in Piazza Cavalli. Chi fa gruppo, chi è solo, chi in ritardo, perché tanto sa che, tra altri alpini, un alpino il posto lo trova sempre. Santino Valsecchi, della sezione di Luino, è in piedi in via Sant’Antonino. Ha avuto un contrattempo nell’albergo in cui risiedeva e non è riuscito a raggiungere il polo di mantenimento per la partenza. «Ho fatto il servizio a Vipiteno - dice guardando l’orizzonte per cogliere l’arrivo dei “suoi” - era la fine degli Anni Sessanta, anni di tensione e terrorismo. Mi ricordo che la nostra attenzione era rivolta al presidio di tralicci, dighe e stazioni ferroviarie». Passa la sua sezione e Santino si confonde con gli amici. Antonio Bolzoni e Luigi Ratti sono in bicicletta, si unisce a loro Cesare Benedetti. Sono gli alpini del Circolo culturale quartiere 4. «Siamo molto contenti, non potevamo mancare». Un’amica aggiunge: «Questa è l’Italia migliore, più onesta». E Cesare fa notare: «Anche il mio vecchio era alpino». C’è un filo conduttore che non si limita a unire generazioni, ma germoglia allargando la famiglia. Un nutrito gruppo di Artogne, sezione Valcamonica, con mogli e figli rigorosamente con penna nera, attende la sfilata. «Non perdiamo occasione per partecipare a questi appuntamenti», affermano mostrando il manifesto dell’adunata nazionale del 2020 a Rimini. E poi ci sono le donne di età diverse - «Attendiamo i nostri mariti » dicono dalla sezione di Monza e Brianza - quelle donne cantate dai cori alpini che, di lì a poco, si alzeranno dai locali della piazza. Filippo Lezoli scarica l'articolo in formato .pdf Sui mezzi d’epoca gli “alpinissimi” del ‘20 «La vita è dura ma abbiamo fatto la pace» Sono gli “alpinissimi” di Giovannino Guareschi. Quando i mezzi militari d’epoca escono da viale Malta la gente li applaude più forte, e un bimbo insegue la camionetta dicendo “Nonno, nonno, sono qui”. Loro però, i reduci della seconda guerra mondiale, i ragazzi degli anni Venti cui la guerra ha portato via la gioventù, sono i nonni di una società che rischia di dimenticarsi tutto. Sono quelli per cui, al loro passaggio, ci si alza in piedi, pensando all’Italia libera che loro, bambini, non hanno conosciuto. «Sono stato lontano da casa, da Ferriere, 48 mesi. Sa cosa vuol dire?», chiede Barbieri Antonio, classe 1920, mentre lo sguardo si perde tra le migliaia di persone e Penne nere nel polo militare. No, oggi non lo sappiamo più cosa voglia dire inseguire una guerra che con la povera gente non c’entrava nulla e farsi mesi e mesi di battaglie. «Io ero in Montenegro. Ero in Albania, anche. La guerra... la guerra è brutta, la guerra fa male. Insegna, certo, ma fa male. Sono stati anni terribili», prosegue Antonio. Tra pochi mesi compirà cento anni a Ferriere: è una biblioteca vivente, come lo sono gli altri reduci, i veterani. «Io mi sono salvato perché facevo l’autista al comando. Pensi, quando ho rivisto per caso a Pianello dopo decenni il mio capitano, diventato generale, lui mi ha subito riconosciuto. Un onore», ricorda commosso Luigi Fellegara di Castelsangiovanni, alle soglie dei 90 anni e ancora pronto a camminare sulle sue gambe da alpino, al fianco del mitico Enrico Badavelli, sempre castellano. Eligio Everri è arrivato ieri mattina puntualissimo con il figlio Daniele, che dal padre ha ereditato il sentirsi alpino tanto da guidare oggi la sezione di Travo: «Oggi è una giornata di ricordi. Non capita tutti i giorni di incontrare persone della mia età», ha detto Eligio, partigiano sulla strada tracciata da Italo Londei, reduce del Montenegro e di Albania, miracolato scampato solo per un gioco del destino alla fucilazione in piazza San Francesco a Bobbio. “Sei un alpino, avrai mica paura di morire?”, gli dicevano in guerra. Ricordi, che oggi però restano negli sguardi umili e coraggiosi degli alpini. Come Antonio Ferrari, nato ad Aglio di Coli, classe 1922, deportato in Germania dopo l’8 settembre del 1943. «Lavoravo in una fabbrica. In teoria, sono stato “fortunato”, perché mi hanno dirottato sul fronte francese, prima della prigionia, quando invece ero stato destinato alla Russia». Antonio ha chiesto subito ai familiari di poter essere al raduno, appena ha saputo, un anno fa, che stava per essere organizzato. Voleva esserci. «Perché i nostri reduci sentono questi eventi davvero come una parte di loro stessi. Pensano agli alpini andati avanti, agli amici che non ci sono più. E sono sollevati nel sapere che il loro valore non venga dimenticato, anche se tutto è diverso rispetto a quando erano giovani loro». Tra gli instancabili c’è Bruno Silva dalla Valchero, reduce di Jugoslavia, prigioniero in Germania dove per mesi e mesi venne mandato in miniera o a sgomberare le macerie dopo i bombardamenti: «Ho fatto fatica ad ammucchiare questi 95 anni e ora li tengo bene, ho ancora la patente», sorride. «Sono contento oggi, che bella giornata... Ai giovani vorrei dire di avere coraggio nel pensare con fiducia al futuro. La vita è dura, ma noi abbiamo fatto la pace». Elio Draghi ricorda con orgoglio quando fondò la sezione Alpini di Caorso. Ha quasi un secolo di vita e se gli si chiede cosa voglia dire essere alpini risponde sorridendo: “Un corpo solo”. Amicizia, onestà, solidarietà. E pure senso dell’ironia. Anche se il passato fa male, è una cicatrice profonda: «Quando sono tornato dal campo di concentramento in Germania pesavo 34 chili. Per fortuna, su quattro fratelli, siamo tornati tutti dalla mamma». Lo dice Eugenio Rossi, arrivato da Bergamo, dove è nato nel 1924. Si è fatto chilometri e chilometri per non mancare. «Siamo alpini, lo saremo sempre» Elisa Malacalza scarica l'articolo in formato .pdf «Piacenza è una città bella da raccontare» Professore di filosofia, psicoterapeuta e analogista, Angelo D’Acunto è la new entry tra la squadra di speaker (gli altri sono Manuel Principi e Tiziano Tavecchio) dell’Associazione nazionale alpini e il raduno del 2° Raggruppamento è il suo esordio ufficiale a Piacenza. Ha “il pallino” della cultura e Piacenza lo ha potuto ascoltare sabato pomeriggio, in cattedrale, in una precisa mini-lezione sulle origini della città e della chiesa madre, dal pulpito, appena prima della messa episcopale. Ieri, con la sua voce, dal balcone del Circolo dell’Unione, ha accompagnato la chiusura del raduno. «I complimenti vanno fatti alla cattedrale di Piacenza che è veramente bella ed è un piacere raccontare così come questa città - dice -. Forse non sempre noi poniamo attenzione alle cose belle che abbiamo intorno e la vostra cattedrale, che è la più grande delle cattedrali di questa terra, merita davvero un’attenzione particolare». «Noi alpini siamo molto concreti - riflette sul dna delle penne nere - però abbiamo dentro una tradizione culturale che cerchiamo di portare avanti. Come dice Tommaso d’Aquino, “la bellezza è lo splendore della verità”, chi è più vero di noi alpini che ci raduniamo per stare insieme ma anche per fare del bene agli altri ». Piacenza lo ha piacevolmente sorpreso e non solo per i piacentini: «È un raduno molto positivo, ho visto la cattedrale stracolma, tanta gente in strada, un bambino di colore che mi ha fermato e ha voluto fare una foto insieme a me; è la dimostrazione di come la semplicità degli alpini alla fine sia passata». _fri scarica l'articolo in formato .pdf Ad allietare il rancio il sousafono da Sorisole Lo voleva tantissimo John Philip Sousa, modificando l’helicon e il basso tuba: il sousafono da cui ha preso il nome si è fatto così strada decenni dopo - un secolo e più dopo, precisamente - a Piacenza al raduno del secondo raggruppamento alpini. Il suo suono caldo ha avvolto tutta la banda alpina di Sorisole, in provincia di Bergamo, e si è sentito forte e chiaro anche al rancio del pranzo, tra piazzetta Plebiscito e piazza Cavalli, dove la formazione musicale ha intrattenuto i presenti, tra una salamella e un piatto di pizzoccheri, con i canti tipici e l’allegria delle Penne nere. Oliviero Agazzi suona il sousafono, strumento basso della famiglia degli ottoni, da ben 45 anni, spiega, attirando lo sguardo dei curiosi. Lo suona da quando era poco più che un bambino, e non è uno strumento semplice: «Non mi pesa, ci sono abituato. Siamo qui a Piacenza e ne siamo felici, è stata una bella giornata». La banda bergamasca nacque negli anni Venti dall’idea di tre fratelli, Pietro, Luigi, Giovanni Baggi. All’esordio nel 1927 suonarono in 14, con 500 lire date come contributo dalla Cassa Rurale. Oggi, come le bande piacentine, è prioritario l’impegno per la trasmissione dei saperi alle future generazioni. _malac. scarica l'articolo in formato .pdf Tra l’inno di Mameli e le preghiere ad Allah «Mi piace questa festa e noto che ci sono molte persone anziane, è molto bello che ve ne prendiate cura. Noi in Senegal di anziani non ne abbiamo così tanti». È la riflessione a caldo di un piacentino acquisito: il senegalese Malick Cisse Elhadj. Con la tradizionale tunica bianca dagli orli ricamati, spicca tra il pubblico assiepato in piazza Cavalli per assistere alla sfilata. Lavora in fabbrica e racconta di essere a Piacenza ormai «da molto tempo ». Malick riconosce il ruolo degli anziani essendo la categoria un punto di riferimento storico nella vita sociale africana. Non si aspettava di vederlo riconosciuto anche qui da noi. Con le mani dietro alla schiena, mentre gli alpini “veci e bocia” sfilano, snocciola i grani di un rosario. Ma che fa? «Come loro (gli alpini) manifestano le loro idee, io prego Allah. Tutto qui». È un misbaha, il rosario dell’Islam, nella versione da 33 grani più uno. Ogni grano rappresenta uno dei nomi di Dio (Allah), nomi attraverso i quali il musulmano medita il mistero divino. Lo si rivede inconsapevolmente sull’attenti, anche durante l’inno di Mameli, con gli occhi rivolti al tricolore. «Stavo zitto? È vero, ma è perché non conosco le parole, sennò avrei cantato anch’io». _fri scarica l'articolo in formato .pdf La stecca a Lecco ma il tricolore non vuole scendere Niente da fare. L’alpino in armi prova prima con le buone, poi strattona un poco la corda nella speranza che si sblocchi mentre la fanfara della Tridentina procede implacabile sullo spartito di Mameli. Arriva a “siam pronti alla morte l’Italia chiamò”, s’ode il “sì” della folla e il tricolore è ancora incastrato lassù. Non ne vuole sapere di venire ammainato. Il generale trevigiano Renato Genovese, del consiglio nazionale Ana, ci mette una pezza con diplomazia: «Sempre alta la bandiera! » Il raduno del 2° Raggruppamento alpini termina così, pochi minuti dopo le 13, con la bandiera verde, bianco e rossa che continua a sventolare sopra Alessandro Farnese e il suo destriero. L’atto finale di una festa, per molti durata troppo poco, è denso di simboli e si svolge sul selciato della piazza. Prima il passaggio della stecca. Un gesto rituale che legava i “veci” ai “bocia”. Si ripeteva al termine della naja, si ripete anche tra un’adunata e l’altra, tra un raduno di raggruppamento e l’altro. Perché i valori che legavano un alpino all’altro durante la leva militare sono gli stessi che li uniscono durante gli annuali ritrovi. E così ogni anno il testimone passa dalla città che ha ospitato l’evento a quella che si accinge a farlo. La stecca in legno di noce con i distintivi degli ultimi raduni, Piacenza compreso, viene passata dal presidente della sezione Ana di Piacenza, Roberto Lupi e dalla sindaca di Piacenza, Patrizia Barbieri, ai loro omologho di Lecco, l’alpino Marco Magni e il sindaco Virginio Brivio. La città lombarda ospiterà il raduno del 2° Raggruppamento il 17 e il 18 ottobre del 2020. C’è il tempo solo per brevissimi saluti. Il «grazie a tutti» di Lupi, l’auspicio espresso dal sindaco Brivio di riuscire a ripetere al meglio il raduno di Piacenza in riva al lago di Como - «avremo problemi logistici che qui non ci sono stati, spero che gli alpini non mi facciano segare una montagna » - e le commosse parole della sindaca Barbieri. «Vi saluto con un cuore pieno di emozione perché ci testimoniate valori importantissimi - dice la sindaca - abbiamo visto i vostri striscioni durante la sfilata, i vostri sorrisi, il vostro fare incondizionato senza mai chiedere nulla». Al collega di Lecco augura di provare «le stesse emozioni che abbiamo avuto noi». Infine l’insegnamento di vita quotidiano che le penne nere possono dare ai piacentini. «Vorrei che tutte le mattine - invita la sindaca - quando ci si alza, si pensasse al sacrificio, alla dedizione, all’amore che i nostri alpini riservano a tutti quanti. Questo migliorebbe forse anche noi e forse ci renderebbe persone migliori. Vi dico grazie con tutto il cuore. Vi vogliamo bene». scarica l'articolo in formato .pdf La sfilata minuto per minuto nella diretta di Telelibertà Ha applaudito la sfilata degli alpini piacentini davanti alle telecamere di Telelibertà: il presidente nazionale dell’Ana, Sebastiano Favero ha partecipato alla diretta dell’emittente locale proprio nel momento più atteso, quando in piazza Cavalli è approdato lo striscione “Piacenza - La Primogenita” accompagnato dalle penne nere dei quarantacinque Gruppi della provincia. La trepidazione per l’arrivo degli alpini, l’emozione della sfilata, gli applausi, la commozione durante il passaggio dei reduci, le bandiere in festa, sono state immortalate dalle telecamere della tv piacentina per consentire, anche a chi non ha potuto partecipare al Raduno degli alpini in piazza e lungo le strade, di vivere le emozioni di una giornata che resterà nella storia di a Piacenza. La giornalista Nicoletta Marenghi ha raccolto le sensazioni e i commenti nelle interviste ad autorità civili e militari, organizzatori, forze dell’ordine e del soccorso, amministratori e politici presenti all’ombra del Gotico e poi ancora giornalisti intenti a documentare l’evento e cittadini dietro le transenne da ore per assistere da vicino alla sfilata. La regia curata da Filippo Adolfini ha trasmesso ai telespettatori della tv e agli internauti collegati al sito e alla pagina Facebook di Liberta.it, le immagini catturate dalle telecamere di Massimo Ceresa e Amedeo Ferrari posizionate accanto alla tribuna d’onore nel cuore della città. Il cameraman Davide Franchini ha ripreso la partenza dall’ex Arsenale e la conclusione della manifestazione con il passaggio della stecca alla Sezione di Lecco che organizzerà il Raduno nel 2020. Lo staff di Telelibertà, sotto la supervisione del direttore Nicoletta Bracchi, con il coordinamento tecnico di Giuseppe Piva, l’editing di Matteo Capra e la collaborazione della giornalista Marzia Foletti, ha tramesso l’entusiasmo della manifestazione che, in piccola parte, ha riportato in città l’atmosfera respirata durante l’Adunata del 2013. In settimana su Telelibertà andrà in onda “Il meglio di…” con le più belle immagini dell’indimenticabile due giorni alpina. _red.cro. scarica l'articolo in formato .pdf Piacenza in festa con le Penne Nere simbolo di concretezza e generosità Lui è Franco Trolese, alpino della 35ma Compagnia Susa, e mostra con orgoglio la locandina di Libertà che lo ritrae in piazza Cavalli. «Oggi - fa sapere - mi fotografano, c’è chi me lo chiede direttamente e chi lo fa di nascosto, col telefonino...». Piacenza e gli alpini si fondono ancora una volta in un abbraccio che è condivisione di valori e gratitudine. E’ un processo naturale perché gli alpini fanno parte della nostra storia, anche familiare per tanti di noi. Sono portatori di una generosità che come un fiume in piena si diffonde dalla sfera militare alla vita civile e sociale. C’è Mauro Guarnieri con il cappello alpino fra i sindaci che partecipano alla sfilata del Labaro nazionale Ana (il più importante simbolo dell’Associazione perché ne rappresenta la storia, la tradizione e lo spirito). Per Guarnieri quel cappello vuol dire tantissimo: è il ricordo dei suoi 21 anni, alpino fra le macerie del terremoto del Friuli e non ha dubbi: «E’ stata una lezione di vita per sempre». Terremoti, alluvioni, nevicate, bombe d’acqua: non c’è stata emergenza dove le penne nere non siano state subito presenti con braccia, cuore e la professionalità del nucleo di protezione civile, fiore all’occhiello del Corpo. Impegno straordinario nelle calamità ma anche risorsa nel quotidiano, risposta di concretezza a tanti problemi, sentiero rapido e sicuro che si fa strada nel ginepraio della burocrazia. I piacentini lo ha capito, lo hanno felicemente sperimentano nelle realtà dei loro paesi, ed è per questo che il cerimoniale rigido di un sfilata si stempera nell’abbraccio di folla spontaneo che parla di amicizia e fusione spirituale. «Provo la bellissima emozione di essere qui a rappresentare le Penne Nere in Armi e in congedo, un unico cuore alpino che batte con la sfilata del Labaro » ci dice il generale di Brigata Matteo Spreafico comandante del Centro addestramento alpino di Aosta. E il suo “sentire” è condiviso da chi partecipa alla sfilata e da chi la segue applaudendo, filmando con i cellulari per catturare e conservare un ricordo e poter dire “Io c’ero” ad attestare stima e ammirazione nei confronti di persone generose e capaci. Sì, li conosciamo bene i nostri alpini perché li vediamo quotidianamente nel nostro territorio: sono persone concrete, pratiche, senza fronzoli, dotate di un animo sensibile e attento. Sono capacità di relazione e aggregazione allo stato puro. Osservateli bene in queste ore nelle nostre strade mentre si fermano a parlare con la gente: intonano un canto e creano subito un gruppo spontaneo di amici. Simpatia, gioia di vivere, antidoto ad una società chiusa, risposta efficace all’egoismo: le Penne Nere sono tutto questo e Piacenza con passione si fa contagiare dall’alpinità, elisir di lunga vita dell’Italia autentica e sana. Paola Romanini scarica l'articolo in formato .pdf Quercia di amicizia e impegno l’eredità viva di don Vittorione Da ieri nel giardino pubblico di Montale c’è una quercia in più. È una quercia speciale, perché voluta dal Gruppo Alpini di Varese per ricordare l’opera umanitaria di don Vittorio Pastori, loro concittadino poi trasferitosi a Piacenza e al quale è intitolata l’area verde della frazione. Il raduno del II raggruppamento delle Penne Nere e il 25° anniversario della morte di “don Vittorione” hanno rappresentato l’occasione propizia per sancire una sorta di gemellaggio tra le due cittadine. Patrocinato dal Comune di Piacenza, di cui era presente la sindaca Patrizia Barbieri, con il gruppo di cittadinanza attiva di Montale e il movimento Africa Mission, la messa a dimora della quercia è avvenuta alla presenza dei rappresentanti delle sezioni Ana di Piacenza e Varese e ha ricevuto la benedizione di don Pietro Bulla della parrocchia di San Lazzaro. «È una testimonianza del segno lasciato da “don Vittorione” - ha detto Patrizia Barbieri - d’altronde la scelta della quercia rappresenta i valori delle radici e la possibilità di fare crescere nuovi germogli. Noto tra Africa Mission e gli alpini una comunanza di valori: l’altruismo e il fare del bene in maniera disinteressata». Don Maurizio Noberini, che di Africa Mission è presidente, ha tracciato il rapporto tra una creatura viva, come la quercia, e «l’opera del movimento che ancora oggi segue la strada tracciata dal suo fondatore, che conduce nel sud del mondo». Due modi di essere concreti nel fare solidarietà si ritrovano vis-à-vis. Quello missionario e quello degli alpini. «Oltre a ricordare le cose d’arma - spiega Antonio Verdelli, capogruppo del Gruppo Alpini Città di Varese - la nostra associazione lavora per aiutare chi ha bisogno. È dunque naturale ricordare chi, di questo, ha fatto il fulcro della propria vita, tanto più che “don Vittorione” è nato a Varese e ha seminato a Piacenza ». La pianta è stata scelta dal vicesindaco del comune lombardo, Daniele Zanzi, anch’egli alpino, presente alla cerimonia, che ha studiato nella nostra città per quattro anni. A Zanzi, che ha ricordato i valori irrinunciabili ai quali si ispirava il missionario, ha fatto eco Gianluca Gazzola, vicepresidente della sezione piacentina dell’Ana: «È stato un esempio di carità e solidarietà». Filippo Lezoli scarica l'articolo in formato .pdf Ambrosio: «Portate fratellanza e solidarietà con le vostre adunate in ogni angolo del Paese» «Cari alpini continuate ad essere con le vostre adunate, portatori di fratellanza, solidarietà e amore in tutto il Paese». Il vescovo Gianni Ambrosio si rivolge così ad una cattedrale gremita di penne nere in ogni ordine di posti. Gonfaloni, vessilli di sezione, gagliardetti di gruppo nella navata centrale e nel transetto. Appena sotto l’ambone il labaro nazionale dell’Associazione alpini, in tutta la sua sacralità, con appuntate le 216 medaglie d’oro al valor civile e militare, tenuto con marziale rispetto da alfieri in completo blu e guanti bianchi. Le panche brulicano di cappelli da alpino. Molti sono rimasti in piedi. Il parroco don Serafino Coppellotti fa un po’ di conti e stabilisce che si va ben oltre gli 800 fedeli seduti. Con quelli in piedi si arriva a circa 1.200. «Noi tutti siamo consapevoli del bene che fate - evidenzia il vescovo nell’omelia -, del servizio generoso e spesso silenzioso che offrite al nostro Paese, alle nostre città, ai nostri territori. Vi ringrazio anche perché nei raduni vi è sempre la celebrazione dell’eucarestia, momento culminante in cui ricordiamo i nostri caduti e attingiamo la luce per la nostra vita, ravvivando la fede, la speranza e la carità». Nel presbiterio, accanto al vescovo, il cappellano alpino don Stefano Garilli (parroco di Ferriere), il prete alpino don Federico Tagliaferri (parroco nominato di San Giuseppe Operaio) e il diacono Emidio Boledi, scelto pochi giorni fa come Alpino dell’anno. Tutti e tre in processione portano il cappello militare, mentre il coro Ana Valtidone (colonna sonora della celebrazione) sceglie di accompagnare l’ingresso non con un canto liturgico ma con la celeberrima “Signore delle cime”. Sull’altare, per l’occasione, una reliquia del beato Secondo Pollo, cappellano alpino morto in Montenegro nel 1943, reliquia donata al vescovo dagli alpini di Vercelli. Ambrosio evidenzia ancora come le adunate alpine abbiano un compito ben preciso, ovvero «portare in giro per il nostro Paese, diffondere il messaggio di fratellanza, di solidarietà di amore, l’abbraccio che ci unisce tutti, più fondamentale di ciò che può dividerci». Un compito svolto con una dedizione che prende e deve continuare a prendere nutrimento dalla preghiera: «Se pensiamo alla serietà con cui vi preparate, alla fedeltà con la quale partecipate, quasi ad ogni costo, viene spontaneo riconoscere che non siete motivati solo dal desiderio del ritrovarvi insieme e di esprimere il senso di appartenenza (o magari di fare bella figura) ma avete una motivazione ben più alta e più nobile». «Una motivazione - osserva il presule - che trova nell’eucarestia il suo punto di riferimento». E anche l’eucarestia, fa notare Ambrosio, «è una convocazione, un raduno, è Gesù che ci riunisce attorno a lui». Il Vangelo del giorno riporta la parabola con cui Gesù evidenzia la necessità di pregare. «La preghiera - prosegue Ambrosio - ci aiuta a renderci conto che il Signore non è lontano, è al nostro fianco. È vero: la preghiera è il respiro dell’anima». «Cari alpini - l’invito finale del presule - conservate con la preghiera la vostra anima, il vostro spirito, i vostri valori, fatelo per il bene della vostra associazione e della nostra società ». Federico Frighi scarica l'articolo in formato .pdf L’Uomo di pace ad un’associazione d’arma Un’associazione d’arma che riceve un premio di pace. Potrebbe essere un controsenso e lo fa notare lo stesso presidente nazionale Ana, Sebastiano Favero, dopo che il vicepresidente del segretariato dei Nobel per la pace, Marzio Dallagiovanna, gli consegna, in Duomo, la scultura Uomo della pace di Scepi (presente alla cerimonia). Senonché, come spiega lo stesso Favero, quella degli alpini «è un’associazione d’arma un po’ particolare che, dei suoi valori, ha fatto due pilastri». Uno «è la memoria, perché chi dimentica non è capace poi di guardare al futuro». L’altro «è la solidarietà, la capacità di saper dare senza chiedere, gratuitamente». Proprio per questa solidarietà internazionale rivolta a tutti senza eccezioni di razza o religione è arrivato il premio. «È un momento felice - dice Favero - per l’Ana e tutti gli alpini. È a loro che va il nostro grazie». _fri. scarica l'articolo in formato .pdf Lunghi applausi in via Cavour commozione e hip hip urrà «Diciamolo. Noi siamo qui oggi per una questione di valori». Lo chiamano, poco distante. Il presidente dell’Associazione Nazionale Alpini (Ana) Sebastiano Favero deve andare e raggiungere i suoi; è ora di attraversare il cuore della città, anche se piove e allora la tromba che suona fa venire la pelle d’oca e gli occhi lucidi, ancora di più, mentre gli anziani ai lati della strada, arrivati in bicicletta, si portano la mano destra in fronte e salutano il corteo, sussurrando “Ciao eh”, a chissà quale amico in Cielo. La questione di valori è fatta di brande, sveglie, gavetta, borracce, ramazze, ma anche di un “Sì, ci sono” ogni volta che qualcuno chiama, non importa dove o chi. E una certezza: piove, ma presto tornerà il sole. «Comunque noi alpini siamo insolubili nell’acqua», scherza Favero, che ringrazia Piacenza per «l’accoglienza eccezionale» e «l’entusiasmo giusto». Da via Maculani si percorrono tutto viale Risorgimento, via Cavour. L’alzabandiera, il commosso omaggio ai Caduti e quel segno della Croce che piazza Cavalli fa all’unisono dopo l’Inno d’Italia tornano lì: alla questione di valori ricordata da Favero. «Perchè un Paese che non ha memoria è destinato a morire», ribadisce. Nella memoria ci sono i ragazzi, anzi i bambini, che sull’orlo della trincea prendevano la neve per fare il caffè, ci sono quelli che si sono presi un foro in tempia, quelli che furono scaraventati in Russia, in Albania, i deportati in Germania, i morti tra le galline, tra i sassi, tra i ghiacci. Il loro testamento spirituale è nel labaro, che porta con sè 216 medaglie di cui 209 al valore militare e ha dato il via ufficiale alla manifestazione, ieri. Quel che oggi compatta “l’armata” alpina è la solidarietà: le guerre sono diverse, sono cambiate. Oggi c’è la guerra all’indifferenza, alla solitudine: gli alpini combattono l’angoscia dei tempi anche con l’ironia, con la schiettezza, la voglia di tenere insieme, anziché dividere. Ci sono stati nei terremoti, nelle alluvioni, nelle frane, nelle bufere, nella costruzione di scuole, come hanno fatto pensando ai disabili a nord di Brescia, dove è nata una scuola di bontà che si chiama Nikolajewka. Ci furono Carnia, il Vajont, il Belice, ma anche la devastazione di Piacenza nel 2015. E allora tre applausi, spontanei, dalla gente: uno al passaggio al monumento dei Pontieri, uno nei pressi del liceo Gioia, uno più lungo all’ingresso di piazza Cavalli, mentre qualcuno si affaccia pure alle finestre e sventola il Tricolore al passaggio di circa un migliaio di Penne nere. «Sono sempre i primi ad arrivare», plaudono alcuni, intendendo che il mito dell’alpino sempre pronto a intervenire è radicato a Piacenza più di quel che si creda. L’Alzabandiera condotta da due giovani piacentini, entrambi con gli occhi azzurri. Giovani ma “alpinissimi” nei valori, come li chiamarebbe Guareschi: il primo caporal maggiore Vanessa Gentilotti del secondo reggimento alpini di stanza a Cuneo e il caporal maggiore Gino Ernesto Croci del quinto reggimento a Vipiteno. Un attimo di silenzio. C’è chi grida: “Per gli alpini hip hip hip urrà” Elisa Malacalza scarica l'articolo in formato .pdf Famiglie, vecchie leve e stranieri al raduno «È simbolo di pace» C’è una donna all’ammassamento di via Maculani intenta a scattare una foto al suo alpino preferito: lui ha 12 anni e suona in Valcamonica tra gli alpini da quando ne ha tre. Lei si chiama Rita Donati e il giovanissimo alpino Andrea De Marie. E c’è un’altra donna, poco distante, che è invece lì per un alpino di 87 anni, uno di quelli che ha passato la guerra, l’ha rivissuta nei suoi incubi e ora ha il passo di un ventenne. Lei è l’ex assessore alla cultura Tiziana Albasi e il suo papà si chiama Luciano, originario di Travo e cognato di Gianfranco Bertuzzi, 75 anni, l’alfiere ufficiale designato dal presidente Roberto Lupi a portare il simbolo della sezione alpini di Piacenza, il vessillo sezionale. Due donne, Rita e Tiziana,specchio dello spirito del raduno del secondo raggruppamento alpini, ieri e oggi: unire le generazioni, dai 12 anni agli 87, dai bimbi agli anziani. «Noi oggi siamo qui perché mio papà mi ha sempre insegnato i valori di pace, gli Alpini portano pace», ha sottolineato Tiziana. «Avevo regalato io il primo tamburino ad Andrea, è felice di sentirsi alpino», aggiunge nonna Rota. “Onorare i morti” Unire le generazioni, al di là del tempo, per “onorare i morti aiutando i vivi”, in perfetto stile alpino. Lo pensa anche un papà speciale che ieri ha sfilato con le sue piccole, Emma e Mia, indossando il mantello e il cappello del nonno di Pontenure, Giuseppe Larini: «Mio nonno teneva tantissimo alle adunate, non ha mai mancato un solo appuntamento », ha ricordato il nipote Marco. «Essere qui al corteo, con un mantello originale d’epoca e il cappello del nonno, significa portarlo ancora al mio fianco, come se fosse con me e le mie figlie». «Sono fantastici» In tanti sono arrivati da San Rocco: «Non ho potuto fare il servizio di leva militare perché mio papà era molto anziano, dovevo prendermi cura di lui», ha ricordato Piero Spelta. «Però nello spirito mi sento vicino agli alpini e sono qui per assistere a questo momento sociale importante ». Anche Giampaolo Contardi arriva da San Rocco: «Gli alpini sono fantastici, ecco perché siamo qui. Mi sono innamorato dei loro valori durante l’Adunata a Piacenza del 2013 e da allora non manco mai un solo appuntamento. Siamo qui per dire “Grazie” alla loro carica positiva, alla loro energia» «Un valore di libertà» Gioacchino Mosconi ha preso la bicicletta ed è arrivato da viale Dante: «Ero curioso di vedere da vicino questo raduno, penso sia bello, imperdibile. Gli alpini ci sono sempre, aiutano, sono impegnati nel volontariato ». «Anch’io sono qui perché non volevo perdermi questo momento collettivo, aggregante», precisa l’ex dipendente della Provincia Mauro Canevari. «Sono originario di Ottone, di Orezzoli, e ci tengo a partecipare alle cerimonie. Non ne perdo una». Tra chi applaude al passaggio degli alpini ci sono anche Manal e Naoel, due giovani marocchine che indossano il velo simbolo della loro religione: «Questi momenti sono simbolo di pace e noi crediamo fortemente nella pace. La libertà è un bene preziosissimo, non possiamo permetterci di dimenticarlo mai». Come in Badeschi Angela Bareggi sottolinea: «In prima media leggemmo “Centomila gavette di ghiaccio” di Giulio Bedeschi. Segnò la mia pre-adolescenza. Sono ricordi indimenticabili quelli legati agli alpini». Poi commozione e silenzio alla deposizione della corona ai caduti da parte della sindaca Patrizia Barbieri, del prefetto Maurizio Falco, del presidente Ana Sebastiano Favero e del brigadiere generale Sergio Santamaria. _malac. scarica l'articolo in formato .pdf Concerto al Gotico da tutto esaurito Musica nelle strade La fila è lunghissima fuori dal palazzo Gotico. Molti sono costretti a restare fuori con non pochi malumori. Di sopra, nel salone d’onore, la Fanfara della Brigata Alpina Taurinense dà il via alla festa serale con la marcia militare dell’esercito italiano: il “4 maggio” è il primo brano che la formazione bandistica diretta da Marco Calandri propone ai trecento fortunati che sono riusciti ad aggiudicarsi un posto al Gotico. Per gli altri il Raduno del secondo raggruppamento alpini ha comunque riservato il carosello delle fanfare che ieri ha chiuso la prima giornata di festa in piazza Cavalli con la banda di Agazzano e le fanfare della Valcamonica e di Pontedellolio in mezzo a canti, cori e grandiose quanto immancabili bevute. Di sopra però, nel salone, presentati dalla giornalista di Telelibertà Nicoletta Marenghi e da Lucetta Rossetto Peratoner, gli alpini e le alpine (sono quattro su una formazione di trentatré) della Taurinense hanno conquistato. Non lo hanno fatto solamente con un repertorio “istituzionale” di cori e inni: o meglio, all’inizio sì, perché i primi brani sono stati tutti un omaggio alla storia dell’esercito italiano, al valore dimostrato in trincea oltre cent’anni fa, all’eroismo degli inni del Monte Grappa e del monte Nero che rievocano le battaglie della Grande Guerra. Ma dopo no: la Taurinense è una formazione di vecchia data che dalla sua fondazione, nel 1965, si è esibita innumerevoli volte. L’ultima tournée l’ha vista andare nel Montenegro e in Albania: ieri sera, davanti al pubblico estasiato dei piacentini, si è lanciata con un potpourri di Morricone e dei Queen. Non prima però dell’immancabile “Tapum” per rievocare il sacrificio delle penne nere nel Carso. A chiudere l’inno dei coscritti piemontesi, terra da cui la Brigata Taurinense arriva, quello degli alpini e l’immancabile inno di Mameli che ha sancito un trait d’union con il carosello successivo delle fanfare alpine. Tanta soddisfazione è stata espressa, all’inizio della serata, dal presidente provinciale degli alpini Roberto Lupi, dal comandante del Polo di mantenimento pesante nord Sergio Santamaria e dall’assessore Jonathan Papamarenghi: «Piacenza è la vostra città, la città di tutti gli alpini » dichiara l’assessore. Anche di quelli rimasti in piazza a brindare alla storia di un corpo che nella nostra città è di casa. scarica l'articolo in formato .pdf Venerdì notte le piazze giovani sono due e diverse Là dove senti cantare fermati, gli uomini malvagi non conoscono canzoni. Viene in mente questo vecchio detto popolare, venerdì notte, passeggiando in piazza Cavalli. Piove tanto, ma i primi alpini sono arrivati alla spicciolata dalle province vicine e non si chiudono in albergo. Si ritrovano sotto i portici di palazzo Gotico e fanno quel che un alpino fa nella pioggia: cantano insieme. Raccontano che l’amore è bello per chi ce l’ha, e che la Gina forse un giorno scriverà la lettera piena di amore per consolare un misero cuore. Sono giovani, questi alpini di Como, ma dai nonni e dai veci hanno imparato ad ascoltarsi l’un l’altro impastando le voci che arrivano da lontano. Ma ci sono due piazze, venerdì notte. Quella alpina che scioglie il cuore, portando a Piacenza il vento del lago di Como; e quella della movida giovanissima, che prosegue il suo ritmo, tra minigonne, cocktail e qualche sbruffoneria. Alcuni 17enni sbeffeggiano gli alpini, ma soprattutto il cappello, perché non ne comprendono il senso. Finisce tutto lì, perché nessuno reagisce. «Però queste cose fanno male al cuore», dirà poi un alpino di Piacenza. Fa male al cuore pensare che ci siano ragazzi (pochi per fortuna) che non conoscano il valore di quel cappello. E allora ricordiamo le parole di un combattente di Grecia: “È il mio sudore che l’ha bagnato e le lacrime che gli occhi piangevano. Un cappello così hanno messo sulle croci dei morti, sepolti nella terra scura, lo hanno baciato i moribondi come baciano la mamma”. Stiamo attenti a non prendere in giro chi, ancora, ha qualcosa da insegnarci. scarica l'articolo in formato .pdf Oggi sfilata dell’orgoglio alpino in una Piacenza tutta da gustare Tutto pronto per l’evento clou del raduno del 2° Raggruppamento: a Piacenza stamattina, dalle 9 e 30 alle 13, sfileranno 15mila penne nere dell’Emilia Romagna e della Lombardia e altre 10 mila persone, fra familiari e accompagnatori, saranno dietro le transenne. Il percorso prevede 500 metri all’interno dell’ex Arsenale e 2.300 tra viale Malta, via Venturini, Stradone Farnese, via Giordani, piazza Sant’Antonino, via Sant’Antonino, largo Battisti, piazza Cavalli. Qui terminerà la sfilata con l’“Arriverdeci a Lecco”. L’occasione del Raduno del secondo raggruppamento porta con sé ghiotte proposte per conoscere meglio Piacenza. La prima è sicuramente quella che consente di affinare il palato agli stand e ai ranci alpini nel cuore della città, a pranzo; la seconda, invece, riguarda gli occhi che si possono lustrare nei Musei civici di palazzo Farnese, dalle 9.30 alle 18: attenzione, eccezionalmente il biglietto di ingresso sarà al costo promozionale di un euro per tutti i visitatori. Già ieri alcune Penne nere hanno approfittato della possibilità al termine dell’incontro nella Cappella ducale di palazzo Farnese tra i presidenti delle sezioni Ana del secondo raggruppamen- Oggi sfilata dell’orgoglio alpino in una Piacenza tutta da gustare to. Qui occhi puntati soprattutto al prossimo appuntamento nazionale: sarà la 93esima Adunata degli alpini dall’8 al 10 maggio a Rimini, oggetto di un preliminare incontro organizzativo il 6, 7, 8 dicembre, come confermato dal presidente dell’Ana di Piacenza Roberto Lupi. L’Adunata nazionale di Rimini si terrà a 100 anni esatti dal primo raduno spontaneo tenutosi nel 1920 sul monte Ortigara, in provincia di Vicenza, teatro di una terribile battaglia che vide impiegati nella prima guerra mondiale 400.000 soldati. Ieri i vertici di Ana, salutati dalla sindaca Patrizia Barbieri e dall’assessore Jonathan Papamarenghi, hanno ribadito l’importanza dell’amicizia e della solidarietà, valori espressi sia a questo raduno che ai prossimi eventi in calendario. Stamattina l’Ufficio Iat sarà a disposizione di alpini e turisti per fornire informazioni ma anche per l’acquisto di gadget e souvenir di Piacenza nella sede di piazza Cavalli 10 (angolo via Calzolai) dalle 9 alle 13. Operativo anche l’Infopoint di prima accoglienza in condivisione con Destinazione Turistica Emilia, nella piazzetta vicina alla basilica di San Francesco. Per chi vuole viaggiare con lo sguardo tra Piacenza e le sue Valli ottanta scatti della mostra fotografica “La Nostra Terra” nella galleria d’arte di Palazzo Paveri Fontana (ingresso da vicolo Sant’Ilario 4) oggi 9.30-12.30 e 14.30-21.
scarica l'articolo in formato .pdf Per Piacenza due giorni di festa relazioni autentiche e valori La città è pronta, grazie ad un lavoro di squadra silenzioso e con pochi precedenti. Ora spetta ai piacentini partecipare, in tutta sicurezza, ad una festa che non è solo goliardia o divertimento, ma anche riproposizione di valori civici genuini ed autentici che fanno bene al Paese. È, in estrema sintesi, il messaggio che il prefetto Maurizio Falco, alla vigilia del raduno del 2° Raggruppamento dell’Associazione nazionale alpini, vuole lanciare dal palazzo del Governo, convocando insieme forze dell’ordine, istituzioni civili e militari, organizzatori e stampa cittadina. Oggi (dalle ore 15) e domani circa 25mila alpini da tutte le sezioni di Emilia Romagna e Lombardia saranno a Piacenza aumentando di fatto di un quinto la popolazione della città. «Sarà una grande piazza - è convinto il prefetto - dove regneranno gli antichi modelli dello stare insieme. E gli alpini sono un veicolo preziosissimo per questo. Entreranno nei nostri locali, prenderanno il caffé sorrideremo insieme. È andato tutto bene nel 2013 con un passaggio di trecentomila persone, non succederà nulla oggi». «Gli alpini ci ricorderanno anche i nostri valori - osserva poi -, una delle prime misure di precauzione è ripeterli tra di noi. Lo faremo in questa due-giorni». La sindaca Patrizia Barbieri coglie l’occasione per ringraziare le penne nere: «Ci sono sempre, anche fuori dai riflettori, li ringrazieremo insieme». Una grande mano, in questo evento, l’ha data il Polo di mantenimento pesante Nord, ovvero l’ex Arsenale. L’area si presenta come una vera e propria cittadella militare, vestita a festa e con il castello farnesiano al centro dell’ammassamento degli alpini. D’altronde «non poteva essere diversamente - commenta il brigadier generale Sergio Santamaria, comandante del Polo e alpino della Taurinense -. Non potevo dire di no all’Ana, che è quella che è perché i suoi componenti hanno svolto il servizio militare negli alpini».
La sicurezza La sicurezza sarà garantita da un ombrello in parte visibile, in parte no che veglierà sul raduno. Il questore Piero Ostuni spiega che tutto il personale disponibile della questura -ma vale anche per i comandi provinciali di carabinieri e guardia di finanza -, oggi e domani viene chiamato in servizio. Saranno impiegate anche unità cinofile e artificieri. Da fuori sono arrivate alcune unità di un battaglione mobile di carabinieri mentre «per le eventualità di maggiore gravità» sono pronti ad intervenire i corpi speciali di polizia e carabinieri. Si tratta delle Sos (Squadre operative di supporto) dei carabinieri, un reparto nato nel 2016 per far fronte alla minaccia del terrorismo, e delle Uopi (Unità operative di pronto intervento) della polizia di Stato, sempre nell’ambito dell’antiterrorismo. Grande lo sforzo preventivo. Iren ha sigillato tutti i tombini nelle zone di passaggio delle sfilate mentre i pubblici esercizi sono tenuti ad utilizzare sacchetti dei rifiuti trasparenti. I punti d’ingresso alle aree con maggior affluenza di pubblico saranno protetti dalle barriere jersey in calcestruzzo. Controlli con i metal detector anche ai varchi di piazza Cavalli e ai portali del Duomo per la messa di questo pomeriggio. La polizia municipale in questi giorni ha avvisato delle modifiche viabilistiche «ogni singolo palazzo, suonando i campanelli e mettendo volantini informativi nelle cassette della posta» evidenzia il comandante Giorgio Benvenuti. Tra oggi e domani sono in strada 107 agenti mentre all’organizzazione dell’evento, in queste settimane, hanno lavorato 130 dipendenti comunali dei vari uffici coordinati da una squadra di altri 14 funzionari comunali. Come spiega il presidente della sezione Ana di Piacenza, Roberto Lupi, duecento sono i volontari alpini che assicurano il servizio d’ordine. Federico Frighi scarica l'articolo in formato .pdf A passo di marcia fino in piazza Cavalli Saranno circa 15 mila gli alpini, secondo le ultime stime della sezione di Piacenza, che prenderanno parte alla sfilata nelle vie del centro storico domani mattina. Altri 10 mila (famiglie ed accompagnatori) assisteranno dietro alle transenne. L’evento clou del raduno del 2° Raggruppamento avrà inizio alle ore 9.30 all’interno del Polo di mantenimento pesante Nord. Qui, dalle 8 cominceranno ad arrivare le penne nere dalle 19 sezioni di Lombardia ed Emilia Romagna. Dopo i saluti delle autorità inizieranno a sfilare lungo un percorso che prevede 500 metri all’interno dell’ex Arsenale e 2.300 tra viale Malta, via Venturini, Stradone Farnese, via Giordani, piazza Sant’Antonino, via Sant’Antonino, largo Battisti, piazza Cavalli. Qui terminerà la sfilata mentre le operazioni di scioglimento avverranno lungo via Cavour e viale Risorgimento. Quattro i settori previsti dall’ordine della sfilata. Apre il primo con la fanfara di Sorisole, seguita dai gonfaloni di Piacenza, della Provincia e dei Comuni, poi le autorità civili e militari, il labaro dell’Unione nazionale reduci, quello del Nastro azzurro, i vessilli delle associazioni d’Arma e le crocerossine. Il secondo settore è aperto dalla fanfara Tridentina seguita dal labaro e dal Consiglio nazionale Ana. Poi cinque reduci di guerra su quattro veicoli militari storici, i vessilli, i gagliardetti e gli alpini delle sezio- Domani mattina dalle 9.30 alle 13 circa il clou della manifestazione Saranno in 15mila a sfilare in centro, altri 10mila dietro le transenne ni estere e del 1°, 3° e 4° raggruppamento. Il terzo settore è il più numeroso. Apre la Protezione civile Ana seguita dalle sezioni Valtellinese, Luino, Bolognese-Romagnola, Colico, Varese, Como, Modena, Bergamo, Reggio Emilia, Salò, Brescia, Vallecamonica, Monza, Milano, Parma, Pavia, Cremona-Mantova. Il quarto e ultimo settore sarà aperto dagli alpini paracadutisti seguiti dalle sezioni di Lecco, di Piacenza, dallo striscione “Arriverdeci a Lecco” e dal servizio d’ordine. _fri. scarica l'articolo in formato .pdf Alpini da un secolo cinque reduci sfilano sui mezzi d’epoca Erano bambini. Nella guerra diventati adulti. Sono i ragazzi degli anni Venti, i nostri reduci veterani, quelli che ci ricordano di scegliere il bene, ogni giorno. Oggi la loro scelta l’hanno già fatta: saranno al Raduno, perché non vorrebbero essere in nessun altro posto al mondo se non tra vec i e bocia, in una città che nei loro novant’anni gli è sfilata veloce sotto gli occhi ma conserva le tracce del valore alpino e militare. Cinque veterani parteciperanno alle cerimonie ufficiali sui mezzi storici, domani: ci sarà Elio Draghi, il fondatore degli Alpini di Caorso, alla soglia del tenace secolo di vita; ci sarà Antonio Ferrari, che è nato ad Aglio di Coli nel 1922 e troppo giovane venne fatto prigioniero dai tedeschi, dove affrontò la sua odissea; e con lui Luigi Solari, alpino di Fiorenzuola e croce al merito di guerra, classe 1924. Quando venne proclamato l’armistizio, non esitò un secondo a unirsi ai partigiani e il 28 aprile del 1945 era dove sarà anche in queste ore, nelle piazze liberate di Piacenza che profumavano già di democrazia e Repubblica. Non potrà mancare Eligio Everri della sezione di Travo: alpino lui, superati i 98 anni, e alpino il figlio Daniele. Eligio è stato partigiano sulla strada tracciata da Italo Londei, reduce del Montenegro e di Albania, miracolato scampato solo per un gioco del destino alla fucilazione in piazza San Francesco a Bobbio. «Sei un alpino, avrai mica paura di morire?», gli dicevano in guerra. Oltre ai reduci piacentini, sfilerà anche Eugenio Rossi, classe 1923, bergamasco di Villa di Serio e reduce di Russia. Vite da alpini, sempre, per quasi cento anni, iscritti anche loro con il grande esempio nel Libro Verde che attesta ogni anno quanto valga la solidarietà delle Penne nere. Panettoni solidali Per portare avanti il messaggio di solidarietà degli Alpini e dei vecia, saranno disponibili in piazza Cavalli i panettoni che ricorderanno l’evento di oggi e domani: sono panettoni speciali, perché il ricavato della vendita contribuirà a sostenere l’ampliamento di una scuola d’eccellenza per ragazzi e ragazze disabili a nord di Brescia, interamente realizzata dagli Alpini e intitolata alla memoria della battaglia di Nikolajewka. Si tratta dunque di un “monumento vivente”, che tramanda concretamente i valori dell’associazione (per informazioni si può visitare il sito Internet www.nikolajewka.it). Da Crédit Agricole Il benvenuto agli Alpini arriva anche da parte di Crédit Agricole Italia: «Il gruppo bancario aveva già affiancato l’Adunata del Nord Nazionale lo scorso 2013 quando la città di Piacenza aveva visto un’affluenza di 400.000 tra alpini e famiglie con un indotto generato per la provincia di oltre 45 milioni di euro secondo i dati raccolti dall’Università Cattolica», ricorda Davide Goldoni, direttore regionale della banca. «Crédit Agricole e Ana collaborano da molti anni per rispondere a situazioni di emergenza. Il sostegno al raduno rappresenta un nuovo segnale di attenzione verso l’Associazione e il territorio». Elisa Malacalza scarica l'articolo in formato .pdf Venerdì di curiosità dopo le 22 partono brindisi e canti in coro Per resta re in tema di montagne, è un po’ come l’attesa della neve. Un fiocco cade qua, un altro là, è una falsa calma preludio della nevicata. Il venerdì di vigilia del raduno del II Raggruppamento degli alpini è stato un po’ così, si è cominciato a percepire per la vie della città quella curiosità e quell’affetto che già nel recente passato ha legato Piacenza al più amato corpo dell’esercito. Se oggi sono attesi in 25.000, già ieri sera tra i piacentini che si aggiravano in Piazza Cavalli e in Piazzetta Plebiscito spuntava qualche cappello verde con la penna nera. Negli stand ce ne sono poi per tutte le età. Anche per chi ancora non cammina. Un padre si avvicina e ne compra uno per il bimbo sul passeggino, ma a quel punto l’alpino di domani chiede anche la bandierina da sventolare e da portare in giro spinto dalla mamma. Come negargliela. Ad attirare lo sguardo sono le medaglie celebrative della “festa granda”, e quando si guarda le mitiche penne nere si scopre che ne esistono di due tipi: con rimbecco per chi aveva già fatto i campi stagionali di addestramento, senza per chi non li aveva fatti. Ma chi lo racconta utilizza il tempo passato. Si usano ancora? «Chi è di vecchia tradizione usa ancora queste distinzioni ». E si sa, la tradizione in casa alpina, se non tutto, è molto. È una serata di attesa. Lo ricordano gli stand che hanno preso possesso degli spazi sotto Palazzo Gotico e in Piazzale Plebiscito, dove una spillatrice di birra aspetta solo di entrare in attività, ma soprattutto lo ricorda il palco vuoto dove si chiuderà la sfilata sotto il cavallo del Mochi. Intanto, sotto un tendone, una lunga tavolata accoglie Sebastiano Favero, presidente nazionale dell’Ana, e il presidente della sezione piacentina Roberto Lupi. Anche per loro sale l’attesa. «Speriamo che Piacenza risponda come ha fatto nell’adunata 2013 - dice Favero - anche se questo raduno è nei numeri più piccolo, noi alpini quando ci muoviamo lo facciamo con l’entusiasmo di sempre. Amiamo fare le cose gratuitamente, prediligiamo gli incontri e la condivisione, come accade nelle nostre adunate. Per noi rappresentano l’occasione di rinnovare la memoria, per ricordare la patria e coloro che hanno dato la vita per il Paese e per i nostri valori». In piazza, una lunga barba e un bastone di legno che ne accompagna il passo, cammina Franco Trolese. Alpino della 35 Compagnia Susa, non è nuovo da queste parti, perché nel 2013 ha alloggiato nei pressi del Cimitero Municipale e anche in questa occasione ha deciso di tornare lì . «Dove c’è un localino in cui si mangia davvero bene» dice prima di rispondere, a modo suo, a una signora che gli chiede da dove viene. «Intende dove sono durante la settimana o dove sono quando è domenica? » incalza. «Abito a Torino - dice - ma la domenica la trascorro come piantone al Sacrario di Asiago». Intanto il tempo passa: alle 22 l’atmosfera cambia: primi cori e brindisi nel centro storico. Ci siamo: il raduno ha inizio! Filippo Lezoli scarica l'articolo in formato .pdf Con il presidente nazionale nel reparto di chi aiuta la vita Una questione di tempi. La puntualità degli alpini nell’aiutare e la tempestività dei biologi dell’ospedale di Piacenza a rispondere alla chiamata di chi ha bisogno. Detta così, forse le strade degli uni e degli altri non avrebbero potuto che incontrarsi. Sebastiano Favero, presidente nazionale dell’Ana - accompagnato da Roberto Migli, presidente del collegio revisore dei conti dell’Ana, e dal numero uno della sezione piacentina Roberto Lupi - ha incontrato i responsabili e il team di lavoro del reparto di Immunogenetica che, ormai dal 2012, ha stretto con le penne nere un sodalizio virtuoso. E’ stata l’occasione di un ringraziamento sincero, presente anche il direttore sanitario Guido Pedrazzini, per il supporto che gli alpini stanno fornendo con continuità a chi lavora sulle malattie del sangue. Il reparto di immunogenetica, infatti, si occupa di ematologia, combattendo leucemia, linfomi e mielomi, e la sua ricerca è finalizzata al trapianto del midollo osseo, possibile solo dopo accurati esami che consentono di stabilire la compatibilità tra il donatore e il paziente. Sostegno Nel 2012 gli alpini donarono al reparto una borsa di studio, nel 2013 un frigorifero dove conservare le provette e nel 2017 una centrifuga del valore di 4.500 euro per l’analisi degli anticorpi anti-HLA, richiesti dagli ematologi per quei pazienti che necessitano di trapianto del midollo osseo. «Ringraziamo gli alpini per la loro puntualità - dice Angela Rossi, responsabile del reparto di immunogenetica e manipolazione di cellule emopoietiche - per il fatto che sono concreti, che a poche parole passano velocemente a molti fatti». Il presidente delle penne nere Favero, giunto in città per l’occasione e in anticipo rispetto al raduno di oggi, ha chiarito come «condivisione e solidarietà siano parte dei valori degli alpini, in questo caso svolti con ancora più piacere per il lavoro che svolge questa unità dell’ospedale, ottenendo risultati concreti che possono salvare vite e aiutare chi ne ha bisogno ». Un ringraziamento sincero, come sottolineato da Pedrazzini: «Poche cerimonie e tanta schiettezza». Filippo Lezoli scarica l'articolo in formato .pdf Piacenza pronta al raduno con la penna sul cappello Il dato ormai risuona da giorni nella testa: 25 mila alpini arriveranno a Piacenza in città da tutta l’Emilia Romagna e la Lombardia per il raduno del 2° Raggruppamento. Ebbene: è l’ora. Il conto alla rovescia con cui Libertà ha accompagnato i preparativi all’evento volge ormai al termine. Così domani e domenica si terrà entro le mura farnesiane quello che risulta il secondo maxievento in termini numerici che Piacenza vive in questo terzo millennio, pari probabilmente ai Venerdì Piacentini. Sempre con la penna sul cappello, visto che il primo - è superfluo ma Piacenza pronta al raduno con la penna sul cappello lo scriviamo lo stesso - è rappresentato dall’Adunata nazionale alpini del 2013. Allora calarono in città circa 400mila penne nere da tutta Italia portando per tre giorni la città a sopportare - con successo - ben cinque volte le sue normali dimensioni. I numeri di domani e dopo domani sono minori ma rappresentano tuttavia, sei anni dopo, un’altra prova decisiva, magari in vista di una designazione futura a capitale della cultura. Ma veniamo agli alpini. Con quelli di Piacenza, domani e domenica saranno presenti rappresentanti di ben 19 sezioni. Dall’Emilia Romagna le sezioni di Parma, Modena, Reggio Emilia e Bolognese-Romagnola. Quest’ultima ha circa 4.500 iscriti e nel 2020 a Rimini ospiterà l’Adunata nazionale. Dalla Lombardia il maggior numero di alpini. Arriveranno dalle sezioni Valtellinese, Luino, Colico, Varese, Como, Bergamo, Salò, Brescia, Vallecamonica, Monza, Milano, Pavia, Cremona- Mantova e Lecco. Tanto per dare l’idea delle dimensioni la sezione Valtellinese ha 7mila iscritti, Varese ne ha 5.500, Milano ne ha 3.100. Per non parlare della sezione- monster di Bergamo, dove gli iscritti all’Ana sono 25.600, di cui 19 mila alpini. Piacenza comunque si difende bene con i sui oltre 2.700 iscritti di cui 2.200 alpini e il resto aggregati. Il grosso degli arrivi sarà nelle prime ore della giornata di domenica. Molti sono infatti e i gruppi e le sezioni che si sono organizzate in tal senso per partecipare alla sfilata della domenica mattina. L’appuntamento clou dovrebbe durare circa 4 ore, dalle 9,30 alle 13,30. Al termine avverrà il passaggio della stecca, ovvero del testimone dalla sezione di Piacenza a quella di Lecco che organizzerà il raduno del 2° Raggruppamento nel 2020. Quello del 2018 era stato a carico della sezione di Como e si era tenuto a Mariano Comense con il passaggio della stecca appunto a Piacenza. Anche quella di domani sarà comunque una giornata intensa. Al mattino si incontreranno tutti i presidenti delle sezioni del 2° Raggruppamento. Nel pomeriggio il via ufficiale alle 15 da Porta Borghetto con lo sfilamento del labaro nazionale verso via Maculani, via Risorgimento, via Cavour e piazza Cavalli. L’alzabandiera, l’onore ai Caduti e la messa in Duomo alle 17. In serata il concerto della fanfara della Taurinense (ore 21) a palazzo Gotico e alle 22,30 il carosello di fanfare in piazza Cavalli. Federico Frighi scarica l'articolo in formato .pdf GLI ALPINI SONO UN NUTRIMENTO PER I CUORI DEI PIACENTINI Abbiamo ancora negli occhi la spettacolare Adunata Nazionale che Piacenza ha ospitato nel 2013, ma portiamo soprattutto nel cuore ogni giorno la gratitudine nei confronti degli Alpini per la dedizione e la passione con cui si pongono in ogni circostanza al fianco e a supporto della comunità. La loro laboriosa e discreta presenza nelle situazioni di difficoltà, lo spirito di abnegazione e sacrificio nell’affrontare le emergenze, il loro attaccamento ai più alti valori incarnati simbolicamente nella penna nera portata sul cappello, la gioiosa travolgente convivialità nei momenti di festa sono fonte di nutrimento per i nostri cuori e di ispirazione per le nostre azioni. Piacenza e i piacentini, capaci di riconoscersi fino in fondo in questi tratti distintivi, sono orgogliosi di poter ospitare il Raduno del Secondo Raggruppamento, momento di incontro, di ritrovo e di festa, ma anche di appassionata celebrazione e doveroso riconoscimento al valore di tutti gli Alpini, che a maggior ragione come Sindaco del Capoluogo e come Presidente della Provincia di Piacenza ho l’opportunità di toccare quotidianamente con mano. Viva gli Alpini! Patrizia Barbieri - Sindaco di Piacenza scarica l'articolo in formato .pdf SIAMO NEI LUOGHI DELLA BELLISSIMA ADUNATA VISSUTA NEL 2013 Cari Alpini del 2° Raggruppamento, l’occasione del ritorno a Piacenza rievoca la bellissima adunata nazionale del 2013; nello stesso tempo è sempre motivo di emozione ed orgoglio alpino ritrovarci. Siamo in un anno speciale, quello del centenario di fondazione della nostra grande associazione - l’Associazione nazionale alpini - ed è quindi un motivo in più per celebrare questa ricorrenza. È lo stare insieme che aggiunge valore alle nostre attività associative. È condividere i momenti salienti che caratterizzano i raduni di raggruppamento che rafforza il nostro essere alpini ed il nostro essere Associazione nazionale alpini. In un mondo dove si privilegia l’individualismo noi vogliamo dimostrare con questi incontri la nostra forza e soprattutto la nostra comunità di intenti e di valori. Rivolgo quindi a voi tutti alpini delle Sezioni Lombarde ed Emiliano-Romagnole un caloroso saluto ed un ideale abbraccio alpino con l’augurio di incontrarci a Piacenza in un raduno che si può considerare il prologo della prossima adunata nazionale a Rimini in programma nel 2020 . Viva gli Alpini! Viva l’Italia! Sebastiano Favero - Presidente Nazionale ANA scarica l'articolo in formato .pdf Il falegname che porta il vessillo alpino «Sfilo col simbolo dei nostri valori» Domani sarà uno dei protagonisti della sfilata che aprirà il raduno del 2° Raggruppamento. Gianfranco Bertuzzi, 75 anni, è l’alfiere ufficiale designato dal presidente Roberto Lupi a portare il simbolo della sezione alpini di Piacenza, il vessillo sezionale. «Per me è un onore poterlo portare anche in questo raduno - fa sapere Bertuzzi -, tengo in alto il simbolo del sacrificio dei nostri concittadini». Guanti bianchi, giacca e pantaloni blu, perché «lo si deve tenere con decoro», la mano destra lo sorregge, la sinistra lo guida, perché «ci sono delle regole precise, anche se poi ognuno le adatta». Peserà sui 4, 4 chili e mezzo ma per Bertuzzi non sono un problema: «Magari negli ultimi duecento metri te ne accorgi un po’» scherza. Falegname in pensione - ha chiuso la sua bottega di via dei Pisoni nel 2016 - è alpino nel sangue. Ha svolto il servizio militare a Venzone, 8° reggimento, 72ª compagnia ed è iscritto all’Ana da 50 anni (4 col gruppo di Travo, 46 con quello di Piacenza). Da una decina d’anni regge, alternandosi con altri, il simbolo dell’alpinità piacentina. Recentemente lo ha portato nel raduno del 1° Raggruppamento, a Savona. Domani lo farà in un contesto particolare: nella sfilata del labaro nazionale Ana. Da Porta Borghetto (ore 15) a piazza Cavalli per alzabandiera e onori ai Caduti, in via XX Settembre fino in Duomo per la messa. Assieme ai vessilli di tutte le altre sezioni, ai gagliardetti di gruppo e ai gonfaloni di Piacenza e Provincia. Capita poche volte ad un alfiere di sfilare assieme al labaro nazionale. Per gli alpini è un oggetto sacro. È il più importante simbolo dell’Associazione: rappresenta tutto quello che sono gli alpini, la loro storia, le loro tradizioni e il loro spirito. Vi sono appuntate 216 medaglie d’oro al valore civile e militare di reparto e individuali. Il vessillo sezionale, di medaglie, ne ha sette. Due d’oro al capitano Pietro Cella, di Bardi, caduto nella battaglia di Adua e a Giuseppe Sidoli, di Vernasca, caduto in Etiopia. Altre due d’oro conferite all’Ana al valore e al merito civile per l’opera prestata in occasione dell’alluvione in Emilia e Piemonte nel 1994 e nel 1977 in seguito al terremoto in Friuli. Una di bronzo al merito civile per le attività svolte tra il 1987 e il 1989 in Valtellina e Armenia, la medaglia d’oro al merito della Croce Rossa, la Benemerenza della Protezione Civile per l’attività svolta in seguito al terremoto in Abruzzo nel 2009. _fed.fri. scarica l'articolo in formato .pdf La cappella Ducale del Farnese ospita la riunione annuale dei 19 presidenti La nuova normativa del Terzo Settore e la Protezione civile Ana saranno due dei punti all’ordine del giorno nella riunione annuale dei presidenti delle sezioni del 2° Raggruppamento. I 19 numeri uno delle sezioni di Emilia Romagna e Lombardia si ritroveranno domani mattina, con inizio alle ore 9,30, nella cappella Ducale di palazzo Farnese. Con loro i consiglieri nazionali Ana presenti al raduno e il presidente nazionale Ana, Sebastiano Favero. «Si tratta di una riunione non aperta al pubblico in cui verranno trattati punti molto tecnici» ha spiegato Roberto Lupi, presidente della sezione di Piacenza. All’ordine del giorno anche l’eventuale candidatura della sezione che ospiterà il raduno del 2° Raggruppamento nel 2021. Come molti sanno, la sede del raduno viene decisa ad anni alterni tra Lombardia ed Emilia Romagna. Nel 2020 sarà a Lecco, dunque nel 2021 toccherà di nuovo all’Emilia Romagna. _fri scarica l'articolo in formato .pdff Carosello Fanfare nel centro della città I ragazzi di Agazzano Ci sono anche due bambini di nove anni nell’organico del Corpo bandistico “Carlo Vignola” di Agazzano che si esibirà domani sera nel Carosello delle fanfare alpine in centro città. Sono Filippo Quero, figlio del direttore della banda Antonio Quero, e Tommaso Albano, rispettivamente alle percussioni e al sax. Frequentano la stessa classe a scuola e condividono la passione per la musica e lo strumento, appreso nei corsi che la banda propone annualmente. Sono i più piccoli e sono i più “coccolati”, ma hanno già ben chiaro il loro ruolo nell’organico dei musicanti, oltre a conoscere a menadito gli spartiti dell’ampio repertorio della banda. Il Corpo bandistico “Vignola”, fondato nel 1903, ha infatti un repertorio che comprende, oltre a brani religiosi e marce allegre, anche un cospicuo numero di brani da concerto, tra colonne sonore e canzoni celebri italiane e straniere. Domani, informa il maestro Antonio Quero, partiremo da piazza Borgo per arrivare in piazza Cavalli e proporremo un pot-pourri “Super Arbore”, con brani tra i più noti di Renzo Arbore, ma anche La vita è bella, marce da sfilata e militari. L’organico si compone di circa 30 elementi di diverse età. Tra essi Michele Quero (primo figlio del direttore che suona la tromba come il papà) e Alessandro Amorini, al corno, entrambi di 12 anni che, dopo il triennio di corsi alla banda, dallo scorso anno frequentano il Conservatorio e l’annessa scuola media. Ci sono anche i musicanti più su di età, come Giuseppe Velardi (ai piatti) e Pietro Pietro Trespidi (alla grancassa), entrambi ottantenni. Mario Belli (alla tromba) poco manca per arrivare a 80. Ma il musicante che da più tempo fa parte della banda è il direttore. «Sono entrato nel 1976 - racconta Antonio Quero -. Avevo sei anni e non sono più uscito». Un lieto ritorno nell’organico è quello di Carlo Pisani, direttore dell’orchestra “Luigi Cremona” di Agazzano, che oltre ad insegnare alla scuola di musica della banda con Quero, Andrea Zermani e Max Pieri, suona il sax contralto. La banda di Agazzano non è una fanfara nel vero senso del termine (fanfara è una banda composta esclusivamente da ottoni), ma non ha nulla di meno se si parla di qualità di esecuzione tant’è che negli anni diverse sezioni Ana hanno richiesto la sua presenza per accompagnare i propri gruppi durante le sfilate delle adunate nazionali, non ultima la sezione di Bergamo, la più numerosa d’Italia. Anche nel 2013, in occasione dell’adunata nazionale a Piacenza, ad esempio, ha reso solenne con la musica l’arrivo in città della bandiera di Guerra. Nel 2015 ha inciso il suo primo album dal titolo “Un amore così grande”. Una banda di grande livello, quindi, che anche domani sera darà il meglio di sé. _Nadia Plucani scarica l'articolo in formato .pdf Torna la fanfara della brigata Taurinense Torna a Piacenza la fanfara della brigata Taurinense e lo fa con un concerto (ingresso libero) offerto ai piacentini domani sera nel salone di palazzo Gotico (ore 21). Quello tra la Taurinense e Piacenza è un legame ormai stretto che risale - in tempi moderni - al 2013. Durante l’Adunata nazionale fu la colonna sonora di tutti gli eventi aprendo le cerimonie ufficiali e tenendo un concerto più una “scuola” di musica per i ragazzi al Campo Daturi, già sede della Cittadella Alpina. Nel Natale del 2013 tornò a Piacenza, a palazzo Gotico, per ringraziare dell’accoglienza con un concerto di auguri. La fanfara della Brigata Alpina Taurinense nasce dalla fusione dei preesistenti complessi bandistici del 4° Reggimento Alpini e del 1° Reggimento Artiglieria da Montagna. È attualmente costituita da 34 elementi diretti dal maresciallo capo Marco Calandri. Il suo repertorio comprende – oltre a musiche di ordinanza militari – anche brani sinfonici e leggeri. _fri. scarica l'articolo in formato .pdf Padiglioni della ristorazione da stasera sarà subito festa Festa da stasera quando apriranno i padiglioni della ristorazione in piazza Plebiscito e sotto i portici di Palazzo Gotico. Ma il Raduno si aprirà ufficialmente domani alle ore 15 con l’ammassamento in via Maculani, l’accoglienza del labaro nazionale Ana e la sfilata. Per garantire lo svolgimento dell’evento è stata modificata la viabilità. Fino alle 20 di martedì 22 divieto di sosta con rimozione forzata nell’area di piazza Cavalli, in piazzale Plebiscito, piazzetta Grida, vicolo Perestrello, largo Sant’Ilario, piazzetta San Francesco e nel tratto di via Sopramuro tra piazza Cavalli e via San Donnino). Nel weekend altre misure restrittive. Ecco quanto previsto domani. Viabilità di domani Dalle ore 6 di domani sino al termine della manifestazione domenica 20, sosta con rimozione forzata nell’area di parcheggio di via Maculani, nella stessa via Maculani, in viale Risorgimento, in via Cavour e in piazza Duomo. Attenzione: dalle ore 8 alle 17, nell’area parcheggio di via Maculani sarà vietata anche la circolazione. E dalle 14 divieto di circolazione anche in viale Risorgimento, via Cavour, via XX Settembre, piazza Duomo, via Romagnosi, largo Battisti e via Sant’Antonino. Dalle ore 17 (sempre di domani) e sino alle 20 di domenica, divieto di sosta con rimozione forzata e divieto di circolazione in via San Donni-no, via Medoro Savini, via Felice Frasi, via Sopramuro, via Chiapponi, via San Francesco, via San Giovanni (tra corso Vittorio Emanuele e via Vigoleno), nonché in via Legnano, via Daveri, via Pace, via Garibaldi (da via Illica a largo Battisti), via Cittadella (da via Mazzini a largo Matteotti ), cantone Camicia, via Mazzini (da via Cittadella a via Mentana ), via Calzolai, corso Vittorio Emanuele (dalla rotatoria all’altezza di via Palmerio, sino allo Stradone Farnese), nel tratto di via S.Siro tra via Giordani e via S.Franca, nel tratto di via S. Franca tra via Sant’Antonino e via Verdi, nonché nel tratto di via Verdi tra via Santa Franca e corso Vittorio. Ztl Dalle ore 8 di domani alle ore 8 di lunedì 21 telecamere disattivate all’incrocio tra via Giordani e via S. Siro e a quello tra via Roma e via Legnano, all’intersezione tra via Cavour, via Roma e via Borghetto, in via Gaspare Landi, via S. Stefano, via Scalabrini, via S. Paolo, via Pantalini, piazza Borgo, via Gregorio X e via S. Antonino. Bevande Per ragioni di sicurezza è vietato somministrare, consumare e vendere bevande e alimenti in contenitori di vetro o lattine. Si utilizzi carta o plastica per tutta la durata del Raduno. Sanzioni da 500 euro. scarica l'articolo in formato .pdf Anche i Musei Civici celebrano il raduno In occasione del Raduno del 2° Raggruppamento degli Alpini, anche i Musei Civici di Palazzo Farnese celebreranno l’evento con l’apertura continuata, domani (dalle 9 alle 18) e domenica (9.30-18) e il biglietto di ingresso, in entrambe le giornate, al costo promozionale di un euro per tutti i visitatori. La Cappella Ducale di Palazzo Farnese, peraltro, sarà teatro nella mattinata di domani, dalle 9.30 alle 12.30, dell’incontro tra i presidenti delle Sezioni Ana del 2° Raggruppamento, per i quali verrà organizzata una visita guidata alle diverse sezioni museali ospitate nella rocca. Il Museo Civico di Storia Naturale prolungherà invece l’apertura di domani 19 sino alle ore 20. Si intensifica, nell’occasione, anche l’attività di promozione turistica del territorio: l’Ufficio Iat sarà a disposizione - per fornire informazioni ma anche per l’acquisto di gadget e souvenir di Piacenza - presso la sede di piazza Cavalli 10 (angolo via Calzolai) dalle 8.30 alle 18 di domani e dalle 9 alle 13 domenica. Nel fine settimana, per l’intera giornata di domani e domenica, sarà inoltre allestito un Infopoint turistico di prima accoglienza, in condivisione con Destinazione Turistica Emilia, nella piazzetta antistante la basilica di San Francesco. Tutte le informazioni utili, anche in merito agli eventi culturali in programma nella due giorni dedicata alle Penne Nere di Emilia Romagna e Lombardia, sono riportate nella pagina dedicata del sito web comunale, all’indirizzo www.comune.piacenza.it/alpini. scarica l'articolo in formato .pdf Uomini e mezzi: così Iren accompagna la due giorni Il gruppo Iren ha definito, in accordo con il Comune di Piacenza, il Comitato Organizzatore e la Questura, un piano specifico di interventi straordinari per gestire i servizi ambientali. L’obiettivo è rendere gradevole il soggiorno degli Alpini a Piacenza e nello stesso tempo garantire il massimo rispetto dell’ambiente e il decoro urbano, nonché la continuità dei servizi per i cittadini residenti. In tutte le aree della città interessate dal raduno e nelle zone dedicate al “catering”, verranno messi a disposizione 12 contenitori (cassonetti e bidoni) per la raccolta dei rifiuti differenziati ed indifferenziati che verranno svuotati, domani e domenica, due volte al giorno. Per quanto riguarda il servizio di pulizia stradale, lungo le vie della città verranno collocati circa 250 cestini portarifiuti mobili che sostituiranno i cestini fissi i quali, per ragioni di sicurezza, verranno sigillati o rimossi. Iren effettuerà inoltre servizi straordinari di lavaggio strade e spazzamento meccanico e manuale diurno e notturno nei giorni del raduno e al termine della manifestazione fino a completa pulizia della città, impiegando 2 macchine spazzatrici, 25 mezzi dedicati e 25 operatori manuali. Complessivamente saranno impegnati circa 30 addetti di Iren e 27 mezzi. scarica l'articolo in formato .pdf Il polo militare in via Malta si fa bello per le Penne Nere Per la prima volta in Italia, la sfilata di un Raduno degli alpini partirà da un polo militare. Succederà domenica 20 ottobre a Piacenza in occasione del Raduno del Secondo Raggruppamento di Emilia Romagna e Lombardia. Per accogliere le penne nere, le vie e gli edifici del Polo di mantenimento pesante nord di viale Malta, diretto dal generale Sergio Santamaria (alpino), sono stati imbandierati; da un silos spicca un tricolore di oltre dieci metri. L’area che affaccia su via XXIV Maggio è stata tirata a lucido con lo sfalcio dell’erba e l’esposizione di numerosi mezzi militari. Grazie al restyling ora sono ben visibili i bastioni. Sono stati inoltre affissi manifesti che illustrano l’attività militare. L’area ospiterà l’ammassamento degli alpini che parteciperanno alla sfilata, secondo le stime saranno oltre 10mila. Il corteo, accompagnato dall’inno Trentatrè, dall’ex Arsenale uscirà in viale Malta. Il Polo non sarà aperto al pubblico ma solo alle penne nere e alle autorità per le allocuzioni ufficiali in programma alle 9.30. Subito dopo partirà la sfilata. _N scarica l'articolo in formato .pdf Ci voleva un coro. Ma porto al raduno il cappello di mio padre Il prossimo raduno degli Alpini mi offre lo spunto per parlare di un argomento particolare. Quanti giovani conoscono e apprezzano oggi le canzoni di montagna? La Montanara e il Capitano della Compagnia, se va bene. Ma il repertorio di questi canti meravigliosi è molto molto vasto, si è formato in parte dell’ambiente militare degli Alpini, in particolare durante gli anni della grande guerra, ma in buona parte riprende anche canzoni tradizionali talvolta antiche di secoli, che provengono dalle popolazioni di tutto l’arco delle nostre Alpi, dalla Valle d’Aosta al Friuli Venezia Giulia. Mentre le canzoni di origine militare sono ispirate dai sacrifici dei nostri soldati che nella grande guerra dovettero combattere in un contesto terribile per l’asprezza sia dei combattimenti sia del territorio di montagna che ne era teatro, i canti di origine popolare riflettono momenti caratteristici della vita semplice e di duro lavoro delle popolazioni montane che però sapevano ritagliarsi anche momenti di serenità e di allegria in occasione di matrimoni e sagre popolari. Li avevamo anche noi questi canti , noi della pianura, e del nostro Appennino. Ma purtroppo nessuno ebbe l’iniziativa di raccoglierli e fissarli su un supporto un po’ più durevole della memoria popolare. Con l’inurbamento e con la morte degli anziani, purtroppo noi questi canti popolari li abbiamo IL DECENNALE DELLA MORTE DI UN ARTISTA CENTRALE DEL SECONDO ‘900 A PIACENZA Energia d’arte dalla natura ostile così Braghieri emoziona ancora perduti per sempre. Per le canzoni di montagna invece andò diversamente per fortuna. Intanto le popolazioni alpine, gelosissime del loro territorio e delle loro tradizioni, rimasero tenacemente abbarbicate alle loro montagne senza inurbarsi più di tanto, e quindi conservarono la maggior parte del loro patrimonio culturale. Inoltre, a brevissima distanza dalla fine del secondo conflitto mondiale, un grandissimo musicista, pianista e direttore d’orchestra, Arturo Benedetti Michelangeli, appassionato di canti popolari, si dedicò a una certosino lavoro filologico di raccolta di tutto il repertorio su cui riuscì a mettere le mani, che provvide anche ad armonizzare magistralmente per coro umano di sole voci maschili. Egli in seguito affidò il suo lavoro alla Corale della SAT (Società Alpina Tridentina) le cui esibizioni di altissimo livello in concerto riscossero un grande successo almeno fino alla fine degli anni 60. Fu proprio in quel periodo che io, già in possesso di molte incisioni su dischi in vinile, ebbi l’occasione di ascoltarla dal vivo a Piacenza nell’auditorium del Nicolini. Fu uno spettacolo indimenticabile, perché l’esibizione dal vivo mi consentì di apprezzare sfumature musicali che nelle incisioni su disco erano inevitabilmente andate perdute (dati i mezzi tecnici dell’epoca), e rappresentavano autentici pezzi di bravura. Purtroppo proprio a partire dalla fine degli anni 60 il patrimonio delle canzoni di montagna cominciò a non interessare più ai nuovi giovani, ormai attratti da ben altre offerte musicali, e la trasformazione delle Alpi in un immenso parco giochi sportivo e vacanziero invernale ed estivo ha fatto il resto. Non che le popolazioni alpine abbiano rinunciato al loro patrimonio culturale, lo conservano in gran parte, ma lo hanno piegato alle esigenze del business, tenendo un po’ nascosta proprio la parte più interessante, ritenuta poco appetibile dal punto di vista turistico. I giovani che d’inverno ormai affollano in massa le piste da sci, e di notte anche le discoteche locali, giovani ormai non più tenuti nemmeno all’obbligo della leva militare e che quindi non sanno cosa significhi fare il soldato, tantomeno in tempo di guerra visto che da 70 anni abbiamo pace, questi giovani non sono in grado di comprendere e quindi di apprezzare canzoni che richiamano a un conflitto conosciuto a malapena sui libri di scuola. Tantomeno riescono ad interessarsi a usi e costumi tradizionali di tempi duri e grande povertà che ormai le stesse popolazioni alpine, ora divenute floride grazie proprio al turismo di massa, hanno messo da parte, pur senza dimenticarle. Per fortuna infatti dovunque, in ogni vallata alpina, associazioni di volonterosi si preoccupa di conservare e di tramandare. Un’opera realmente meritoria. La conoscenza e l’amore per canzoni di montagna rappresentano probabilmente il lascito più struggente che mi lasciò mio padre, Guido Zanelli, Sottotenente medico degli Alpini, che partecipò alla spedizione di Russia nel Battaglione Tirano della divisione Tridentina, medaglia di bronzo al valor militare dopo Nikolajewka. È un vero peccato che in occasione dell’adunata degli Alpini nella nostra città nessuno abbia invitato la SAT a tenere un concerto, magari nel Teatro Municipale. La stessa adunata ne avrebbe ricavato un ulteriore notevole valore simbolico e spettacolare. Comunque se mi sarà possibile parteciparvi, io avrò sul capo il cappello storico di mio padre, lo stesso cappello reduce della Russia, e lo indosserò in suo ricordo e in suo onore, anche se oggi è un po’ spennato. GIULIO ZANELLI scarica l'articolo in formato .pdf Rancio alpino a Pittolo Piazza rende omaggio al nonno Gino Troglio Se volete far commuovere Giovanni Piazza dovete dirgli due nomi: Gino e Eleonora. Sono i nomi dei suoi nonni materni, i genitori della compianta preside Stefania Troglio. Sono i nomi dei nonni che mancheranno per sempre: lui, Gino Troglio, classe 1913, contadino e alpino, scarpa grossa e cervello fino; lei, Maria Eleonora Ferrari, che gli stava sempre accanto. A loro, Piazza, ex sindaco di Ottone e oggi presidente di “Piacenza nel mondo”, ha dedicato un progetto di riqualificazione di due capannoni a Pittolo, alle porte di Piacenza. «Una casa di campagna, perché un montanaro ha bisogno di spazio, di aria, di campi », ha detto Piazza. Qui domenica alle 13.15 sarà allestito un rancio alpino aperto alle Penne nere e agli amici (serve prenotare, contattando Piazza). Ci sarà una porchetta che inizierà a cuocere già sabato, ma anche paella, torte, salumi, e ovviamente tanto vino. La Bandiera già sventola nel cortile, accanto a un ulivo che ha trovato casa a Pittolo nei giorni scorsi. Piazza ci tiene in modo particolare alla tradizione e a questo raduno: aveva infatti già contribuito al Monumento Alpini al Daturi, anni fa, proprio in ricordo del nonno Gino che portava sempre il nipote alle adunate. Oggi il cappello di Gino viene indossato da Giovanni con orgoglio: «Anche se io sono un “aggregato” degli Alpini, perché quando da ragazzo dovevo partire ero già consigliere comunale a Ottone e così scelsi di proseguire l’attività amministrativa». L’impegno di Piazza per le Penne nere però non è mai mancato. Domenica il rancio lo dimostrerà: «Per me è un’occasione per stare insieme, ci saranno anche le fisarmoniche. In questo modo sarà dato un segnale di affetto e presenza anche nelle frazioni della nostra bella città». _malac. scarica l'articolo in formato .pdf Gli studenti “scoprono” l’alzabandiera e l’inno alpino Hanno cantato a gran voce l’inno di Mameli osservando il tricolore salire verso il cielo azzurro di una limpida mattinata di ottobre. A convocare gli studenti del liceo Gioia per l’alzabandiera, sono stati gli alpini del Gruppo di Piacenza, la cui sede si trova all’interno dell’arena Daturi dove le scuole del centro cittadino svolgono le lezioni di educazione fisica. E così, dopo la consueta corsa sulla pista d’atletica, gli studenti di terza e quarta, accompagnati dalle insegnanti Raffaella Civardi e Angela Portesi, hanno partecipato all’importante momento per gli alpini che, insieme ai ragazzi, hanno voluto celebrare l’arrivo del nuovo vessillo in sostituzione di quello usurato dal tempo e il restyling della sede del Gruppo. Le migliorie sono state apportate in vista del Raduno del Secondo Raggruppamento delle penne nere di Emilia Romagna e Lombardia che sabato 19 e domenica 20 ottobre porterà a Piacenza oltre 20mila persone. La sede alpina nel centro della città si è rifatta il look con la nuova tinteggiatura delle pareti esterne e interne e degli spogliatoi utilizzati dagli studenti. Oltre all’edificio, le volenterose penne nere, si sono dedicate anche alla pulizia del monumento in granito arrivato dalla Toscana dieci anni fa. La lucidatura ha consentito di rivedere a chiare lettere la scritta tratta dalla preghiera dell’alpino: “…Salva noi, armati come siamo, di fede e di amore”. Soddisfatto Gino Luigi Acerbi, storico capogruppo di Piacenza: «Ci teniamo ad avere gli studenti per l’alzabandiera perché per noi è un’occasione per spiegare cosa rappresentano il tricolore e la Patria – ha commentato -; inoltre li abbiamo invitati a partecipare all’ormai imminente Raduno». Sulle note del Trentatré, inno degli alpini, sono stati distribuiti ai ragazzi i volantini con gli appuntamenti per le giornate di sabato e domenica. Una ventina le penne nere del Gruppo di Piacenza che hanno partecipato all’alzabandiera, tra i presenti anche l’ex presidente Aldo Silva che raccolse il testimone dal primo presidente Arturo Govoni. Dopo lo scatto di rito del fotografo Valerio Marangon è arrivato il “rompete le righe” con i ragazzi pronti per proseguire la lezione di educazione fisica. Gli alpini iscritti al Gruppo di Piacenza sono 150 (una trentina gli “aggregati”), la sede all’arena Daturi è aperta il mercoledì e il sabato dalle 8.45 a mezzogiorno. Sul fornello la moka è sempre pronta per un momento conviviale mattutino. Nicoletta Marenghi scarica l'articolo in formato .pdf Più di duecento volontari mobilitati per accogliere i 200 pullman in arrivo Le manovre di avvicinamento al raduno degli Alpini appartenenti del Secondo Raggruppamento del Nord Italia (Emilia e Lombardia), in programma da domani a domenica, proseguono spedite. Il conto alla rovescia è ufficialmente cominciato ieri sera quando Roberto Lupi, presidente Ana Piacenza, e i rappresentanti della sezione locale delle Penne nere hanno riunito una parte dei volontari (circa 80 i presenti, tutti dell’Ana provinciale) per definire i ruoli che dovranno ricoprire durante la manifestazione. L’appuntamento, nel salone del Corpus Domini, è servito a mettere in fila le diverse priorità. Ci sono i quarantenni, i più giovani del manipolo, ma la spuntano come numero i più anziani. Motivati, appassionati. «Non esistono differenze di età quando si tratta di tenere vive le tradizioni ed esaltare le caratteristiche degli Alpini», commenta Lupi, spiegando che si potrà contare sul supporto di almeno 200 volontari, compresi alcuni rappresentanti del S.O.N (Servizio d’ordine nazionale), oltre all’ausilio delle forze dell’ordine. «In organico anche una squadra antincendio boschivo del corpo speciale degli Alpini, addestrata allo spegnimento degli incendi», ha proseguito Lupi. «Dovremo soprattutto garantire una serie di presidi dei varchi e instradare il pubblico. I nostri uomini indosseranno un giubbino giallo con la scritta “servizio d’ordine”. Stiamo allestendo in queste ore gli stand gastronomici, le tribune in piazza Cavalli e il palco al Polo di mantenimento. L’imbandieramento è ormai concluso. Al concerto di sabato sera della Fanfara Brigata Alpina Taurinense a Palazzo Gotico accetteremo spettatori fino ad esaurimento posti». Al fianco di Lupi il Consigliere degli Alpini piacentini Gianni Magnaschi, Roberto Migli, revisore conti Ana Nazionale, il vicepresidente Ana Piacenza Gianluca Gazzola e il coordinatore provinciale Ana di Protezione Civile Maurizio Franchi. A coordinare la sicurezza è stato chiamato Danilo Spataro: «Prevediamo l’arrivo di oltre 200 pullman che saranno dislocati in due aree parcheggio. Una tra via Maculani e via Tramello e l’altra in via Diete di Roncaglia. Dal domani alle ore 18, quando apriremo gli stand della ristorazione, fino alla domenica dopo il passaggio della “stecca”, ogni momento è regolato». Per sabato i volontari, concentrati soprattutto in centro Piazza Cavalli e Piazza Plebiscito, si dovranno occupare di controllo degli ingressi e di evitare l’accesso a vetro e lattine. «La domenica dalla prima mattinata è previsto l’ammassamento all’ex Arsenale, da lì ci porterà partirà il corteo che ci porterà fino a viale Risorgimento dove ci sarà lo scioglimento, passando per viale Malta, via Venturini, stradone Farnese, via Giordani, piazza Sant’Antonino, via Sant’Antonino, largo Battisti, piazza Cavalli, via Cavour», ha concluso Lupi. _Matteo Prati scarica l'articolo in formato .pdf Piacenza e le sue valli in mostra «Alpini, la bellezza abita qui» L’occasione non poteva essere più ghiotta con migliaia di Alpini in città e così “Piacenza e le sue Valli” non se l’è lasciata sfuggire. Il sodalizio rinnova la proposta di valorizzazione delle nostre bellezze catturate dall’occhio di tanti fotografi attivi in città e in tutta la provincia. Torna la mostra di promozione territoriale “La Nostra Terra”, seconda edizione, ad opera di numerosi autori che hanno già esposto i loro lavori a Palazzo Farnese nei mesi scorsi, stavolta lo fanno a beneficio soprattutto delle Penne Nere che sono pur sempre turisti d’eccezione (e il turismo a Piacenza cresce del 14 per cento all’anno, ha ricordato in varie occasioni l’assessore alla Cultura Jonathan Papamarenghi). La mostra - ottanta le foto esposte - sarà inaugurata sabato 19 ottobre alle 9.30 all’interno della Galleria d’Arte di Palazzo Paveri Fontana su Corso Garibaldi, ma con ingresso della mostra da vicolo Sant’Ilario n.4. L’esposizione resterà aperta per il week end, domenica inclusa, ma su richiesta potrà essere prolungata anche nei giorni successivi. Sabato sarà visitabile dalle 9.30 alle 12.30 e nel pomeriggio dalle 14.30 alle 21 e fin che ci saranno visite - fa sapere Anita Santelli, presidente di “Piacenza e le sue Valli” - domenica si replica con gli stessi orari. Santelli da sempre sostiene la promozione territoriale attraverso la realizzazione e la divulgazione di immagini curate, poetiche, singolari o semplicemente documentarie su tanti aspetti della provincia, e il successo non è mancato grazie alla visitatissima pagina facebook del sodalizio. Dalla transumanza in Valdaveto agli angoli più nascosti degli Appennini, i reportage fotografici sono dei formidabili attivatori di curiosità e interesse turistico sulla città e le quattro vallate, rappresentate con i propri uomini, scorci, vedute, ma ci saranno anche foto sugli eventi piacentini del 2019. A dare il benvenuto agli Alpini, l’effigie del cappello da Alpino di Fausto Frontini che campeggia in mostra, Frontini ha rivestito il ruolo di ufficiale nella Brigata Julia negli Anni a cavallo tra il ‘50 e il ‘60. Gli autori che espongono sono Anita Santelli Claudio Rancati, Renzo Oroboncoidi , Sergio Efosi Valtolla, Massimo Dioni, Adriano Giraudo, Pier Luigi Casanova, Mario Cadeddu, Alessandro Daturi, Fausto Bessi, Gianluca Groppi, Dario Rigolli. scarica l'articolo in formato .pdf Trenta ambulanze e due punti medici ecco il piano del 118 Centoventi persone tra medici, infermieri, soccorritori; due posti medici avanzati con la possibilità di ricoverare fino a 12 pazienti; 20 defibrillatori di cui 10 fissi e altrettanti con pattuglie mobili; 30 ambulanze, di cui 9 con infermieri a bordo; ospedali di Piacenza, Fiorenzuola e Castelsangiovanni in stato di allerta. Sono alcuni dei grandi numeri del piano sanitario predisposto dal 118 di Piacenza e spalmato sui due giorni del Raduno del 2° Raggruppamento alpini - sabato e domenica - più l’anteprima del venerdì. «Il piano prende in considerazione il periodo da venerdì 18 a domenica 20 - spiega Stefano Nani, coordinatore del 118 di Piacenza - ovvero i due giorni del raduno ma anche il venerdì, visto che in piazzetta Plebiscito e sotto il Gotico la sera saranno già pronti gli stand gastronomici e dunque si prevede un afflusso di persone ». Così venerdì, dalle ore 16, raddoppierà il normale presidio di emergenza quotidiano portandosi a 6 ambulanze e a due mezzi di soccorso avanzato. I mezzi e il personale saranno forniti da 118, Anpas, Croce Rossa e Misericordia. Sabato si dà inizio ufficialmente al raduno e il piano sanitario si potenzia. Il numero delle ambulanze e dei mezzi di soccorso avanzato rimane uguale a quello di venerdì ma si estende su tutta la giornata fino a notte fonda. In più apre il punto medico avanzato realizzato in una tenda a compressione in largo Baciocchi, tra il liceo Gioia e l’istituto Romagnosi. Le due scuole metteranno a disposizone i loro allacci alla rete elettrica. Il punto medico avanzato è idoneo ad ospitare in contemporanea dai 6 agli 8 ricoveri per codici di minore gravità, in modo da non congestionare il pronto soccorso dell’ospedale. Domenica il clou della manifestazione e la conseguente massiccia risposta del piano sanitario. Prima di tutto le ambulanze: quelle pronte ad intervenire saranno nove più tre mezzi di soccorso avanzato. Al posto medico avanzato di largo Baciocchi se ne affiancherà un altro al Polo di mantenimento pesante Nord (l’ex Arsenale) con chiusura dopo la partenza della sfilata. Sarà il gemello, con la medesima capienza. Verrà fornito dall’Ana e sarà gestito da personale misto: un medico alpino, personale sanitario della Protezione civile alpina, 118, Anpas, Cri. Sempre domenica, lungo il percorso della sfilata, saranno presenti anche tre equipaggi di soccorritori a piedi e due squadre in motocicletta. «Tutti saranno geolocalizzati, in modo che la centrale operativa da Parma conosca esattamente la loro posizione» spiega Nani. Il coordinamento è infatti alla centrale del 118 di Parma mentre a Piacenza funzionerà una unità di crisi con 118, Cri e Anpas. In questo modo viene messa a disposizione anche l’impiantistica radio del 118 di Piacenza nel caso dovesse saltare per vari motivi la rete di geolocalizzazione. La chiamata di emergenza arriva al 118 di Parma il quale la smista. La prima opzione è allertare la squadra più vicina che vede sul terminale. La seconda è sentire l’unità di crisi di Piacenza per vedere se esiste un’altra squadra ancora più vicina che ha dato la propria localizzazione via radio. Come già l’Adunata nazionale del 2013 e le successive, anche il raduno del 2° Raggruppamento sarà cardioprotetto. Progetto Vita, guidato dalla cardiologa Daniela Aschieri, ha messo a disposizione 20 defibrillatori. Dieci saranno posizionati su sede fissa: totem o pubblici esercizi segnalati. Altrettanti a disposizione di squadre a piedi, riconoscibili dagli zaini di soccorso e tutte formate da volontari di Progetto Vita. Ogni squadra sarà dotata di smartphone con l’app collegata al 118. Stato di allerta per l’ospedale di Piacenza. Verranno potenziati il pronto soccorso e altri reparti con personale in più e reperibilità. Stesso discorso per gli ospedali di Fiorenzuola e Castelsangiovanni, anche se, in caso di eventi straordinari, il primo a ricevere i pazienti sarà quello di Piacenza. Tutto questo in caso di eventi non programmabili ma pur sempre possibili. «L’intero sistema - osserva Nani - è già stato sperimentato con successo durante i Venerdì Piacentini dai quali questo 2° Raggruppamento non viene ritenuto così distante in termini di presenze. Nettamente lontano dalle 400mila persone dell’Adunata nazionale del 2013». Federico Frighi scarica l'articolo in formato .pdf Cinque varchi di accesso a piazza Cavalli contapersone e massimo 7mila spettatori In Piazza Cavalli si potrà accedere esclusivamente da cinque varchi presidiati da cinquanta addetti al controllo e alla vigilanza di cui dieci preparati alle emergenze di rischio elevato. Ai cinque varchi gli addetti dovranno essere dotati di contapersone. Il numero massimo di accessi consentito sarà di 7mila. Sono alcuni delle disposizioni della Commissione Provinciale di Vigilanza sui Locali di Pubblico Spettacolo, coordinata dal viceprefetto Marilena Razza, riunitasi ieri mattina nella prefettura di Piacenza. Oltre al viceprefetto Razza vi hanno preso parte gli altri componenti di diritto: rappresentanti di questura, comando provinciale dei Vigili del fuoco, amministrazione provinciale, azienda Usl, un esperto in elettrotecnica, oltre che rappresentanti del Comune di Piacenza e dell’organizzatori dell’evento, ovvero la sezione Ana di Piacenza. Scopo della riunione era quello di esaminare le prescrizioni relative alla manifestazione denominata “Concerto e Carosello di Fanfare” di cui faranno parte la Fanfara Orobica, la Fanfara della Sezione Ana di Piacenza e la fanfara di Agazzano che si terrà sabato 19 ottobre alle ore 22.30 in piazza Cavalli a Piacenza, nel contesto del raduno alpino. Alle tre fanfare, lo ricordiamo, si unirà una quarta, ovvero quella della Brigata Taurinense che dalle 21 di sabato terrà il concerto nel salone di Palazzo Gotico. La commissione, dopo ampia discussione e disamina della documentazione inerente, ha espresso parere favorevole allo svolgimento della manifestazione per una capienza massima complessiva di 7.000 spettatori, stabilendo le seguenti prescrizioni: 1) dovrà essere previsto un numero di 50 addetti ai servizi di controllo e vigilanza, di cui 10 muniti anche di attestato di formazione di addetti all’ emergenza di rischio elevato; 2) i 5 varchi di accesso alla piazza Cavalli dovranno essere controllati da personale dotato di conta persone, adibito all’instradamento del pubblico e al relativo conteggio; 3) il personale addetto al servizio di controllo dovrà essere facilmente riconoscibile e individuabile; La riunione della Commissione di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo 4) in merito alla presenza del palco, qualora lo stesso non venga utilizzato dalle fanfare, dovrà esserne inibito l’accesso attraverso il controllo dei volontari dell’organizzazione; 5) i servizi igienici (14 più 3 attrezzati per disabili) dovranno essere adeguatamente segnalati e mantenuti in buone condizioni igieniche; 6) i servizi igienici del comune dovranno essere tenuti aperti fino al termine della manifestazione e uno di questi dovrà essere riservato agli addetti alla ristorazione; 7) la zona di preparazione degli alimenti dovrà essere protetta da copertura, interdetta al pubblico e dotata di un numero adeguato di contenitori per i rifiuti; 8) dovrà essere inibita la somministrazione, consumo, vendita e detenzione di cibi e bevande in contenitori di vetro nonché metallici. _r.c.
scarica l'articolo in formato .pdf Scepi: «La mia colomba per chi ha a cuore l’etica» L’Uomo della Pace di Franco Scepi verrà donato all’Associazione Nazionale Alpini (Ana). L’opera d’arte continua così il suo lungo viaggio iniziato nel 1977 attraverso i grandi fermenti storici per assurgere infine a simbolo della promozione umana e della solidarietà fra i popoli personificate dai Premi Nobel per la pace, di cui è l’emblema. E sono proprio il Segretariato dei premi Nobel, che ha sede a Piacenza, e la Fondazione Gorbaciov, presieduti da Ekaterina Zagladina e da Marzio Dallagiovanna, a conferire il riconoscimento ad Ana, sabato 19 ottobre alle 16.30 prima della messa celebrata da monsignor Gianni Ambrosio in Cattedrale, in occasione del Raduno alpino. L’opera si trova già da sabato scorso in Duomo. «Io non sono un Alpino, ma ritengo questo corpo l’unico che si dedica ad azioni etiche, che aiuta e dà una mano alla gente gratuitamente, con uno spirito che non c’è quasi più» spiega Scepi nel rievocare il clima in cui la sua opera nasce. «Sicuramente la prima emozione fu nel ‘77 quando incontrai Karol Wojtyla e furono le sue parole - ricorda - che mi ispirarono e mi comunicarono la sensazione che mi ha portato a realizzare un dipinto. Lui disse che tra il nazismo e il comunismo aveva scelto la Madonna, parlava della Madonna di Czestochowa che è praticamente uguale alla Madonna nera di Lucera dove io sono nato». La prima immagine che l’artista produce è quella di un paradiso terrestre, un giardino buio dove c’è Maria, poi, influenzato da sua madre, Scepi sceglie di rappresentare un viso né maschile né femminile ma improntato ad una forte spiritualità. Dalla testa aperta escono falce e martello, il regista Wajda lo vede e ne resta colpito, lo vuole come simbolo del film “L’uomo di marmo” (celeberrimo il manifesto) ma con una colomba rossa al posto di falce e martello. Poi sotto la spinta di Gorbaciov la colomba diventa definitivamente bianca, sottoscritta dai premi Nobel per la Pace. L’opera riassume in sé molti momenti cardine. Anticipa la fine della guerra fredda, la fine del “secolo breve”. Torna oggi in auge nel trentennale del crollo del Muro di Berlino che cade il 9 novembre. Il Segretariato ha deciso questo passo a pochi giorni di distanza dalla conclusione del summit mondiale di Merida, in Messico, dei premi Nobel per sottolineare ancora una volta il ruolo stesso di Piacenza “Città mondiale dei costruttori di pace”. L’attribuzione agli Alpini - questa la motivazione - è legata “al grande impegno, allo spirito di sacrificio e all’abnegazione profusi nelle opere di solidarietà e di carattere sociale in numerosi Paesi del mondo e nel sostegno e soccorso di chiunque, indipendentemente dalle appartenenze etniche o religiose, ne avesse necessità”. La manifestazione di consegna è realizzata in collaborazione con il filosofo Giancarlo Noris. L’opera di Scepi in diversi formati è già presente in vari luoghi, nella Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi c’è il bronzo originale (verrà esposto per l’occasione), multipli sono al Museo Magi di Bologna, all’Abbazia di Bobbio, nel giardino dell’Ambasciata di Palestina a Roma, nel parco del castello di Federico II a Lucera di Puglia, nella Basilica di Sant’Eufemia a Piacenza. Da sempre l’Uomo della Pace rappresenta l’atto di denuncia dell’arte in antitesi alla guerra, non a caso fu oggetto di una mostra comparativa a Bologna con Guernica di Picasso nel 2017. _Patrizia Soffientini scarica l'articolo in formato .pdf Quante volte ho rimpianto gli alpini Gli Alpini...a Piacenza nel 2013: presenza concreta...attiva....per fare quel che serve! Ora nel 2019: Bentornati! Dal balcone di casa mia- via Zago 28 - vedo il cippo piazzato dagli Alpini al termine dei lavori di riqualificazione del Parco che si trova al centro del quartiere Modello, costituito da fabbricati popolari ormai da tempo di proprietà privata. Ricordo....una mattina, alle 7, guardando fuori, come d’abitudine, 4 tende sono piazzate proprio nell’area davanti a me...lavori di manovalanza a seguito di mansioni di competenza edile, giardinaggio e quant’altro occorresse seguendo la planimetria originale... otto persone, età media 55 anni. Vederli lavorare con passione come per un’opera d’arte, il che è tutto dire per quel tipo di lavoro! Mio marito metteva i dischi del Coro della SAT con le finestre aperte così che potessero sentire.... e vi assicuro che sembrava lavorassero come un’orchestra!! Mio padre, morto nel 1991, era un artigliere Alpino della Garibaldina, aveva fatto 7 anni in Africa, Albania, Montenegro e Jugoslavia... come artista aveva dipinto un medaglione in legno di 40 cm. che ritraeva l’Alpino. L’ho dato loro perché lo portassero in un Rifugio. Purtroppo, quest’anno, abbiamo avuto molto disagio per la mancata manutenzione del verde pubblico... quante volte mi sono ricordata, rimpiangendolo, il lavoro delle Penne nere! Bene, ora bando alla nostalgia e, per sempre, BENVENUTI! Rita Bianchi Piacenza scarica l'articolo in formato .pdf Alpini in festa a Sarmato Boledi: qui sono in famiglia L’Alpino dell’Anno Emidio Boledi torna a casa, nella sua Sarmato, ed è subito festa. Il diacono, classe 1938 e fresco del premio appena ricevuto a Savona, ha riabbracciato ieri i suoi compaesani in occasione dell’annuale raduno di gruppo e castagnata del gruppo alpini di Sarmato, durante la quale vengono consegnate le borse di studio ai ragazzi meritevoli del paese. Per due giorni il paese di Sarmato è stato imbandierato a festa, col Tricolore, per il classico appuntamento annuale delle Penne Nere locali, guidate dal capogruppo Sesto Marazzi: un evento tra musica e buon cibo, per portarsi a casa i caldi “basturnòn” preparati sulla graticola dai volontari. Ieri mattina, gli alpini provenienti dai vari gruppi della provincia hanno percorso le vie del paese preceduti dalla banda Orione di Borgonovo, con due soste obbligate: il saluto all’amato cappellano don Bruno Negri di fronte alla casa per anziani a lui dedicata e l’omaggio ai caduti al monumento di piazza Roma, con l’alzabandiera, la posa della corona d’alloro e le note del Silenzio. Quindi, la Santa Messa celebrata da don Pierluigi Dallavalle. Soprattutto ieri è stata un’appendice festosa alla più importante cerimonia di consegna del premio nazionale “Alpino dell’Anno” al diacono sarmatese Emidio Boledi, che si è svolta lo scorso 5 ottobre a Savona, in occasione del Raduno del I Raggruppamento degli alpini di Liguria e Piemonte: finora, l’81enne sarmatese è il primo piacentino ad aggiudicarsi il riconoscimento. «Permettetemi di tenere in testa il cappello alpino» ha detto il diacono dal pulpito della chiesa, rivolgendosi ai presenti. «Per me, ogni volta che torno qui mi sento in famiglia. Ho sempre detto che non mi è stato difficile servire nel diaconato: l’essere alpino è stato utile per dare sostegno alla comunità. Dopo la premiazione di Savona, sono tornato qui per dire il mio grazie agli alpini, ma anche ai sarmatesi che mi hanno accompagnato a quella cerimonia. È stato un momento della mia vita indimenticabile ». Parole sgorgate direttamente del cuore, alle quali tutta la comunità ha risposto con un lungo e affettuoso applauso. Ieri a Sarmato erano presenti i vertici dell’Ana, a partire dal presidente sezionale Roberto Lupi che ha ricordato l’impegno in vista del raduno di sabato e domenica prossimi del Secondo Raggruppamento a Piacenza, la cosiddetta “mini-adunata”, ma ha anche dato appuntamento al prossimo 3 novembre quando il sacerdote alpino sarmatese don Federico Tagliaferri farà il suo ingresso alla parrocchia cittadina di San Giuseppe Operaio. «Noi alpini saremo presenti - ha ricordato Lupi - così come tanti sarmatesi». Da padrone di casa, il capogruppo Marazzi ha ringraziato i suoi 41 alpini e i 515 iscritti alla Famiglia Alpina Sarmatese che anche in questi due giorni hanno permesso di realizzare la festa, a partire dagli stand gastronomici. Tra i vari ringraziamenti, anche quello per la nuova sindaca Claudia Ferrari, presente con l’assessore Pinuccia Tassi, «che ha introdotto un rinnovamento generazionale» per poi sottolineare come gli alpini siano «con le istituzioni, per il bene del paese». Borse di studio a sette bravissime studentesse Non c’è neppure un maschio, quest’anno, tra i bravissimi appena usciti dalle scuole medie di Sarmato. È un gruppo tutto “in rosa” quello che ieri si è aggiudicato le borse di studio dedicate agli alpini benemeriti Ettore Poggi, Franco Cavalli e Albino Losi: una tradizione che prosegue dal 1984. Sette le “bravissime” di quest’anno, tutte premiate dalle autorità presenti con una pergamena e una busta contenente la somma in denaro: Sandra Lezaic, Sveva Dell’Acqua, Beatrice Marzoli, Giada Voce, Carlotta Capelli, Emanuela Sofia Ignelzi e Monica Panizzari. «Da 35 anni continua l’impegno a sostenere i giovani» ha sottolineato Sesto Marazzi. «Dal 2000 al 2017 le borse di studio sono state dedicate all’alpino Franco Braghieri: ringraziamo la sua famiglia per aver sostenuto questa iniziativa per così tanto tempo ». Con le consegne di ieri, le borse di studio delle Penne Nere sarmatesi hanno raggiunto quota 161: un numero davvero consistente di ragazzi, molti dai quali – circa il 70%, secondo i calcoli del gruppo alpini – si sono poi laureati. Qualcuno invece, è anche diventato sindaco. «Proprio 18 anni fa ero qui anch’io a ricevere il premio» ricorda la sindaca Claudia Ferrari alle ragazze. «È la prima tappa di un percorso che vi auguro sia pieno di stimoli e di cultura». _CB scarica l'articolo in formato .pdf Fermento nei bar del centro: «Pronti per le Penne Nere» L’eco dell’adunata nazionale del 2013 si fa ancora sentire. In attesa del raduno del II raggruppamento degli alpini, in programma sabato e domenica, gli esercenti piacentini interpellati sui preparativi in corso e i sentimenti della vigilia cominciano tutti a ricordare quanto accadde nel maggio di sei anni fa. «Bellissimo ». «Irripetibile, forse». Una parolina, quest’ultima, lasciata cadere così, ma che rivela la speranza che qualcosa di simile possa verificarsi ancora. Se è vero che l’invasione del prossimo fine settimana riguarderà 25.000 penne nere, numero decisamente inferiore rispetto a quello del 2013, è altrettanto vero che ci sarà meno dispersione, con il raduno che riguarderà soprattutto il centro cittadino. Tra i baristi piacentini ci sono gli entusiasti comunque sia e gli entusiasti se solo ci avessero dato l’occasione. Tra i primi rientra Paolo Lucchini, dietro il bancone un cappello d’alpino concesso per l’occasione da una cliente. Il Caffè dei Cortesi è tra i pochi bar che già si è attrezzato con il tricolore. Anche lui parte dal 2013 - «quando di fatto siamo rimasti aperti per tre giorni consecutivi e abbiamo allestito i nostri tavoli per strada» - per arrivare a oggi: «Quanto lavoreremo dipenderà dal fatto che via Roma resti aperta o meno. Indipendentemente da questo, però, il carico di birra è stato prenotato, d’altronde la gente non sta certo ferma sul posto». Nel bar Piazza Vecchia Enrico Vezzulli sta decidendo come addobbare la vetrina e, come per altri eventi, collaborerà con la Libreria Fahrenheit, dove Sonia Galli ha le idee chiare: «Proporremo un cesto con un libro sul tema, una cartolina degli alpini e una bottiglia di vino». «Sventolo la bandiera». Chi parla è Antonio Dell’Ova, titolare del bar pizzeria Da Luca, alla fine del Corso. Qui il dehor è già tutto un tripudio di bandiere, a cui il signor Dell’Ova sta dando l’ultima sistemata. «Sono felice per il ritorno degli alpini - dice - hanno già dimostrato sei anni fa che tipo di gente sono: gentile, educata». Poi c’è il risvolto economico. «Ogni evento che viene organizzato ha un ritorno importante sia per i bar come il nostro sia per l’intera città ». Anche qui fervono i preparativi. «Di certo inforneremo più pizze» scherza Dell’Ova. Chi invece non è un bar vero e proprio, ma di starsene con le mani in mano non ne vuole sapere è Antonio Corciulo di Superfood. «Anzi - sorride - chiamerò mio fratello a dare una mano». Corciulo, che degli alpini si innamorò nel 2003 - «abitavo a Parma quando ci fu lì l’adunata, un evento che mi ha sempre lasciato un bel ricordo» - sarà pronto a modificare parzialmente il menu per renderlo più appetibile ai clienti dalla penna sul cappello. «Per gli alpini si fa anche questo». C’è però l’altra categoria di entusiasti. Quella di chi nel 2013 ha fatto faville sotto il profilo degli incassi e che ora lamenta invece di essere un po’ “tagliato fuori”. Al Cip & Ciop, all’angolo tra viale Beverora e via Venturini, strada quest’ultima dove passerà la sfilata, non hanno preso troppo bene il fatto che la loro via resterà aperta al traffico. «Con la strada aperta - dice la titolare Carla - non potremo preparare tavolate fuori dal locale come accadde nell’adunata nazionale. Di questi tempi non sarebbe male dare una mano ai commercianti invece di mettere ostacoli sulla loro strada». E se vicino a piazza Cavalli c’è chi si rammarica per la chiusura del traffico già da oggi - «saremo in difficoltà con gli approvvigionamenti » - c’è anche chi conta i minuti. «Aggiungeremo sei tavoli al dehor - dice Alfio Misso della Caffetteria San Carlo - e preparere mo un grande buffet».
scarica l'articolo in formato .pdf A Bobbio tanti volontari in strada per dire ai cittadini “Io non rischio” Passeggiare in largo Stefania Troglio a Bobbio, tra le divise arancioni e gialle, ieri è stato come sfogliare l’album di foto di una terra che, da sempre, si affaccia sull’acqua e su questa vive e muore. Anni Sessanta, anni Novanta, il Duemila... E una terra che cambia, chiedendo anche a noi di cambiare, di non rischiare. Alla campagna “Io non rischio” ieri arrivata in 850 piazze d’Italia tra cui Bobbio ci sono anche scatti delle piene del Po, scatti delle devastanti alluvioni, scatti anche di un paesaggio che, comunque, è sempre rinato grazie alla forza della sua gente. La forza oggi è anche quella dei tanti volontari di protezione civile che ieri, proprio nel cuore dell’alta Valtrebbia, hanno voluto incontrare i cittadini, promuovendo l’imminente nascita di un nuovo gruppo (già trenta persone hanno frequentato a marzo il corso base a Bobbio) e i consigli utili in caso di terremoto, alluvione e calamità naturali. Ci si può infatti preparare anche prima, non solo quando la terra inizia a tremare, adattando la propria casa con semplici accorgimenti. I volontari di Protezione Civile, Pino Tomeo per la Pubblica Assistenza Croce Bianca di Piacenza, Stefano Orsi per l’Associazione Nazionale Alpini e Marzia Guasti per il Raggruppamento Nazionale Radiocomunicazione di Emergenza hanno commentato: «Il cittadino tenendosi informato evita di mettersi a rischio. Noi sensibilizziamo la popolazione su cosa fare prima, durante e a evento estremo avvento. Terremoti, alluvioni e maremoti hanno una gestione a sé dell’emergenza ma conoscere il rischio permette di affrontarlo più consciamente». Presente anche il presidente del Consorzio di Bonifica Fausto Zermani: «Quelli che un tempo erano eventi eccezionali, ora sono sempre più frequenti e toccano tutto il territorio; è per questo che acquista sempre più importanza la sinergia tra Protezione Civile, enti e strutture territoriali, senza tralasciare la cittadinanza che deve acquisire maggior consapevolezza e saper conoscere e affrontare i rischi del territorio ». Domenica 20 ottobre, in piazza Cavalli a Piacenza, in occasione del Raduno del Secondo Raggruppamento del Nord Italia (Emilia-Romagna e Lombardia) degli Alpini e i volontari continueranno la diffusione delle buone pratiche di prevenzione dei rischi. Unanime il ringraziamento ai volontari nel ricordo delle drammatiche giornate dell’alluvione del 2015. E anche in nome loro, in rispetto al loro impegno, il sindaco Roberto Pasquali ha ricordato la necessità di ricostruire il ponte di Barberino, per dare un’alternativa sicura alla Statale 45. _malac. scarica l'articolo in formato .pdf I 100 anni e la commozione di Italo «Sarò al raggruppamento con il cuore» Un alpino non abbandona mai il suo cappello. Italo (all’anagrafe Vittoli) Ferrari, lo sa bene e per questo ha voluto indossarlo anche ieri, nel giorno del suo centesimo compleanno. Cento anni portati con dignità e con tanta passione, quella che traspariva dalle sue lacrime di commozione per le innumerevoli testimonianze di affetto giunte un po’ da ogni parte. Prime tra tutti dai suoi familiari, e poi dal gruppo di autorità agazzanesi che ieri mattina si sono volute stringere attorno ad Italo. Pazienza se il fisico non gli consente più di poter uscire a festeggiare come un tempo. L’anziano alpino agazzanese ha ricevuto in casa i suoi ospiti e si è goduto la meritata festa organizzata attorno a lui, con tanto di brindisi e di torta alla frutta. Il sindaco Mattia Cigalini gli ha consegnato una targa fatta fare insieme al locale gruppo alpini, di cui Italo Ferrari rappresenta il decano, e ai Combattenti e Reduci di Agazzano. Di quest’ultima associazione, tra l’altro, Ferrari è presidente onorario. «Alpino più anziano del gruppo - si legge nel testo della targa - nel giorno del suo centesimo compleanno, i migliori auguri di tutta la comunità». «Forza Italo, ti aspettiamo il prossimo mese in piazza» è stato l’augurio dei presenti, con riferimento ai festeggiamenti del 4 di novembre a cui l’anziano alpino in passato ha sempre partecipato con orgoglio e fierezza. «Quest’anno sarà dura» ha risposto Ferrari assicurando però la sua partecipazione ideale. Il prossimo fine settimana non potrà seguire fisicamente i compagni che parteciperanno al Raduno del secondo raggruppamento alpini che ci sarà a Piacenza, ma anche in quel caso sarà presente con il suo cuore. Al precedente appuntamento, l’Adunata delle penne nere che si era tenuta a Piacenza nel 2013, Italo Ferrari non aveva voluto mancare, e aveva sfilato con il suo cappello. Italo, Vittoli, Ferrari ha una storia che pare un romanzo. Classe 1919 è l’ultimo rimasto di quattro fratelli i quali hanno indossato tutti il cappello alpino: Redento Ferrari, classe 1921, Verando, classe 1914, e Medardo, classe 1923, Originario della frazione di Sarturano l’anziano alpino in passato è stato insignito della Croce di Guerra. Arruolato negli alpini Italo partì il 17 marzo del 1940 per la Grecia e l’Albania, dove fu spedito a combattere prima di essere mandato in Francia, passando per la Jugoslavia. Mentre era in Francia in Italia si consumò l’armistizio dell’8 settembre. «Da Grenoble me la feci tutta a piedi fino a Torino » aveva raccontato in una precedente intervista a Libertà. Con un treno e con mezzi di fortuna riuscì ad arrivare a Castelsangiovanni e poi finalmente a casa per ricominciare una nuova vita. Ieri oltre al sindaco, Italo Ferrari ha ricevuto l’omaggio del comandante dei carabinieri di Agazzano, Giulio Favari, del presidente dei Combattenti e Reduci Giacomo Guerrieri, del capogruppo degli alpini Emanuele Boccellari e del parroco don Fabrizio Bonelli. scarica l'articolo in formato .pdf Podenzano e Vigolzone: pronti! Tortelli e pisarei per Bergamo Alle giornate del Secondo Raggruppamento saranno presenti anche duecento alpini della sezione di Bergamo che domenica, dopo la sfilata, pranzeranno a Podenzano, nel ristorante Rio Verde a Le due case. Tutto è pronto per l’accoglienza, con le bandiere al bancone all’ingresso del bar-ristorante e le bottiglie con la penna nera che richiamano l’adunata nazionale 2013, evento che anche per Fabrizio Ponticelli, il titolare, è stato un’esperienza indimenticabile. «Il maggio 2013 - ricorda il titolare del Rio Verde - è stato vissuto da tutti noi molto intensamente, facevamo turni doppi per il pranzo, ma si lavorava con il sorriso perché gli alpini hanno reso facile il lavoro con la loro allegria. Ho vissuto personalmente l’adunata di Piacenza. Finito il lavoro, sono andato a Piacenza e sono rimasto con gli alpini tutta la notte. Tutti si ricordano quell’evento, riuscitissimo anche a livello organizzativo ». Ponticelli ha poi un legame particolare con gli alpini: il papà Franco è orgogliosamente alpino, classe 1943, iscritto al gruppo di Podenzano. E nel fine settimana intende ripetere. Il locale, che quotidianamente è aperto per i pranzi e le cene, sarà ben organizzato, con la giusta disposizione di tavoli e sedie per accogliere i 200 alpini della sezione di Bergamo, la più numerosa d’Italia, che domenica arriveranno in pullman per partecipare alla sfilata. Ponticelli, con la compagna Rossella e il gruppo dei dieci collaboratori dipendenti, da un mese stanno preparando tortelli e pisarei e fasò per deliziare gli ospiti. Il contatto tra Bergamo e il Rio Verde è stato Matteo Ghetti, attuale capogruppo alpini di Vigolzone. Tutto è nato negli anni (2009-2014) in cui Ghetti è stato referente per la sezione di Piacenza del Centro Studi Ana, un organo che raccoglie, organizza e cataloga tutto ciò che riguarda la storia e le tradizioni del Corpo degli Alpini e dell’Ana e metterle a disposizione dei soci e di chi sia interessato. «In quell’esperienza, con la presidenza Plucani, ho girato il Nord Italia per convegni, momenti di confronto e lavoro e ho conosciuto Alessio Granelli, uno dei referenti nazionali per la Federazione internazionale dei Soldati della montagna. Sono stato il suo riferimento per Piacenza e nel mese di giugno di quest’anno è venuto con il consigliere sezionale di Bergamo, Giancarlo Sangalli, a visitare il monumento ai caduti di Nickolajewka. Il momento conviviale è stato poi al Rio Verde, dove torneranno domenica, e dove andremo a salutarli durante il pranzo». Il Rio Verde ospiterà anche 40 alpini del gruppo di Grandola ed Uniti della sezione di Como. Prossimi appuntamenti Vigolzone e Podenzano sono pronte per il raduno del secondo raggruppamento. Sono pronti i loro alpini che saranno impegnati nella sfilata, ma anche nel servizio. Ghetti sarà impegnato come volontario e chiuso il Raggruppamento inizierà l’organizzazione, insieme alla sezione di Piacenza, della commemorazione della Battaglia di Nickolajewka che si terrà in gennaio, mentre il capogruppo di Podenzano, Giovanni Carini sarà impegnato nel servizio d’ordine sia sabato sia domenica. Carini è stato uno di quegli alpini che ha aiutato ad imbandierare la città di Piacenza, sul cestello-gru. Finito il raggruppamento, il gruppo di Podenzano inizierà l’organizzazione della cerimonia nella ricorrenza 4 novembre insieme al Comune dove verranno consegnate le borse di studio agli studenti. scarica l'articolo in formato .pdf
ACCOGLIAMO IN TRICOLORE GLI AMICI ALPINI Sono passati sei anni ma nessuno ha dimenticato l’euforia dell’Adunata nazionale. Se Piacenza ospita nel prossimo weekend il Raduno del 2° raggruppamento non è solo ragion logistica, il naturale ponte fra l’Emilia Romagna e la Lombardia. C’è qualcosa di più: è la “Piacenza amica degli alpini” espressione felice coniata dall’assessore regionale Paola Gazzolo al termine della fantastica sfilata che aveva elettrizzato la nostra città. C'è l’allegria contagiosa delle penne nere, c’è l’alpinità, dna fatto di autenticità, bellezza e orgoglio italiano, solidarietà concreta, impegno calato nella vita a servizio della comunità. Ecco perché eravamo scesi con gli amici alpini nelle strade (e scenderemo ancora già venerdì sera), in un centro storico animato dalla voglia di stare insieme, trasformato in una cittadella di gioia di vita. Giovani e anziani insieme, fra canti improvvisati e un brindisi, in un vortice di emozioni indimenticabili. Quella del 19 e 20 ottobre sarà un’occasione importante che premetterà a Piacenza di accreditarsi ulteriormente ad ospitare una futura nuova Adunata nazionale, evento - non va dimenticato - che aveva restituito il sorriso a commercianti, baristi e ristoratori . Uno studio dell’Università Cattolica aveva stimato una ricaduta economica sul nostro territorio di ben 42 milioni di euro di spese dirette ed oltre 25 di ricadute indirette. Oggi, sognando una futura Adunata nazionale, concentriamoci sull’appuntamento che si aspetta fra sei giorni. Le premesse per viverlo al meglio ci sono tutte: per la stragrande maggioranza dei 25mila che raggiungeranno la nostra città si tratta di un gradito ritorno perché l’accoglienza piacentina era stata giudicata al Top a partire dal biglietto da visita di un territorio in tricolore, dalle strade alle case. Torniamo allora ad esporre ancora la nostra bandiera, simbolo di libertà, per dare il benvenuto e dire grazie alle penne nere, il più antico corpo di fanteria da montagna attivo nel mondo (fu creato nel 1872) che incarna i valori di onestà e solidarietà, collante fra tutti gli alpini, in armi e in congedo. Oggi, dalle missioni di pace all’impegno nella protezione civile, li troviamo in prima linea nelle emergenze (ricordate i giorni dell’alluvione in Valnure e Valtrebbia? Hanno donato braccia in aiuto e un piatto caldo di conforto), testimoni del tempo nelle scuole ma anche protagonisti di tante iniziative benefiche che scaldano il cuore. scarica l'articolo in formato .pdf I brani degli alpini con gli studenti di Gioia e Respighi Trasferire valori e tradizioni alpine alle giovani generazioni è uno degli obiettivi dell’Ana (Associazione Nazionale A l p i n i ) e va i n q u e st a d i rez i o n e l’e m oz i o na nte s erata organizzata dalla Sezione delle penne nere di Piacenza al Collegio Alberoni in cui sono stati protagonisti gli studenti. L’orchestra e il coro Il coro del liceo Respighi, diretto dalla professoressa Patrizia Datilini, e l’orchestra del liceo Gioia, diretta dal professor Franco Marzaroli, si sono esibiti nella splendida sala Arazzi davanti a una platea di oltre 250 persone. Il repertorio della tradizione alpina ha incluso, tra le altre, “La Valsugana”, “Ai Preat”, “Gorizia”, “La leggenda del Piave”, “Signore delle Cime”. Gli studenti hanno anche letto il “Paradiso di Cantore” e una lettera scritta dall’alpino Matteo Miotto morto in un attentato in Afghanistan all’età di 24 anni. Durante la serata, condotta dalla giornalista di Telelibertà, Nicoletta Marenghi, sono intervenuti due giovani alpini piacentini in armi, il primo caporal maggiore Vanessa Gentilotti e il caporal maggiore Gino Croci e sono state premiate le studentesse del liceo Cassinari che hanno partecipato al concorso per il logo del Raduno. L’evento verrà trasmesso questa sera su Telelibertà alle 20.05. scarica l'articolo in formato .pdf Alpini e basturnòn: nel fine settimana torna la festa dedicata al corpo delle Penne Nere In attesa della prossima adunata del Secondo Raggruppamento degli Alpini del prossimo weekend a Piacenza, c’è già l’occasione di “allenarsi” tra sfilate di Penne Nere e divertimento: oggi e domani torna a Sarmato il tradizionale raduno autunnale del gruppo locale, con la castagnata e la consegna delle borse di studio ai ragazzi meritevoli del paese. Si entra subito nel vivo. Da questa sera, si balla e si mangia alla sede degli Alpini di via San Rocco: dalle 19 apriranno gli stand gastronomici con pisarei, pìcula ad cavàl, salame cotto e tanto altro, mentre sotto al portico degli alpini (al chiuso, in caso di freddo o maltempo) si potrà ballare con la musica dell’orchestra Maccagni. La festa degli Alpini però avrà il suo clou nella giornata di domani quando le Penne Nere, provenienti anche dai vari gruppi provinciali, invaderanno Sarmato e sfileranno lungo le vie del paese, per l’occasione imbandierate dal Tricolore. L’appuntamento è alle ore 9 alla sede degli Alpini per l’ammassamento, da dove partirà alle 9.45 la sfilata preceduta dal gruppo bandistico “Orione” di Borgonovo Valtidone. Il corteo delle Penne Nere farà una breve sosta commemorativa lungo via San Rocco di fronte alla casa per anziani intitolata al cappellano don Bruno Negri, per poi procedere lungo via Po fino al monumento dei caduti di piazza Roma, dove si terrà l’alzabandiera e si renderà l’onore ai caduti con la deposizione della corona d’alloro. Alle ore 10.30 ci si ritroverà in chiesa maggiore per la Santa Messa celebrata dal parroco Pier Luigi Dallavalle con don Federico Tagliaferri e il diacono Emidio Boledi, entrambi alpini. Quindi, dopo la funzione, ci si ritroverà alla sede del gruppo Ana per gli interventi delle autorità e per il pranzo in compagnia, tutti sotto al tendone. La festa proseguirà anche nel pomeriggio, dalle 15.30 con l’intrattenimento musicale del duo Marcello - Palumbo, mentre la chiusura ufficiale sarà alle 17 con la cerimonia dell’ammaina bandiera. In serata, però, si tornerà a cenare e a ballare alla sede, questa volta con la musica dell’orchestra Mazzoni Band. In questi due giorni, naturalmente, non mancherà la classica castagnata alpina, caposaldo dell’intera manifestazione: i caldissimi basturnòn cotti sulla graticola saranno distribuiti oggi dalle 17 alle 23 e domani per tutto il giorno dalle 9 alle 23. L’evento ha il sostegno dell’associazione Famiglia Alpina Sarmatese e del Comune di Sarmato. Cristian Brusamonti scarica l'articolo in formato .pdf La solidarietà delle “penne nere” locali vale quasi 760 mila euro all’anno La solidarietà alpina si manifesta in mille rivoli. Molti anche invisibili. Ogni anno il Centro studi dell’Ana nazionale tenta di mettere nero su bianco le buone azioni di tutta Italia, consapevole che il report non sarà mai esaustivo. Nasce così il libro Verde. Nell’ultimo, quello del 2018, si legge come la Sezione di Piacenza abbia donato complessivamente 25.331 ore di solidarietà e una somma di 60.555,85 euro. A fare la parte del leone, in questa speciale classifica della bontà, è il gruppo di Carpaneto con oltre diecimila euro donati, seguito da Sarmato con 6.700, San Giorgio con quasi 4mila. Il libro Verde nazionale fa notare come sia stato chiesto all’Ana di valorizzare il lavoro volontario degli alpini. Pur consapevoli che il dono non ha prezzo, le penne nere hanno provato a quantificare un’ora di lavoro volontario fissandola a 27,52 euro (dato relativo al manovale, indicato nel prezzario delle opere pubbliche della Regione Lombardia). Con tale parametro il valore delle ore donate dagli alpini piacentini nel 2018 ammonta a quasi 700mila euro. Con i fondi donati in contanti la solidarietà alpina nel 2018 vale quasi 760mila euro. Tra tutte le sezioni Ana nel 2018 sono state donate 2 milioni e 600 mila ore pari a 71 milioni e mezzo di euro. La somma raccolta e donata in contanti è stata di 6 milioni e 231mila euro. scarica l'articolo in formato .pdf Lupi a “Nel mirino” «Ogni giorno sentiamo l’affetto dei piacentini» Il cappello con la penna nera posizionato sul tavolo racconta la storia militare del suo proprietario: 8°Reggimento della Brigata Julia, battaglione Gemona e battaglione Bassano, scuola militare di Aosta. L’inseparabile simbolo alpino appartiene al presidente della Sezione di Piacenza, Roberto Lupi, primo ospite della nuova stagione di “Nel Mirino”, la trasmissione di Telelibertà condotta dal direttore Nicoletta Bracchi in onda ogni venerdì alle 21. Lupi, 57 anni, sposato e padre di due figli, dirigente di Crédite Agricole a Parma, ha raccolto il testimone dall’ex presidente Bruno Plucani subito dopo l’Adunata del 2013 e pochi mesi fa è stato rieletto per il terzo mandato. La passione per le penne nere è stata tramandata dal nonno: «Partiva da Casaldrino di Marsaglia per andare a tutti i raduni » ricorda Lupi che, dopo il congedo nel 1983, si è subito iscritto all’Ana. Il legame tra gli alpini e Piacenza si è consolidato con l’indimenticata Adunata nazionale che ha catapultato in città oltre 300mila persone. Tra una settimana, il 19 e 20 ottobre, l’atmosfera di festa tornerà in occasione del Raduno del Secondo Raggruppamento. «Arriveranno gli alpini delle diciannove Sezioni di Emilia Romagna e Lombardia – ha spiegato Lupi -. In base alle stime delle precedenti edizioni abbiamo previsto venticinquemila presenze perché contiamo anche sull’ampia partecipazione dei piacentini». La mini adunata sta impegnando la Sezione da oltre un anno. «Dobbiamo ringraziare tutte le istituzioni locali con le quali si è creato un ottimo rapporto di collaborazione – sottolinea il presidente -. Vorremmo che la città fosse un tripudio di tricolori, per questo chiediamo a tutti i piacentini di esporre la bandiera dalle proprie abitazioni. Sappiamo inoltre che molti ristoranti sono già al completo e siamo soddisfatti». Nel salotto di Nicoletta Bracchi, Roberto Lupi ha illustrato i dettagli dell’imminente manifestazione, i numeri e le attività svolte dall’Ana che a Piacenza conta 2.900 iscritti (oltre 600 gli “amici degli alpini”) divisi in 45 gruppi. «La presenza sul territorio è la nostra forza – commenta Lupi –; ogni gruppo porta avanti iniziative e tiene i rapporti con istituzioni e realtà locali. La nostra associazione è viva anche nei paesi di montagna dove la popolazione è sempre più esigua». L’Ana guarda al futuro con un progetto di ritorno alla leva obbligatoria. «È un servizio che proponiamo a favore della Patria, uno dei nostri valori fondamentali. Crediamo sia utile per sensibilizzare i giovani al dovere, all’educazione civica, al rispetto delle cose comuni e anche alla montagna che per noi è l’habitat naturale» spiega il presidente. Grande è l’impegno dell’Associazione per tramandare alle giovani generazioni il sacrificio e la memoria. Gli occhi diventano lucidi nel ricordo dei veci “andati avanti”, Lupi si dice «orgoglioso di aver conosciuto due reduci di guerra come Gino Tassi e Bruno Anguissola ». Un altro momento di commozione si manifesta nel constatare l’affetto della gente comune nei confronti delle penne nere. «Quando partecipiamo a iniziative di solidarietà, sentiamo tanti cittadini dire ‘lo faccio perché ci sono gli alpini’ e per noi è il riconoscimento più grande. Come recitano i nostri motti, siamo quelli del ‘fare’» ribadisce Lupi lodando anche l’impegno costante dei volontari dell’Unità di Protezione civile. E proprio alla solidarietà sarà dedicata l’iniziativa, ancora in via di definizione, che la Sezione alpini di Piacenza lascerà alla città a ricordo del Raduno. _Nicoletta Marenghi scarica l'articolo in formato .pdf Alpini e zona rossa: piazza Cavalli chiusa al traffico per nove giorni Il Comune con ordinanza siglata dalla
sindaca Patrizia Barbieri ha reso note le limitazioni alla circolazione stradale
per il raduno del 2° Raggruppamento alpini in programma sabato 19 e domenica 20
ottobre, in occasione del quale dovrebbero confluire a Piacenza almeno 25 mila
alpini da Lombardia ed Emilia Romagna. Definita una zona off limit per il
transito e la sosta dei veicoli che durerà ben nove giorni. La cosìddetta zona
rossa occuperà piazza Cavalli, piazzetta Plebiscito e immediate vicinanze. Tutti
gli altri divieti saranno limitati ai due giorni della manifestazione. scarica l'articolo in formato .pdf I 90 anni del gruppo di Laives e il ricordo di un amico comune Chi ha fatto bene in vita non viene dimenticato. Per gli alpini, simbolo vivente di concretezza e solidarietà, questo assunto vale ancora di più. Lo dimostrano le penne nere di Agazzano, Borgonovo, Castelsangiovanni e Sarmato. Insieme a diversi simpatizzanti nei giorni scorsi gli alpini valtidonesi e della Valluretta sono partiti alla volta di Laives, città della provincia autonoma di Bolzano, in Trentino Alto Adige. Il locale gruppo alpini soffiava infatti sulle sue prime 90 candeline. I festeggiamenti per un traguardo così importante non sono però stati l’unico motivo che ha portato le penne nere piacentine in visita alla città del Trentino. Esiste infatti un altro motivo che lega i due territori e i rispettivi gruppi alpini, e cioè il ricordo di un amico scomparso: Giancarlo Sadirlanda. L’ex vice capogruppo degli alpini di Castelsangiovanni, deceduto nel 2017 a causa di una malattia, era infatti molto legato a quella parte di territorio italiano e alle sue penne nere con cui aveva intessuto legami anche oltre la comune passione per il cappello alpino. Durante i festeggiamenti per il novantesimo del gruppo di Laives c’è stato quindi anche il tempo di ricordare Sadirlanda che per decenni era stato iscritto alla sezione di Castello, di cui era stato anche vice capogruppo e di cui era considerato uno dei componenti più attivi, sempre pronto a rimbocice capogruppo degli alpini di Castelsangiovanni,carsi le maniche ogni volta ce ne fosse bisogno. «La visita che abbiamo fatto a Laives - dice il figlio Cristian - è nata anche in omaggio all’amicizia e ai contatti instaurati nel tempo da mio padre, l’alpino Giancarlo». Sadirlanda, ricordiamo, era un imprenditore di Castelsangiovanni attivo nel movimento terra. Oltre che per la sua attività Sadirlanda era molto conosciuto per la passione per il cappello alpino. All’età di soli otto anni era rimasto orfano di madre e poco dopo, al seguito del nonno, aveva iniziato a lavorare come garzone di un’impresa agricola locale. Negli anni aveva avviato una sua attività e aveva cercato di unire le sue competenze professionali all’appartenenza alle penne nere. Spesso metteva a disposizione mezzi e attrezzature per realizzare lavori utili ai suoi amati alpini. _Mariangela Milani scarica l'articolo in formato .pdf Sicurezza al primo posto sopralluogo nella piazza Tra i banchi del mercato del mercoledì, in piazza Cavalli, spuntano i cappelli delle penne nere. E’ l’ennesimo sopralluogo in vista del raduno del Secondo Raggruppamento di Emilia Romagna e Lombardia che porterà in città 25mila persone nel fine settimana del 19 e 20 ottobre. Da un anno, sta lavorando alacremente perché la due giorni si svolga in un clima di festa all’insegna della sicurezza, Danilo Spataro, geometra 37enne astigiano, chiamato dall’Ana nazionale come progettista, direttore lavori e coordinatore della sicurezza dei grandi eventi alpini. Nel suo curriculum ci sono già le adunate di Asti, Treviso, Trento e Milano; si sta occupando inoltre di Rimini 2020 e di numerosi Raduni. «Il nostro obiettivo è quello di prevenire le condizioni di pericolo – spiega Spataro – per questo nelle aree food ci saranno solo cucine a induzione e in tutte le zone interessate dal passaggio degli alpini non sarà possibile la somministrazione di bevande in lattina e vetro. Come previsto dalle normative, i tombini presenti lungo il percorso della sfilata verranno sigillati. Il raduno è un evento che porta migliaia di persone nelle città ospitanti ma il clima è festoso e gli alpini sono molto ordinati. Per l’organizzazione facciamo tesoro delle esperienze delle passate edizioni». Ad accompagnare il progettista nei sopralluoghi sono, tra gli altri, Gianni Magnaschi ed Enrico Bergonzi, della commissione logistica della Sezione alpini di Piacenza. Danilo Spataro non è alpino ma è stato conquistato dalle penne nere. «Lavorare per l’Ana mi ha fatto conoscere gente stupenda che dedica gran parte del proprio tempo al volontariato – commenta il 37enne - . Sono contento di organizzare una festa per persone così». A sorvegliare l’evento ci saranno, oltre alle forze dell’ordine, almeno 200 volontari alpini. Lungo il percorso della sfilata saranno dislocati gli uomini del Son, Servizio d’ordine nazionale dell’Ana. In centro storico, dalla Lombardia arriveranno anche squadre di penne nere specializzate nell’antincendio. Il sabato sera, in occasione dei caroselli di fanfare, l’accesso a piazza Cavalli sarà simile a quello della serata di San Silvestro. Nel pomeriggio di ieri, la prefettura ha ospitato un’altra riunione con gli organizzatori e tutti i rappresentati delle forze dell’ordine e di soccorso. «Non ci sono particolari criticità – ha spiegato il capo di gabinetto della questura, Filippo Sordi Arcelli Fontana –, l’evento è gioioso. Stiamo lavorando perché tutto si svolga nella massima sicurezza». scarica l'articolo in formato .pdf Gli alpini vestono con il tricolore i palazzi storici del centro città Dopo i pali della luce con le bandiere più piccole e le strade da lato a lato con i fili tricolori (i cosiddetti pavesi) è la volta dei palazzi storici. Nonchè del bandierone di venti metri di lunghezza per quattro di larghezza che questa mattina verrà srotolato dalla torre del palazzo Ina in piazza Cavalli. A dieci giorni dal raduno del 2° Raggruppamento che sabato 19 e domenica 20 ottobre prossimi porterà a Piacenza 25 mila penne nere da tutte le sezioni di Emilia Romagna e Lombardia, gli alpini della “commissione imbandieramento” ieri hanno iniziato a vestire di tricolore i palazzi storici pubblici del centro, lungo i percorsi toccati dalla sfilata (in questo caso della bandiera di guerra e del labaro nazionale Ana). Con scala estensibile e caschetto antinfortunistico decorato con l’immancabile penna nera, sono state imbandierate le finestre di due piani di Palazzo Farnese, del liceo Gioia, dell’istituto Romagnosi, della scuola Mazzini. Ma anche Porta Borghetto e via Maculani. Alle finestre di scuole e palazzi sono state affisse bandiere tricolori da un metro per un metro e mezzo, in poliestere. Leggermente più grandi di quelle issate sui pali della luce (70 centimetri per un metro) e decisamente dei cosiddetti pavesi (ognuno porta 30 bandierine da 35 centimetri per 45). Pavesi sono stati issati anche in piazza Cavalli, a delimitare il selciato, e in piazza Sant’Antonino. Entro la fine di questa settimana verrà completato l’intero percorso della sfilata. In tutto la sezione Ana di Piacenza farà sventolare dai luoghi pubblici 2.500 bandiere tricolori. Cifra ben lontana dalle quasi 20 mila che nel 2013 incorniciarono la città per l’Adunata nazionale. Ben lontana ma proporzionata agli arrivi. «Il colpo d’occhio alla fine sarà comunque importante» assicura Bruno Plucani per la commissione imbandieramento, Plucani che, lo ricordiamo, nel 2013 era il presidente della sezione alpini di Piacenza. «Abbiamo avuto l’assicurazione dai vari enti proprietari o gestori degli immobili che si affacciano su piazza Cavalli che imbandiereranno ogni finestra di loro competenza - evidenzia -. Il nostro invito è che le istituzioni con sedi sul percorso delle sfilate o comunque nella città capoluogo facciano altrettanto». Cominciando a mettere fuori le due bandiere d’ordinanza: il tricolore e quella europea. Possibilmente esposte in modo corretto: il vessillo italiano primo a destra (centrale se si espone anche la bandiera dell’ente, la quale dovrà andare a sinistra e lasciare a destra l’europea). Si chiede anche un impegno ai privati cittadini. È il presidente sezionale Roberto Lupi a ribadire l’appello ad esporre i tricolori alle finestre ed ai balconi, sia nelle strade di passaggio delle sfilate sia in tutta la città. Domenica scorsa la città di Savona, sede del raduno del 1° Raggruppamento (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Francia) era ben imbandierata. Piacenza può fare di più. Con Libertà In particolare c’è la possibilità di procurarsi il tricolore in edicola con il quotidiano Libertà ad un prezzo popolare (3,70 euro più il quotidiano). Il tricolore in edicola con Libertà è dello stesso tipo di quelli che stanno issando in questi giorni i volontari della sezione alpini di Piacenza. scarica l'articolo in formato .pdf Approvato il piano di collaborazione tra Comune di Piacenza e sezione Ana Mancano poco meno di due settimane al Raduno del Secondo Raggruppamento Alpini, che si terrà a Piacenza il 19 e 20 ottobre. L’attesissimo evento rappresenta un notevole impegno per la Sezione di Piacenza dell’Ana e per l’amministrazione comunale, che ha approvato in giunta la delibera di collaborazione: «Piacenza è stata scelta come sede del raduno del centenario – si legge nell’atto licenziato ieri dall’amministrazione Barbieri – a motivo del successo e dell’unanime apprezzamento dell’Adunata nazionale 2013, evento che ha creato un forte legame tra la città e gli alpini. Accogliere il raduno è anche riconoscimento del valore di quel peculiare spirito di servizio degli alpini, sempre presenti accanto alle popolazioni locali nelle emergenze, nella solidarietà, nelle situazioni di bisogno, nella Protezione civile». L’appuntamento, che prevede «momenti istituzionali, ricreativi, aggregativi e di socializzazione», é occasione privilegiata – si legge nella delibera – di promozione e valorizzazione turistica del territorio, del patrimonio culturale e delle eccellenze enogastronomiche, vetrina e opportunità per presentare i progetti di ‘Piacenza 2020’ in ambito extraprovinciale/ extraregionale». «Piacenza e i piacentini sono orgogliosi di poter ospitare il Raduno del Secondo Raggruppamento – commenta la sindaca Patrizia Barbieri – che è un momento di intrattenimento e di incontro, ed è soprattutto doveroso riconoscimento al valore di tutti gli alpini, che giornalmente dimostrano la loro passione e dedizione al servizio della comunità. L’auspicio è che siano giorni di festa per tutta la città e invito tutti i piacentini a partecipare con entusiasmo». _r.c. scarica l'articolo in formato .pdf Gli alpini di Varese donano una quercia per ricordare don Vittorione Una quercia per ricordare don Vittorione nel 25esimo anniversario della morte. È il dono che il gruppo alpini di Varese ha voluto fare ad Africa Mission, agli alpini di Piacenza e a tutti i cittadini in occasione del raduno del 2° Raggruppamento che si terrà sabato 19 e domenica 20 ottobre prossimi. La pianta - “quercus robur” del diametro di 25 centimetri e dell’altezza di 5 metri - verrà messa a dimora nel giardino pubblico di Montale che nel 2012 l’amministrazione comunale dedicò al ristoratore di Varese trapiantato a Piacenza che nel 1972 fondò Africa Mission e Cooperazione e Sviluppo assieme al vescovo Enrico Manfredini. La cerimonia si terrà nella mattinata del 19 ottobre, alle ore 11. In contemporanea si tiene la riunione dei presidenti di sezione del 2° Raggruppamento; ragion per cui saranno presenti a Montale i vice presidenti della sezione piacentina - Luigi Forlini e Gianluca Gazzola - e i due vice di quella di Varese. Oltre a Bruno Plucani che ha coordinato l’iniziativa, ai verttici di Africa Mission - il direttore Carlo Ruspantini e don Maurizio Noberini -, ad un rappresentante dell’amministrazione comunale di Piacenza - è stata invitata la sindaca Patrizia barbieri - e al capo gruppo di Varese, Antonio Verdelli. «È un’iniziativa che nasce per ricordare don Vittorio nel 25esimo anniversario della morte» spiega Carlo Ruspantini, direttore di Africa Mission. «Nel 2017 abbiamo lanciato un percorso che ci vedrà celebrare, nel 2022, i 50 anni della nostra associazione – prosegue -. Tappa fondamentale di tale percorso è proprio il 25esimo anniversario della salita al Cielo del nostro fondatore: noi non vogliamo solo limitarci a ricordarlo, ma vogliamo far arrivare il suo messaggio, potente e diretto, a tutti e in particolare ai giovani, che non hanno avuto occasione di conoscerlo. Forse solidarietà e carità non sono parole che vanno di moda oggi, ma trasmettere questi valori è un dovere fondamentale per ogni cristiano». Don Vittorio, piacentino d’adozione, era nato a Varese il 15 aprile del 1926. Titolare di un ristorante di successo a Varese - “Da Vittorio” -aperto negli anni Cinquanta, lasciò tutto per seguire l’allora parroco della città, Enrico Manfredini, nominato vescovo di Piacenza. Lo scorso agosto la sua città di origine lo ha ricordato tributandogli la Martinella del Broletto, la massima onoroficenza civica. Nella medesima circostanza, a ricordare il missionario, è stato anche l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, nella messa da lui presieduta. Sempre in quell’occasione l’idea della quercia venuta agli alpini del gruppo di Varese che hanno coinvolto la loro sezione. «Per noi quello di sabato è un momento importante in questo anno dedicato a don Vittorio - continua Ruspantini -. Abbiamo anche coinvolto il comitato di cittadini che gestisce il giardino di Montale e la parrocchia di San Lazzaro, nonché il Comune di Piacenza che ha dato il suo patrocinio ». Nel giardino c’è già un monumento dedicato al cofondatore di Africa Mission: una piazzetta con l’immagine dell’Africa, un pozzo per l’acqua (la caratteristica del movimento nato a Piacenza) e tutt’intorno un’area relax. D’ora in poi vi si aggiungerà una quercia, a ricordare lo spirito mai domo di un missionario che tanto ha fatto per l’Africa, in particolare per gli abitanti della regione del Karamoja, nel nord dell’Uganda. Federico Frighi scarica l'articolo in formato .pdf Dalla Trentatré ai Blues Brothers la fanfara eclettica compie 50 anni Quando gli alpini chiamano, svestono la “settecentesca” divisa rossa e indossano sahariana e pantaloni verde oliva con il tradizionale cappello con la penna nera. E la metamorfosi è compiuta. Così il blasonato Corpo bandistico pontolliese, noto come Giubbe rosse (dall’appellativo che gli diede il giornalista di Libertà, Gianfranco Scognamiglio), diventa la fanfara ufficiale della sezione Ana (Associazione nazionale alpini) di Piacenza. Così è da cinquant’anni a questa parte. Sarebbero 51, essendo stata fondata nel 1968, ma un anno si saltò la sfilata all’Adunata nazionale e si è dunque deciso di fare cifra tonda. Il 19 e 20 ottobre prossimi l’anniversario verrà celebrato a Piacenza in occasione del raduno del 2° Raggruppamento, davanti ad almeno 25mila persone. «Siamo la colonna sonora delle sfilate e degli eventi organizzati dagli alpini - spiega Edoardo Mazzoni, 41 anni, nella fanfara dal 1991, maestro direttore dal 2001 -. C’è una prassi ben definita nelle musiche da eseguire. Ad esempio per l’alzabandiera si suona l’inno nazionale, per l’onore ai Caduti l’inno del Piave e il Silenzio». Nelle sfilate «le musiche alpine per fanfara, come sul Cappello, la Trentatrè (l’inno degli alpini) con lo scopo anche di cadenzare il passo al corteo attraverso il suono dei tamburi imperiali». L’organico è composto da una cinquantina di persone con un’età media che ultimamente si è abbassata molto, sui 35 anni. Tutti hanno seguito un percorso, per lo strumento che suonano, all’interno della scuola di musica del Corpo bandistico pontolliese. Qualcuno studia in conservatorio, qualcun altro si è diplomato, ma la maggior parte sono lavoratori con la passione per la musica. C’è anche qualche pensionato. Come Rinaldo Sonsini, 77 anni, basso tuba, entrato nella banda-fanfara da 64 anni. I più giovani di anni ne hanno 14-15. Il repertorio, per volere del maestro Mazzoni, non è solo militare ma spazia su diversi fronti, toccando la musica folkloristica, le colonne sonore di film - Morricone, Blues Brothers, Pirati dei Carabi, Re Leone -, pezzi operistici - Carmen e marcia trionfale dell’Aida -.Ogni anno una ventina le uscite ufficiali. L’Adunata nazionale è il momento più atteso. «Suoniamo durante l’ammassamento e apriamo la sfilata della sezione di Piacenza» spiega il maestro. Si suona in marcia, al passo, in tre, quattro o cinque file parallele. Ci vuole non solo competenza musicale ma anche disciplina, ordine durante lo sfilamento e i caroselli, dettato dalla bacchetta inflessibile del maestro Mazzoni. «Il giovane ha uno spirito libero per definizione - osserva -, vorrebbe essere libero di suonare, invece deve stare al passo con gli altri e sottostare alle regole non solo musicali. E’ richiesto sacrificio, tipo le levatacce alle 5 del mattino. Ma vedo che quando le cose sono fatte bene i ragazzi sono contenti ed orgogliosi e non si tirano indietro». scarica l'articolo in formato .pdf Premiato a Savona il diacono alpino che salva le parrocchie «È stata una sensazione unica, una delle tante gioie che la vita ti può dare: quella di essere alpino e diacono nello stesso tempo». Così l’81enne Emidio Boledi commenta a caldo a il premio che l’Ana gli ha consegnato ieri pomeriggio a Savona. Un riconoscimento che lo vuole tra gli “alpini dell’anno”. «Alpino e diacono apparentemente possono sembrare due figure diverse - osserva ancora Boledi che ha ricevuto anche gli auguri dal vescovo Gianni Ambrosio -, due figure separate. In realtà sono unite quando il tuo servizio viene dedicato agli altri». Ad accompagnare il diacono alpino in prima linea la moglie Giulietta assieme ai figli e ai nipoti. Ma anche il primo cittadino di Gragnano, Patrizia Calza, in fascia tricolore. Gragnano è il paese in cui vive la famiglia Boledi. «Sono orgogliosa a nome di tutta la comunità gragnanese - è raggiante la sindaca - abbiamo il primo alpino dell’anno della provincia di Piacenza. È bello vedere come la mia comunità esprima tante grandi personalità e competenze in svariati settori. Questo riconoscimento è una ulteriore conferma di come Emidio abbia saputo coniugare lo spirito di servizio degli alpini in una maniera diversa da quella tradizionale, ovvero assistendo le persone nel loro cammino spirituale ». Boledi, in particolare, si è occupato in questi anni di tenere vive le piccole parrocchie senza parroco: Statto, Pigazzano e Scrivellano. Da Piacenza ha raggiunto Savona un pullman di alpini piacentini. La premiazione è avvenuta all’interno del 22° raduno del Primo Raggruppamento che da venerdì ad oggi vede nella città ligure le 25 sezioni di Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta e Francia. Un ottimo punto di osservazione per il presidente della sezione di Piacenza, Roberto Lupi, in vista del raduno piacentino del 2° Raggruppamento tra meno di due settimane. «Ho osservato diversi aspetti dell’organizzazione locale - conferma Lupi - e devo dire che noi abbiamo tutto per fare bella figura. Sono rimasto colpito dalla tanta gente assiepata lungo le transenne ad applaudire gli alpini. In una città di mare». Federico Frighi scarica l'articolo in formato .pdf «Gli inni alpini tramandano alle generazioni valori immortali» Patria, solidarietà, servizio, sacrificio, legalità e memoria. Valori degli alpini che attraversano le generazioni, il cui riverbero si avverte anche nelle loro canzoni. Il Salone degli Arazzi del Collegio Alberoni ha ospitato ieri sera l’ultimo evento in programma di “Aspettando il raduno”, una serie di iniziative che conducono al raduno del II Raggruppamento (il 19 e 20 ottobre). Protagonisti una trentina di ragazzi del coro del liceo Respighi e altrettanti dell’orchestra del Gioia. Lo scopo era di coinvolgere i giovani attraverso le canzoni delle penne nere, per tramandare i valori che ne hanno fatto il corpo forse più amato dell’esercito. Il coro del Respighi comprende alunni, ex studenti e anche qualche professore. Per qualcuno di loro quella degli alpini è materia che tocca nell’intimo. È così per Roberto Stomboli: «Mio nonno è stato nel 3° reggimento artiglieria di montagna della divisione Julia, a Udine, quindi sin da piccolo ho sentito i suoi racconti che mi hanno avvicinato a questo mondo. Nel 2013 ho partecipato alla grande adunata e ammetto di essermi emozionato». A Roberto piace parlare degli alpini. «Al di là di come la si possa pensare dal punto di vista politico, credo che il principale valore delle penne nere sia l’altruismo, qualcosa che non ha colore». Anche Paolo Provini è convinto di una cosa: «Ci sono valori che attraversano le generazioni e quelli che arrivano a noi dagli alpini fanno parte di quel gruppo. Nella mia famiglia sono stati tramandati dal mio bisnonno, appunto un alpino». Se c’è chi ne ha avuto esperienza diretta, per altri non è così . Allora ci pensano proprio le loro canzoni - «cantate dai miei genitori quando ero piccolo» dice Francesco Corciulo - che ha in “Trentatré”, l’inno del corpo, la sua preferita. Nel sentire parlare i ragazzi trapela l’orgoglio degli insegnanti: dalla direttrice del coro Patrizia Datilini a Monica Rausa, da Arianna Groppi a Federica Morandi, a Tiziana Albasi. Interessante la prospettiva della direttrice Datilini: «Gli alpini vengono visti come un universo maschile - dice - se però ascoltiamo le loro canzoni, tra le quali due che presentiamo in concerto, notiamo che parlano di fidanzate che attendono il ritorno dei loro uomini. Credo che nel dare voce alle donne questo corpo mostri la sua sensibilità. Dirigere il coro per questo concerto dà vibrazioni importanti». Un altro professore, questa volta del liceo Gioia, dirige l’orchestra nata nel 2011 in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia e la cui prima esibizione è stata l’Inno nazionale. «La canzone degli italiani » corregge Franco Marzaroli, docente di scienze, ma con una grande passione per la musica. Con gli alpini Marzaroli ha già dei trascorsi. «Io sono di Gossolengo - dice - e durante il raduno nazionale del 2013 ho accompagnato la banda degli alpini di Trento durante la sfilata, poiché mancava il loro maestro. È stata una bella esperienza». Giovani studenti e alpini, un binomio che deve essere coltivato per Marzaroli. «Se per me questo concerto ha rappresentato un recupero di parte della mia cultura musicale, per i ragazzi è un avvicinamento più complicato perché è un mondo che appare lontano da loro. Lavoreremo però per farne conoscere l’importanza». Pensiero che condividono anche due studenti: Beatrice Passante, che suona il flauto traverso, e il violoncellista Edoardo Belloni. «Stiamo apprendendo ora la storia di questo corpo dell’esercito, ma in queste canzoni già si coglie la profondità del farne parte». scarica l'articolo in formato .pdf Il gran finale con il concerto al Salone Ilaria Soldini vince il concorso per il logo Un gran finale, con il coro del Respighi e l’orchestra del Gioia a interpretare insieme sul palco la “Trentatré”, inno degli alpini, e l’Inno nazionale, ha chiuso l’ultimo appuntamento delle iniziative “Aspettando il raduno”. Tante penne nere in platea, nel Salone degli Arazzi del Collegio Alberoni, per la serata presentata da Nicoletta Marenghi, che ha avuto nel concerto delle principali canzoni del corpo il momento principale, ma che non si è esaurita con quelle. Si sono letti dei testi, osservati video, ascoltate testimonianze. Prima di dare spazio alle musiche, il presidente della sezione piacentina dell’Associazione nazionale alpini Roberto Lupi ha sottolineato come «sia sempre piacevole lavorare con i ragazzi. Andiamo spesso nelle scuole per parlare dei nostri valori, sperando chissà, che in futuro qualcuno possa fare parte degli alpini». E gli esempi erano lì in carne e ossa, dal momento che il Primo caporalmaggiore Vanessa Gentilotti, 2 reggimento di Cuneo, e il Caporal Maggiore Gino Croci, 5 reggimento di Vipiteno, hanno ascoltato in platea l’esecuzione dei ragazzi del Respighi e del Gioia. I primi, diretti da Patrizia Datilini, hanno interpretato magistralmente Sul cappello, La bandiera tricolore, Ai preat e La Valsugana; i secondi, non da meno in quanto a bravura, guidati da Franco Marzaroli si sono esibiti in un repertorio che comprendeva La canzone del Grappa, La campana di San Giusto, Gorizia, Cantano gli alpini (un medley di motivi), La leggenda del Piave. Una serata intensa e apprezzata, terminata con la premiazione del concorso per il logo del raduno di ottobre. La vincitrice è stata Ilaria Soldini. Filippo Lezoli scarica l'articolo in formato .pdf «Il nostro obiettivo? Trasmettere ai giovani l’amor di patria» Mancano quindici giorni al raduno del II° Raggruppamento, ovvero il ritrovo di tutte le sezioni alpine di Emilia Romagna e Lombardia. Si tiene ogni anno con una intoccabile alternanza: una volta sopra la linea del Po, una volta sotto. Quest’anno è sotto ma appena sotto: a Piacenza. Ecco perché, vista la posizione strategica, considerato il buon nome che gli alpini nostrani si sono fatti con l’impeccabile Adunata nazionale del 2013, si prevede una mini invasione di 25 mila penne nere e simpatizzanti sabato 19 e domenica 20 ottobre. Il presidente della sezione di Piacenza, Roberto Lupi, cerca di dissimulare l’ansia. «Ci siamo proposti noi, non si poteva avere subito un’altra adunata nazionale e abbiamo pensato al raduno di raggruppamento. Sapevamo che era il turno di una sezione dell’Emilia Romagna. Gli altri presidenti ci hanno appoggiato. In tutti c’era voglia ed entusiasmo di venire a Piacenza. Qui sono stati bene e tornano volentieri». Ansia? «Un po’. Lavoro, impegno. La burocrazia non ci aiuta. Organizzare un evento da centomila persone o uno da 25 mila comporta gli stessi gravosi adempimenti». Ad esempio? «Il piano della sicurezza e quello sanitario. Ci siamo appoggiati al geometra Danilo Spataro che si occupa delle adunate nazionali». La città è pronta? «C’è grande collaborazione con gli enti pubblici. Ci ha sostenuto anche la Regione. Vedo in giro che la gente comincia ad aspettare il raduno e sono sicuro che la città ci farà fare bella figura». Gli alpini sono pronti? «C’è l’entusiasmo di sapere che stiamo facendo qualche cosa che rimarrà nella storia di Piacenza. Mi rincuora che nei nostri eventi (si veda la Festa Granda) abbiamo una macchina organizzativa rodata che tutte le sezioni ospiti ci riconoscono. Abbiamo persone che sanno che cosa fare e lo fanno bene». Al di là della festa che messaggio volete lasciare? «Apprezziamo i momenti di festa insieme ma ci interessa soprattutto riaffermare i nostri valori. Vorremmo che fossero riconoscibili da tutti». Quali valori? «Li riassumo con un termine che può sembrare vecchio: l’amor di patria. Ovvero sacrificio, rispetto, riconoscimento delle istituzioni. Noi siamo apartitici e lavoriamo assieme alle istituzioni». L’Ana nazionale è nata nel 1919. Siete l’associazione d’arma più popolare e continuate ad avere seguito. Come fate? «Il collante che ci lega è lo spirito acquisito durante il servizio militare; tra l’altro, in un ambiente come la montagna. A certe altitudini la solidarietà è fondamentale: c’è sempre qualcuno che porta lo zaino a chi non ce la fa più. Poi l’uguaglianza. Quando siamo in sfilata o nelle cerimonie con il cappello alpino in testa siamo tutti uguali. Uno può essere avvocato o medico, l’altro operaio o impiegato; da noi queste distinzioni non valgono. Il generale in pensione conta come il semplice alpino che ha fatto il servizio di leva. Siamo alpini e basta». A proposito del servizio di leva. Ci proverete anche con questo governo? «Ripristinare un servizio obbligatorio per i giovani è un tema sempre valido. Si può discutere se con le armi o senza, però per noi è essenziale. Mi auguro si possa realizzare. Alcuni segnali si iniziano a cogliere nella società civile. Come il ripristino dell’educazione civica nelle scuole». Che cosa c’entra? «Il servizio militare è anche educazione civica, sulla quale puntiamo quando andiamo a parlare ai ragazzi ». I giovani di oggi sanno chi sono gli alpini? «Stiamo facendo iniziative in questo senso. Chi in famiglia ha degli alpini ci conosce, altri un po’ meno. La nostra passione è il miglior modo per farci conoscere. Per sperare che un domani questi ragazzi considerino la naja come una cosa non così negativa come qualcuno vuol far credere». Anche in una scuola multietnica come la nostra? «A maggior ragione! Quando andiamo in classe notiamo che spesso c’è più interesse verso gli alpini nei ragazzi di origine straniera che nei piacentini». Federico Frighi scarica l'articolo in formato .pdf In via Cremona l’ok del generale Genovese l’uomo delle adunate Dopo l’adunata nazionale del 2013 che portò a Piacenza 400mila persone per un intero weekend, gli Alpini sono pronti a fare il bis, sconvolgendo la routine cittadina ancora una volta per il raduno del Secondo Raggruppamento del Nord Italia, che conta al suo interno i militari di Emilia-Romagna e Lombardia. Certo, i numeri non saranno nemmeno paragonabili a quelli dell’adunata nazionale, ma per la due giorni del 19-20 ottobre si stimano presenze attorno alle 25mila unità. Specie per la giornata di domenica, che vedrà come evento di punta la sfilata dal polo di mantenimento pesante (l’ex Arsenale) fino a Piazza Cavalli, dove sono previsti gli onori al Labaro nazionale, prima dell’atto finale: il passaggio della stecca alla città della prossima adunata, Lecco. E ieri, il generale trevigiano Renato Genovese, consigliere nazionale responsabile delle manifestazioni nazionali per Ana (Associazione Nazionale Alpini) e uomo chiave di ogni adunata, ha fatto tappa a Piacenza, nella sede Ana di via Cremona, proprio per verificare che tutto stia filando liscio in vista della pacifica invasione delle penne nere. «Sono cambiate le normative sulla sicurezza, ma per una città che ha già ospitato un’adunata nazionale – spiega Genovese – le possibili criticità sono ben note agli operatori». Il grosso dei partecipanti dovrebbe, grazie anche alla facilità di collegamento della città, arrivare la domenica mattina, ma chi si fermerà anche il sabato potrà contare sull’area per le roulotte in viale Sant’Ambrogio e sul mastodontico stand di ristorazione che verrà allestito in piazzale Plebiscito. Ci sarà inoltre, a margine dell’iniziativa – continua Genovese – «un incontro tra i presidenti di sezione del secondo raggruppamento». E se buona parte delle iniziative seguiranno il copione collaudato delle precedenti, qualche fuori programma è già noto: «In concomitanza con il summit mondiale dei premi Nobel per la pace – annuncia Roberto Lupi, presidente sezionale – agli Alpini verrà consegnato l’uomo della pace dell’artista Franco Scepi in Duomo, come riconoscimento per l’impegno nel volontariato». Riconoscimento che continuerà fuori Piacenza con la pubblicazione prevista per novembre del volume dedicato all’aspetto sociologico delle adunate, a cura dell’Università di Trento. «Ciò che ci unisce così tanto – conclude Genovese - è il periodo di leva, segno indelebile della trasformazione di noi stessi. Vicini di branda per necessità, si condivide la fatica delle marce quotidiane, indipendentemente dal ceto sociale. E nasce un’amicizia indelebile in cui ci si dà sempre del tu senza usare i titoli». Pier Paolo Tassi scarica l'articolo in formato .pdf Coro del Respighi e orchestra del Gioia portano in concerto gli evergreen alpini Il coro del liceo Respighi e l’orchestra del liceo Gioia saranno protagonisti della serata in programma oggi alle ore 21 nel Salone degli Arazzi del Collegio Alberoni. Si tratta dell’ultimo appuntamento del calendario di iniziative denominate “Aspettando il Raduno” che ha preparato la città e la provincia alla mini adunata di ottobre. L’obiettivo di questa è il coinvolgimento dei più giovani ai quali si vorrebbero trasmettere i valori di patria, solidarietà, servizio, legalità e memoria che da sempre constituiscono lo spirito delle vere penne nere. A cantare i tradizionali brani alpini sarà il coro del liceo Respighi formato da una trentina di elementi. Grande l’entusiasmo riscontrato nella preparazione: si sono inseriti anche ex alunni e docenti che hanno desiderato partecipare. Sono stati preparato brani identificativi come Sul cappello, La Valsugana e la celeberrima Signore delle cime. Il coro del Respighi è diretto da Patrizia Datilini. Gli studenti leggeranno anche la commovente lettera del giovane alpino vicentino Matteo Miotto deceduto in Afghanistan. Anche qui dopo una apposita riflessione e meditazione in classe. Una trentina anche gli studenti che compongono l’orchestra del liceo Gioia. Una formazione alimentata quest’anno da tenti nuovi elementi delle classi prime che, capaci di suonare uno strumento, si sono uniti all’orchestra diretta da Franco Marzaroli. I ragazzi si cimenteranno in brani più e meno famosi. Alcuni rievocano la Prima Guerra Mondiale. Agli studenti del Gioia è stata anche affidata la lettura de “Il paradiso di Cantore” dedicato a tutti gli alpini “andati avanti”. Sono previsti inoltre gli interventi dei giovani alpini in armi piacentini e le premiazioni dei ragazzi che hanno partecipato al concorso per la selezione del logo del Secondo Raggruppamento. La serata, presentata dalla giornalista di Telelibertà, Nicoletta Marenghi, sarà ad ingresso libero. scarica l'articolo in formato .pdf Alpini radunati a Borgonovo dalla media e alta Valtidone Borgonovo è diventato per un giorno la capitale degli alpini di tutta l’alta e media Valtidone. Le strade e le piazze del paese si sono rivestite del tricolore per accogliere una lunga sfilata di penne nere in arrivo anche dai comuni di Ziano, Pianello e Pecorara. Insieme, a Borgonovo, questi ultimi fanno parte del raggruppamento che riunisce gli alpini del comprensorio dell’alta vallata. «Ogni anno uno dei quattro comuni a turno – spiega il capogruppo delle penne nere borgonovesi, Pierluigi Forlini – se vuole ospita il raduno». Quest’anno è toccato a Borgonovo rendere omaggio allo spirito alpino, accogliendo oltre un centinaio di rappresentanti dei quattro gruppi, cui si sono aggiunti rappresentanti dei numerosi gruppi e di numerose associazioni. Tra i 21 gagliardetti che hanno sfilato lungo via Roma ce n’erano anche in arrivo da fuori provincia, a testimoniare il legame di amicizia e di solidarietà che da sempre le penne nere sanno instaurare. I canti del coro Ana Valtidone hanno accompagnato la festa che il tempo incerto non è riuscita a rovinare. Se Borgonovo ha ospitato le cerimonie ufficiali, con la sfilata la messa e poi ancora i discorsi di fronte al monumento ai caduti, la sede della frazione di Bruso ha invece accolto gli alpini per il momento più festaiolo. Qui lo spirito pratico delle penne nere ha dato dimostrazione di cosa voglia dire la parola accoglienza. Approntati i gazebo negli spazi all’aperto le penne nere di Borgonovo hanno allestito infatti un grande ritrovo conviviale per tutti i presenti. Al raduno di vallata ha partecipato, tra gli altri, anche il presidente Roberto Lupi, che a Borgonovo ha portato il saluto della sezione Ana piacentina, mentre Roberto Migli (presidente del collegio dei revisori dei coni del consiglio nazionale) ha portato il saluto ideale di tutti gli alpini d’Italia. «L’11 ottobre annuncia Forlini – saremo di nuovo in pista per preparare il risotto davanti al cinema Capitol durante una serata benefica e poi di nuovo il 20 ottobre saremo fuori dalla parrocchia per distribuire le caldarroste»._MM scarica l'articolo in formato .pdf Si è spento Bruno Anguissola l’ultimo vecio degli alpini di Travo Se ne va anche l’ultimo “vecio” degli alpini di Travo, una delle colonne portanti delle Penne Nere: dopo essere riuscito da poco a toccare il traguardo dei 105 anni, Bruno Anguissola è “andato avanti”, come amano dire gli stessi alpini. Lo ha fatto in punta di piedi, com’era nel suo stile fatto di tanta modestia e semplicità, nella sua amata abitazione di Travo. Bruno Anguissola porta via con sé i ricordi e le esperienze della maggior parte della storia del Novecento, spesso storie di atrocità e violenze inaudite a cui è stato costretto ad assistere, dalla Guerra d’Africa alla lotta partigiana. La sua memoria storica è rimasta forte e vivida fino agli ultimi giorni, anche quando ormai aveva scelto di evitare le uscite pubbliche, preferendo restare in casa per qualche difficoltà motoria. Lì è spirato nella giornata di venerdì, circondato dall’amore dei figli e dei suoi nipoti. «L’ultima volta che ci siamo visti è stato il 1 settembre scorso, in occasione del nostro raduno di gruppo» spiega il capogruppo delle Penne Nere di Travo Marco Girometta. «Anche se non ha partecipato alla festa, quando siamo passati in corteo si è fatto trovare davanti a casa, con il testa il suo cappello e con la nostra divisa. E passando, tutti l’hanno salutato e gli hanno reso omaggio. Bruno era ancora lucidissimo e in gamba, come quando siamo andati a trovarlo qualche mese fa per il suo compleanno. Per Travo questa è una grave perdita». Bruno Anguissola era nato il 10 luglio del 1914 a Travo, dove si era sempre dedicato al lavoro dei campi fino a quando costretto dalla guerra. Finisce in Africa nel 1936 e dopo l’otto settembre del 1943 passa dalla Francia al Montenegro, fino alla Jugoslavia. Quando torna nella sua Valtrebbia, il suo posto è tra i partigiani: sale su a San Giorgio di Bobbiano, una delle principali roccaforti dei “ribelli” e, a guerra civile finita, si ritrova 30enne e pronto a vivere la sue vera vita. Sposa Maria Deviletti (scomparsa una ventina d’anni fa), dalla quale ha due figli: Elda e Renzo. Dopo il lavoro di cavatore tra Travo e Perino, finisce alla Cementirossi e da quasi mezzo secolo era felicemente in pensione. Per i suoi 100 anni, l’alpino Bruno aveva avuto un festeggiamento speciale, che aveva coinvolto l’intero paese: dopo una messa a Caverzago, quando era tornato a casa l’aveva trovata addobbata di bandiere tricolori, con tanti travesi amici, il picchetto d’onore degli alpini e perfino la banda a suonare. Una cerimonia emozionante non solo per lui, ma anche per tutti i partecipanti in quel giorno speciale. I funerali saranno celebrati domani mattina nella chiesa di Travo. Alle ore 10 il corteo partirà dalla sua abitazione di via Papa Giovanni XXIII per poi recarsi in chiesa: lì, ad attenderlo, ci saranno ancora una volta i “suoi” alpini per l’ultimo abbraccio. _C.B. scarica l'articolo in formato .pdf Verso il Raduno gli studenti dei licei cantano i cori alpini Anche gli studenti piacentini partecipano alle iniziative in vista del Raduno degli alpini del 2°Raggruppamento di Emilia Romagna e Lombardia, un evento che il 19 e 20 ottobre porterà a Piacenza circa 25mila persone. Il coro del liceo Respighi e l’orchestra del liceo Gioia saranno protagonisti della serata in programma il 4 ottobre alle 21 nel prestigioso Salone degli Arazzi del Collegio Alberoni. Si tratta dell’ultimo appuntamento del calendario di iniziative “Aspettando il Raduno” che ha preparato la città e la provincia alla mini adunata. «Per noi era importante riservare ai ragazzi una serata in vista del Raduno perché alle giovani generazioni che vogliamo trasferire i valori della nostra associazione, il nostro futuro passa attraverso di loro – spiega Gian Luca Gazzola, vicepresidente della Sezione alpini di Piacenza e referente dell’organizzazione – . L’auspicio è che tanti piacentini possano partecipare alla serata per condividere con noi l’attesa». A cantare i tradizionali brani alpini sarà il coro del liceo Respighi formato da una trentina di elementi. «Sorprendentemente i più giovani amano affrontare i canti di questa tradizione. Abbiamo riscontrato molto entusiasmo nella preparazione, si sono inseriti anche ex alunni e docenti che hanno desiderato partecipare. Abbiamo preparato brani identificativi come Sul cappello, La Valsugana e la celeberrima Signore delle cime» ha spiegato Patrizia Datilini, direttrice del coro del Respighi. Gli studenti dello Scientifico leggeranno anche la commovente lettera del giovane alpino vicentino Matteo Miotto deceduto in Afghanistan. Una trentina gli studenti che compongono l’orchestra del liceo Gioia. «Abbiamo tanti nuovi elementi di prima che suonano uno strumento e si sono uniti alla nostra formazione – ha spiegato il direttore Franco Marzaroli -. I ragazzi hanno accolto con interesse i brani proposti, alcuni rievocano la Prima Guerra Mondiale mentre altri sono molto popolari». Agli studenti del Gioia è stata affidata la lettura de “Il paradiso di Cantore” dedicato a tutti gli alpini “andati avanti”. Previsti gli interventi dei giovani alpini piacentini in armi e le premiazioni dei ragazzi che hanno partecipato al concorso per il logo del Raduno. _Nicoletta Marenghi scarica l'articolo in formato .pdf Benvenuti Alpini in ottobre Piacenza ospita l’adunata Gli Alpini tornano a Piacenza. Partita la macchina organizzativa per ospitare il raduno del Secondo Raggruppamento del Nord Italia (Emilia e Lombardia) che si terrà nella nostra città il 19 e 20 ottobre prossimi. Sono attese circa 25 mila persone e si prospetta un ricordo, seppur in tono minore, del raduno avvenuto già nella nostra città nel 2013. «Sarà un’occasione importante per Piacenza, non solo per mettere in mostra la bellezza del proprio territorio, ma soprattutto per fare rete con le diverse realtà economiche al fine dell’ottima riuscita dell’evento » interviene il presidente di Unione Commercianti Piacenza Raffaele Chiappa. «Come Associazione - riprende il presidente - abbiamo deciso di stanziare un contributo a favore dell’evento manifestando altresì la nostra vicinanza a tutta l’organizzazione e alla cittadinanza stessa. Lavoro e impegno che ci hanno già visti coinvolti anche nella precedente adunata, del 2013, grazie alla quale non solo il settore della ristorazione e del turismo ma anche e soprattutto quello del commercio ne hanno giovato. Occorre quindi pensare all’indotto che porta un evento del genere, all’importanza di fare squadra con le diverse realtà coinvolte. Basti pensare all’impatto previsto sul settore ristorazione-bar di 530mila euro ». «Ringrazio personalmente il presidente Chiappa e tutta l’Associazione, per la vicinanza che ha voluto dimostrare nei nostri confronti » interviene il presidente sezionale Roberto Lupi. Con l’occasione ricordiamo il programma della manifestazione che vedrà coinvolta tutta la città. Sabato 19 ottobre: ore 15:00 Ammassamento (Via Maculani), Accoglienza del Labaro Nazionale ANA, Sfilata al monumento ai Caduti (Viale Risorgimento - Piazza Cavalli), Alzabandiera (Piazza Cavalli), Deposizione corona monumento ai Caduti (Piazza Cavalli); ore 17:00 Santa Messa in Duomo (Piazza Duomo); ore 21:00 Concerto Fanfara Brigata Alpina Turinense (Palazzo Gotico); ore 22:30 Concerto e carosello Fanfare (Piazza Cavalli). Programma di domenica 20 ottobre: ore 8:30 Accreditamento Sezioni e Gruppi (Polo Mantenimento Pesante Nord - Piazzale Torino); ore 9:00 Ammassamento (Polo Mantenimento Pesante Nord); ore 9:30 Accoglienza Gonfaloni, Allocuzioni Autorità, Sfilata, Passaggio della stecca (Piazza Cavalli), Ammainabandiera (Piazza Cavalli). Per ulteriori informazioni è possibile visitare il sito www.anapiacenza. it _Testi a cura di Laura Carabia e Daniela Scotti scarica l'articolo in formato .pdf Verso il raduno, agli alpini il premio del segretariato Nobel Non è un premio Nobel vero e proprio. Tuttavia ne custodisce il sapore e la familiarità. Si tratta del riconoscimento del Segretadato permamente del Summit mondiale dei Premi Nobel per la Pace che ha sede a Piacenza Quest'anno è stato deciso di assegnarlo all'Associazione nazionalealpini(Ana). La riproduzione dell'Uomo della pace di Scepi sarà consegnata nelle mani del presidente nazionale Sebastiano Favero duranteil radunodelSecondo Raggruppamento il 19 e 20 ottobre prossimi a Piacenza. «È un premio speciale- anticipa solo Marzio Dallagiovanna, vice presidente del Segretariato -, come quelli che abbiamo conferito, con diverse motivazioni, all'imprenditrice Diana Bracco ed agli scienziati Carlo Rubbia e Rita Levi Montalcini». I.:Associazione nazionale alpini è stata scelta «per il grande impegno sociale, lo spirito di sacrificio e di abnegazione con cui si è sempre distinta senza guardare alla razza e alla religione in ogni Paese del mondo». la motivazione completa verràannunciatadurantelapresentazione ufficiale del premio. •Per la Sezione alpini di Piacenza è motivo di orgoglio che il premio vengaconsegnatoalli\nanazionaleproprio da noi durante il Raduno - ci tiene a sottolineare il presidente Robetta Lupi-. Abbiamo scelto come momento la messa celebrata dal vescovo in Duomo il pomeriggio del 19 (inizio alle 17)». Ancora da definire se all'inizio o. più probabilmente, al termine. Intanto fervono i preparativi per il raduno che tra meno di un mese poneràaPiacenzaglialpinidiEmilia Romagna e Lombardia È prevista un'affiuenzaintomo alle 25mila persone. I..:Amministrazione comunale rinnova l'invito ai titolari di esercizi di ristorazione e strutture ricettive operanti in città, affinchè fonriscano allo Spottello Iat i recapiti e i dati aggiornati sulle proprie attività. Leinfonnazioni saranno pubblicate, gratuitamente, sul panale turistico comunale www.piacerepiacenza.it , sullaApp ufficiale "Piacenza" e sul sistema informativo http://turismo. provinciapiacenzait È inoltre già attiva e costantemente aggiornat3t sulsitowww.comune.piacenzait , l'apposita sezione ''Adunata Alpini''. •!:obiettivo-spiegano gli assessori Jonathan Paparnarenglti e Stefano Cavalli-è quello di arricchire i servizi peri visitatori, andando a completare la presentazione dell'affetta turistica anche sotto il profilo della ricettività alberghiera e della buona tavola, valodzzandogliaspettilegatiallaqualità, al ventaglio di proposte del territorio e all'enogastronomia Crediamo che sia un'oppottunità preziosa anchepergli operatori economici, che senza costi aggiuntivi.possono contare su una vetrina istituzionale di rilievo». Per rendere la città più accogliente e più bella la sezione alpini di Piacenzahainvitato icittadiniadaffiggere alle finestre e ai balconi una bandiera tricolore. Anche l'Editoriale Llbertà ha aderito all'iniziativa. La bandiera italianaègiàdisponibile in tutte le edicole insieme al quotidiano Ubertà. Federico Frighi scarica l'articolo in formato .pdf Gnocco fritto, birra e musica: Besurica in “September fest” Tra gnocco fritto, birra e musica, la quarta edizione del “September fest” alla Besurica si è riconfermata un successo. Venerdì pomeriggio, all’esterno del centro diurno per anziani gestito da Unicoop, circa cinquanta persone hanno cantato e mangiato per l’intero pomeriggio. L’evento, ispirato per scherzo all’Oktoberfest di Monaco di Baviera, ha visto la partecipazione dei “nonni” e delle “nonne” della struttura, famigliari e bambini della scuola materna del quartiere. Gli alpini del gruppo di Borgonovo si sono schierati alla friggitrice per preparare il gnocco fritto per tutti i presenti: le penne nere Piero Bosini, Dante Bollati e Giorgio Braghè, così , hanno garantito un sostegno volontario di fondamentale importanza per la buona riuscita della manifestazione. In sottofondo, il musicista Daniele Trinciavelli ha allietato il clima con le canzoni italiane e straniere più conosciute. E in pista, in men che non si dica, gli anziani più arzilli hanno iniziato a ballare insieme agli operatori di Unicoop. «Il “September fest”, a modo suo, promuove una vecchiaia attiva e innovativa - ha spiegato l’animatrice sociale Isabella Bernazzani -. Le iniziative come queste favoriscono la socializzazione, migliorano le relazioni e aumentano il senso di comunità. E la forma dell’associazionismo è determinante per organizzare queste feste, perché ci permette di coltivare collaborazioni non solo con enti scolastici pubblici o privati ma anche con i singoli cittadini». Al “September fest”, inoltre, hanno preso parte gli ospiti del centro diurno Unicoop del Facsal e dei Centri socio riabilitativi residenziali per disabili. _Thomas Trenchi scarica l'articolo in formato .pdf Il centro diurno cresce con l’aiuto dei gruppi Alpini La festa di fine estate al Centro socio- riabilitativo diurno “Mastro Balocco” gestito dalla cooperativa sociale Coopselios, è stata l’occasione per presentare ai familiari dei frequentanti le attività laboratoriali svolte. In particolare, la mostra di pittura “Non tutto il circo sta sotto al tendone”, con le opere realizzate dai ragazzi durante l’attività di arte creativa e un’esibizione di circo sociale in collaborazione con l’associazione sportiva TresPass. L’attività di circo sociale, condotta dai tecnici Dario Rigolli e Talita Ferri, ha avuto come obiettivo l’uso della spettacolarità del circo per promuovere lo sviluppo psicofisico degli ospiti; attraverso esercizi di giocoleria, di equilibrio e acrobatica assistita si è riusciti a stimolare concentrazione, la capacità di mettersi in gioco, migliorando le relazioni nel gruppo. L’attività è stata possibile grazie ad una raccolta fondi fatta da gruppi alpini della Brigata Julia classe 1946 in memoria di Giorgio Argellati, ex capogruppo degli alpini di Carpaneto, scomparso nei mesi scorsi e figura di riferimento per i frequentatori del centro diurno._Flu scarica l'articolo in formato .pdf Premio alpino al diacono Boledi «Tiene vive le parrocchie senza preti» Sul cappello alpino del Sesto Reggimento ha fissato la spilla dell’Adunata nazionale di Piacenza, don Emidio Boledi è conosciuto come il diacono alpino ed è colui che ha contribuito alla rinascita delle parrocchie di Pigazzano, Scrivellano e Statto rimaste senza parroco. Grazie alla sua opera quotidiana a favore della comunità, sabato 5 ottobre a Savona riceverà un premio nazionale. Si tratta del “Diploma di merito” che ogni anno viene assegnato a un alpino nell’ambito del premio “Alpino dell’anno” istituito nel 1973 e destinato alle penne nere in armi e in congedo che si sono contraddistinte “per un’azione eroica, morale o di umana solidarietà”. Don Emidio Boledi, nato a Sarmato nel 1938, tra i rifondatori del Gruppo di Gragnano e oggi iscritto a quello di San Nicolò, è stato candidato dalla Sezione di Piacenza e la sua “opera eroica” consiste nella vicinanza alle piccole comunità della montagna piacentina. Il motto del suo Reggimento era “Più salgo più valgo”. «Quando salgo sui monti d’inverno con la neve lo ricordo sempre» sottolinea don Emidio. Sposato, padre di due figli e nonno di tre nipoti, quando è andato in pensione (da tecnico telefonico) è stato ordinato diacono dal vescovo monsignor Luciano Monari. «I valori alpini di solidarietà, amicizia e servizio verso i più deboli sono gli stessi del diaconato. Come gli alpini i diaconi si mettono a servizio della collettività senza chiedere nulla» spiega don Emidio. La sua vocazione è nata quando la famiglia di un ragazzo che aveva subito gravi lesioni in seguito a un incidente stradale gli chiese di aiutarlo. «È lì che è nato il mio desiderio di stare accanto a chi ha bisogno – racconta -. Nel diaconato ho trovato il mio posto a servizio degli altri». L’auspicio è che in tutte le comunità ci sia sempre spazio per il Vangelo e che l’Associazione nazionale alpini possa proseguire la sua attività grazie all’arrivo di nuovi “bocia”. «È la prima volta che un piacentino riceve questo riconoscimento nazionale, siamo molto orgogliosi » ha commentato il presidente della Sezione alpini di Piacenza Roberto Lupi intento, insieme alle penne nere, nell’organizzazione del Raduno del Secondo Raggruppamento di Emilia Romagna e Lombardia in programma a Piacenza il 19 e 20 ottobre. L’alpino Boledi dedica il riconoscimento alla Sezione degli alpini di Piacenza, all’amico e past president Bruno Plucani, agli alpini “andati avanti” e ai diaconi. Il premio verrà consegnato a Savona il 5 ottobre in occasione del Raduno del Primo Raggruppamento. La Sezione di Piacenza organizza un pullman. La sindaca di Piacenza, Patrizia Barbieri (anche in veste di presidente della Provincia), ha inviato un messaggio di congratulazioni al diacono Boledi. Nicoletta Marenghi scarica l'articolo in formato .pdf Sfila l’orgoglio alpino «I nostri valori antidoto ai mali della società» La sessantottesima Festa Granda si è conclusa ieri e, nonostante la pioggia battente che non ha dato tregua per tutta la mattinata, è stata un successo. Sono stati circa 500 gli alpini che hanno sfilato lungo le vie del centro di Cortemaggiore, portando i propri vessilli e i loro gagliardetti. La giornata è iniziata con l’alzabandiera per poi proseguire con la grande sfilata accompagnata dalla fanfara sezionala di Piacenza e quella dei congedati Orobica. «È stato un grande impegno organizzare questa festa - ha esordito il capogruppo di Cortemaggiore Fabio Devoti durante le allocuzioni svoltesi in Basilica - Ringrazio tutti gli intervenuti che, nonostante la pioggia ci hanno onorato della loro presenza». Il sindaco di Cortemaggiore Gabriele Girometta ha sottolineato come la presenza degli alpini ha reso più bello il paese grazie al loro spirito di coesione. Girometta ha anche ricordato la tragedia che ha colpito la famiglia di Elisa Pomarelli, una notizia che ha tenuto col fiato sospeso tutta la comunità piacentina e non solo, che purtroppo si è conclusa nel peggiore dei modi. Un grandissimo applauso si è levato dalla gremita Basilica in segno di vicinanza e partecipazione al dolore dei familiari e amici di Elisa. In rappresentanza della Provincia di Piacenza era presente Romeo Gandolfi, anche sindaco di Fiorenzuola che ha salutato la platea precedendo il presidente Ana di Piacenza Roberto Lupi e il direttore del Polo di Mantenimento Pesante Nord di Piacenza, generale Sergio Santamaria. «Porto i saluti dell’Ana nazionale - ha dichiarato il vicepresidente Mauro Buttigliero - La magia della Festa Granda continua. Sfilare per Cortemaggiore, come in tutti i paesi piccoli, è bellissimo e importante. Pensiamo che queste feste si ripetono in altri centinaia di piccoli paesi. Il cappello alpino è l’antidoto per i tanti mali della nostra società, con troppo egoismo e individualismo. I nostri valori sono all’opposto, siamone orgogliosi ». La Messa domenicale, in occasione della Festa Granda è stata celebrata dal vescovo monsignor Gianni Ambrosio. Con lui hanno concelebrato il cappellano sezionale don Stefano Garilli, il parroco di Cortemaggiore don Paolo Chiapparoli, quello di Chiavenna don Armando Tromba, e quello e di Besenzone, don Giancarlo Plessi. «Possiamo vedere la logica dell’amore, la logica del servizio, nel comportamento degli alpini - ha commentato il vescovo - Comunione, fraternità e solidarietà sono azioni che si devono mettere in pratica ogni giorno come fanno gli alpini, anche per manifestare la nostra fede nel Signore». Hanno presenziato alla cerimonia anche i Templari Cattolici d’Italia. Al termine della messa sono state consegnate targhe di riconoscenza e due contributi all’associazione sportiva Corte calcio e all’associazione dei malati oncologici di Piacenza. «Spesse volte gli alpini aiutano la ricerca - ha commentato, ringraziando, il dottor Luigi Cavanna - sapere di avere associazioni come la vostra vicina a chi, quotidianamente, lotta contro la malattia, è importante». La mattinata si è conclusa col passaggio della “stecca” da Cortemaggiore a Bettola, nelle mani del sindaco Paolo Negri e del capogruppo degli alpini di Bettola Giancarlo Carini, che organizzeranno la Festa Granda nel 2020. Fabio Lunardini Vanda, a 88 anni il suo primo volo in elicottero «Che emozione!» Nel pomeriggio di ieri anche sole ha voluto partecipare alla Festa Granda, e questo ha permesso di poter realizzare il programma completo, come previsto, col salto dei paracadutisti. Dall’elicottero hanno saltato cinque paracadutisti alpini, ovvero Alberto Marcolongo, Pierangelo Lunardi, Alberto Dal Zono, Angelo Pirana e Mauro Tenani e, in un secondo decollo, quattro paracadutisti, Luigi Pomarelli, Paolo Robuschi, Giovanni Maria Piana e Giovanni Contorti. I paracadutisti, scendendo, hanno spiegato una bandiera italiana e, intanto che il Tricolore sventolava nel cielo sopra a Cortemaggiore, la fanfara dei congedati Orobica ha intonato il Silenzio e l’Inno d’Italia che, in un momento particolarmente emozionante, è stato cantato da tutti i presenti. L’evento dei salti dei paracadutisti alpini è stato dedicato a Guadalberto Biffi, alpino amico del gruppo di Cortemaggiore, che lo ha avvicinato alla Fondazione “Don Carlo Gnocchi” e che è stato fondatore dei paracadutisti alpini. Erano presenti anche le figlie Barbara e Nadia che hanno assistito alla manifestazione. Dopo i lanci dei paracadutisti, l’elicottero è rimasto a disposizione dei cittadini, per coloro che fossero stati interessati a sorvolare il paese. Ben dodici decolli sono stati prenotati e hanno portato in quota 60 persone. Tra queste, anche una signora di 88 anni, Vanda Ferrari di Cortemaggiore, accompagnata dalla figlia Antonella: «Non avevo mai volato in vita mia – ha commentato Vanda – Sono stata molto contenta di averlo fatto, mi è piaciuto e avrei voluto che durasse per più tempo. Una divertente esperienza, anche emozionante. Il mio paese, visto dal cielo, è molto bello. Con questo volo, alla mia età, vorrei dire, alle nuove generazioni, di non abbattersi e di non arrendersi mai. Il futuro può sempre riservare sorprese e cose piacevoli». Maurizio Venturin, presidente nazionale dei paracadutisti alpini, ha chiamato durante i salti, le autorità presenti per un breve saluto agli spettatori ed ha spiegato anche l’alta specializzazione degli alpini che possono atterrare col paracadute sui posti più impervi delle montagne, e effettuare lanci di precisione su ogni superficie, ghiacciai compresi. L’ammainabandiera ha chiuso ufficialmente la 68esima Festa Granda che ha avuto, nella serata di ieri sera, il momento conviviale con balli, musica e tanta allegria, aiutata dalla cucina a cura del gruppo magiostrino. Mentre l’appuntamento 2020 è a Bettola, il sindaco Gabriele Girometta ha auspicato, annunciandolo a tutti i presenti, durante la mattinata, che Cortemaggiore si candida per ospitare la Festa Granda del 2029. _Flu scarica l'articolo in formato .pdf Premi alle associazioni che hanno contribuito alla riuscita della giornata Il ricevimento, da parte dell’Amministrazione, delle autorità alpine intervenute alla Festa Granda, è stato presentato dallo speaker ufficiale della manifestazione da più di 20 anni, l’alpino Nicola Stefani. «Cortemaggiore ha una illustre storia antica – ha esordito il sindaco Gabriele Girometta – Oggi siamo orgogliosi di ospitare gli alpini con i loro valori». Il capogruppo degli alpini di Cortemaggiore Fabio devoti ha sottolineato come l’organizzazione della Festa Granda è merito di tutti i soci e delle associazioni del paese che da subito hanno partecipato con entusiasmo per la buona riuscita della manifestazione. Il presidente provinciale dell’Associazione nazionale alpini Roberto Lupi ha ringraziato gli intervenuti e i numerosi esponenti di spicco del mondo alpino, tra i quali il vicepresidente nazionale Mauro Buttigliero, i consiglieri nazionali Giancarlo Bosetti e Antonio Franza, i revisori dei conti Roberto Migli e Remo Ferretti, il segretario nazionale Maurizio Plasso, il colonnello Davide Maghini e gli ex presidenti provinciali Aldo Silva, carlo Fumi e Bruno Plucani. «Gli alpini non sono mai forestieri – ha ricordato Buttigliero – Ovunque andrai col tuo cappello da alpino, un amico lo troverai sempre. Si sente spesso parlare dei valori alpini, questi sono il rispetto delle istituzioni. Abbiamo combattuto guerre e oggi compiamo azioni di solidarietà. Siamo 350 mila e siamo tutti uniti rispettando le regole. Anche questa è una magia, come ricordava Devoti. Siate orgogliosi di essere alpini in mezzo alla gente». Nel corso del ricevimento sono state premiate le diverse associazioni che hanno contribuito alla festa, tra queste l’associazione “Turistica” che ha donato anche un contributo, l’Avis, la Pubblica Assistenza, la banda La Magiostrina, i Ladri di Fragole, l’Anspi di Besenzone, la Corale e il Rugby Valdarda. Come miglio vetrina a tema dei commercianti è stata premiata la gastronomia di Sandra Viviani “L’angolo delle Delizie”. Attestati di merito sono stati consegnati, oltre che ai già citati illustri ospiti alpini, anche al comandante della Polizia locale Massimo Misseri, a Paola Tonna per la realizzazione del volantino promozionale della Festa e allo speaker storico Nicola Stefani. _Fl scarica l'articolo in formato .pdf «Vogliamo tramandare ai giovani i nostri valori e l’amore per la Patria» «La Festa Granda degli alpini è una magia. Una magia che cerchiamo di trasmettere a tutti e in modo particolare a voi bambini». Con queste parlo il capogruppo degli alpini di Cortemaggiore Fabio Devoti, ha salutato tutti i bambini delle scuole del paese che hanno allestito una mostra a tema “alpini” nel teatro comunale Eleonora Duse. Ieri infatti è proseguita la 68ª Festa Granda provinciale che terminerà oggi ma che ha avuto la sua inaugurazione nella serata di venerdì con un concerto del coro sezionale di Milano e dei cori piacentini Ana Valtidone e Valnure. La giornata di ieri è iniziata con l’inaugurazione della “cinta del campo di croci” al cimitero comunale, cioè una siepe di “Photinia” che circonda il “Parco della Memoria” e che va ad impreziosire tutta l’area. Devoti ha spiegato come da sempre gli alpini tengano alla memoria di chi “è andato avanti” e questo parco rinnovato ne è la prova, così come la deposizione di fiori con gli onori alla tomba del fondatore del gruppo Giovanni Mazzetto. «Vorrei ringraziare pubblicamente i ragazzi dell’Istituto Marcora, con il nuovo coordinatore Gianmaria Cabrini – ha dichiarato il sindaco di Cortemaggiore Gabriele Girometta - Hanno messo a dimora la siepe e partecipano sempre attivamente ad ogni iniziativa comunale ». Al teatro comunale Duse, successivamente, sono state premiate tutte le scolaresche che hanno eseguito cartelloni e ricerche sugli alpini. Devoti ha ricordato ancora come gli stessi alunni avevano partecipato alle lezioni, promosse dal gruppo, sulla storia degli alpini e diversi di loro erano anche andati alla gita alpina presso il santuario di Asiago. «Riuscire a coinvolgere le nuove generazioni è molto positivo – ha spiegato il presidente provinciale Ana Roberto Lupi – Con queste azioni si riescono a tramandare i nostri valori e l’amore per la Patria». Anche il sindaco Gabriele Girometta ha fatto i complimenti agli alunni e alla loro insegnanti per essere stati all’altezza dell’importante evento che ha coinciso anche con il 50 di fondazione del gruppo alpini di Cortemaggiore. Un ospite illustre di ieri è stato il tenente colonnello alpino Davide Maghini, del comando supporti tattici della Julia, che ha voluto ricordare ai bambini che si deve difendere quello che abbiamo, la nostra libertà, anche per onorare e rispettare chi ci ha preceduto e che, con grade sacrificio, ha contribuito a rendere migliore la nostra vita. La giornata di oggi, domenica, inizierà alle ore 9 con l’alzabandiera presso il monumento dei caduti per poi far sfilare alpini e fanfare dalle ore 9,50. Le allocuzioni delle autorità saranno alle ore 10,30 e anticiperanno la Santa Messa delle ore 11,15 che sarà celebrata dal vescovo Gianni Ambrosio, insieme al cappellano sezionale don Stefano Garilli e ai parroci don Armando Tromba, don Paolo Chiapparoli e don Giancarlo Plessi. Alle ore 15 è previsto il lancio dei paracadutisti alpini e paracadutisti. Ammaina bandiera alle ore 16,30, prima della serata musicale che chiuderà la Festa Granda. Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Aschieri (Progetto Vita): «Cardioprotetto anche il raduno del 2° Raggruppamento» Almeno venti volontari dotati di altrettanti zainetti contenenti un defibrillatore ciascuno. Così il raduno del Secondo raggruppamento degli alpini del nord Italia (Emilia e Lombardia) - in programma nel weekend del 19 e 20 ottobre a Piacenza - verrà cardioprotetto. Lo ha annunciato la dottoressa Daniela Aschieri, referente dell’associazione “Progetto Vita”: «Anche stavolta, come nell’adunata nazionale del 2013, il piano di sicurezza sanitaria sarà implementato con una ventina di Dae in giro per la città». Intanto ieri mattina, prima del consiglio direttivo dell’Associazione nazionale alpini (Ana) a palazzo Mercanti, un defibrillatore di buon auspicio è stato donato da “Progetto Vita” al presidente Sebastiano Favero con l’augurio che tutte le sedi delle penne nere possano dotarsi del dispositivo nel prossimo futuro. Questo apparecchio salvavita, frutto della generosità piacentina, verrà installato nella base operativa nazionale degli alpini situata a Milano. E quale miglior punto di partenza, se non proprio Piacenza - la città più cardioprotetta d’Europa -, per sancire questo impegno? Aschieri, primario di cardiologia all’ospedale di Castelsangiovanni, ha ricordato come l’indimenticabile adunata nazionale degli alpini del 2013, ospitata nel nostro territorio, fu «totalmente cardioprotetta, con cinquanta defibrillatori mobili per proteggere la manifestazione». Fu un primato assoluto: il primo evento di queste dimensioni, con mezzo milione di partecipanti, capace di prevenire e intercettare un eventuale arresto cardiaco. Attraverso la collaborazione fra il comitato organizzatore e “Progetto Vita”, infatti, cinquanta volontari indossarono le sacche con i defibrillatori semiautomatici. E in quell’occasione, dopo la parata, l’alpino bresciano Gino Benedetti fu colpito da arresto cardiaco, rianimato con due scariche e salvato grazie alla perfetta catena d’intervento dell’associazione piacentina. Di passi avanti, in questi anni, ne sono stati fatti parecchi: negli ultimi mesi, il Parlamento ha discusso una norma salvavita - in vigore, probabilmente, a partire dall’autunno - che si rifà al modello di Piacenza come città cardioprotetta. La proposta di legge - a cui la dottoressa Aschieri ha contribuito concretamente - prevede l’introduzione dell’obbligo dei Dae (defibrillatore semiautomatico esterno) in numerosi luoghi pubblici, puntando a diffondere la consapevolezza che il fattore-tempo è determinante per salvare migliaia di vite. scarica l'articolo in formato .pdf «Alpini preziosi nell’aiutare gli altri e per le istituzioni» Il municipio di Piacenza si è trasformato nel quartier generale delle penne nere. Ieri mattina, i vertici dell’Associazione Nazionale Alpini (Ana) hanno scelto il cuore istituzionale della nostra città come fulcro decisionale delle prossime iniziative che riguarderanno tutt’Italia. Nell’aula di palazzo Mercanti, infatti, si è svolta in via esclusiva la riunione di giunta e del consiglio direttivo dello storico gruppo italiano d’arma fondato nel 1919 da un gruppo di reduci della Grande Guerra, che pochi mesi fa ha festeggiato il primo secolo di vita. Accompagnati dal presidente provinciale Roberto Lupi e dai rappresentanti della sezione locale dell’Ana, così , il presidente nazionale Sebastiano Favero e i componenti del consiglio di presidenza sono arrivati nella nostra città per un’assemblea a porte chiuse (fra le altre cose, incentrata sulle prossime iniziative nazionali e sull’impegno portato avanti a favore delle popolazioni terremotate). Alle ore 9.30 in punto, gli alpini si sono seduti sugli scranni del municipio e hanno atteso l’ingresso della sindaca di Piacenza Patrizia Barbieri. La quale, dopo il rigoroso saluto alla bandiera, ha preso la parola per esprimere la propria gratitudine all’attività quotidiana delle penne nere: «Il vostro lavoro, scandito da un sorriso rassicurante e da un affetto profondo, è davvero prezioso, sia per l’appoggio ai cittadini in difficoltà che per la collaborazione concreta con le istituzioni», ha dichiarato il primo cittadino rivolgendosi direttamente agli alpini presenti. I vertici dell’Ana sono stati accolti dalle bandiere italiane che campeggiano in tante strade piacentine: «Anche molti cittadini che hanno visto il tricolore qua e là - ha aggiunto la sindaca - si chiedono con entusiasmo e ansia quando torneranno gli alpini». E la risposta è presto detta: nel weekend del 19 e 20 ottobre, Piacenza diventerà la cornice del grande raduno delle penne nere di Emilia Romagna e Lombardia. Un evento attesissimo, a cui gli alpini piacentini stanno lavorando pancia a terra: «Tra poco più di un mese - ha affermato il presidente provinciale Lupi -, il raduno del Secondo raggruppamento vedrà 25mila presenze nel nostro territorio ». Anche il presidente nazionale Favero non mancherà all’appello, perché «Piacenza è una città dal cuore alpino». E pure dal cuore d’oro: prima di dare il via ai lavori del consiglio direttivo, infatti, la dottoressa Daniela Aschieri di “Progetto Vita” ha donato alle penne nere un defibrillatore da installare nella sede generale di Milano. Thomas Trenchi
QUESTA SERA LA CHIUSURA DELLA FESTA GRANDA E da oggi scatta il conto alla rovescia per “l’adunatina” del 19 e 20 ottobre Stasera, a Cortemaggiore si chiuderà il sipario della 68esima edizione della Festa Granda, il raduno provinciale delle penne nere. Da questo momento in poi, gli alpini di Piacenza avranno occhi solo per il weekend del 19 e 20 ottobre: a Piacenza, infatti, arriverà il raduno del Secondo Raggruppamento dell’Ana di Emilia-Romagna e Lombardia, con 25mila presenze attese tra iscritti e familiari. La sezione di Piacenza è al lavoro da mesi con il Comune per organizzare al meglio questo importante evento, secondo solamente all’adunata nazionale. Il programma della due giorni è fitto. Sabato mattina, alle 10, si terrà la riunione dei presidenti di sezione a palazzo Farnese con l’arrivo del labaro nazionale. Alle 15.30, in via Maculani ci sarà l’ammassamento, la partenza della sfilata al monumento ai caduti e l’alzabandiera in piazza Cavalli. La giornata proseguirà con la messa in Duomo alle 17. Il concerto della Brigata alpina taurinense popolerà palazzo Gotico alle 21, mentre il carosello delle fanfare degli alpini congedati animerà piazza Cavalli alle 22.30. Domenica, invece, le attività delle penne nere si sposteranno prima nel Polo di mantenimento pesante nord in viale Malta e poi in piazza Cavalli con il passaggio della stecca, gli onori al labaro nazionale e l’ammainabandiera. Gli alpini hanno invitato i piacentini a esporre la bandiera italiana dalle proprie abitazioni, perciò Libertà ha lanciato l’iniziativa “Bandiera tricolore” da oggi in edicola con il quotidiano. _TT scarica l'articolo in formato .pdf «Benvenuti alpini!» La festa entra nel vivo Tricolore nelle strade Il tricolore sventola in ogni strada del centro, la Festa granda è cominciata. Dopo gli applauditi concerti di ieri sera dei cori della sezione di Milano e Ana Valtidone e Valnure, oggi pomeriggio, a partire dalle ore 15, il paese comincerà ad accogliere le penne nere che si ritroveranno al municipio. A seguire verrà inaugurata la “cinta capo di croci” al cimitero comunale dove verranno ricordati i caduti e, in modo particolare il fondatore del gruppo Giovanni Mazzetto. Dalle ore 16, al teatro Duse sarà visitabile la mostra a tema alpini realizzata dagli alunni di tutte le scuole di Cortemaggiore. Alle ore 17,45, l’Amministrazione comunale riceverà le autorità Ana nazionali, regionali e provinciali. La cena e la serata musicale con l’orchestra Ringo Story, terminerà la giornata. Domani il ritrovo sarà al monumento dei caduti per l’alzabandiera delle ore 9. Saranno presenti autorità civili e militari e il più alto numero mai registrato ad una Festa granda di consiglieri nazionali Ana, che verranno accolti dal capogruppo degli alpini di Cortemaggiore, Fabio Devoti, con i soci e i consiglieri Emanuele Braghieri, Stefano e Roberto Boaron, Amato Cignatta, Luigi Merli, Claudio Tadini, Ermanno Nazzani e Roberto Tagliaferri. La sfilata per le vie del paese inizierà alle 9,50. I gruppi alpini della provincia di Piacenza saranno 45 e altri arriveranno dalle province e regioni vicine. La sfilata sarà accompagnata dalla fanfara congedati Orobica, da quella sezionale di Piacenza e dal corpo bandistico La Magiostrina. La messa domanicale sarà alle ore 11,15 e verrà celebrata dal vescovo monsignor Gianni Ambrosio insieme al cappellano don Stefano Garilli e ai parroci don Paolo Chiapparoli e don Giancarlo Plessi. Al pomeriggio è previsto il concerto della fanfara congedati Orobica alle 14 e, un’ora dopo, il lancio dei paracadutisti alpini e dei paracadutisti presso il campo sportivo comunale. Durante la festa saranno a disposizione stand gastronomici. Ammainabandiera alle ore 16,30 e serata conclusiva con la musica di Fabio Band. Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf «Addestrare alla protezione civile con sei mesi di leva obbligatoria» «Ricordo l’Adunata del 2013 e il connubio nato tra i piacentini e gli alpini. Una relazione di amicizia costruttiva che continua tuttora». Così il presidente dell’Associazione nazionale alpini, Sebastiano Favero ha spiegato perché i vertici nazionali delle penne nere hanno scelto Piacenza per una delle tre sedute che, dallo scorso anno, si svolgono lontano dal quartier generale di Milano. La due giorni piacentina del “governo” degli alpini è iniziata dalla sede provinciale di via Cremona con la riunione del comitato di presidenza (formato da presidente e tre vice, tesoriere, direttore generale, due segretari e dal presidente del collegio dei revisori dei conti che è il piacentino Roberto Migli). Negli incontri si pianifica la vita dell’associazione che ha celebrato il centenario alla recente Adunata di Milano. L’avvio del secondo secolo di attività si concentra sul coinvolgimento dei giovani. «Gli alpini in armi sono 11mila e garantiranno il futuro dell’associazione – spiega Favero -; inoltre da tempo ci battiamo per il ritorno alla leva obbligatoria. Quello che chiediamo è un periodo di sei mesi di formazione gratuita. Fondamentale è l’attività di protezione civile, i ragazzi oggi sono bravi con la tecnologia ma, molto banalmente, non sanno usare una pala che è quella che serve in caso di emergenze come le alluvioni. Noi crediamo in questo progetto, magari ci vorrà del tempo ma siamo cocciuti e non molliamo». Sul perché gli alpini siano così amati, il numero uno delle penne nere non ha dubbi: «Per la nostra semplicità, la franchezza e perché quando c’è bisogno noi ci siamo e sappiamo dare gratuitamente». I vertici nazionali dell’Ana sono stati accolti con un pranzo cucinato dagli chef alpini Luciani Palombi, Gianfranco Bertuzzi e Angelo Saltarelli che hanno preparato antipasti con le dop piacentine, tagliatelle con i funghi, arrosto di maiale e patatine fritte. Le portate sono state servite su vassoi tricolore. Questa mattina il consiglio nazionale si riunirà a Palazzo Mercanti dove riceverà i saluti della sindaca Patrizia Barbieri e del presidente della locale Sezione Ana Roberto Lupi. Le penne nere piacentine sono impegnate nella preparazione del raduno del Secondo Raggruppamento di Emilia Romagna e Lombardia che il 19 e 20 ottobre porterà in città 25mila persone. Nicoletta Marenghi scarica l'articolo in formato .pdf Il “governo” degli alpini riunito per la prima volta a Piacenza Piacenza ha manifestato grande entusiasmo nei confronti degli alpini in occasione dell’Adunata nazionale del 2013 e da allora il legame di amicizia si è consolidato. L’Ana, Associazione nazionale alpini, ha deciso di premiare questa vicinanza con un appuntamento unico. Per la prima volta la nostra città ospiterà la giunta e il consiglio dell’Ana nazionale. Il primo incontro è fissato per oggi pomeriggio nella sede della Sezione in via Cremona dove, guidati dal presidente nazionale Sebastiano Favero, si riuniranno i nove membri del consiglio di presidenza (presidente, tre vicepresidenti, direttore generale, presidente del collegio dei revisori, tesoriere, segretario e direttore de L’Alpino). La mattina seguente nei banchi del consiglio comunale di Palazzo Mercanti siederanno i 24 consiglieri dell’Ana in arrivo da tutta Italia. L’incontro è fissato alle 9.30 e, dopo i saluti istituzionali, i consiglieri si concentreranno sulle attività dell’associazione, le prossime iniziative e le esigenze manifestate dalle Sezioni che in Italia sono 81. Il presidente nazionale del collegio dei revisori dei conti è il piacentino Roberto Migli che spiega: «Il consiglio nazionale dell’Ana si riunisce nella sede di Milano ma dallo scorso anno, il presidente Favero ha deciso di trasferire tre sedute in diverse città italiane. Piacenza è stata scelta quasi subito grazie al legame di amicizia cresciuto nel corso degli anni». Il fine settimana che sta per iniziare avrà una forte connotazione alpina, oltre alla seduta della giunta e del consiglio nazionale a Piacenza, da stasera a Cortemaggiore prende il via la 68esima edizione della Festa Granda, il raduno provinciale che si concluderà domenica. Un antipasto del grande evento che Piacenza ospiterà il 19 e il 20 ottobre quando, per la prima volta, arriveranno tutti gli alpini di Emilia Romagna e Lombardia per il Raduno del Secondo Raggruppamento, 25mila le presenze attese. La Sezione sta lavorando alacremente da un anno per preparare la due giorni, in città sono comparsi oltre duemila tricolori in segno di accoglienza. Le penne nere invitano i piacentini a esporre la bandiera dalle proprie abitazioni, Libertà ha lanciato l’iniziativa “Bandiera tricolore”. Nicoletta Marenghi scarica l'articolo in formato .pdf L’adunata degli alpini incubatore per studiare il genoma degli italiani Un banchetto sul Pubblico Passeggio di Piacenza gestito dai ricercatori dell’Università di Pavia intenti a recuperare campioni di dna degli italiani. Come? Attraverso un risciacquo della bocca con il collutorio. Succedeva durante l’Adunata degli alpini di Piacenza nel 2013, un evento che catapultò in città trecentomila persone provenienti da ogni regione. Un’occasione unica per il gruppo di Genomica delle popolazioni umane e animali del Dipartimento di biologia e biotecnologie a caccia di campioni da analizzare. Seicento le provette riempite a Piacenza grazie agli alpini, diecimila quelle ottenute durante l’indagine in tutta Italia e millecinquecento quelle analizzate. Obiettivo dello studio, finanziato dal Miur per i giovani ricercatori, era quello di sapere qualcosa in più del genoma degli italiani che è il risultato di una lunga storia di migrazioni e invasioni favorite dalla posizione geografica. Il lavoro del ricercatore è caratterizzato da passione, competenza e tanta pazienza ma a distanza di sei anni, la prestigiosa rivista americana “Science Advances” ha pubblicato i risultati dell’indagine che da oggi, giovedì 5 settembre, sono a disposizione di tutto il mondo. Il documento finale è frutto della collaborazione di diverse università tra le quali, Pavia, Oxford, Torino e di ricercatori di 18 atenei italiani ed esteri. Tra i ricercatori dell’Università di Pavia, in prima fila c’era la piacentina Anna Olivieri originaria di Castel San Giovanni, figlia di un alpino, e oggi tra le più giovani docenti di Genetica in Italia. L’impatto che diverse migrazioni del passato hanno avuto sul genoma degli italiani emerge dallo studio che evidenzia un quadro più complesso di quello che si può osservare nel resto d’Europa. «Ciò che è emerso dalla ricerca – spiega con precisione Olivieri – è che il genoma, cioè il dna degli italiani, è unico al mondo. Gli italiani sono i più diversi tra di loro all’interno del patrimonio genetico degli europei. Per capire, due inglesi tra di loro sono più simili di quanto lo siano due italiani. Questa differenza non è uguale in tutta Italia ma è diversa da Nord a Sud, geneticamente gli italiani hanno delle differenze partendo dalla punta Nord fino ad arrivare alla Sicilia, con i sardi che sono ancora più diversi di tutti». Oltre a questi primi due risultati ne è arrivato un terzo che in parte ha sorpreso il team. «Abbiamo confrontato il dna degli italiani con quello di tutte le popolazioni del mondo per capire quali sono le componenti che costituiscono il genoma, ovvero il lascito di quali popoli è contenuto negli italiani – puntualizza la docente -. Abbiamo trovato componenti tipiche di tutti gli europei: quelle dei cacciatori-raccoglitori del Paleolitico; quella neolitica degli agricoltori del Medioriente e la componente caratterizzata da allevatori di cavallo dell’età del Bronzo. Un quarto elemento ci ha sorpreso: nel Sud Italia c’è una componente unica nel contesto europeo che arriva dal Caucaso ed è datata dopo il Neolitico. Per capire l’origine dovremo analizzare campioni di dna antico». Lo sviluppo futuro della ricerca consisterà dunque nell’analisi del genoma delle popolazioni italiane del passato, ora possibile anche grazie al Laboratorio di dna antico del Dipartimento di Biologia e biotecnologie dell’Università di Pavia che sarà operativo a breve. Sulla pubblicazione internazionale, tra i ringraziamenti del gruppo di ricercatori sono stati inseriti anche quelli al Comune e alla Sezione alpini di Piacenza. scarica l'articolo in formato .pdf Al lavoro da quasi un anno per preparare l’accoglienza Piacenza ospiterà per la prima volta il Raduno del Secondo Raggruppamento degli Alpini di Emilia Romagna e Lombardia. Un evento che porterà in città 25mila penne nere, familiari e simpatizzanti il 19 e 20 ottobre 2019. In occasione del Raduno, i piacentini potranno riassaporare, in piccola parte, il clima di amicizia respirato durante l’Adunata nazionale del 2013. L’Associazione nazionale alpini è formata da 349mila soci organizzati in 110 Sezioni riunite in quattro Raggruppamenti in base alle regioni di appartenenza. Il Raduno di Raggruppamento è il secondo evento per ordine di importanza nel calendario nazionale dell’Ana dopo l’Adunata, appuntamento in grado di catapultare in media 400mila persone nella città ospitante. Il Raduno è tutt’altro, non sono previste aree di accoglienza o alberghi sold out, in molti raggiungeranno la città nella giornata di domenica 20 ottobre. La Sezione di Piacenza dell’Ana guidata dal presidente Roberto Lupi, dal quartier generale di via Cremona, sta organizzando da ormai un anno la due giorni di ottobre in ogni minimo dettaglio. Un lavoro faticoso dove nulla è lasciato al caso grazie all’impegno costante degli alpini della Sezione e la collaborazione delle istituzioni locali. Dai primi mesi dell’anno per preparare i piacentini alla manifestazione è stato realizzato un calendario di iniziative intitolato “Aspettando il Raduno”, l’ultima è in programma il 4 ottobre alla Sala Arazzi del Collegio Alberoni con l’esibizione di orchestra e coro dei licei Gioia e Respighi. Il programma del Raduno a Piacenza prevede sabato 19 ottobre alle 10 a Palazzo Farnese l’incontro tra i presidenti sezionali; alle 15.30 la breve sfilata con il labaro nazionale da via Maculani a piazza Cavalli dove si svolgerà l’alzabandiera e alle 17 la messa in Duomo. La musica sarà protagonista in serata con il concerto della Fanfara della Brigata Alpina Taurinense alle 21 a Palazzo Gotico e subito dopo il carosello di fanfare in centro. La domenica mattina l’appuntamento clou, ovvero la sfilata che si coinvolgerà 12mila alpini e che si concluderà con il passaggio della stecca alla Sezione di Lecco e l’arrivederci al 2020. Alle 9 è previsto l’ammassamento al Polo di Mantenimento pesante di viale Malta; la sfilata proseguirà in via Venturini, Stradone Farnese, via Giordani, piazza e via Sant’Antonino, largo Battisti, piazza Cavalli, via Cavour e lo scioglimento sarà in via Risorgimento. Nella piazza simbolo saranno presenti gli speaker dell’Adunata nazionale che racconteranno in diretta l’evento. In piazzetta Plebiscito saranno in funzione gli stand gastronomici. A sottolineare il legame di stima e amicizia tra l’Ana e la città di Piacenza c’è un altro prestigioso appuntamento che si svolgerà, sabato 7 settembre in mattinata, i banchi del consiglio comunale di Palazzo Mercanti ospiteranno per la prima volta il consiglio nazionale dell’Ana, per l’occasione arriveranno i consiglieri da tutta Italia con il presidente nazionale Sebastiano Favero. scarica l'articolo in formato .pdf Ai lettori il Tricolore per festeggiare l’arrivo degli alpini Scendono in strada prima dell’alba quando fa ancora buio e, grazie a un sollevatore scortato dalla polizia municipale, addobbano la città di Piacenza con i tricolori. Sono gli alpini impegnati nell’imbandieramento in vista del Raduno del Secondo Raggruppamento di Emilia-Romagna e Lombardia in programma il 19 e 20 ottobre prossimi. Durante la mattinata tanti piacentini si fermano a salutare le penne nere: «C’è l’Adunata?» chiedono. Il past president Bruno Plucani e i colleghi della commissione Imbandieramento della Sezione Ana (Giuseppe Rovati, Giovanni Carini, Luciano Palombi, Gianfranco Bertuzzi, Adriano Astorri, accompagnati ogni giorno da altri sei alpini provenienti dai Gruppi della provincia e dal fotografo sezionale Valerio Marangon), spiegano che quella in arrivo non è una nuova Adunata nazionale ma è comunque un maxi evento in grado di portare in città 25mila persone in un weekend. «Abbiamo iniziato l’imbandieramento il 26 agosto dall’uscita di Piacenza Ovest per arrivare fino al centro storico. La gente ci avvicina ricordando il clima di amicizia dell’Adunata del 2013, in molti hanno manifestato l’intenzione di appendere un Tricolore alla propria abitazione e alcuni ci hanno chiesto di lasciare per sempre le bandiere come simbolo di italianità», ha raccontato Bruno Plucani, presidente ai tempi dell’Adunata e oggi referente della commissione Imbandieramento che ha inoltre ringraziato la ditta Bramieri per aver messo a disposizione il sollevatore, e la polizia municipale che ha garantito lo svolgimento in sicurezza dell’attività. Carichi di entusiasmo, gli alpini proseguiranno la posa delle bandiere fino alla settimana prossima con l’obiettivo di coprire tutto il percorso della sfilata prevista domenica 20 ottobre. Nelle vie più strette sono stati appesi i pavesi, ovvero composizioni di 15 Tricolori che sventolano da un palazzo all’altro. L’imbandieramento inizia alle 5 e termina alle 12 per non impattare troppo sul traffico cittadino. I piacentini che non hanno dimenticato il clima di festa del maggio 2013 e sono desiderosi di salutare il ritorno degli alpini con un gesto concreto, possono appendere alle finestre o ai balconi di casa un Tricolore come segnale di accoglienza. L’invito a esporre la bandiera era arrivato anche dalla sindaca di Piacenza Patrizia Barbieri in occasione della presentazione del logo del Raduno. Chi vorrà potrà approfittare dell’iniziativa “Bandiera tricolore” lanciata di Libertà: da sabato 7 settembre sarà possibile acquistare il quotidiano e la bandiera al prezzo complessivo di 5 euro, i Tricolori a disposizione dei lettori sono 5mila. E nella fine settimana che sta per arrivare ci sarà un antipasto del Raduno di ottobre. A Cortemaggiore dal 6 all’8 settembre è in programma la 68esima edizione della Festa Granda che consiste nell’annuale incontro di tutti gli alpini della provincia, ospitato ogni anno da un comune diverso. Il momento clou sarà la sfilata do domenica mattina. Nicoletta Marenghi scarica l'articolo in formato .pdf Il benvenuto di Cortemaggiore alle penne nere tre giorni di Festa Granda fra eventi e cerimonie «Venerdì inizierà la 68esima Festa Granda provinciale – ha annunciato il presidente della sezione provinciale dell’Ana, Associazione nazionale Alpini, di Piacenza Roberto Lupi – questa festa coinciderà anche con il 50esimo anniversario di fondazione del gruppo di Cortemaggiore. Un programma ricco che vedrà la presenza di un considerevole numero di consiglieri nazionali». La 68esima Festa Granda è stata presentata ieri, con una conferenza stampa, alla presenza, oltre che del presidente Lupi, del vice Gianluca Gazzola, del capogruppo di Cortemaggiore Fabio Devoti, del sindaco Gabriele Girometta e del vice Alice Marcotti. Lupi ha riassunto a grandi linee il programma che inizierà con un concerto dei cori Ana Valtidone e Valure insieme al coro della sezione di Milano presso la chiesa francescana alle 20,40 di venerdì 6 settembre. Sabato 7 è prevista, alle 15,30 l’inaugurazione della “cinta campo di croci” al cimitero comunale durante la quale verrà ricordato il fondatore del gruppo Giovanni Mazzetto. A seguire, al teatro Eleonora Duse, si inaugurerà la mostra dei lavori eseguiti da tutti gli alunni delle scuole di Cortemaggiore, dalle materne fino alle scuole medie. Alle 17,45 è previsto il ricevimento delle autorità al Palazzo comunale, durante il quale verranno premiate le migliori vetrine allestite a tema dai commercianti locali. Dalle 19,30 si apriranno gli stand gastronomici e si inizierà una serata danzante con l’orchestra Ringo Story. Domenica 8 sarà la giornata più importante, con l’alzabandiera alle 9 al monumento dei Caduti, la successiva sfilata per le vie del centro accompagnata dalla fanfara “Congedati Orobica” da quella di Piacenza e dalla banda musicale “La Magiostrina”. Alle 10,30, presso la Basilica Santa Maria delle Grazie e San Lorenzo, sono previste le allocuzioni degli ospiti e delle autorità, a seguire, alle 11,15 la messa celebrata dal vescovo Gianni Ambrosio assieme al cappellano nazionale don Stefano Garilli e dai parroci don Paolo Chiapparoli e don Giancarlo Plessi. Al pomeriggio, dopo il concerto della fanfara “Congedati Orobica” alle 14, si potrà assistere, presso il campo sportivo, alle 16, al lancio dei paracadutisti alpini e paracadutisti. Alle 16,30 l’ammainabandiera darà appuntamento alla Festa Granda del 2020 a Bettola. Nella setata di domenica, ancora un momento conviviale accompagnato dalla musica di “Fabio band”. Fabio Lunardini
IL SINDACO GIROMETTA «Manifestazione che tramanda i valori» «È un onore ospitare la 68esima Festa Granda come sindaco – ha dichiarato Gabriele Girometta, primo cittadino di Cortemaggiore – una manifestazione che tramanda le tradizioni e i veri valori. Saranno tre giorni imperdibili, Grazie a tutti». Fabio Devoti, capogruppo degli alpini, organizzatori della Festa ha espresso la felicità per l’imminente inaugurazione dell’evento più importante, atteso da un anno. «Voglio rimarcare – ha detto – come questa Festa è sentita da tutta la comunità e, in modo particolare dai bambini, che hanno lavorato per allestire una mostra sugli alpini. Ringrazio tutte le associazioni e i soci alpini che con passione ci hanno aiutato per la buona riuscita di una Festa che coinvolgerà ogni cittadino». Gianluca Gazzola, che sarà il cerimoniere della Festa Granda ha fatto i complimenti agli organizzatori rimarcando come il ricco programma non ha trascurato nulla: la storia con il ricordo del fondatore Mazzetto, l’attività del gruppo con l’inaugurazione della cinta al cimitero, le nuove generazioni avendo coinvolto le scolaresche, la comunità con le vetrine dei commercianti, la autorità, la solidarietà e la convivialità. Sarà una Festa davvero Granda. _Flu scarica l'articolo in formato .pdf “Assalto” al campo Daturi ripulito da alpini-giardinieri Rastrelli, lame, mini trattori. Gli alpini, quando serve rimboccarsi le maniche, non si fanno pregare. E così è stato in questo fine settimana. Il campo Daturi è tornato a splendere grazie ad una colossale oper a di sfalcio - il terzo della stagione - reso possibile grazie all’intervento di sedici alpini. Tutti appartenenti al gruppo di Piacenza guidato da Gino Luigi Acerbi che all’interno del Daturi mantiene la propria sede. La quantità di er be tagliata dal fondo del campo (mentre le rive sono rimaste intatte, trattandosi di una competenza comunale) è enorme. Al momento il verde è stato accantonato al confine con il Reggimento pontieri, in attesa di un massiccio intervento di asporto. Le operazioni di pulitura sono state eseguite anche in considerazione dell’impegno che aspetta il Daturi il prossimo fine settimana, quando sarà teatro della Marcia del Sorriso. Evento benefico, nato per aiutare chi ha bisogno in ricordo di un bambino che ci ha lasciati troppo presto, e i cui partecipanti sabato troveranno il Daturi in grande spolvero. La pulitura era partita venerdì con l’arrivo di due alpini, ed è proseguita a passi da gigante sabato, quando alle due penne nere sono arrivati a dar manforte altri quattordici colleghi. «Abbiamo in programma tre sfalci d’erba all’anno - considera il capogruppo Gino Luigi Acerbi - e questo era già lo sfalcio numero tre. A ottobre ne dovremo sicuramente mettere in conto un quarto. Questo luogo, oltre ad essere teatro di eventi, come quello di sabato prossimo, è infatti la palestra all’aria aperta di un paio di popolose scuole cittadine e merita tutta l’attenzione. A onor del vero, le rive del campo, di competenza del Comune, non godono della stessa condizione di pulitura, e per questo abbiamo già inviato segnalazione al Comune stesso. Idem per la presenza di un paio di alberi che devono essere messi in sicurezza, e dei quali abbiamo provveduto a mandare sollecito restando in attesa». E’ dal principio del 2009 che il campo Daturi - che nelle ultime settimane ha visto susseguirsi le iniziative di cinema all’aperto oltre alla finalissima di Concorto 2019 - accoglie la sede del gruppo alpini di Piacenza, i quali a loro volta si sono impegnati alla manutenzione del luogo. L’accordo proseguirà fino al 2021, anno del probabile rinnovo. Oltre ai rastrelli e all’olio di gomito gli alpini hanno messo in campo anche trattori, lame e decespugliatori. Simona Segalini scarica l'articolo in formato .pdf Festa granda, il paese si prepara alla pacifica invasione degli alpini Fervono i preparativi in paese per la Festa granda provinciale degli alpini, giunta alla 68esima edizione. Venerdì prossimo, 6 settembre, ci sarà il primo di numerosi eventi che porteranno tre giorni di festa, fino all’ammaina bandiera e la chiusura di domenica sera. In questi giorni si stanno ultimando e perfezionando tutti gli aspetti logistici e organizzativi per una accoglienza che il capogruppo Fabio Devoti, insieme a tutti gli associati, vuole che sia di prim’ordine. La Festa Granda è stata assegnata a Cortemaggiore anche perché quest’anno cade il 50 anniversario di fondazione del gruppo. «Mi sembra giusto ricordare a questo proposito, tutti i capigruppo che si sono succeduti dalla fondazione ad oggi – ha sottolineato Devoti – Anche perché è grazie al lavoro di tutti, e loro in particolare, se questo gruppo è cresciuto nel tempo e oggi è apprezzato anche fuori provincia. Siamo nati nel 1969, il 5 ottobre per la precisione, i soci fondatori furono Giovanni Mazzetto, Amato Cignatta, Diego Repetti, Romeo Camozzi, Giuseppe Cignatta e Mario Fervari. Il primo capogruppo fu Giovanni Mazzetto che, risulta responsabile già un anno prima, nel 1968. Rimase capogruppo negli anni 196 e 69, poi nel 1882 e 83. Amato Cignatta ricoprì l’incarico dal 1970 al 1981. Giancarlo Allegri dal 1984 al 87 e poi dal 1994 al 1995. Romeo Camozzi dal 1988 al 1993. Mario Fervari dal 1996 al 2004 e io, Fabio Devoti dal 2005 ad oggi». Venerdì si inizia con un concerto del coro della sezione di Milano e di quelli Ana Valtidone e Valnure, alle ore 20,40 nella chiesa francescana. Sabato 7 alle 15,30 si inaugurerà la “Cinta campo di croci” presso il cimitero comunale e verranno fatti gli onori al fondatore Giovanni Mazzetto. A teatro si inaugurerà la mostra dei lavori eseguiti dagli alunni delle scuole di Cortemaggiore e si faranno le premiazioni. Alle 17,45 ci sarà il ricevimento delle autorità in Comune per poi terminare la serata con la musica di Ringo Story e l’apertura degli stand gastronomici. Domenica 8 settembre sarà la giornata più importante ed inizierà con l’alzabandiera alle ore 9. Dalle 9,50 inizierà a sfilare il corteo con le fanfare “Congedati Orobica”, “Sezione Piacenza” e corpo bandistico “La Magiostrina” di Cortemaggiore. Alle ore 10,30 allocuzioni e successivamente, alle ore 11,15 la Santa Messa. Dopo il rancio, alle ore 14 suonerà in concerto la fanfara Congedati Orobica e, alle ore 15, al campo sportivo, si potrà assistere al lancio dei paracadutisti. La musica di “Fabio band” chiuderà una giornata imperdibile. Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Il cuore degli Alpini al servizio del paese Un gruppo che è sempre presente all’evento più importante dell’anno di Carpaneto è quello degli Alpini. Fondato nel 1926 da un gruppo di reduci della Prima Guerra Mondiale guidati da Gianetto Devoti, ha quindi 93 anni di storia alle spalle. Perfettamente integrato nel tessuto sociale del territorio, collabora e partecipa a numerose manifestazioni durante tutto l’anno e organizza direttamente attività con la finalità di tener viva e tramandare la tradizione alpina, conservare la memoria storica e promuovere e concorrere in attività di volontariato nel rispetto dell’identità associativa. Il gruppo Alpini di Carpaneto è poi particolarmente attento al rispetto dell’ambiente e, ogni volta che ne viene offerta la possibilità, si prodiga per favorire lo studio della salvaguardia ambientale, coinvolgendo le nuove generazioni al fine di una loro corretta formazione civica. A tal proposito, e in modo del tutto volontario, i soci alpini collaborano con l’iniziativa “Pedibus” che accompagna in modo del tutto ecologico e sicuro gli alunni delle scuole elementari a scuola. Ogni anno, sempre in collaborazione con l’istituto comprensivo, viene promosso il concorso, riservato agli alunni, dedicato all’alpino Italo Savi. Molto impegno da parte di tutti i soci è riservato anche alla manutenzione del Monumento dei Caduti e al Viale delle Rimembranze, dove, coinvolgendo ancora gli alunni delle scuole elementari, vengono periodicamente sostituiti i fiori. Il Gruppo Alpini di Carpaneto, che è gemellato con quello di Cercino, in Valtellina, ora conta 169 iscritti, che si riuniscono, ogni giovedì sera, nella sede di via Patrioti. _Flu scarica l'articolo in formato .pdf Nelle strade tornano i tricolori in vista del grande raduno alpino Piacenza si appresta a ritornare per un fine settimana la città del tricolore, come quel mai dimenticato maggio del 2013 quando l’Ana organizzò qui l’Adunata nazionale alpini. Stavolta non abbiamo a che fare con un evento di tal portata, tuttavia con un appuntamento importante sia per la vita delle penne nere, sia per l’impatto sulla città. Il 19 e 20 ottobre prossimi sono attesi a Piacenza 25mila tra alpini e simpatizzanti per il secondo evento annuale più importante dopo l’Adunata, ovvero il raduno di raggruppamento. In questo caso il Secondo raggruppamento, che ingloba le sezioni alpine di Emilia-Romagna e Lombardia. Così, come segno di accoglienza, in questi giorni è iniziato l’imbandieramento. Duemilacinquecento tricolori entro la prossima settimana verranno issati lungo le vie della città, in particolare in quelle che ospiteranno la sfilata prevista nella mattinata di domenica 20 ottobre. Ad occuparsi delle bandiere c’è un’apposita commissione guidata dal past president Bruno Plucani e formata da Giuseppe Rovati, Giovanni Carini, Luciano Palombi, Gianfranco Bertuzzi, Adriano Astorri. A turno, ogni giorno, si aggiungono quattro o cinque penne nere provenienti dai vari gruppi della provincia. «Partiamo ogni mattina alle cinque per dare meno disagi alla circolazione stradale e siamo sempre scortati dalla Polizia municipale - spiega Plucani -. Abbiamo iniziato da Piacenza Ovest e termineremo nella prossima settimana». I piacentini potranno vedere all’opera un sollevatore Manitou messo a disposizione dalla ditta Bramieri con gli operatori alpini, dotati di apposito brevetto, impegnati a collocare le bandiere. Vengono issate due o quattro bandiere per ogni palo della luce, mentre nelle strade in cui transiterà la sfilata si attaccano i “pavesi” ovvero file di 15 bandierine tricolori appesa ad un cavo portante. Ieri in viale Malta proprio uno di questi pavesi è stato divelto da un Tir, evidentemente con un altezza anomala rispetto alle disposizioni date agli alpini. Si è partiti da Piacenza Ovest perché è lì che è atteso il traffico di pullman e automezzi in entrata in città. Da lì si prosegue sino a viale Malta dove, all’interno del Polo di mantenimento pesante (l’ex Arsenale), si terrà il cosiddetto ammassamento prima della partenza della sfilata di domenica mattina 20 ottobre. L’imbandieramento prosegue lungo le strade della sfilata: via Venturini, Stradone Farnese, via Giordani, piazza Sant’Antonino, via Sant’Antonino, largo Battisti, piazza Cavalli. Imbandieramento totale anche per via Cavour e via Risorgimento. Non saranno invece interessate via XX Settembre, il Corso e via Garibaldi. Le tre strade saranno percorse sabato sera 19 ottobre dalle tre fanfare che terranno il concerto serale in piazza Cavalli ma l’imbadieramento sarà lasciato ai privati. Così come in quasi tutto il resto della città. «In piazza Cavalli, istituzioni pubbliche e private, privati cittadini ci hanno già assicurato che provvederanno loro ad abbellire la piazza di tricolori. Rivolgiamo un appello anche per le altre zone della nostra città. Piacentini mettete una bandiera tricolore alle vostre finestre o ai vostri balconi in concomitanza con il raggruppamento di ottobre ». Addobbate di verde, bianco e rosso a carico degli alpini saranno anche le vie Caorsana e Colombo, soprattutto nei pressi della rotonda di via Cremona dove si trova la sede della sezione Ana di Piacenza. scarica l'articolo in formato .pdf Dagli alpini di Groppovisdomo premi a tre storici commercianti Il gruppo alpini di Groppovisdomo ha riproposto l’annuale raduno con la rituale consegna dello “Scarpone alpino visdomese” ai gestori di tre negozi storici che ancora oggi mantengono un ruolo importante nelle frazioni di Sariano e Castellana oltre che nel capoluogo. Un prologo per gli alpini si era avuto la domenica precedente, in concomitanza del 50° della “Festa dell’emigrante” con il riconoscimento alla Protezione Civile della sezione Ana di Piacenza per i meriti conquistati su tutto il territorio nazionale nell’affrontare e risolvere problemi e disagi causati da calamità naturali. Durante l’annuale raduno svolto alla presenza del presidente onorario della sezione di Piacenza Bruno Plucani e del cerimoniere Carlo Veneziani, gli alpini gropparellesi hanno voluto testimoniare l’importanza che rivestono alcuni negozi della vallata che fungono anche da importante presidio per le comunità della zona. Al termine della messa officiata dal parroco don Giovanni Rocca, il consigliere degli alpini della vallata Gianni Magnaschi, il vice sindaco di Gropparello Graziano Stomboli ed il capogruppo degli alpini di Groppovisdomo Alfiero Binelli, hanno consegnato le targhe “Scarpone alpino visdomese 2019” a Flavio Carini di Sariano per l’attività fondata dal padre Franco nel 1929 e condotta per 30 anni dalla mitica madre, la signora Giselda dalla quale poi ha preso il nome il mitico “negozio della Giselda”. Premiato anche Massimo Dallaspezia che gestisce il Negozio più antico di Gropparello, un’attività aperta nella seconda metà del 1800 dal nonno Alberto Dallaspezia e poi passato di generazione sino all’attuale titolare. Premiata anche Adele Segalini che a Castellana è ancora un punto di riferimento con la sua storica bottega aperta nel 1899 dal nonno Francesco Segalini ed in seguito gestito da suo figlio Vittorino Segalini, zio di Adele che lo gestisce dal 1989. Dopo le premiazioni si è proceduto alla cerimonia della deposizione della corona al monumento dei caduti e, a seguire la cena sociale. I prossimi appuntamenti del gruppo alpini di Groppovisdomo fondato nel 1980 dal compianto Guglielmo Croci al quale è dedicata la sede di Groppovisdomo, saranno: la Festa Grande che si terrà in settembre a Cortemaggiore ed il raduno del 2° raggruppamento a Piacenza che si svolgerà in ottobre. Ornella Quaglia scarica l'articolo in formato .pdf E con gli alpini in settembre si potrà vedere il paese dal cielo Lanci di paradutisti e voli turistici in elicottero renderanno ancora più ricco il programma dellaFesta Granda provinciale degli alpini che si terrà il 6,7 e 8 settembre a Cortemaggiore. La manifestazione organizzata dal gruppo alpini locale guidato da Fabio Devoti, avrà sicuramente uno di suoi momenti più importanti quando, alle ore 15 di domenica si lanceranno col paracadute, in due diversi lanci, 4 alpini paracadutisti e 4 paracadutisti, sul campo sportivo di via Boni Brighenti. Un sopralluogo per definire i dettagli dell’evento è stato fatto nei giorni scorsi. Erano presenti, oltre al capogruppo magiostrino Devoti, Massimo Ronchetti, dell’Associazione Nazionale Alpini Paracadutisti nonché Fabrizio Scrollavezza e Daniele Benzi dell’Anpd’I di Piacenza. Benzi, tra l’altro, è da poco diventato il nuovo presidente dell’associazione, succedendo a Fabrizio Devoti. Durante il sopralluogo, è emersa una novità che sicuramente sarà molto apprezzata dal pubblico. I lanci dei paracadutisti, che per l’occasione porteranno con loro i vessilli delle associazioni e, al suono dell’inno italiano da parte della Fanfara, sventoleranno il tricolore, non concluderanno la manifestazione, ma, per chi fosse interessato, sarà possibile, avendo già sul campo l’elicottero, effettuare voli turistici sul cielo di Cortemaggiore. Si potrà così ammirare dall’alto la conformazione del borgo rinascimentale fondato dai Pallavicino e architettato da Maffeo da Como , borgo che presenta le caratteristiche vie parallele e perpendicolari che hanno fatto definire Cortemaggiore “città ideale”. «Pensiamo che sarà una Festa Granda degna del suo nome e della sua tradizione - dice Fabio Devoti - ringrazio tutte le persone e le associazioni che ci stanno aiutando e ricordo, cosa fondamentale, che se il nostro gruppo compie 50 anni di vita, e sta crescendo come adesioni e come rapporti con altre realtà, lo dobbiamo principalmente a tutti i capigruppo che si sono succeduti, dal fondatore, nel1969, Giovanni Mazzetto, ad Amato Cignatta, Giancarlo Allegri, Romeo Camozzi e Mario Fervari. Tutte persone capaci, lungimiranti e soprattutto alpini». Ronchetti ha spiegato che la partecipazione è particolarmente gradita anche per la dedica che il gruppo di Cortemaggiore ha voluto fare a ricordo di Guadalberto Biffi, un alpino di Cernusco amico di tutti. «L’invito a partecipare alla Festa Granda di Cortemaggiore non poteva non essere accolto con gioia - ha detto Daniele Benzi - collaboriamo già dal 2009 quando, il gruppo alpini di Cortemaggiore, ci propose, durante lo sfilamento della Festa Granda di allora, di aprire a piedi il paracadute, a traino. Cosa che suscitò grande apprezzamento. Siamo onorati di partecipare alla Festa 2019»._Flu scarica l'articolo in formato .pdf La favola vera di chi ha sudato e vinto il suo posto nel mondo Al censimento del 1921 gli abitanti di Gropparello erano circa 6500. Oggi si sono ridotti ad un terzo. Il calo maggiore, tra il il 25 e il 30%, fu negli anni ‘60 e ‘70, anche se l’emigrazione all’estero risaliva all’800. Si prenda poi Groppovisdomo, la frazione di Gropparello che domenica ha ospitato la cinquantesima festa dell’Emigrante organizzata dalla Pro Loco e la venticinquesima edizione del meeting dell’associazione Piacenza nel Mondo. Oggi ci abitano 40 persone. Ma un tempo “qui c’era la scuola, la farmacia, l’ufficio postale, i negozi”, ci dice una volontaria della Pro Loco. «A cagione del lavoro sono partita» confessa Italina Baccanti, 93 anni, emigrata a Parigi. C’era chi per ottenere la cittadinanza americana si arruolò volontario nell’Esercito, come Giampaolo Chinosi di Obolo di Gropparello. «Poi scoppiò la guerra in Vietnam e dovetti partire». Storia ben diversa per molti italiani di seconda generazione, come il premio Oscar John Casali, che nacque a Londra dove oggi ha successo come sound designer. Dentro ai numeri, ci sono vite reali. A restituire loro spessore, ci ha pensato la bella mostra allestita nei giorni della festa all’ex Albergo Tre Valli, ad opera del gruppo Ricerca Immagini di Bettola con Piero Bonvini e ad Oltre la Storia, gruppo di Gropparello con Piera Marchioni, Silvana Caroli e Silvia Parmigiani. Ammiriamo le foto di piacentini che posano orgogliosi dietro i banconi dei loro empori alimentari a Londra, dei ristoranti a New York, dei carretti di gelatai in giro per il mondo. Le foto di chi andava in Sud America dove si specializzava nell’allevamento di polli o maiali; persino quelle dei piacentini che si adattarono in Francia a fare i lavoratori di stracci o i gessisti. C’è la storia degli esperti perforatori che si erano fatti l’esperienza ai pozzi di Montechino e venivano cercati nei cantieri di Paesi lontani come Iran, India, Brasile. A questa, si è affiancata una mostra di reperti storici a cura del Grac Piacenza (Gruppo di Aerei Caduti) che ha il merito non solo di recuperare pezzi degli aerei della seconda guerra mondiale, ma anche ricostruire pezzi di storia delle nostre comunità. Una storia importante è quella degli Alpini, insigniti del premio di Piacenza nel Mondo, consegnato al presidente Roberto Lupi. Premiata anche la Protezione Civile degli Alpini, che svolge un ruolo di ricostruzione, aiuto, supporto, sostegno, oltre i confini provinciali. Cento anni fa in tanti partivano, per cercare lavoro. Ma venivano piantati anche semi fecondi: nel 1919 nascevano gli Alpini. Nello stesso anno veniva fondato il Piacenza calcio. L’attuale presidente onorario Stefano Gatti è stato premiato come imprenditore all’estero, ma anche per riconoscere alla società biancorossa «la capacità di avere regalato al calcio campioni di valore assoluto, resisi protagonisti della diffusione e della promozione nazionale e internazionale della città di Piacenza». «Oggi gli emigranti possono arricchire i nostri giovani con le loro testimonianze » sottolinea Giovanni Piazza, presidente di Piacenza nel Mondo, che rinnova il suo ringraziamento alle autorità partecipanti, ai media locali e nazionali, alla Fondazione di Piacenza e Vigevano, al Comune di Gropparello, alla Provincia e alla Regione, alla Consulta Emiliani Romagnoli nel mondo. E dà appuntamento all’anno prossimo: la data c’è già (9 agosto 2020); per il luogo si attendono candidature. scarica l'articolo in formato .pdf Piacenza nel mondo una festa da record «E’ la festa dei record. Tanta cipazione come quest’anno non si era mai vista. Si respira il senso di appartenenza alla nostra comunità ». Con queste parole Giovanni Piazza, presidente di Piacenza nel Mondo, ha interpretato il sentire di tutti ieri alla festa di Groppovisdomo. La festa delle grandi occasioni, con tanti anniversari: il mezzo secolo della festa dell’Emigrante organizzata dalla Pro Loco di Groppovisdomo che nasceva proprio 50 anni fa; i 25 anni del meeting delle comunità piacentine nel mondo, ma anche i 100 anni degli Alpini e del Piacenza Calcio. La festa dei record perché tra i premiati c’è stato il premio Oscar John Casali, “figlio” di Morfasso, che ha dedicato il premio alla famiglia e al padre Livio, emigrato a Londra negli anni ‘50: «Lui non c’è più - ha detto il celebre figlio - ma sono sicuro che ci stia guardando da lassù. E che sia molto orgoglioso di questo premio che mi onora». Ieri la chiesetta, il campo sportivo, la piazza, la via intitolata al migrante di Groppovisdomo, si sono riempite di migranti provenienti da tutte le vallate del nostro Appennino - Valdarda, Valchero, Valtrebbia, Valnure, Valtidone - che hanno contribuito a rendere grandi paesi come Francia, Inghilterra, Stati Uniti, e quelli del Sud America. Sono stati distribuiti ben 5 premi di Piacentini Emeriti nel Mondo, per emigrati che hanno fatto successo, senza dimenticare da dove provengono. Joseph Silva, 64 anni (di Mezzo Piano di Groppallo di Farini) emigrò a Parigi che aveva appena 2 anni, per raggiungere papà Francesco che lavorava come muratore e gessista. Anche lui ha dedicato il premio ai suoi genitori. Dopo anni di studio e impegno, intraprese la carriera diplomatica: oggi è ambasciatore in Missione al Ministero d’Europa nell’UE e degli Affari Esteri francese. Nella sua carriera ha ricoperto la carica di ambasciatore di Francia nello Yemen e di ambasciatore UE a Gibuti. Il suo nome ricorda il nonno Giuseppe, morto prima della guerra. Negli anni dello studio (maturità liceale, master, università di scienze politiche, concorso per diplomatico e abilitazione conseguita alla prestigiosa Ecole Nationale d’Administration) trovava il tempo di tornare in estate in Valnure a dare una mano alla fattoria dello zio. ANA PIACENZA Penne Nere storia di impegno a servizio del territorio Ovunque vadano gli Alpini portano un sapore patriottico. Ieri la sezione di Piacenza è stata premiata per i 100 anni della fondazione del corpo. Il sapore alpino lo si è sentito sin dall’inizio della giornata, con la fanfara alpina Ramera di Bergamo. Molti giovani del nostro Appennino militarono negli alpini, compreso uno degli insigniti di titolo di Piacentino benemerito: Giorgio Gazzola premiato dal presidente Ana di Piacenza Roberto Lupi. Gazzola nacque 71 anni fa a Pillori, località di Perino (Travo); emigrò a New York col padre Ernesto, la mamma Lina e i tre fratelli. Divenne imprenditore edile; a uomini come lui si devono i grattacieli di Manhattan. Oltre oceano ha sempre tenuto vive le sue origini, come membro della Società Valtrebbia e Valnure e presidente della Società degli Alpini di New York. Il presidente Lupi ha detto: «Siamo presenti in tutto il mondo con le nostre sezioni. I nostri hanno fatto una seconda Naja: dopo quella in Italia, si sono sobbarcati lunghi viaggi per farsi onore all’estero. Il riconoscimento ottenuto lo condivido con tutti i nostri gruppi e i nostri volontari di Protezione Civile». Questi ultimi sono stati premiati con una targa dalla Pro Loco di Groppovisdomo. Presente anche l’ex presidente Bruno Plucani. _DM scarica l'articolo in formato .pdf Cortemaggiore in Tricolore a un mese dalla Festa Granda Manca solo un mese per l’inaugurazione della 68esima Adunata provinciale degli Alpini. La Festa Granda che verrà ospitata a Cortemaggiore nei giorni 6,7 e 8 settembre. Per l’occasione il gruppo alpini di Cortemaggiore ha già allestito il paese con oltre 350 bandiere tricolori e, altre 100, si aggiungeranno prima della Festa. «Il nostro simbolo è il tricolore - ha ricordato il capogruppo Fabio Devoti - una bandiera che dimostra il nostro attaccamento alla Patria e rimarca i valori e gli ideali alpini. Dopo aver ospitato la Festa Granda negli anni 1995 e 2009, questo terzo anno cade con l’anniversario del 50° di fondazione, avvenuta, grazie all’alpino Giovanni Mazzetto, il 19 settembre 1969. Dopo di lui, e prima di me, i capigruppo sono stati Amato Cignatta, Giancarlo Allegri e Mario Fervari. Oltre al fondatore Mazzetto, ricorderemo anche l’alpino di Cernusco sul naviglio, Gualberto Biffi, recentemente scomparso, che ci ha messo in contatto col centro riabilitativo Don Gnocchi. Vorrei ringraziare pubblicamente le tante associazioni e le persone che si stanno rendendo disponibili per preparare al meglio la Festa. Il programma è ampio e avrà sicuramente diversi momenti da ricordare. Uno su tutti, tempo permettendo, sarà alla domenica pomeriggio, alle ore 15, al campo sportivo di via Boni Brighenti, quando un paracadutista alpino si lancerà facendo sventolare una bandiera tricolore della lunghezza di 120 metri». Il programma prevede l’inizio della Festa col concerto dei cori della sezione di Milano, di Ana Valtidone e Ana Valnure, alle ore 20,40, presso la chiesa del convento francescano. Sabato 7 settembre si inizierà alle ore 15 col ritrovo presso il Municipio, per poi recarsi al cimitero comunale per inaugurare la “cinta campo di croci” e onorare i caduti. Alle ore 16 verrà inaugurata al teatro Duse una mostra di lavori a tema alpino delle scuole elementari e medie. Alla sera, serata enogastronomica con vari stand e musica e bello con l’orchestra “Ringo Story”. Domenica 8 settembre, si inizierà col ritrovo alle ore 8,45, alzabandiera e ammassamento, sfliata per le vie del paese dalle ore 9,50, accompagnata dalla fanfara “Congedati Orobica”, da quella sezionale di Piacenza e dal corpo bandistico “La Magiostrina”. Allocuzioni e la santa Messa delle ore 11,15, termineran- Già 350 tricolori a Cortemaggiore FOTO LUNARDINI no la prima parte della giornata. Dopo il rancio alpino si proseguirà col concerto della Orobica e col lancio dei paracadutisti. La serata di domenica sarà allietata dall’orchestra “Fabio band”. «Siamo tutti orgogliosi di ospitare questa Festa Granda - ha commentato il sindaco di Cortemaggiore Gabriele Girometta - ricordo che la presenza degli alpini sul nostro territorio è molto importante. Il loro impegno, costante e capace, sostiene ogni attività che viene promossa in paese. Gli alpini sono un gruppo sensibile, che ad ogni grido d’aiuto, accorre a portare sostegno. Per questi e altri motivi godono di stima e ammirazione da parte di tutta la comunità». scarica l'articolo in formato .pdf Il cuore grande della Veglia Verde Nonostante lo slalom tra un’acquazzone e l’altro, la Veglia Verde degli Alpini - la grande festa sul lungotrebbia di Rivergaro - si è portata a casa un’altra edizione di successo. E non può essere altrimenti quando, oltre alla musica, al buon cibo e al divertimento si pensa soprattutto alla solidarietà: anche quest’anno il ricavato della festa organizzata dai gruppi alpini di Rivergaro, Settima e Travo (giunta alla 13esima edizione) sarà destinato in gran parte ad opere di beneficenza sul territorio dei tre gruppi. Nella giornata conclusiva di domenica, come da tradizione, si sono ritrovati sulla festa i sindaci e amministratori dei tre territori: il sindaco di Rivergaro Andrea Albasi, il vicesindaco di Travo Luigi Mazzocchi e l’assessore di Gossolengo Michele Parisi. Per l’occasione il presidente sezionale Ana Roberto Lupi - assieme ai capigruppo, Mercori, Ronda e Girometta - ha premiato con una targa d’argento l’alpino Renato Albasi, in quanto promotore della Veglia Verde oltre a instancabile Penna Nera rivergarese. _CB scarica l'articolo in formato .pdf «Nessuno conosce la pace come chi ha vissuto la guerra» Una se rata che è stata un incalzante racconto, con musica e parole, della storia degli uomini che hanno vissuto la guerra, coloro conoscono più di tutti il significato della pace. Sabato sera, il santuario della Madonna della Quercia in piazza Colombo a Bettola era gremito per il concerto del coro della Brigata alpina Tridentina in congedo, uno degli eventi in avvicinamento al Raduno del secondo Raggruppamento che si terrà il 19 e il 20 ottobre a Piacenza. L’iniziativa, promossa dal comitato organizzatore del raduno, dalla sezione Ana Piacenza, con la collaborazione del gruppo alpini di Bettola e della Banca di Piacenza, è stata ospitata nel tradizionale “Memorial Domenico Callegari” del coro Ana Valnure di Bettola che, con la sua presidente Donisia Chinosi ha accolto con la sua proverbiale generosità il coro ospite composto da cantori di quattro regioni del Nord Italia. Dall’Emilia anche quattro piacentini hanno l’onore di farne parte: Marco Follini e Emanuele Marchesi di Mezzano Scotti, Matteo Rebecchi di Piacenza e Carlo Magistrali, di Borgonovo, che sta effettuando “il periodo in prova” e che sabato sera ha fatto la sua prima uscita come cantore. Una formazione nata dal servizio di leva, la naja, di cui il presidente Ana Piacenza, Roberto Lupi, ha auspicato a gran voce il ritorno «per far riscoprire l’amore per la nostra patria, il senso civico e non ultimo per generare realtà come il coro Alpino Tridentina». Per la prima volta in Valnure, il coro Bat, diretto dal maestro Roberto Frigerio, anche in questa occasione ha diffuso i valori alpini con il canto e con i racconti dei testimoni. «I reduci – ha osservato il presidente del coro, Giordano Zacchini - hanno posto nelle nostre mani un messaggio di valore assoluto e cioè che “Nessuno conosce il valore della pace quanto un soldato che ha fatto la guerra”. E noi vogliamo raccontare la storia degli uomini, non glorificare conquiste o giustificare conflitti». Straordinario il canto, eseguito anche tra il pubblico e le autorità. Eccellente anche il coro Ana Valnure, diretto dal maestro Edo Mazzoni. Brunella Petri scarica l'articolo in formato .pdf Con i canti a Bettola gli alpini si preparano al raduno di ottobre Il coro della Brigata Alpina Tridentina sarà ospite delle penne nere piacentine e bettolesi per una serata di canti e memoria con il coro Ana Valnure. Sabato alle 21 il santuario della Madonna della Quercia di Bettola (in piazza Colombo) sarà la suggestiva location di una delle serate “Aspettando il raduno” promosse dalla commissione eventi del comitato organizzatore dell’adunata del 2 Raggruppamento in programma a Piacenza il 19 e il 20 ottobre prossimo. Il coro BAT, costituito nel 1979, è composto dalle penne nere in congedo di Lombardia, Trentino, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Trentino alto Adige, Liguria, Toscana, Emilia Romagna ed anche della nostra provincia. La serata è inserita nell’annuale rassegna corale “Memorial Domenico Callegari” del coro Ana Valnure di Bettola. Anche la Banca di Piacenza contribuisce alla realizzazione dell’evento. Le offerte raccolte durante la serata saranno devolute al Progetto Bocia del Coro BAT, a favore di associazioni che si occupano di bambini bisognosi in Italia e nel mondo. _Np scarica l'articolo in formato .pdf Penne nere in festa a Rivergaro con la sedicesima Veglia Verde La Veglia Verde Benefica degli Alpini arriva a quota 13 e conferma il suo impegno per la solidarietà: questo weekend a Rivergaro tornala festa popolare delle Penne Nere - organizzata dai gruppi alpini di Rivergaro, Settima e Travo - che punta raccogliere fondi per iniziative a sostegno della comunità piacentina e associazioni. La festa si terrà sabato e domenica - come già accaduto lo scorso anno - al “Parco degli Alpini” sul Lungotrebbia di Rivergaro. Sabato si ballerà con l’orchestra “Maurizio e Sabrina” mentre domenica sarà la volta di “Mario Ginelli”. Naturalmente, punto forte della manifestazione restano gli stand gastronomici che saranno aperti già dalle ore 18: oltre alle caratteristiche specialità piacentine, ci saranno molti altri piatti da abbinare a qualche bicchiere di buon vino. L’evento - al quale parteciperanno anche i vertici Ana e i sindaci dei territori di Rivergaro, Gossolengo e Travo - riscuote sempre molto successo e il ricavato servirà anche quest’anno a finanziare delle opere di bene sul territorio. _CB scarica l'articolo in formato .pdf Gli Alpini al signor Vandalo «Ora venga a conoscerci capirà la sua stupidaggine» Caro direttore, nei giorni scorsi si è consumato l’ennesimo episodio di stupidità quando una mano, naturalmente ignota, ha pensato bene di deturpare e danneggiare l’opera posta in Piazzale Libertà a ricordo dell’Adunata Nazionale degli Alpini tenutasi a Piacenza nel maggio 2013. Un’opera che noi Alpini abbiamo fortemente voluto e finanziato, realizzata da artisti, architetti ed aziende piacentine, per fare perenne memoria di quelle magnifiche giornate in cui la nostra città ed il nostro territorio, invasi da decine di migliaia di Alpini, sono stati protagonisti di momenti di spensierata allegria ma, soprattutto, di cerimonie e circostanze solenni nelle quali abbiamo avuto modo di esaltare i valori legati all’amore per la nostra Patria, che guidano tutte le azioni di noi Alpini e che ci piacerebbe, ahimé, che animassero anche tutti i nostri concittadini. Tra questi valori sono ricompresi anche un forte senso civico ed un’educazione civica imparata prima sui banchi di scuola (ma qualcuno, anni fa, ha pensato che fosse materia inutile, tempo perso) e poi nel corso del tanto vituperato servizio di leva, che a noi piace definire “naja”, che ci portano a rispettare tutto quanto appartiene alla cosa pubblica e ad intervenire laddove è richiesto il nostro aiuto sempre, naturalmente, in modo gratuito perché siamo fermamente convinti che donare è molto più bello che ricevere. Questo è il messaggio che i nostri “veci” ci hanno tramandato e che noi vogliamo portare avanti soprattutto tra le nuove generazioni: anche per questo organizziamo incontri nelle scuole, laddove gli insegnati dimostrano sensibilità su questi temi, per far conoscere la nostra Associazione, la nostra Protezione Civile e per sensibilizzare i ragazzi e le ragazze e per sperare, anzi credere, che i valori non tramontano mai! Valori che sicuramente non appartengono a quella persona che non aveva altro modo di passare il proprio tempo che danneggiando un bene gratuitamente donato alla città come segno di ringraziamento per l’ospitalità offerta ai nostri commilitoni arrivati da tutta Italia, ed anche dall’estero, in occasione dell’Adunata Nazionale. Ma siccome noi siamo degli inguaribili ottimisti e pensiamo che ci sia sempre modo di rimediare, invitiamo questa persona a presentarsi, anche in forma anonima, presso la nostra sede a Piacenza in via Cremona 1, per chiedere informazioni sulla nostra Associazione: noi saremo ben felici di spiegare ed illustrare cosa facciamo e perché lo facciamo. Probabilmente si renderà conto della stupidata che ha commesso e magari inizierà a lavorare di più per il bene comune. Roberto Lupi Presidente Sezione di Piacenza dell’Associazione Nazionale Alpini Piacenza sa benissimo quale miniera di altruismo c’è sotto il cappello dei suoi Alpini (che anch’io stavolta scrivo con la maiuscola facendo eccezione alle mie abitudini). E’ altruismo e anche civismo, senso della patria declinato in dedizione al pezzo di patria che sta qui sotto i nostri piedi e davanti a nostri occhi. Condivido il senso di umiliazione che la lettera del presidente Lupi esprime per l’atto di vandalismo contro l’opera a memoria dell’adunata del 2013. Ma il quid della lettera non è questo. Deprecare è giusto, in questo caso perfino sacrosanto. A fare la differenza è l’ostinata propensione a voler trarre qualcosa di positivo da una chiara - e apparentemente incurabile - manifestazione di negatività. L’invito allo sconosciuto vandalo a farsi vivo, a conoscere da vicino le realizzazioni dell’Ana e soprattutto le motivazioni ideali, è un colpo geniale. Questa rubrica si presta volentieri come piccolo megafono. Coraggio, signor Mano Ignota. vada bussare in via Cremona 1. Non le chiederanno i danni, sono sicuro. Le regaleranno un altro, miglior modo di stare al mondo. scarica l'articolo in formato .pdf Borgonovo, Gragnano e Castello: applausi per i cori degli alpini Gli alpini, si sa, sono da sempre un simbolo in grado di mettere tutti d’accordo. Se poi alla naturale capacità di unire delle penne nere si aggiunge quella della musica allora il connubio è davvero perfetto. Tre appuntamenti Questo è quello che hanno dimostrato i cori Ana che hanno partecipato, in occasione del decennale del coro Ana Valtidone, alla prima edizione di una manifestazione itinerante che li ha portati ad esibirsi in Collegiata a Borgonovo, nella chiesa di Gragnano e poi ancora in Chiesa Maggiore a Castelsangiovanni. Tre appuntamenti tutti nel segno delle arie, delle musiche e delle melodie in grado di portare alla mente tradizioni culturali direttamente collegate alle radici identitarie del popolo italiano. A prendere parte alle manifestazioni canore sono stati i cantori del coro Ana Cremona, diretto da Carlo Fracassi, e poi ancora il coro Ana Monteorsaro di Parma diretto da Stefano Bonnini, il coro Ana Vallebelbo di Asti guidato da Sergio Ivaldi per terminare con i padroni di casa: il coro Ana Valtidone diretto da Donato Capuano. Una formazione quest’ultima che ha soffiato sulle due prime dieci candeline. «Storie di vita» «Siamo convinti - dice Capuano - che la coralità dei canti alpini sia uno dei veicoli privilegiati per tenere vivo il ricordo delle centinaia di migliaia di giovani morti su tutti i fronti della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, la cui memoria si sta rapidamente perdendo. Noi con il semplice canto vogliamo tenere vive nel nostro cuore e nel cuore di chi ci ascolta le tante storie di vita che si sono consumate nelle trincee». A fare da cornice c’erano le penne nere di tutti i gruppi valtidonesi e della Valluretta che hanno dato una mano nella non facile organizzazione dell’evento canoro. «È stata - dice Capuano - un’esperienza positiva che ha costituito un momento di confronto reciproco e di arricchimento per tutti i nostri coristi, inoltre è stata un’occasione di incontro con le tante persone che hanno seguito i nostri concerti. Vorremmo proseguire l’esperienza e organizzare la stessa manifestazione anche il prossimo anno». _MM scarica l'articolo in formato .pdf La solidarietà viaggia da Bruso alle Ande attraverso il sorriso di Chiara Lombardi C’è un filo sottile che parte da Borgonovo e arriva a Cuzco, in Perù, per poi inerpicarsi ancora più su, nel cuore delle Ande. È un filo che viaggia attraverso il sorriso di una ragazza, Chiara Lombardi antropologa impegnata da alcuni anni in progetti umanitari a Cuzco la cui famiglia è originaria di Borgonovo. La mamma Gisella, il papà Giovanni e la nonna Pina, che aveva addirittura scritto al presidente Sergio Mattarella per segnalargli la storia della nipote, hanno deciso di colmare l’enorme distanza fisica che li separa dalla loro Chiara costruendo una catena fatta di solidarietà che arriva dritta in Perù. Per questo hanno organizzato a Bruso una giornata che ha riunito il volto più bello della comunità locale. Quello capace di rimboccarsi le maniche per raccogliere fondi da destinare all’acquisto di un ecografo portatile da destinare alla giovane antropologa. «Lo strumento sarà utilizzato per raggiungere quelle comunità di peruviani che vivono troppo lontane dai pochi presidi medici presenti sul territorio» dice la madre Gisella. Lo stesso utilizzo sarà fatto di un elettrocardiografo donato dal farmacista di Mortizza, Antonello Pellegrino, che si è fatto avanti dopo aver letto di Chiara dalla pagine di Libertà. Durante la giornata organizzata a Bruso dai Ragazzi del ‘58, alpini, Pro loco e Movimento laicale Orionino sono stati distribuiti ben 800 batarö dolci, torte salate anche senza glutine e vegane. I Tasti Neri si sono esibiti in un concerto, «nonostante i tanti impegni hanno voluto essere presenti » dice la madre di Chiara. Come loro hanno fatto anche gli alpini il cui entusiasmo ha contagiato tutti. «Chiara ci ha fatto scoprire una realtà di persone che hanno davvero bisogno di tutto, sapere di poter fare qualcosa in concreto per loro aiuta a sciogliere il dolore che si avverte nel sentire la propria figlia così lontana»._MM scarica l'articolo in formato .pdf A Travo un ambulatorio per far fronte ai bisogni degli anziani della montagna Un’iniezione, una piccola medicazione, qualcuno che semplicemente si interessa a come stai. Bastano piccole attenzioni, piccole ma costanti, per aiutare le persone anziane a vivere meglio e soprattutto in modo autonomo a casa propria. Di questo si è accorta Gaetana Droghi, coordinatore infermieristico nella Direzione professioni sanitarie dell’Ausl di Piacenza, quando si è trasferita a Travo dopo essersi sposata. Di punto in bianco si è trovata circondata dalle bellezze della Valtrebbia e dalla popolazione con la più alta percentuale di persone over 65 di tutta la provincia. «Per dare una mano a questi anziani spesso malati di solitudine - ci racconta -, cinque anni fa abbiamo fondato l’associazione “L’assistenza nelle piccole cose”: un gruppo di una quindicina di infermieri - volontari con cui a Travo gestiamo un ambulatorio aperto tutti i sabati mattina». Gaetana, che oggi è la presidente dell’associazione, ci informa che dalle ore 8 alle 10 l’ambulatorio funziona da centro prelievi per tutta la comunità montana: gli esami vengono prescritti dallo specialista, le persone li portano in farmacia, i volontari raccolgono le richieste, il sabato si fanno i prelievi e i referti vengono i portati di nuovo in farmacia. Finiti i prelievi i volontari rimangono in ambulatorio fino alle 12 per eseguire medicazioni, iniezioni, valutazione di glicemia, colesterolo, trigliceridi, pressione, parametri vitali. E vanno anche al domicilio delle persone che non possono muoversi. Un piccolo servizio che però migliora di molto la qualità della vita di chi abita lontano da un ospedale. «Il nostro ambulatorio è anche un luogo privilegiato di ascolto dei bisogni delle persone - aggiunge la vicepresidente dell’associazione Maria Rosa Ponginebbi -, vengono da noi per fare un prelievo, ma intanto scambiamo con loro qualche parola e cerchiamo di capire se ci sono necessità a cui potremmo dare una risposta. Per poterci fare carico di ogni singolo caso stiamo lavorando per metterci in rete con le altre associazioni della zona». Attualmente l’ambulatorio è ospitato dal Comune di Travo ma da settembre si trasferirà nella nuova sede della Pubblica assistenza, dove avrà ben tre locali a disposizione. «La Pubblica non solo ci ha accolti, ma ci ha anche invitati a collaborare con loro per dar vita a un servizio più articolato - spiega la Droghi -, per fare questo hanno già richiesto alla Fondazione di Piacenza e Vigevano l’acquisto di nuove attrezzature, come ad esempio l’elettrocardiografo ». A parte due volontari che sono impegnati a gestire le questioni amministrative, l’associazione “L’assistenza nelle piccole cose” è composta tutta da infermieri professionisti, ma che svolgono il loro servizio a titolo rigorosamente gratuito. «Il nostro è volontariato puro - precisa la presidente -, molti dei nostri volontari arrivano da Piacenza ma nessuno ha mai chiesto neppure il rimborso della benzina, e quando eroghiamo le nostre prestazioni sanitarie non ci piace esporre la cassetta per le offerte». A sostenere le iniziative di questi volontari provvede fin dal primo momento il gruppo degli Alpini di Travo, che devolve alle loro attività le offerte raccolte durante le proprie manifestazioni. «E noi gli siamo davvero molto grati - sottolinea Droghi - perché con quello che danno abbiamo organizzato varie iniziative per la popolazione, come la giornata informativa col dottor Crippa sui rischi dell’ipertensione, la merenda salutare col dottor Biasucci, per promuovere stili alimentari corretti dei bambini e varie altre». Fra le iniziative in cantiere per il futuro c’è la colazione salutare dopo il prelievo: «Sarà un momento di educazione alimentare, ma anche un ulteriore occasione di dialogo con i nostri anziani ». _Sara Bonomini scarica l'articolo in formato .pdf Da tutta l’Emilia Romagna e dalla Lombardia la “carica” dei dodicimila alpini a Piacenza Tricolori alle finestre, alpini che sfilano lungo le vie della città, stand gastronomici in piazza Plebiscito: Piacenza riassaporerà per un weekend l’indimenticabile atmosfera dell’Adunata nazionale del 2013 con il Raduno del Secondo Raggruppamento di Emilia Romagna e Lombardia, in calendario il 19 e 20 ottobre. Un evento che porterà in città 25mila persone. Le penne nere iscritte alle sezioni più lontane pernotteranno nelle strutture ricettive piacentine mentre gran parte degli alpini arriverà la domenica, duecentocinquanta i pullman previsti. Alla sede di via Cremona, gli organizzatori guidati dal presidente sezionale Roberto Lupi, hanno presentato il programma della mini adunata e il percorso della sfilata di domenica 20 ottobre che coinvolgerà 12mila alpini. Alle 9 è previsto l’ammassamento al Polo di Mantenimento pesante di viale Malta (il comandante, generale Sergio Santamaria è alpino); la sfilata proseguirà in via Venturini, Stradone Farnese, via Giordani, piazza e via Sant’Antonino, largo Battisti, piazza Cavalli, via Cavour e lo scioglimento sarà in via Risorgimento. Nella piazza simbolo saranno presenti gli speaker dell’Adunata che racconteranno in diretta l’evento al quale parteciperanno anche il presidente nazionale dell’Ana, Sebastiano Favero e probabilmente il comandante delle Truppe Alpine, generale Claudio Berto. Il programma di sabato 19 inizierà alle 10 a Palazzo Farnese con l’incontro tra i presidenti sezionali; alle 15.30 la breve sfilata con il labaro nazionale da via Maculani a piazza Cavalli dove si svolgerà l’alzabandiera e alle 17 la messa in Duomo. La musica sarà protagonista in serata con il concerto della Fanfara della Brigata Alpina Taurinense (ingresso libero fino a esaurimento posti) alle 21 a Palazzo Gotico e subito dopo il carosello di fanfare in centro. La domenica mattina l’appuntamento clou, ovvero la sfilata che si concluderà con il passaggio della stecca alla Sezione di Lecco e l’arrivederci al 2020. La manifestazione è realizzata in collaborazione con le istituzioni locali e il costo complessivo stimato per l’organizzazione è di centomila euro. Le penne nere hanno lanciato un appello a enti, aziende e privati che condividono i valori alpini e vogliono partecipare alle spese. «Stiamo lavorando da ormai un anno a questa importante manifestazione – ha spiegato il presidente sezionale Roberto Lupi –, stiamo facendo il massimo per accogliere nel migliore dei modi i partecipanti. Dopo l’Adunata nazionale, il Raduno di raggruppamento per noi è l’evento più importante dell’anno». scarica l'articolo in formato .pdf Alpini in festa a Rustigazzo «Torni il servizio militare» A Rustigazzo è stato festeggiato l’81esimo di fondazione del gruppo alpini; contemporaneamente si è svolto il secondo raduno alpino di vallata dell’Alta Valdarda. Per l’occasione si è voluto ricordare Attilio Rossi, classe 1913, uno dei fondatori del gruppo, scomparso nel 1959. Erano presenti numerose sezioni di tutto il territorio oltre che i Comuni di Morfasso e Lugagnano con i loro gonfaloni e le associazioni locali tra cui Avis e Aereonautica. Dopo l’alzabandiera e l’onore ai Caduti, con la deposizione di una corona d’alloro al monumento a loro dedicato, i presenti hanno assistito alla messa sul campo celebrata dal cappellano don Stefano Garilli e dal parroco don Germano Gregori nella quale è stata ricordata l’importanza dell’impegno personale di ognuno per mantenere l’amore verso gli altri, prendendo esempio dal sacrificio di coloro che hanno donato la vita per la patria. Dopo la benedizione, il nuovo gagliardetto è passato dalle mani di una commossa Laura Rossi, figlia di Attilio, fondatore del gruppo, al presidente sezionale Roberto Lupi e quindi al capogruppo Attilio Longinotti. Il sindaco di Lugagnano, Antonio Vincini, ha portato i saluti dell’Amministrazione e si è complimentato con gli alpini, sempre presenti ovunque serva aiuto, solidali e generosi. Vincini ha ricordato la figura di Antonio Frontoni, che per 40anni ha condotto il gruppo alpini. Roberto Migli, revisore dei conti nazionale, nell’allocuzione, ha sottolineato l’utilità dell’esistenza del corpo degli alpini anche nei periodi di pace per la grande disponibilità dimostrata ogni qualvolta sia utile accorrere dove necessita. Roberto Lupi ha ricordato come sarebbe opportuno il ripristino del servizio militare e una maggior educazione civica per una formazione sana delle attuali e future generazioni. Oltre ai già citati, erano presenti anche i sindaci di Morfasso, Paolo Calestani, di Fiorenzuola, Romeo Gandolfi, il vicepresidente sezionale degli alpini Gian Luca Gazzola e i carabinieri di Lugagnano. La giornata è terminata, accompagnata dalla fanfara che ha suonato brani musicali alpini, con un momento conviviale. _Flu scarica l'articolo in formato .pdf Castelvetro rende omaggio agli alpini «Esempio per tutti» «Gli alpini sono la parte buona del Paese»: con queste parole Patrizia Barbieri, presidente della Provincia di Piacenza, ha salutato gli intervenuti alla Festa degli Alpini organizzata alla Baita di Mezzano Chitantolo. «Questo saluto viene dal cuore - ha proseguito Barbieri - . Gli alpini sono da sempre una risorsa per il territorio. Apprezzo la loro quotidianità, il loro aiuto verso la popolazione e la collaborazione costante con ogni istituzione, senza preconcetti. I veri valori di solidarietà sono rappresentati dagli alpini e, giusto ricordarlo, anche dalle loro famiglie. Le istituzioni saranno quindi sempre al loro fianco ». La festa alpina, durata due giorni, avrà una finalità benefica. «Come sempre il ricavato di ogni nostra iniziativa verrà donato a chi ne ha più bisogno - ha spiegato il capogruppo Fausto Maccagnoni -. Per il momento non abbiamo ancora deciso a chi destinarlo. Vorrei comunque ringraziare tutti i partecipanti e tutti gli alpini che, col loro grande impegno, hanno reso possibile questa iniziativa». La festa è cominciata con l’alzabandiera alla presenza delle autorità, tra le quali il sindaco Luca Quintavalla, il suo vice Pier Luigi Fontana, il maresciallo dei carabinieri Raffaello Gnessi e il primo luogotenente del Polo di Mantenimento Pesante Nord Bernardino Politi. La messa di domenica mattina è stata celebrata dal parroco don Andrea Mazzola. «I valori positivi che trasmettono gli alpini sono da esempio per tutti i cittadini - ha dichiarato il sindaco Quintavalla -. Ho ancora nella mente la bellissima festa nazionale di Milano dove sono stati festeggiati i 100 anni dell’Associazione Nazionale Alpini, 100 anni di coraggio ed impegno. Mi piace ricordare che il logo del raduno che si terrà a Piacenza in ottobre è stato eseguito da una giovane studentessa della scuola Cassinari di Piacenza, Questo a significare come le nuove generazioni possano essere speranza per il futuro». Il capovallata Giorgio Corradi ha portato i saluti del presidente Ana Piacenza Roberto Lupi, e ha ricordato i due importanti e prossimi eventi: la Festa Granda di Cortemaggiore il 6,7 e 8 settembre e il Raduno del Secondo Raggruppamento del Nord Italia (Emilia e Lombardia) che si terrà a Piacenza il 19 e 20 ottobre, e che si prevede che possa portare in città oltre 25mila tra alpini e loro familiari. scarica l'articolo in formato .pdf Alpini anziani e in calo arruolano i “civili” e sognano la naja Sono quasi 2.800 in tutta la provincia di Piacenza (45 gruppi), ma non sono tutte penne nere genealogicamente certificate. Uno su quattro alpino non lo è mai stato. È un socio aggregato, reclutato come soluzione temporanea al continuo e fisiologico calo delle penne nere che hanno svolto il servizio militare. Al momento gli alpini piacentini reggono ancora ma, come del resto a livello nazionale, si stanno preoccupando seriamente per il loro futuro. Tra coloro che sono “andati avanti” perché in là con gli anni e la mancanza del serbatoio del servizio militare l’Ana, l’Associazione nazionale alpini, a Piacenza nell’ultimo anno ha perso il 2,1 per cento in penne nere “doc”, una cifra in linea con l’andamento nazionale. A fronte c’è l’incremento del 6 per cento dei soci aggregati, che non solo hanno portato nuovi iscritti all’associazione ma hanno anche prodotto linfa vitale per le tante attività di gruppi e sezione, Protezione civile prima di tutto. Tuttavia gli aggregati, per statuto, non possono avere cariche associative. «Non c’è una regola scritta - osserva Roberto Lupi, presidente della sezione alpini di Piacenza - ma sarebbe buona cosa mantenere il numero dei soci aggregati in una percentuale tra il 20 e il 30 per cento, non oltre, sennò si snatura l’Ana che è un’associazione d’arma. Noi siamo al 25 per cento. Gli amici degli alpini ben vengano, ma non potranno mai sostituire gli alpini». Al 31 dicembre 2018 la sezione contava 2.764 soci, di cui 2.222 soci ordinari (alpini) e 542 soci aggregati. Rispetto al 2017 si registra un decremento di 16 iscritti (- 47 soci ordinari e + 31 soci aggregati). «Il calo è stato limitato dall’incremento dei soci aggregati - evidenzia Lupi - mentre diventa sempre più difficile rimpinguare le fila dei soci ordinari». La soluzione più prossima è la ricerca dei cosiddetti “dormienti”: «Abbiamo molti alpini che non si sono mai iscritti all’associazione, dobbiamo avvicinarli facendo conoscere le nostre iniziative e i valori sui quali si fonda il nostro spirito di appartenenza al Corpo ». Ma la speranza di Lupi è che torni il servizio militare (e civile) obbligatorio: «L’Associazione Nazionale Alpini è un’associazione d’arma ed è fortemente convinta che la sospensione - sospensione non abolizione, ci tiene ad evidenziare, ndr.- del servizio di leva obbligatorio sia stata un grave errore e, pertanto, ritiene che debba essere ripristinato, naturalmente con forme e modalità coerenti con l’evoluzione che nel frattempo ha riguardato le nostre Forze Armate e la società». «L’esercito non riesce e più a far fronte alla richiesta di volontari» prosegue Lupi al quale andrebbe bene anche una «mini naja di 6-8 mesi». L’interesse ci sarebbe. «Noi stessi abbiamo diverse richieste di ragazzi che, magari dopo iniziative nelle scuole, vengono in sede e ci chiedono informazioni su come si fa ad arruolarsi negli alpini». La piccola Adunata costerà 100mila euro È ormai iniziato il conto alla rovescia per il raduno del 2° Raggruppamento Ana che si terrà i prossimi 19 e 20 ottobre a Piacenza. Si tratta di una versione in piccolo dell’Adunata nazionale, un evento che porterà a Piacenza 25 mila alpini provenienti da tutta l’Emilia Romagna e la Lombardia. È stato definito il programma che vedrà, sabato mattina 19 ottobre, la riunione di tutti i presidenti di sezione del Secondo raggruppamento alla presenza del presidente nazionale Ana. Nel pomeriggio l’arrivo del labaro nazionale che sfilerà da piazzale Milano fino a piazza Cavalli davanti al monumento ai Caduti. Saranno presenti i vessilli di tutte le sezioni delle due regioni. Alle 17 la messa in Duomo celebrata dal vescovo Gianni Ambrosio. In serata, a Palazzo Gotico, il concerto della fanfara della Brigata Taurinense. A seguire altre fanfare sezionali in vari punti della città. Definito anche il percorso della sfilata, l’evento clou di domenica 20 ottobre. L’ammassamento si terrà negli spazi del Polo di mantenimento pesante. Da lì partirà la parata che, attraverso le vie del centro storico, arriverà in piazza Cavalli dove si terrà il passaggio della “stecca”. La sfilata durerà dalle 4 alle 5 ore, la metà di quella dell’Adunata nazionale. «Per noi è un grande sforzo organizzativo ed economico - fa sapere Roberto Lupi, presidente degli alpini piacentini -. Si calcola che servano circa centomila euro. Alcune realtà hanno già dato la loro disponibilità a sostenerci, ma siamo alla ricerca di persone e altre aziende che vogliano contribuire». _fri. scarica l'articolo in formato .pdf Dagli alpini di Groppallo-Farini 2.500 euro all’hospice La Casa di Iris Prima festa sociale del neonato gruppo alpini Groppallo-Farini. Le penne nere dei due paesi si sono infatti ufficialmente unite da qualche mese in un unico gruppo, guidato da Federico Gregori (già capogruppo di Groppallo), e il 2 giugno hanno celebrato insieme la loro giornata associativa alla “Cà ‘d l’alpino”, la loro sede, con il consueto gesto di solidarietà. Hanno infatti devoluto ben 2.500 euro all’Associazione Insieme per l’Hospice La Casa di Iris di Piacenza, ricavato del pranzo sociale (preparato dalle mogli degli alpini) cui hanno partecipato oltre 100 persone, tra cui gli amici del gruppo alpini di Vigevano. In rappresentanza dell’hospice era presente Barbara Bergonzi. «Vi ringraziamo del sostegno - ha affermato - perché ogni piccola pietra ci aiuta ad andare avanti. La nostra casa è composta da 16 posti letto dove il paziente deve sentirsi come a casa. Per garantire tutti i servizi, abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti; anche voi in questo modo siete parte della nostra famiglia». Gli alpini di Groppallo- Farini hanno fatto memoria di chi è già “andato avanti”, partecipando alla messa al campo celebrata dal parroco don Luciano Tiengo e stando sull’attenti durante la Preghiera dell’Alpino. Alla sua prima uscita da sindaco del Comune di Farini, Cristian Poggioli ha partecipato alla giornata. «Grazie agli alpini che ci sono sempre in qualunque occasione - ha detto -, nelle situazioni più drammatiche e in quelle quotidiane utili alla nostra comunità. Dove ci sono gli alpini c’è impegno, ma anche gioia, allegria e allo stesso tempo tanta generosità». _NP scarica l'articolo in formato .pdf L’alpino Girandola con la sindaca passa in rassegna i suoi 99 anni Attilio Girandola, alpino reduce della Seconda Guerra Mondiale, farinese d’origine, ha compiuto 99 anni proprio ieri. È stato festeggiato dalla sua famiglia, dagli alpini della sezione Ana Provinciale, ma anche dal sindaco di Piacenza Patrizia Barbieri che ha accettato volentieri l’invito dei Girandola. Un saluto ufficiale, quello degli alpini. A braccetto con il primo cittadino, Attilio ha infatti “passato in rassegna” le penne nere che gli hanno reso gli onori. Commosso e felice, li ha accolti nella sua casa dove vive con la moglie Rosa Guglielmetti, sposata ben 78 anni fa. Attilio, nato a Colla di Pradovera il 4 giugno 1920, è stato chiamato alle armi giovanissimo. Componente del 3° Reggimento Alpini, battaglione Val Cenischia di Susa, è partito per la Francia dove ha combattuto a Bramans, sul confine con l’Italia e dove, il 24 giugno 1940, è stato ferito dallo scoppio di una mina. «Io sono rimasto ferito – ha raccontato -, ma attorno a me ho visto 13 alpini morti, del mio battaglione. Sono stato recuperato e portato in paese e poi trasferito a Susa per una settimana per medicazioni alla gamba, poi all’ospedale “Baggio” a Milano ed ancora all’ospedale di Gallarate dove sono stato operato». A casa, nel comune di Farini, si è sposato l’11 aprile 1941 con Rosa. Ricorda tutto con lucidità. Entrambi sono lucidissimi, lui e la moglie, ancora uniti e affiatati come 78 anni fa. «Abbiamo fatto tanti sacrifici – ha detto Rosa -. Lui per 24 anni, dopo il suo ritorno a casa dalla guerra, ha lavorato all’Inps come fattorino invalido di guerra ed è venuto a vivere a Piacenza, da solo, mentre io a casa accudivo i figli e i suoceri anziani». Otto figli (Gianni, Bruno, Franco, Ines, Mariangela, Silvana, Laura e Giuseppe che è già scomparso), 15 nipoti e 6 pronipoti che sono quotidianamente, costantemente, vicini ad Attilio e Rosa. Attilio faceva “avanti e indietro”, tra Piacenza e Farini, in Lambretta o in pullman, finché tutta la famiglia si è trasferita a Piacenza. «È un piacere ed un dovere essere qui – ha osservato il sindaco Patrizia Barbieri –; tutti i piacentini oggi vorrebbero essere qui a fare gli auguri a una persona straordinaria che ha tanto da insegnare e a cui dobbiamo essere sicuramente grati. Sono qui per testimoniare l’affetto della comunità che si estende alla moglie che compirà 100 anni a novembre e con cui ha festeggiato i 78 anni di matrimonio». Un momento conviviale, grazie all’accoglienza calorosa della famiglia e alla simpatia e all’affetto degli alpini. Un brindisi con il calice alzato cantando “Evviva gli alpin” e il taglio della torta, con il disegno del cappello alpino. _Nadia Plucani scarica l'articolo in formato .pdf San Giorgio, una lavagna interattiva grazie agli Alpini amici dei ragazzi Una mattina di festa ha unito i bambini della scuola elementare “Collodi” ai rappresentanti del gruppo Alpini di San Giorgio, sempre in prima linea per generosità. Le penne nere hanno donato alle scuole primarie di San Giorgio una lavagna interattiva multimediale, la Lim. Un investimento, rivolto al futuro della comunità e del territorio sangiorgino, che ha suscitato entusiasmo ed empatia tra i bambini e gli Alpini. La cerimonia di consegna si è tenuta all’interno della palestra del comprensorio scolastico, dove oltre al Gruppo Alpini San Giorgio (ideatori dell’iniziativa), erano presenti una delegazione della sezione piacentina formata da Pierluigi Forlini, Bruno Plucani e Giovanni Carini, la dirigente scolastica Giorgia Antaldi e il sindaco Donatella Alberoni che ha ringraziato di cuore gli Alpini ricordando agli alunni presenti la generosità ed il valore umano delle penne nere, esortandoli a non dimenticare mai le opere di solidarietà realizzate nel corso della storia. L’evento capace di unire in unico luogo generazioni differenti è iniziato con le note dell’Inno di Mameli cantato all’unisono e proseguito con il coro “Sul cappello” intonato dagli Alpini presenti e proprio il testo del canto di montagna è stato utilizzato per incuriosire i ragazzi sui simboli che rappresentano il corpo militare nato nel 1872, perché si sa, per un Alpino “il suo cappello è tutto”. Si è occupato della consegna della lavagna il capogruppo degli Alpini di San Giorgio, Graziano Franchi, augurando alle classi presenti (due quinte ed una quarta) di intraprendere la strada del volontariato con la speranza che l’amicizia con gli Alpini continui. Il Gruppo Alpini di San Giorgio attraverso le parole di Salvatore Pizzi ha precisato l’importanza del ruolo rivestito dalla maestra Silvia Casali per la riuscita dell’evento e con lei è stata ringraziata la preside per la collaborazione venutasi a creare tra il mondo della scuola e quello del volontariato. «Da sempre investiamo i guadagni realizzati attraverso le nostre manifestazioni per le realtà del territorio e per chi ha bisogno - racconta Pizzi - quest’ anno abbiamo pensato ai più giovani e vedere i loro sorrisi e la loro felicità è stata la ricompensa più grande». D’ora in poi gli alunni della “Collodi” potranno assistere a lezioni interattive grazie alla nuova lavagna, magari con protagonisti proprio gli amati Alpini. _ Marco Vincenti scarica l'articolo in formato .pdf Centenario degli alpini settecento da Piacenza «E a ottobre da noi» Tradizione e modernità si sono unite nell’Adunata di Milano dove gli alpini di tutta Italia hanno orgogliosamente sfilato tra turisti incuriositi, selfie, rider (ciclisti che portano il cibo a domicilio), insegne avveniristiche e vetrine fashion. Se la mattina la metropoli era ancora assonnata, il timido sole pomeridiano ha invitato i cittadini a scendere lungo le strade centrali dove, con il passare delle ore, si sono moltiplicati gli applausi e i telefonini pronti a riprendere le penne nere marciare al passo dell’inno “Trentatrè”, ai piedi dei luoghi simbolo del capoluogo lombardo. Il numero più alto di scatti, ovviamente sotto alla Madonnina che ha vegliato sugli ottantamila partecipanti, tra i quali circa settecento piacentini. L’Adunata è arrivata nella metropoli per la quarta volta, quest’anno con un significato storico particolare: nel luglio 1919, a Milano si sono ritrovati alcuni reduci di guerra che, con l’intento di mantenere l’amicizia e non dimenticare i commilitoni che non hanno fatto ritorno, è nata l’Ana, associazione nazionale alpini. Obiettivo pienamente conquistato visto che cento anni dopo, cinquecentomila persone tra iscritti e simpatizzanti sono tornate all’ombra del Duomo per celebrare la ricorrenza. Lo striscione piacentino Lo striscione confezionato appositamente dalla Sezione di Piacenza per l’Adunata del centenario recitava: “Ricordo, amicizia, volontariato: le fondamenta del nostro impegno”. Una ventina i sindaci dei comuni piacentini che hanno confermato la propria vicinanza sfilando con la fascia tricolore. «Milano è una metropoli ed è normale che anche un maxi evento come questo non riesca a coinvolgere tutta la città, ma era giusto che l’Adunata del centenario si svolgesse qui dove la nostra associazione è nata – ha dichiarato il presidente della Sezione di Piacenza Roberto Lupi –; le cerimonie sono state molto partecipate e la città ci ha accolto calorosamente. Ora aspettiamo tutti al Raduno del Secondo Raggruppamento di Emilia Romagna e Lombardia che per la prima volta si svolgerà a Piacenza il 19 e 20 ottobre ». Il ricordo del 2013 Un’occasione per riassaporare l’indimenticata atmosfera dell’Adunata del 2013. Accanto al vessillo sezionale ha sfilato anche il piacentino Roberto Migli, presidente del collegio revisori dei conti dell’Ana nazionale. Tra gli alpini della Sezione di New York non poteva mancare Giorgio Gazzola, originario di Perino ed emigrato negli Stati Uniti negli anni Sessanta. I cappelli con la “lunga penna nera” il prossimo anno sullo sfondo avranno il mare, Rimini accoglierà l’Adunata del 2020.
Da Castelsangiovanni l’89enne Fellegara «Se non venissi morirei di crepacuore» «Se non riuscissi a venire all’Adunata morirei di crepacuore »: messaggio forte e chiaro quello di Luigi Fellegara, 89 anni, tra i fondatori del Gruppo di Castelsangiovanni che con il coetaneo Ferdinando Lucchini ha sfilato lungo le vie di Milano in occasione della 92esima Adunata nazionale. Il motivo è semplice: «È bello ritrovare gli amici». All’ammassamento ci viene incontro anche Giuseppe Manfredi, classe 1939 di Bobbio, «Umiltà, rispetto e disciplina sempre al servizio del popolo, questi sono i nostri valori » dice. «Non posso stare senza i miei alpini» è la dichiarazione del generale Luigi Rossi, originario del comune di Ferriere, mentre saluta Cesare Sordi, concittadino e allievo. Nel Gruppo di Vigolzone c’è Simone Lucca di origini indiane che posa orgogliosamente con papà Nereo, alpino paracadutista. «Mi ha messo in testa il cappello quando avevo tre anni – racconta Simone e per me gli alpini rappresentano l’Italia». Tra i più giovani della Sezione c’è Matteo Zazzera, imprenditore classe 1979: «Vivo da tempo a Milano ma voglio portare avanti la tradizione degli alpini di Groppallo dove sono nato» spiega. Accanto alle penne nere ci sono le mogli, come Rita Carini che da una vita accompagna lo storico capogruppo di Piacenza Gino Luigi Acerbi: «Non dimenticherò mai l’Adunata di Udine, avevo le figlie piccole e pioveva a dirotto» racconta. Quella di Milano è un’Adunata particolare, secondo alcuni è meno sentita di altre ma forse semplicemente perché nell’immensità della metropoli è difficile travolgere ogni quartiere come avviene nelle città di provincia e così le penne nere hanno animato solo i luoghi a loro dedicati come parco Sempione, Castello Sforzesco o piazza Duomo dove c’erano grande allegria e partecipazione. Pietro Busconi e Danilo Bersani, detto “l’alpone” sottolineano che molti ex commilitoni ricordano con grande piacere l’Adunata di Piacenza per l’atmosfera e l’organizzazione. L’Unità di Protezione civile e il gruppo Antincendio boschivo sono stati operativi anche durante il raduno, chi in cucina, chi per la sicurezza dei campi. «Nessuna emergenza particolare se non la grandine e la pioggia di sabato, che hanno danneggiato alcune tende» ha spiegato il coordinatore Maurizio Franchi. Il ruolo degli alpini come costruttori di pace si evince dalle risposte alla domanda relativa alla proposta di legge per istituire un periodo di naja obbligatorio. Gli intervistati sostengono all’unisono che «è una buona idea soprattutto per insegnare i fondamenti di Protezione civile mentre è meglio lasciare le armi ai professionisti» Nicoletta Marenghi scarica l'articolo in formato .pdf Milano, il maltempo non ferma gli Alpini attesa per la sfilata I temporali che si sono rovesciati su Milano non hanno rovinato la seconda giornata ufficiale dell’Adunata nazionale degli Alpini a Milano. Il sabato delle Penne nere, vigilia della grande sfilata prevista per oggi, è cominciato male con l’annullamento del lancio dei paracadutisti militari che era in programma all’Arena civica, ma è proseguito con altri eventi e soprattutto con l’incontro dei milanesi con le decine di migliaia di radunisti già in città e che oggi potrebbero oscillare in tutto tra le 400 e le 500mila persone. La giornata è proseguita con altri eventi, tra cui una messa in suffragio in Duomo, vari concerti e cori delle fanfare e l’incontro in Assolombarda delle istituzioni lombarde e milanesi e i vertici dell’Ana. «Il centenario dell’associazione nazionale Alpini rappresenta una ricorrenza di cui l’intero Paese va orgoglioso» ha sottolineato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio di saluto che è stato letto nel corso dell’incontro, cui hanno partecipato il presidente dell’Ana, Sebastiano Favero, il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, il sottosegretario della Regione Lombardia ai Grandi eventi sportivi, Antonio Rossi, e il presidente di Assolombarda, Carlo Bonomi. «Non c’è nulla di così contemporaneo - ha commentato Sala - come l’impegno degli alpini». Alla Cittadella degli Alpini, in piazza del Cannone, si è presentato invece il vicepremier Salvini, nel capoluogo lombardo per la campagna elettorale per le Europee, concedendosi un panino con una mortadella ‘da Guinness’ e rilanciando la proposta di introdurre sei mesi di servizio civile o leva militare obbligatori. Tra i tantissimi selfie e strette di mano anche una piccola contestazione: due giovani, un ragazzo e una ragazza, hanno contestato il ministro al suo passaggio con una serie di «buu» e «vergogna» e «il servizio militare obbligatorio non lo vogliamo». I due sono stati individuati e identificati dalla polizia. La scorsa notte, in particolare, in molti quartieri la gente, spontaneamente, ha passato qualche ora in compagnia delle Penne nere, durante eventi o negli accampamenti allestiti dal comitato organizzatore, tanto che ieri, sui social, impazzano le foto di amici, famiglie, ragazze e ragazzi nell’immancabile selfie con il “vecio”, meglio se dalla lunga barba. «Buonasera - dicevano gli alpini ai passanti da una tavolata ospitata nell’oratorio di una chiesa di quartiere, invitandoli a bere un bicchiere - veniamo da Verona». «Qualcuno anche da Trento», rispondeva orgogliosamente un altro, che decantava le damigiane di Bardolino che si era portato nel camper. «Io ero nei bersaglieri», diceva un ragazzo. «Pazienza, ti vogliamo bene lo stesso», rispondevano ricordando il campanilismo tra i due corpi. Qualche amarezza per i vandalismi alla sede dell’Ana e a un gazebo la notte prima, ma poi subito un coro per ritrovare l’armonia e parlare delle bellezze di Milano, che ha risposto con la stessa simpatia: dal Tricolore sulla Madonnina, ai filobus con la scritta “W gli Alpini” sulla destinazione, alla gente andata a incontrarli in piazze, chiese, parcheggi, anche a Chinatown: «Ehi, guarda quel cinese col cappello degli Alpini». «Cinese? Io sono nato qui e ho fatto il militare a Belluno». E così, davanti all’immancabile bicchiere di rosso, tradizione e futuro si incontravano, e con civismo, dato che al 118, nonostante le decine di migliaia di persone che ieri sera hanno alzato il gomito, non risulta alcun aumento degli interventi per ubriachezza. scarica l'articolo in formato .pdf Gli Alpini “invadono” il centro di Milano. Tre giorni di eventi È iniziata, a Milano, la grande festa per il centenario degli Alpini che monopolizzerà la città per tre giorni e porterà nel capoluogo lombardo tra le 400mila e le 500mila penne nere. La 92ma Adunata nazionale ha preso il via ieri, dopo un crescendo di eventi di anticipazione, e culminerà nel grande sfilamento dei 100mila alpini in armi e in congedo, che impegnerà il centro del capoluogo lombardo dalla mattina alle sera. Il raduno di “Milano 2019” è speciale anche per la ricorrenza dei 100 anni dell’Ana (l’Associazione nazionale alpini), creata nel 1919 proprio nel capoluogo lombardo, in Galleria Vittorio Emanuele II. La prima giornata però è stata segnata anche da due episodi di vandalismo: in via Marsala, sede dell’Associazione nazionale, dove sono state infrante le vetrine, e nella centralissima piazza San Babila, dove ignoti hanno scritto con vernice rossa “Gli Alpini stuprano”. La polizia sta indagando e acquisendo i filmati delle telecamere. La manifestazione ufficialmente si è aperta ieri alle 10 con l’alzabandiera in piazza Duomo, alla presenza del presidente della Regione, Attilio Fontana, del sindaco, Giuseppe Sala, e di autorità militari e civili tra cui Sebastiano Favero, presidente dell’Ana, e del generale di Corpo d’Armata Claudio Berto, comandante delle Truppe Alpine. La giornata è proseguita con l’omaggio al sacrario dei caduti di tutte le guerre, in piazza Sant’Ambrogio, al monumento all’Alpino, in via Vincenzo Monti, e con l’inaugurazione della “Cittadella degli alpini” in piazza del Cannone, tra il Castello Sforzesco e il Parco Sempione, che sarà un po’ il baricentro di manifestanti e cittadinanza, con stand, giochi, eventi. La simpatia incontenibile di centinaia di migliaia di alpini e delle loro famiglie, però, sarà visibile in tutta la città. Oggi il momento clou è previsto all’Arena Civica, con il lancio di paracadutisti previsto per le 12, e in Duomo con la messa in suffragio ai caduti prevista per le 16, mentre dalle 20 poi sarà la volta dei concerti delle fanfare e dei cori in centro città. Infine, domani, dalle 9, la grande sfilata che si snoderà lentamente dai bastioni di Porta Venezia al Duomo, al lento passo cadenzato tipico delle truppe da montagna, e con la partecipazione, per la prima volta, anche dell’Anci, l’Associazione nazionale dei comuni. Oltre duemila penne nere piacentine al maxi-raduno Un’adunata nella metropoli. Abituati alle città di provincia, quest’anno gli alpini si sono dati appuntamento a Milano per celebrare insieme la 92esima Adunata nazionale organizzata nel capoluogo lombardo dove cento anni fa è nata l’Associazione nazionale alpini. Centinaia di piacentini già ieri hanno raggiunto Milano prevalentemente in treno. Molti hanno scelto di ritornare a casa a dormire mentre altrettanti si sono organizzati nelle strutture ricettive e di accoglienza previste per l’evento. Oltre duemila i piacentini che nella tre giorni parteciperanno al maxi raduno. L’alzabandiera ha ufficialmente aperto la manifestazione e a ogni evento istituzionale sono presenti i rappresentanti della Sezione di Piacenza con il vessillo. Tra loro c’è anche il presidente provinciale Roberto Lupi. L’atmosfera è quella di una grande festa all’insegna dei valori e dell’allegria alpina. Le penne nere hanno colorato il cuore della città dove domenica sfileranno tutte le Sezioni a partire dalle 9 del mattino. Almeno settecento i piacentini che scenderanno lungo le vie a partire dalle 16.30. I volontari di Protezione civile in settimana sono stati impegnati per la pulizia del Parco Lambro come omaggio alla città per l’accoglienza ricevuta. Sono presenti anche volontari piacentini per le cucine e l’antincendio boschivo. L’Adunata rappresenta la prova generale per il Raduno del Secondo Raggruppamento di Emilia Romagna e Lombardia in calendario il 19 e 20 ottobre a Piacenza. Ventimila le presenze previste. Nicoletta Marenghi scarica l'articolo in formato .pdf Nuovo defibrillatore grazie agli alpini e a Mani di Donna A Castelsangiovanni la rete dei defibrillatori si amplia anche grazie agli alpini e alle sarte di Mani di Donna. Negli spazi antistanti la farmacia comunale del centro commerciale Il Castello, è stato posizionato un nuovo apparecchio salva vita. A donarlo alla città sono state le due associazioni che in questo modo hanno dato un contributo significativo alla salute pubblica cittadina. Il centro commerciale alle porte della città è infatti frequentato ogni giorno da centinaia di passanti e il defibrillatore rappresenta per tutti, come hanno ricordato il farmacista Graziano Bianchi e il vicepresidente di Progetto Vita Giancarlo Bianchi, un motivo in più di sicurezza. La bandiera italiana che lo ricopriva è stata tolta dal capitano degli alpini Luigi Bottazzi, che dopo l’8 settembre del 1943, all’età di 23 anni, si rifiutò di combattere per la repubblica di Salò e per questo venne deportato in Germania prima, in un campo di lavoro, e poi nei campi di concentramento. Alla donazione ha ricordato il capogruppo degli alpini castellani Alessandro Stragliati - ha contributo anche l’associazione Mani di Donna. _MM scarica l'articolo in formato .pdf Duemila alpini già pronti a partire per il raduno a Milano «Da quando ho finito la naja ne ho saltata un’Adunata una perché ero all’ospedale», la testimonianza di Luciano è simile a quella di tanti altri alpini perché l’Adunata è l’evento più atteso dell’anno. Indimenticabile per le per le penne nere locali è ovviamente quella del 2013 a Piacenza rimasta nella memoria collettiva, ma ogni Adunata è imperdibile forse perché, come ricordano in molti, «è un po’ come tornare a militare». Quella che sta per arrivare è un’edizione dal sapore storico speciale, le penne nere tornano a Milano per celebrare il centenario dell’Ana, Associazione nazionale alpini, nata l’8 luglio 1919 nel capoluogo lombardo. Dal 10 al 12 maggio, oltre 500mila alpini e simpatizzanti invaderanno la città meneghina per la 92esima edizione del grande raduno; tra loro ci saranno anche duemila piacentini che raggiungeranno la metropoli in pullman, in treno e in auto. “Cento anni di coraggioso impegno” lo slogan scelto dall’Ana mentre “Solidarietà, amicizia e impegno sono i valori fondanti della nostra associazione” è la scritta che comparirà sullo striscione preparato dalla Sezione di Piacenza per l’occasione. Il momento clou della tre giorni, che seguirà il programma ormai consolidato, è la sfilata in programma domenica. Settecento gli iscritti alla Sezione di Piacenza che alle 16.30 marceranno da Corso Venezia al Duomo; ad aprire il corteo sarà la Fanfara diretta dal maestro Edo Mazzoni. Non mancheranno i volontari di Protezione civile e, a tal proposito, i piacentini Franco Cremona e Gilberto Schiavi sono impegnati già da inizio settimana al Parco Lambro per le operazioni di pulizia. Altri volontari sono in partenza per dedicarsi alla cucina e all’antincendio boschivo. Il maxi evento milanese arriva a cinque mesi dal Raduno del Secondo Raggruppamento di Emilia-Romagna e Lombardia che catapulterà a Piacenza oltre 20mila penne nere il 19 e 20 ottobre. «Abbiamo l’onore di organizzare per la prima volta a Piacenza questo grande Raduno e ci inorgoglisce ulteriormente il fatto di ospitarlo proprio nel centenario della nascita dell’Associazione» ha commentato il presidente sezionale Roberto Lupi. _Nicoletta Marenghi scarica l'articolo in formato .pdf Alpini e marinai “coalizzati” ripulito il campo Daturi Rastrelli, forconi, motosega, trattori, tosaerba e decespugliatori. Con questo equipaggiamento di attrezzi da giardino, nei giorni scorsi, le “penne nere” hanno tagliato l’erba del campo Daturi. La manutenzione dell’enorme polmone verde in viale Risorgimento, infatti, spetta al Gruppo Alpini di Piacenza e all’Associazione nazionale Marinai d’Italia in cambio della concessione in uso del fabbricato comunale presente nell’arena. Gli alpini e i marinai - che si occupano anche dell’apertura e della chiusura del parco - hanno così sfalciato i polloni alla base dei tigli e sfoltito i cespugli e le erbacce ai bordi della pista d’atletica. L’iniziativa - animata da risorse umane e tecniche in un clima di assoluta amicizia - è stata capitanata da Gino Luigi Acerbi, capogruppo degli Alpini di Piacenza. In totale, sono intervenuti ventidue volontari per 154 ore di lavoro, distribuite ovviamente su diverse settimane. Alla fine delle operazioni di sfalcio, le “penne nere” hanno condiviso cibo e bevande in compagnia. Durante tutto l’anno, va detto, il Gruppo Alpini di Piacenza svolge un importante servizio di assistenza alle scolaresche che si recano nel Daturi per le lezioni di ginnastica, quando quotidianamente 2.500 studenti del liceo Gioia e dell’istituto Romagnosi praticano educazione fisica accompagnati dai docenti. Le “penne nere” collaborano anche alla buona riuscita di eventi sportivi, ludici e ricreativi in questo spazio verde di quattordicimila metri quadrati – tra pioppi, pini e tigli – alle porte del centro storico, in viale Risorgimento. Per utilizzare il piccolo edificio nel Daturi come sede delle loro attività, inoltre, le associazioni versano un canone complessivo di 3.500 euro al Comune e si impegnano, appunto, alla valorizzazione e ottimizzazione dell’area. _Thomas Trenchi scarica l'articolo in formato .pdf Carpaneto, fiori nuovi sul viale per ricordare il sacrificio dei bisnonni Fiori nuovi lungo il viale delle Rimembranze. Ieri mattina il gruppo alpini di Carpaneto, con una cerimonia che ha coinvolto i bambini delle classi quarte A e D delle scuole elementari, ha dapprima fatto un saluto al monumento dei Caduti e successivamente ha sostituito tutti i fiori delle stele a memoria dei caduti della Grande Guerra lungo il viale delle Rimembranze. «Queste stele hanno il compito di tenere vivo il ricordo dei nostri morti - ha sottolineato il sindaco Andrea Arfani -. Per questo ci tengo a ringraziare pubblicamente gli alpini che le hanno recuperate e sistemate. Tanti dei nomi scritti sulle stele, i bambini di oggi non li conoscono, ma ricordare alle nuove generazioni il loro impegno e purtroppo il loro sacrificio è importante». I bambini, che hanno deposto un fiore per ogni stele, sono stati accompagnati dalle insegnanti Patrizia Pezza, Silvia Chinosi, Daniela Ruggi, Paola Sartori, Catia Mazzuca e Alice Bertonazzi. «Le stele sono 160 - ha spiegato l’alpino Gianni Magnaschi, consigliere della sezione Ana (Associazione nazionale alpini) di Piacenza - Queste sono state recuperate e riverniciate circa 8 anni fa e ricollocate sul viale per ricordare degnamente questi ragazzi morti nella Prima guerra mondiale. Dopo la guerra i cittadini di Carpaneto contribuirono alla costruzione del viale acquistando un albero per ogni morto in guerra. Oggi mi sembra giusto ricordare questi carpanetesi tra i quali si possono ricordare, oltre alla stele del Milite Ignoto, Ettore Rosso e Alessandro Casali che sono stati insigniti della medaglia d’oro, e Filippo Scotti Douglas, gli antenati del quale furono i signori di Carpaneto per oltre quattro secoli ». Durante la giornata sono state effettuate anche riprese televisive da parte di Tele Boario che è la televisione di riferimento di Ana, l’Associazione nazionale alpini. Queste immagini faranno parte del “Tg l’Alpino” che viene divulgato in tutta Italia attraverso 47 emittenti locali, tra cui Telelibertà. Daniele Mazzoni, capogruppo della sezione al- Carpaneto, fiori nuovi sul viale per ricordare il sacrificio dei bisnonni pini di Carpaneto, ha sottolineato l’importanza del coinvolgimento dei bambini proprio per insegnare la storia del sacrificio dei loro bisnonni. «Già tre anni fa abbiamo intensificato le lezioni di storia, a favore degli alunni delle scuole, in concomitanza con l’anniversario della Grande Guerra - ha raccontano Carlo Veneziani, responsabile del centro studi alpini di Piacenza -. Cerchiamo di colmare così alcune lacune che a volte anche le istituzioni dimenticano, ma che a Carpaneto hanno trovato docenti attenti e disponibili». Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Addio all’alpino di Brooklyn con il cuore a Pianadelle Natalino Guglielmetti aveva lasciato Pianadelle di Pradovera, nel comune di Farini, mezzo secolo fa per cercare fortuna in America, a Brooklyn, con il suo paese nel cuore. Ogni estate tornava per rivedere la casa e gli amici. Ora Natalino è tornato per sempre a Pianadelle, secondo le sue ultime volontà. I funerali sono stati celebrati il 30 marzo scorso a New York e martedì a Pradovera, dove in tanti si sono riuniti attorno alla moglie Franca e ai figli Cristina e Fabio. Tanti alpini del gruppo di Groppallo-Farini e di Ferriere gli hanno reso solenni onori innalzando i loro gagliardetti, portando in chiesa il suo cappello adagiato sul tricolore e l’urna con le sue ceneri. Guglielmetti era un alpino, iscritto alla sezione di New York, il cui presidente è Luigi Covati, anch’egli piacentino di Perino. «Ricordo che 50 anni fa – ha detto rivolgendosi a Natalino un parente, Andrea Guglielmetti, durante il rito funebre – insieme a tuo padre e tuo fratello, decideste di partire in cerca di un briciolo di fortuna. Oggi a Pianadelle si è spenta un’altra luce». Net, così era anche chiamato, era nato a Pianadelle il 25 dicembre 1947 e nel 1968 si era imbarcato da Genova verso l’America. Aveva prestato servizio militare negli alpini, come telegrafista, prima il Car a L’Aquila e poi a Pontebba (Udine) e ne era orgoglioso: si era iscritto alla sezione di New York. «Una volta giunto nel nuovo continente – ha proseguito Guglielmetti - fu dura adattarsi, ma con onestà, sincerità e correttezza creasti tante cose belle: un lavoro, una casa, la famiglia». Prima lavorò in una fabbrica che produceva scatole di cartone, poi nel mondo dell’edilizia. Aveva imparato sul campo ottenendo promozioni ed era stato attivo nei sindacati. A Brooklyn iniziò a frequentare Franca, di Cogno San Bassano, che già conosceva e che sposò nel 1974. «Una persona molto solare, disponibile per tutti – lo ricorda lei -. Tutti lo consideravano un amico, ha mantenuto le amicizie a Farini le tante persone venute al funerale lo hanno dimostrato». _Nadia Plucani scarica l'articolo in formato .pdf Vittime di guerra croci al merito a due caduti in Russia Picchetto d’onore, corone d’alloro e alzabandiera per omaggiare le vittime di guerra. Ieri mattina, per qualche minuto, piazza Cavalli si è fermata: sulle note dell’inno di Mameli, accanto alle autorità civili e militari di Piacenza, anche alcuni passanti hanno smesso di correre per rivolgere lo sguardo verso il Sacrario dei Caduti sotto le arcate di palazzo Gotico. All’ombra del tricolore italiano, è culminata la commemorazione organizzata dall’Associazione delle famiglie dei caduti e dispersi in guerra: «È un’occasione di memoria allegra e spensierata, per portare avanti un messaggio di pace e democrazia. In assenza di comprensione, dialogo e amore, gli eventi bellici possono tornare a colpire la collettività», ha dichiarato Annamaria D’Angelo, vicepresidente nazionale dell’associazione, con il fazzoletto azzurro al collo e la voce rotta dall’emozione. Poi sono state consegnate le croci al merito di guerra alla memoria del soldato napoletano Vincenzo Paradiso e del carabiniere caorsano Giuseppe Bonelli, entrambi dispersi sul fronte russo nel dicembre del 1942. I riconoscimenti sono stati ritirati dai nipoti. Ai vigili del fuoco di Piacenza e ai volontari della protezione civile, invece, sono andate le targhe della pace per la continua opera a favore della comunità e della salvaguardia della solidarietà fra persone e popoli. Gli attestati di stima, siglati dall’associazione, sono stati affidati al comandante dei pompieri Francesco Martino e al coordinatore provinciale dei volontari della protezione civile Leonardo Dentoni. Poco prima, nella basilica di San Francesco, si è tenuta la messa accompagnata dal suono della tromba e presieduta da don Stefano Garilli, cappellano degli alpini. Dal sagrato della chiesa, i rappresentanti delle istituzioni, le forze dell’ordine, le associazioni combattentistiche e d’arma con i rispettivi labari si sono spostate in corteo sotto al municipio, dove è intervenuto il brigadiere generale Dionigi Maria Loria, direttore del Polo nazionale rifornimenti: «Vogliamo rendere onore ai defunti di guerra, qualunque sia la causa della loro morte, in ogni scontro bellico che si è verificato dagli stati preunitari sino ai giorni nostri. Nomi di uomini caduti nell’adempimento del dovere, dietro ai quali c’è il dolore delle famiglie per le loro vite spezzate prematuramente. Il nostro compito è trasmetterne il ricordo alle generazioni future, affinché non si ripetano più le tragedie che hanno insanguinato lo scorso secolo. Le nostre forze armate continuano a proteggere la democrazia e la pace, infatti sono impegnate in due missioni nazionali e 34 spedizioni internazionali». Il brigadiere Loria ha citato il capitano messinese Giuseppe La Rosa, scomparso l’8 giugno 2013 a Farah in Afghanistan all’età di 31 anni, «quando si immolò con coraggio per difendere gli altri soldati italiani da un vile attentato terroristico durante un movimento logistico». Anche il presidente della Provincia e sindaco di Piacenza Patrizia Barbieri ha portato un saluto: «Mi sono avvicinata a questa cerimonia con forte emozione, pensando al sacrificio dei soldati catapultati in ogni parte del mondo a combattere per il bene della patria, in nome di valori condivisi quali libertà e democrazia. È commovente scorgere gli sguardi dei familiari dei defunti, a cui va il sincero ringraziamento della comunità piacentina». Thomas Trenchi scarica l'articolo in formato .pdf «Ci ha insegnato a non tenere per noi i nostri talenti» Se n’è andato un amico delle associazioni ed un alpino. Gianni Mazzocchi è scomparso a 69 anni e i suoi funerali sono stati celebrati nella chiesa di Podenzano che ha accolto tanti alpini e rappresentanti delle associazioni locali. Hanno voluto essere presenti a salutare il loro amico Gianni, lui che è sempre stato un volontario a tutto tondo, uno che diceva sempre sì quando le associazioni chiedevano la sua disponibilità, dagli alpini all’Avis, dalla Gelindo Bordin alla Crazy Sound solo per fare alcuni esempi. Per trent’anni alla Tectubi di Podenzano come manutentore meccanico fino alla pensione, era appassionato di calcio: seguiva i figli Danilo e Daniele che giocavano nella Valnure e all’occorrenza si prestava a fare qualsiasi cosa, dal massaggiatore al “giardiniere”. E sul campo e in panchina era sempre presente, pronto ad intervenire. Attualmente era vice capogruppo degli alpini di Podenzano, guidati da Giovanni Carini – particolarmente commosso per la scomparsa dell’amico –, e custode della sede. «Ricorderò sempre che tutte le volte che passavo davanti alla sede era lì , anima e custode – ha affermato il sindaco Alessandro Piva durante le esequie -. L’ho conosciuto come uomo mite, umile, disponibile. Non gli piaceva apparire, ma rispondeva sempre “presente”». Dal carattere socievole è stato anche uno dei fondatori della filodrammatica I Soliti di Podenzano in cui ha recitato nei primi anni ‘70. Un uomo che ha seminato e, come ha evidenziato don Silvio Cavalli, ha raccolto i suoi frutti: la sua famiglia, con la moglie Anna, i suoi figli e i suoi nipoti Elia ed Amelia, e l’amicizia con le associazioni. Per lui è stata letta la preghiera dell’alpino. «Ci ha insegnato a non tenere per noi i nostri talenti – hanno detto i figli -. Se si ha un dono e una capacità è giusto condividerli. Questo lui l’ha sempre fatto». _NP scarica l'articolo in formato .pdf Ore di festa per i nonni grazie al fisarmonicista degli alpini castellani Gli alpini di Castelsangiovanni portano il loro entusiasmo anche tra gli anziani di Arena Po. Nei giorni scorsi una delegazione di penne nere castellane, della quale faceva parte il fisarmonicista Stefano Bozzini, ha fatto visita alla Fondazione Conte Franco Cella di Rivara Onlus, un ente che si occupa di assistenza agli anziani. Bozzini ha portato una ventata di allegria agli ospiti della struttura, suonando per loro pezzi che hanno riportato alla loro mente le musiche del passato. Musiche che hanno costituito la colonna sonora di tanti momenti felici e che grazie agli alpini è stato possibile ripercorrere. Alla festa hanno preso parte anche gli alpini di Stradella - con il loro capogruppo Roberto Provenzano - i quali, insieme agli amici della sezione di Castelsangiovanni, tra qualche settimana si daranno nuovamente appuntamento con le penne nere di Castello nel giardino della Fondazione di Arena Po per replicare la festa. Il gruppo di Castello, guidato da Alessandro Stragliati, è attivo anche nelle strutture della propria città. All’Albesani, ad esempio, di sovente le penne nere castellane animano eventi e si fanno promotrici di iniziative benefiche a favore degli ospiti. Di recente hanno anche donato un defibrillatore che verrà inaugurato nella zona del Centro commerciale Il Castello._MM scarica l'articolo in formato .pdf Successo per la polentata alpina a Perino 1.800 euro alla Croce rossa di Ottone Solidarietà chiama, e gli alpini ovviamente rispondono. Soprattutto se di mezzo c’è l’sos lanciato dalla montagna, da Ottone, Zerba, Cerignale. Le penne nere della Valtrebbia si sono riunite a Perino per offrire polenta gustosissima (ricetta top secret delle “mani sante” delle tante volontarie) in cambio di un contributo che potesse sostenere la Croce rossa: sul conto corrente aperto il 19 dicembre scorso da Libertà per raggiungere il sogno - poi diventato realtà - di un’ambulanza per l’alta valle sono così ora stati devoluti altri 1.800 euro, ricavati in poche ore di buona cucina e amicizia, in perfetto stile alpino. Non solo: alla cifra si sono aggiunti anche gli aiuti raccolti dalla Cgil di Bobbio e altre offerte spontanee arrivate a Ottone. Oltre all’ambulanza dunque saranno acquistati ausilii, mezzi salvavita e altri sostegni perché la Croce rossa di Ottone abbia sempre più “gambe”. Attenzione, però. La solidarietà è bellissima, ma da sola non basta. Servono infatti volontari perché concretamente si riesca poi a garantire il servizio nel paese che si affaccia sulla Statale 45. Partirà il corso per nuovi volontari di Croce rossa a Ottone: per iscriversi -c’è ancora poco tempo disponibile - si può contattare il numero 349.5590814 oppure la mail giulia8ne@gmail.com. Un impegno prezioso per dare più sicurezza alla propria comunità e sostenere così anche i tanti aiuti arrivati da tutto il territorio. _malac. scarica l'articolo in formato .pdf A Carpaneto premi, riti e corteo nel giorno dell’orgoglio alpino La festa del gruppo Alpini di Carpaneto ieri mattina è iniziatacon il raduno e l’alzabandiera seguiti da una messa celebrata dal parroco don Giuseppe Frazzani in suffragio dei caduti e dispersi di tutte le guerre. Al termine del rito religioso le penne nere hanno sfilato per le vie del paese accompagnate dalla Fanfara della sezione di Piacenza diretta dal maestro Edo Mazzoni. Il corteo si è fermato davanti al monumento dei caduti per la posa di una corona d’alloro. Successivamente nel cortile del Municipio il nuovo capogruppo degli alpini di Carpaneto, Daniele Mazzoni, ha salutato gli intervenuti, autorità civili e militari. il sindaco Andrea Arfani, complimentandosi, ha sottolineato come gli alpini riescano sempre ad attrarre tanta gente e, cosa importante, ricordino sempre alla comunità i veri valori che hanno costruito l’Italia. Un gradito ospite della giornata è stato Daniele De Pianto, sindaco di Cercino, località in provincia di Sondrio il cui gruppo alpini è gemellato con quello di Carpaneto. Hanno portato i saluti anche il generale Maurizio Plasso e il generale Sergio Santamaria, direttore del Polo di mantenimento che ha detto: «Amicizia, riconoscenza, memoria, cristianità, associazionismo, Patria, questi sono tutti valori sui quali si fondano le radici degli alpini. Sul vostro monumento ai caduti ho letto la scritta “Morti perché la Patria viva”, questa è una dicitura stupenda che va ricordata ». Anche il presidente provinciale dell’Associazione Nazionale Alpini, Roberto Lupi, non poteva mancare. Dopo i saluti ha sottolineato come le feste dei gruppi alpini non siano folclore ma sono effettivamente utili a porre l’attenzione su valori che non devono essere dimenticati. Durante la festa, come ormai da tradizione, si sono svolte anche le premiazioni del concorso per scritti sul tema degli alpini, dedicato dai suoi famigliari alla memoria di “Italo Savi alpino”, che ha raggiunto il suo decimo anno, e che è rivolto agli alunni delle scuole medie Silvio Pellico di Carpaneto. Alla presenza della moglie Angela, della figlia Daniela Savi e della dirigente scolastica Monica Ferri, sono stati premiati Melissa Anelli, Federica Calderoni, Alice Alquati, Kiara Hoxha, Riccardo Faimali, Alessandro Bravi e Anna Sofia Mazzocchi. scarica l'articolo in formato .pdf Alpini in piazza a Caorso per festeggiare i “loro” 50 anni Senso di appartenenza, dedizione al dovere, sincero cameratismo, fedeltà al Paese, rispetto per i compagni defunti e spirito goliardico: gli Alpini, ovunque siano, piacciono. A tutti: grandi e piccoli. Il loro fare festa è il fare festa per un’intera comunità. E’ accaduto così in questi giorni anche a Caorso, dove il Gruppo Alpini, guidato da Angelo Maffini, ha celebrato i 50 anni dalla sua fondazione. Fanfara e “gemelli” La solenne cerimonia, aperta con l’alzabandiera e la deposizione di una corona al monumento ai caduti, si è sviluppata in tre momenti consecutivi: i saluti delle autorità, una messa celebrata dal vescovo di Piacenza monsignor Gianni Ambrosio e un ottimo raduno conviviale. E non poteva mancare la presenza della fanfara alpina Altolario e degli amici - con cui la sezione dell’Ana (Associazione nazionale alpini) di Caorso è gemellata dal 1996 - del gruppo alpini di Verceia giunti numerosi dalla provincia di Sondrio, guidati da Ivo Pedroncelli. Traguardo «Cinquant’anni sono un bel traguardo, ma sono solo i primi - commenta Roberto Lupi, presidente dell’Ana Piacenza - e se siamo qui a celebrarli, non possiamo non ringraziare i soci fondatori (Silvano Pagano, attuale presidente onorario, Giovanni Sartori e il quasi 99enne Elio Draghi, che hanno ricevuto un attestato di riconoscenza, ndr)». «È bello - ha proseguito il presidente Lupi - vedere come in occasione di questa ricorrenza ci sia una così numerosa partecipazione, d’altra parte i valori che noi alpini incarniamo e portiamo avanti, come il senso del dovere verso la patria e il Paese, hanno senso solo se sono condivisi all’interno della nostra comunità ». Festa alla Baita I 50 anni di fondazione sono anche stati occasione per festeggiare il decimo anniversario dall’inaugurazione della Baita, intitolata al Beato don Secondo Pollo, sede del gruppo Alpini Caorso. «Mi sento doppiamente a casa, non solo perché sono nel mio paese ma perché ho in famiglia chi appartiene alle penne nere - dichiara il sindaco di Caorso Roberta Battaglia -. Conosco i vostri ideali, al di là della vostra peculiare vena goliardica da cui è facile essere contagiati, siete portatori di principi che abbiamo sempre più bisogno di coltivare». Le fa eco il collega, primo cittadino di Verceia, Flavio Oregioni: «Ciò che contraddistingue gli alpini è la semplicità, la schiettezza, la quotidianità e l’operosità, esattamente ciò che su cui si basa un gemellaggio che non è solo tra due gruppi ma soprattutto tra due comunità. Quasi la metà dei vostri 50 anni è stata condivisa con noi, essere qui è un onore». Valentina Paderni scarica l'articolo in formato .pdf I Piacentini nel mondo premiano gli alpini «Esportano ovunque valori e tradizioni» Gli alpini portano in giro per il mondo valori e tradizioni. Ecco perché meritano un premio di benemerenza, e a consegnare questo prestigioso riconoscimento alla sezione di Piacenza ci penserà l’associazione “Piacenza nel Mondo”. Sarà questo il primo di tanti passi che sanciscono la collaborazione ufficiale tra le due realtà locali, nata con l’annuncio dato nella sede degli alpini. Presenti una corposa delegazione di “Penne nere”, guidata dal presidente Roberto Lupi, il presidente dell’associazione “Piacenza nel Mondo” Giovanni Piazza e il consigliere provinciale Romeo Gandolfi. La consegna del premio di “Associazione benemerita nel mondo” all’Ana piacentina avverrà in occasione della Festa degli Emigranti in programma il prossimo 11 agosto a Groppovisdomo di Gropparello. Tra le altre realtà premiate, alcune ancora da definire, c’è anche il Piacenza Calcio nell’anno del suo centenario. «Siamo qui per rendere ufficiale il rapporto di collaborazione che ci lega con l’Ana locale – ha spiegato Piazza – una partnership che in realtà esiste da anni, visto che gli Alpini ci aiutano sempre in occasione delle nostre feste e delle varie iniziative, non manca mai il loro contributo. I valori che propongono sono un punto di forza per tutti gli emigrati piacentini nel mondo, che attualmente sono presenti in tanti paesi e in realtà nuove rispetto al passato, come Belgio, Australia, Cile o Argentina. Tanti piacentini e tanti alpini si sono fratti onore all’estero e rappresentano un punto di riferimento per le associazioni presenti sul territorio, e questo, in occasione del nostro centenario, è un premio che vuole abbracciare idealmente tutti i piacentini e tutti gli alpini. Come funzionerà concretamente questa collaborazione? Si proseguirà con la via già iniziata, di sostegno ai vari eventi, oltre a puntare sul fare squadra e numero per offrire un supporto ai nostri piacentini sparsi per il mondo». Plauso arrivato da parte dell’Amministrazione provinciale direttamente da Gandolfi, secondo il quale «tutte queste iniziative vanno supportate e in questo senso la Provincia non si tirerà certo indietro per dare un aiuto », in seguito il presidente Lupi si è detto «onorato per questo bel riconoscimento che riceveremo, tutto questo rafforzerà il legame che abbiamo da tempo con l’associazione Piacenza nel Mondo. L’associazione ha dei valori che noi stessi condividiamo, offre un supporto ai piacentini che tengono alto il nome del nostro territorio dove sono presenti» Gabriele Faravelli scarica l'articolo in formato .pdf Omaggio di San Giorgio agli alpini nel giorno del raduno annuale Un brano scritto dal patriota Cesare Battisti per elogiare il coraggio e la bontà di cuore degli alpini è stato citato dal sindaco Donatella Alberoni nel discorso tenuto per le celebrazioni del raduno di gruppo Alpini di San Giorgio. Un discorso in cui è emerso lo stretto legame che si è stabilito tra la comunità sangiorgina e le volonterose penne nere locali. Domenica è stata una giornata di festa ed al tempo stesso un’occasione per commemorare e ricordare il sacrificio di chi ha dato la vita per la nazione. San Giorgio perse allora 48 suoi cittadini. Per loro, come ogni anno, dopo l’alzabandiera è stata depositata una corona d’alloro al cospetto di rappresentanti delle istituzioni, componenti della Protezione civile e di Ana provinciale (ha partecipato il vice presidente Pierluigi Forlini) e del parroco Claudio Carbeni, che ha impartito la benedizione dinnanzi al monumento dei caduti realizzato nel 1924 dallo sculture Gino Rancati e regolarmente mantenuto in perfette condizioni dal Gruppo Alpini di San Giorgio. Quando si parla di Alpini è doveroso il ricordo per le imprese del passato, ma altrettanto importante è sottolineare il fondamentale contributo che ogni giorno danno alla società. Gli Alpini San Giorgio guidati dal capogruppo Graziano Franchi, da sempre collaborano all’organizzazione di eventi rivolti alla comunità, ultima la partecipazione per l’attuazione dello spettacolo teatrale “Stupefatto”. Senza dimenticare le numerose iniziative benefiche rivolte al paese. Dopo la partecipata messa, le pennenere insieme ad un folto numero di simpatizzanti si è trasferito nel salone parrocchiale dove si è tenuto un pranzo conviviale a base di antipasti tipici e dell’amata polenta preparata dagli Alpini e servita con ganassini e gorgonzola. Al termine del pranzo, la festa si è conclusa nel migliore dei modi tra risate e allegria, con una ricca lotteria di premi forniti dagli esercizi commerciali del paese presentata da Salvatore Tizzi. _Marco Vincenti scarica l'articolo in formato .pdf Gotico e penna nera così Ilaria conquista il maxi raduno alpino C’è il tricolore, palazzo Gotico, la penna nera e la colonna mozza con la scritta “Per non dimenticare”. Ha radunato i simboli degli alpini e di Piacenza Ilaria Soldini, studentessa della quinta grafica del liceo Cassinari che ha disegnato il logo del raduno del Secondo Raggruppamento Alpini in programma nella nostra città il 19 e il 20 ottobre. Ieri pomeriggio in municipio si è svolta la presentazione ufficiale della locandina che riporta la realizzazione grafica di Ilaria: il sindaco Patrizia Barbieri ha voluto ringraziare personalmente la scuola «per avere saputo leggere così bene il senso di quello che sarà un momento emozionante per la comunità». «Il presidente provinciale degli alpini Roberto Lupi sta lavorando per l’allestimento del prossimo raduno di ottobre – spiega il primo cittadino – il fatto di avere coinvolto una studentessa nell’ideazione del logo è sicuramente importante e lodevole ». Da parte sua Ilaria, accompagnata dalle docenti Concetta Di Stefano e Cristina Martini, ha precisato: «Il progetto è stato molto importante per me e per tutti i ragazzi della classe con cui ho lavorato e che hanno cercato di valorizzare il contributo degli alpini: chiaramente mi fa piacere che sia stato scelto il mio lavoro, ma vale la pena ricordare che è frutto di un impegno congiunto». Il logo mostra non solo la penna nera, ma anche la colonna mozza: «È il simbolo dell’associazione perché rimanda a un raduno che si svolse nel 1920 sull’Ortigara – spiega Lupi – in quell’occasione venne portata la colonna mozza come omaggio agli alpini caduti nella Grande Guerra. Il disegno di Ilaria è stato scelto appunto perché ha saputo unire tanti simboli: il tricolore, il Gotico, la penna nera e appunto la colonna mozza». Come si diceva, il raduno si terrà in ottobre, ma la macchina organizzativa si è già messa in moto: «Stiamo definendo il percorso per la sfilata – spiega ancora Lupi – e abbiamo messo in calendario alcuni appuntamenti in preparazione dell’evento che dovrebbe portare a Piacenza ben 25 mila alpini: sabato e domenica prossima a Caorso ci sarà un concerto, mentre il 29 a Pianello presenteremo un libro dedicato alla Grande Guerra». scarica l'articolo in formato .pdf Un incontro a Farini: la storia raccontata alle nuove generazioni Gli alunni delle scuole di Farini, dall’infanzia alla secondaria di primo grado, hanno reso onore ai caduti di tutte le guerre e conosciuto in modo più approfondito il Corpo degli alpini. È stata una iniziativa della scuola che «tutti gli anni propone una giornata per conoscere una “pagina” della storia d’Italia e del territorio farinese nell’ambito del progetto “Erasmus Plus-Radici” - ha spiegato l’insegnante Monica Cavanna, responsabile di plesso -. Quest’anno è stato scelto il corpo degli alpini. I ragazzi si sono preparati a questo momento, imparando i canti e i fatti storici legati alle penne nere e alle due guerre». E giovedì hanno incontrato di persona gli alpini, quelli in congedo, che spendono le loro giornate per fare qualcosa di concreto per la comunità e per far conoscere ai più giovani l’esperienza delle penne nere di ieri e di oggi. In particolare sono stati con loro il coordinatore del Centro Studi Ana Piacenza, Carlo Veneziani, il consigliere sezionale Ana Enrico Bergonzi, Maurizio Franchi, coordinatore Unità Protezione civile Ana Piacenza, i rappresentanti dei gruppi alpini di Farini e Groppallo, il fotografo Ana Valerio Marangon. Nulla è stato lasciato al caso, ma anzi tutto aveva una motivazione. Tante le informazioni che i ragazzi hanno avuto dagli ospiti prima di intraprendere la sfilata, come fanno gli alpini nei loro raduni. Con le bandierine tricolori, dalla scuola hanno raggiunto il monumento ai caduti in piazza Marconi, dando vita a una vera e propria commemorazione con l’alzabandiera e l’Inno di Mameli, cui hanno partecipato anche il sindaco Antonio Mazzocchi e il maresciallo dei carabinieri, Danilo Brunori. Con i flauti hanno suonato Il Silenzio durante la deposizione dei fiori e, accompagnati alla fisarmonica dall’alpino Davide Bardugoni, hanno cantato Il Piave e Sul Cappello. Martina Cavanna, sindaco dei ragazzi, ha letto la preghiera dell’alpino e l’insegnante Cavanna un breve testo sull’armistizio. Hanno condiviso anche il pranzo, in mensa, allestita tricolore, prima di un pomeriggio interessante in cui i più grandi hanno osservato i reperti storici delle trincee portati dal Centro Studi Ana e i più piccoli, guidati dal referente della Protezione civile, hanno conosciuto, guardando un cartone animato, i comportamenti da tenere, a casa e a scuola, in caso di terremoto ed incendio boschivo. _NP scarica l'articolo in formato .pdf Aiuto all’hospice dalle penne nere di Piozzano e Gazzola Anche gli alpini di Piozzano e Gazzola sono solidali con l’hospice di Borgonovo e con chi ogni giorno presta il proprio tempo per stare accanto a chi soffre. Grazie ad un pranzo benefico organizzato dalle penne nere nei locali dell’oratorio di Piozzano è stato possibile raccogliere ben 1.500 euro che serviranno ora a sostenere le attività degli Amici dell’hospice di Borgonovo. Il pranzo organizzato dagli alpini del gruppo che comprende penne nere di Piozzano e Gazzola è stato dedicato alla memoria di Lucia, Fortunata e Laura, mogli di alpini scomparse prematuramente. «L’iniziativa - dice il capogruppo Carlo Brigati - è stata organizzata in loro memoria e in generale in ricordo di tutte le amiche degli alpini che purtroppo non ci sono più». All’invito a partecipare e a solidarizzare con gli Amici dell’hospice hanno risposto ben 120 persone, grazie a cui è stato possibile raccogliere il sostanzioso contributo. Del gruppo che comprende i due comuni fanno parte una cinquantina di iscritti i quali ha ripetuto un’iniziativa analoga, sempre nel salone parrocchiale di Piozzano, allestendo un pranzo a base di polenta per sostenere l’acquisto di un tandem a favore di Tandem Volante, realtà che si occupa di sostenere persone disabili. Il 2 giugno verrà organizzeta a Gazzola la festa di sezione, mentre a maggio una delegazione parteciperà all’adunata nazionale a Milano. In ottobre anche le penne nere di Piozzano e Gazzola saranno mobilitate in occasione del Secondo Raggruppamento Alpini che si terrà a Piacenza. _MM scarica l'articolo in formato .pdf «Gli alpini da sempre a servizio delle comunità» Ieri mattina, con una cerimonia ufficiale, è stata scoperta la targa commemorativa alla memoria del tenente alpino Renato Molinari. Il parco a lui dedicato era un tempo un campo di calcio sempre dedicato a lui che però, essendo stato spostato nell’area sportiva nel basso paese, aveva fatto cadere nell’oblìo l’intitolazione. Per volontà dell’amministrazione guidata dal sindaco Jonathan Papamarenghi e in concomitanza con la festa degli alpini, è stata quindi ricordata e ripristinata la dedica. Luigi Faimali, capogruppo degli alpini, ha salutato tutti i presenti, tra i quali gli alpini gemellati di Lugagnano di Sona, in provincia di Verona. Il sindaco Papamarenghi, ringraziando gli intervenuti ha detto: «Come amministrazione abbiamo collaborato volentieri con il gruppo alpini locale per valorizzare una figura importante di Lugagnano. Difese i valori civili, il tenente alpino Renato Molinari, e per questo la comunità lugagnanese volle dedicargli il campo di calcio che si trovava dove siamo oggi. Vorrei ringraziare pubblicamente l’alpino Germano Croce che con vero spirito alpino, ha ridato ordine a questa area che è tornata a vivere, riqualificata e oggi dedicata nuovamente a chi, nel 1917, perse la vita per difendere i valori rappresentati dal nostro tricolore. Oggi, in concomitanza con la festa degli alpini di Lugagnano, sottolineo come, con la loro penna nera, e dietro la loro divisa, ci siano grandi valori, impegno e sacrifici, che sono tangibili non solo nelle missioni di pace all’estero, o durante le catastrofi del territorio italiano, ma anche nella nostra comunità, collaborando sempre con le varie realtà locali». «Ricordo ancora - ha concluso il sindaco - quella che fu la motivazione della seconda medaglia al valore, attribuita a Molinari, il giorno seguente alla sua morte, che recitava “Sprezzante di ogni pericolo, conduceva con mirabile ardimento la propria sezione mitragliatrici all’assalto insieme alle prime ondate. Ritto fra l’infuriare del fuoco nemico, incitava i suoi alpini alla lotta. Ferito da pallottola avversaria, ricusava ogni soccorso, e con la parola e con il gesto, continuava a incorare i suoi uomini, finché, colpito di nuovo da un grosso calibro nemico, lasciava gloriosamente la vita sul campo”, era il 1917. Roberto Migli, revisore dei Conti nazionale degli alpini ha dichiarato di essere ono- Due momenti della cerimonia per la targa alla memoria del tenente alpino Renato Molinari FOTO LUNARDINI rato di presenziare alla scopertura della targa in memoria di Molinari. Migli ha anche omaggiato il gruppo di Lugagnano del guidoncino nazionale degli alpini. Il giornalista Franco Lombardi ha ricordato la figura di Molinari e la storia del campo di calcio, nato nel 1919, consegnato alla Unione Sportiva Lugagnanese nel 1932 e rimasto attivo fino al 2001, anno del suo trasferimento nell’area sportiva lungo il torrente Arda, lasciando lo spazio per l’asilo nido e la palestra, con un parco rinnovato dedicato ad una persona illustre, il tenente alpino Renato Molinari. Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Lugagnano ricorda Molinari caduto sotto i colpi austriaci Oggi, verrà scoperta una targa commemorativa alla memoria del tenente Renato Molinari. Con inizio alle ore 10 e 30, in concomitanza con la festa del Gruppo alpini di Lugagnano è stata organizzata una cerimonia aperta a tutta la comunità. La targa che verrà scoperta ricorda la storica titolazione al tenente alpino Renato Molinari, cui era titolato già il campo da calcio esistente prima dei due nuovi edifici pubblici. Durante la commemorazione, il giornalista Franco Lombardi, ripercorrerà per tutti i presenti, le vicende dell’area e dell’illustre lugagnanese. L’area verde in questione, collocata lungo il viale Madonna del Piano, è stata, in questi ultimi mesi, riqualificata dall’Amministrazione comunale. Lo spazio in questione è confinante con l’asilo nido e il palazzetto dello sport comunali. «Gli interventi eseguiti - spiega il sindaco di Lugagnano Jonathan Papamarenghi, che ha seguito i lavori in tutte le sue fasi - hanno portato ad una revisione completa di tutte le essenze arboree presenti, ad un ridimensionamento ed una pulizia di quelle restanti. Abbiamo ripulito tutti i manufatti presenti anneriti e resi antiestetici negli anni, sono state collocate nuove panchine, che hanno sostituito quelle presenti, già oggetto di numerosi atti vandalici. Gli interventi, che hanno abbellito e reso più fruibile un importante spazio del nostro paese, sono partiti nel centenario della Grande Guerra, conclusosi lo scorso dicembre, anche perché l’Amministrazione ha voluto dare un contributo alla memoria di un pluridecorato lugagnanese, che ha perso la vita sul fronte, e merita di essere ricordato con la massima dignità». Renato Molinari, classe 1886, venne insignito di due medaglie d’argento al valor militare, la prima per aver guidato un vittorioso attacco, nonostante fosse ferito, sul monte Cukla nel 1916, la seconda, alla memoria, per essere caduto nel 1917 sotto i colpi austriaci mentre era al comando dei suoi alpini sul colle della Berretta. _Flu scarica l'articolo in formato .pdf Il capitano Bottazzi ha festeggiato i 99 anni con gli alpini castellani Il capitano degli alpini Luigi Bottazzi ha festeggiato le sue 99 primavere insieme alle amate penne nere. Tra loro c’erano anche i decani del gruppo di Castelsangiovanni, di cui Bottazzi fa parte da decenni, e cioè Luigi Fellegara e Ferdinando Lucchini, entrambi 89enni “di ferro” che non hanno voluto mancare al piccolo evento organizzato in omaggio al capitano Bottazzi. All’appuntamento quest’ultimo si è presentato in compagnia dei suoi inseparabili documenti, fotografie e scritti che testimoniano la sua vicenda di ex internato nei lager nazisti. Un periodo terribile quello vissuto nei campi di prigionia. Pochi giorni fa Bottazzi aveva rievocato quegli anni in un’intervista a Libertà._MM scarica l'articolo in formato .pdf Cortemaggiore verso la Festa Granda emozioni in musica con le penne nere Il gruppo alpini di Cortemaggiore ha donato una serata da ricordare a tutti i presenti, nella chiesa della SS. Annunziata si sono esibiti i cori Cai di Piacenza e Monte Cusna di Reggio Emilia. Don Giancarlo Plessi, che gestisce lo storico convento francescano, ha fatto gli onori di casa: «Sono cresciuto con i canti di montagna e riascoltarli è una grande emozione. Ringrazio gli alpini, ai quali sono legato in modo particolare, anche per la loro straordinaria capacità di condivisione che hanno innata e riescono a trasmettere a tutti noi». Il capogruppo di Cortemaggiore Fabrizio Devoti ha ricordato: «Questa serata è un evento della programmazione “aspettando la Festa Granda” che ci onoriamo di ospitare il prossimo 6,7 e 8 settembre 2019. Tanti mi ringraziano, ma vorrei precisare, ancora una volta, che da solo non riuscirei a fare nulla. Ho al mio fianco persone stupende, sempre disponibili. Questa serata di emozioni è solo l’inizio di tutto quello che riusciremo a fare nei prossimi mes». Roberto Lupi, riconfermato alla guida della sezione provinciale Ana, ha ringraziato il gruppo di Cortemaggiore sottolineando come sul territorio magiostrino nota sempre un nutrito numero di persone che seguono gli eventi organizzati, segno dell’attaccamento delle persone agli alpini. Il sindaco Gabriele Girometta, dopo aver consegnato, a nome degli alpini, un contributo a don Plessi, si è complimentato con gli organizzatori. I cori hanno incantato il pubblico intonando mirabilmente 8 canti a testa, tra i quali il Cai Piacenza ha proposto “Al comando dei nostri ufficiali”, “Senti cara ninetta” e “Preghiera degli alpini”. Il coro Monte Cusna ha proposto “La penna dell’alpino”, “Era una notte che pioveva” e “Ta-pum”. Il gran finale è stato con un ensemble che ha emozionato i presenti con la canzone “Signore delle Cime”. Erano presenti alla serata anche il presidente dei Combattenti e reduci Fabrizio Devoti, il generale Raffaele Campus, il maresciallo dei carabinieri Francesco Cutuli e il vicepresidente provinciale degli alpini Gianluca Gazzola. Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Alpini piacentini in assemblea eleggono il presidente Alpini piacentini in assemblea oggi per eleggere il nuovo presidente e, tra l’altro, designare la località della Festa Granda 2020. L’asseblea si terrà nella sala convegni del convento francescano di Cortemaggiore con inizio alle 14.30. All’assemblea dei delegati partecipano per ogni gruppo locale di alpini il capogruppo e un delegato ogni 25 iscritti. In tutto si tratta di 100 penne nere. Nella provincia di Piacenza esistono 45 gruppi alpini per un totale di circa 2.800 persone (compresi gli “amici degli alpini”). Verrà approvato il bilancio del 2018 e il preventivo del 2019 con relativa relazione dei revisori dei conti. Poi l’elezione del nuovo presidente. Roberto Lupi, il presidente uscente, é l’unico candidato. Verrà scelta la sede della Festa Granda 2020 che sarà Bettola essendo anch’essa l’unica candidata. Si farà il punto sull’organizzazione della Festa Granda 2019 a Cortemaggiore e naturalmente sul raduno del 2° raggruppamento (Emilia Romagna-Lombardia) a Piacenza il prossimo ottobre. scarica l'articolo in formato .pdf Armonia celebra la patrona Sant’Agata Donazione degli alpini «Da sole non si fa nulla, insieme si fa tanto». Lo testimoniano le donne dell’associazione Armonia riunite nella piccola chiesa di Sarturano per celebrare Sant’Agata, protettrice delle donne operate al seno. Insieme, per le donne di Armonia, vuol dire raccogliere fondi per far crescere l’unità di senologia dell’ospedale piacentino e vuol dire anche tessere pazientemente bellissimi teli color rosa, il colore del sodalizio Intrecci in Armonia, per poi tappezzare con essi la piccola chiesa della frazione agazzanese. Vuol dire infine stringere preziosi legami di amicizia, come quello con gli alpini di Agazzano, grazie a cui da tre anni a questa parte si rinnova l’appuntamento che porta a Sarturano decine di donne. «Sant’Agata è la nostra protettrice - ha detto ieri la presidente di Armonia Romina Cattivelli durante la celebrazione officiata da monsignor Marco Giovannelli - e per noi è importante credere che ci si qualcuno che ha voluto darci una seconda possibilità. Una possibilità - ha proseguito - che non vogliamo sprecare. Oggi è per noi un momento importante per riflettere sull’importanza della vita e sulla protezione che ci offre Sant’Agata». La mano tesa degli alpini di Agazzano si è concretizzata con un donazione di 200 euro che il gruppo di penne nere ha voluto consegnare ad Armonia. «Ci conoscemmo tre anni fa - ha ricordato Mino Gropalli - quando ci chiesero di aiutarle ad appendere i loro teli lungo il Facsal, dopodiché ideammo questo appuntamento ». Alla donazione degli alpini si è aggiunta anche quella di due benefattrici anonime agazzanesi. «Da sole non si fa nulla - ha detto Cattivelli - ma insieme si può fare tanto. Queste offerte le destineremo a sostenere l’unità di senologia dell’ospedale». La messa, animata dalla Schola Cantorum di Agazzano, è stata anche l’occasione per ricordare chi non c’è più, come gli alpini “andati avanti” e per dire grazie a chi, come Simona Ferrari, con la sua creatività e passione ha fatto nascere l’idea delle coperte rosa, simbolo di Intrecci in Armonia._ MM scarica l'articolo in formato .pdf Per le feste degli alpini a Bruso disco verde al gazebo removibile Si chiude l’intricata vicenda del contenzioso apertosi tempo addietro tra gli alpini di Borgonovo e la Soprintendenza alle Belle Arti, relativamente a una struttura che le penne nere avevano allestito per le manifestazioni all’aperto nell’area retrostante alla chiesa di Bruso, dove si trova la sede dell’associazione combattentistica borgonovese assai attiva nel campo del volontariato. Il compromesso trovato è che l’amministrazione comunale (e non più le penne nere) ha stipulato un comodato d’uso con la Curia vescovile di Piacenza. L’area è stata destinata ad area di pubblica utilità e la struttura per le feste oggetto del contenzioso (che nel frattempo è stato alleggerita rispetto alla precedente) viene indicata come utilizzabile per scopi sociali. «Si pone fine a una vicenda che ha recato danno a un’associazione che fa solo del bene alla comunità» ha detto il consigliere Matteo Lunni, riferendosi alla diatriba apertasi circa la vicinanza delle strutture per le feste degli alpini all’abside della chiesa romanica. La questione è stata discussa in una recente seduta consigliare, durante la quale maggioranza e minoranze hanno dato l’ok definitivo all’autorizzazione al gruppo alpini «per la posa di una struttura metallica rimovibile coperta con telo impermeabile in località Bruso». Potranno quindi montare un gazebo rimovibile per le varie iniziative, ritenuto meno impattante rispetto al contesto storico artistico in cui si trova. Durante la stessa seduta è stata prorogata di sei mesi la convenzione con il canile di Montebolzone per cui il Comune di Borgonovo spende circa 32 mila euro all’anno. «Da giugno - ha annunciato il sindaco Pietro Mazzocchi - entrerà in vigore un nuovo sistema per la compartecipazione dei costi da parte dei comuni». «Oggi - ha proseguito Mazzocchi - si paga per l’85 per cento in base alla popolazione e per il 15 per cento in base al numero di cani recuperati. Da giugno, per i prossimi due anni, le percentuali saranno del 70 e 30 per cento, per poi scendere al 60 e 40 per cento per un altro anno per arrivare infine ad una suddivisione del 50 e 50 per cento»._MM scarica l'articolo in formato .pdf «Due anni nei lager i feriti partivano e non tornavano più» «Lo spazio era così ridotto che mentre dormivo avevo sulla faccia i piedi di quello che mi stava di fianco. Dividevamo un pagnotta di pane in sei e, a turno, uno di noi raccoglieva le briciole per non sprecare niente». Luigi Bottazzi, classe 1920, storico tabaccaio di Castelsangiovanni, è capitano degli alpini e non ha ma dimenticato nulla dei due interminabili anni trascorsi nei lager nazisti. Era un giovane sottotenente in forze al Sesto Reggimento Alpini di stanza a Colle Isarco quando, il 9 settembre 1943, all’indomani dell’armistizio, venne fatto prigioniero dei tedeschi. Iniziò per lui una lunga odissea proseguita fino al 16 aprile del 1945, quando il lager di Fallingbostel, in cui all’epoca era internato, venne liberato dagli inglesi. Come ricorda la liberazione? «Vedemmo arrivare cinque carri armati e pensammo che fossero i tedeschi venuti ad annientarci. Invece i carri armati si fermarono e fecero manovra. Quando vedemmo il simbolo degli inglesi capimmo di essere salvi. Di quel momento conservo una foto in bianco e nero. Si vede un gruppo di uomini ammassati dietro una rete e lì in mezzo c’ero anch’io». Prima di arrivare a quel fatidico giorno ha però dovuto passare attraverso un inferno segnato da tappe che sono rimaste impresse a fuoco nella sua memoria. Tappe i cui nomi sono Stablack, Deblin, Sandbostel, Fallingbostel, tutti lager nazisti dove lui e i suoi sfortunati compagni venivano di volta in volta spostati. Con quali mezzi venivate condotti? «A bordo di treni bestiame. Minimo eravamo in sessanta per vagone, ammassati uno sull’altro. I viaggi duravano settimane perché la precedenza ce l’avevano tutti gli altri treni. Mangiavamo quando capitava ». Bottazzi fece parte dei “mille di Fallingbostel”, mille ufficiali la cui storia è stata messa nero su bianco da Carmelo Cappuccio nel libro “Uomini e tedeschi”, scritti e disegni di deportati a cura di Armando Borrelli e Anacleto Benedetti. Un libro che lei, insieme a una miriade di scritti e documenti che testimoniano la sua esperienza, conserva gelosamente... «Per capire cosa abbiamo passato bisogna leggere quel libro. Avevamo una stufa per baracca che accendevamo quando ci consentivano di andare a prendere la legna. Facevano due appelli al giorno e ogni volta ci tenevano fuori un’ora al gelo. Dormivamo stesi su un tavolaccio con le cimici e le pulci che passavano tra le scanalature del legno. Ci davano una minestra con un litro di brodo e barbabietole per il bestiame. La domenica c’erano i fiocchi di avena e al pomeriggio un infuso con foglie di tiglio. Vedevamo partire i feriti per l’infermeria ma non li vedevamo più tornare ». Tra tanta disperazione, conserva ricordi belli? «Una soprano vestita di bianco alla sera, all’inizio della prigionia prima di partire per i lager, ci cantava le opere liriche e noi rispondevamo con il “Và pensiero”. Ricordo ancora l’incontro a Deblin con il cappellano militare don Primo Carrà (scomparso nel 2017, ndc). La notte di Natale del 1943 gli feci da chierichetto e lui mi regalò le sigarette ». C’è una cosa di cui lei va orgoglioso, vero? «Sì, di essermi sempre rifiutato di lavorare per i tedeschi e di non avere mai aderito alla Repubblica di Salò». Luigi Bottazzi ha ricevuto in seguito una Croce al merito di guerra, un distintivo d’onore per i patrioti volontari della libertà e una medaglia d’onore. Il 16 febbraio festeggerà 99 anni insieme ai familiari e agli alpini di Castelsangiovanni alla cui sezione è iscritto da oltre mezzo secolo. «Gli faremo scarica l'articolo in formato .pdf Cortemaggiore, la Festa granda degli alpini parte dai più piccoli Il gruppo alpini di Cortemaggiore ha incontrato tutti gli alunni della scuola elementare “Pietro Gandolfi” al teatro Eleonora Duse di via XX Settembre. Il motivo è legato alla prossima Festa Granda Provinciale che, come già annunciato, verrà ospitata proprio a Cortemaggiore il 6,7 e 8 settembre prossimi. Nella stessa circostanza verranno coinvolti anche i bambini delle elementari con lavori, disegni e componimenti che saranno esposti proprio nel teatro magiostrino. Per far capire allora agli alunni che cosa significa “Corpo degli Alpini” e che cosa gli alpini hanno fatto e continuano a fare a favore della comunità, è stata organizzata questa mattinata di conoscenza storica. I bambini sono stati divisi in tre gruppi, prima e seconda, le terze insieme alle quarte, e infine le quinte. Ogni incontro aveva la stessa tematica ma con un approccio diverso in base all’età. Sono stati proiettati anche brevi filmati d’animazione per attirare maggiormente l’attenzione dei più piccoli. Erano presenti, tra gli altri, il capogruppo di Cortemaggiore Fabio Devoti, il referente del centro studi Ana, Carlo Veneziani, il coordinatore sezionale della protezione civile Ana Maurizio Franchi, il sindaco di Cortemaggiore Gabriele Girometta e il vice Alice Marcotti. «Gli alpini hanno una storia antica - ha esordito Girometta -. Aiutano sempre la comunità e collaborano con tutte le associazioni del paese. Gli alpini organizzano anche feste ricreative e col ricavato di queste fanno donazioni e beneficenza. È un’associazione meritevole e tutti noi cercheremo di ricambiare il loro altruismo aiutandoli per organizzare al meglio la Festa Granda 2019». Ogni incontro con i gruppi di alunni è sempre iniziato coinvolgendoli nel canto dell’Inno italiano di Mameli, per poi passare alla visione dei filmati. La protezione civile Ana ha spiegato, in modo semplice, come ci si deve comportare in caso di incendio o terremoto. Particolarmente apprezzata è stata la storiella raccontata dalla penna dell’alpino trasformata in un cartone animato. La penna, come il mulo, è stato spiegato, sono i simboli principali che contraddistinguono gli alpini. La penna nera è di corvo, riservata alla truppa, quella marrone è d’aquila, per i sottufficiali e per gli ufficiali inferiori, quella bianca è d’oca, per gli ufficiali superiori e i generali. L’attiva partecipazione della scuola alla festa di settembre è significativa sul fatto di come il corpo degli alpini sia ben radicato sul territorio e riscuota tanta simpatia e riconoscenza._Flu scarica l'articolo in formato .pdf Gli Alpini onorano i caduti in Russia del ‘43 «L’Italia deve andare fiera di Nikolaevka» La battaglia di Nikolaevka, combattuta dagli alpini il 26 gennaio 1943 contro le forze dell’Armata Rossa in Russia, assume un significato che va oltre quello bellico. Deve essere assunto come valore e trasmesso ai più giovani. Pur sacrificando sul campo migliaia di vite umane, il combattimento ha infatti fatto nascere la consapevolezza di volere una nuova Italia, libera e democratica. Gli alpini della provincia piacentina hanno commemorato ieri mattina il tragico evento della battaglia di Nikolaevka, onorando tutte le Penne nere che vi persero la vita o furono disperse. Lo fanno tutti gli anni a Vigolzone dove, in piazza Serena, è collocato il monumento dedicato ai caduti che contiene la terra di Nikolaevka. Per Morosoli e Scrivani Il monumento venne realizzato nel 1984 con l’allora capogruppo Gaetano Morosoli, scomparso lo scorso novembre, fondatore del gruppo alpini di Vigolzone e per anni volontario in terra di Russia. Non era presente fisicamente, ieri, ma c’era con lo spirito. Così anche l’amico Elio Scrivani, scomparso a ottobre 2018, anch’egli nel consiglio direttivo del gruppo di Vigolzone. Il loro cappello dalla penna nera è stato portato sul cuscino tricolore da due alpini, al fianco delle figlie Francesca Morosoli ed Elena Scrivani. Entrambi sono stati ricordati nella messa, celebrata dal parroco don Piero Lezoli, e da Romano Mariani, del gruppo di Vigolzone. Mancano entrambi, a tutti. Onore ai caduti ufficiale con la fanfara alpina di Pontedellolio e la deposizione di una corona di alloro offerta quest’anno dal gruppo di Rustigazzo. «Disarmati ma forti» «Nikolaevka rappresenta il clou del valore dei nostri soldati alpini », ha osservato il generale Eugenio Gentile, oratore ufficiale. «Erano disarmati, sfiduciati, affamati, ma hanno avuto il coraggio di andare all’assalto a combattere un nemico estremamente più forte, fino a sconfiggerlo. Nikolaevka non ha un significato solo bellico, ma morale. I tedeschi hanno sacrificato consciamente le truppe italiane; per questo molti di quelli che vi hanno partecipato si sono inseriti nelle file della Resistenza e hanno dato un grosso contributo alla liberazione dell’Italia dall’oppressione nazifascista. Oggi siamo in tempi difficili, ma i valori morali non si sono perduti, bisogna seguirli e le famiglie devono trasmetterli; Nikolaevka è uno di quei valori di cui l’Italia deve andare fiera». Nikolaevka ha portato anche frutti di umanità. Lo ha ricordato il presidente provinciale Ana, Roberto Lupi: «Da Nikolaevka è nata la forza di creare qualcosa di grandioso. Gente come don Gnocchi, cappellano militare, ha fondato l’associazione Pro Juventute per i “mutilatini”, figli orfani dei soldati di Russia e che oggi prosegue l’attività con i disabili. È un messaggio di speranza». Il vicesindaco di Vigolzone, Loris Caragnano, ha salutato i presenti, diversi sindaci ed autorità civili e militari, ricordando: «L’evento di Nikolaevka, se conosciuto a dovere, aiuterebbe a chiarire le idee in questi tempi confusi. Lo spirito dell’alpino dimostrato in quell’evento pervade voi che popolate le associazioni di volontariato nei vostri territori e date un grande esempio di partecipazione alla vita pubblica». Immancabile anche il revisore dei conti nazionale Roberto Migli e, come ogni anno, il gruppo alpini di Gavardo, gemellato con Vigolzone. scarica l'articolo in formato .pdf San Nicolò, gli alpini falegnami insegnano l’arte del legno Trafori elettrici, seghetti, levigatori e fogli di compensato. Non manca nulla nellaboratorio di falegnameria allestito nella scuola media di San Nicolò. Sono tutte attrezzature che gli alpini del paese hanno messo a disposizione dell’istituto scolastico e che gli alunni hanno avuto modo di conoscere grazie al ciclo di lezioni tenuto proprio dalle Penne nere, in collaborazione con altri volontari del paese. L’iniziativa si è sviluppata nell’ambito del progetto “Tra il dire e il fare” che prevede rientri pomeridiani per lo svolgimento di varie attività, tra cui quelle volte alla promozione della creatività e della manualità. È così che, guidati dagli adulti, gli studenti hanno avuto modo di trasformare semplici lastre di legno in sagome di animali - dai conigli ai gatti, alle lanterne -, quadretti e altri piccoli oggetti. «Per loro è una soddisfazione grandissima portare a casa una produzione frutto del nostro laboratorio, da mostrare a mamme e papà», afferma Eugenio Papa, che ha seguito i vari appuntamenti insieme a Silvano Delineati, Giorgio Gnocchi, Primo Merli, Danilo Repetti, Roberto Repetti e Gustavo Secomandi. «Noi prepariamo le sagome, i ragazzi le disegnano sul compensato, le ritagliano con i trafori ritagliano e le ripuliscono con levigatori dotati di carta vetrata. Quindi, da ultimo, assemblano i pezzi e li colorano per ottenere il risultato finale». L’idea, come precisa Papa, è nata proprio quando l’associazione Abracadabra- che segue “Tra il dire e il fare” in tandem con la scuola e La Ricerca onlus- ha chiesto alle penne nere di sviluppare una proposta progettuale adatta agli allievi delle medie. «L’obiettivo è recuperare la manualità attraverso percorsi capaci di tradurre in pratica quanto illustrato nelle lezioni teoriche in classe da parte degli insegnanti», commenta la professoressa Federica Bassi. Ed ecco che nozioni e concetti complessi di matematica, tecnologia e scienze hanno svelato il loro lato più concreto e coinvolgente proprio grazie al bancone della falegnameria allestita dagli alpini. Un esperimento riuscito, al punto che verrà esteso in futuro anche ai piccoli della materna e ai bimbi della primaria. «Il bello è vedere l’entusiasmo che i ragazzi ci mettono nel partecipare al laboratorio: sono aperti alle novità e sanno mettersi continuamente alla prova», continua Eugenio. E, soprattutto, sono le bambine le più audaci. «Mi hanno davvero stupito - conclude - perché si impegnano sul serio, fino a terminare al meglio il compito loro assegnato». Filippo Zangrandi scarica l'articolo in formato .pdf Carpaneto, alpini di cuore in due anni donati 35mila euro Daniele M azzoni è il nuovo capogruppo degli alpini di Carpaneto per il triennio 2019-21. Succede ad Aldo Rigolli e al suo fianco troverà i consiglieri eletti: lo stesso Rigolli, Gabriele Benzi, Sergio Bergamini, Camillo Bersani, Vittorio Dall’O, Sergio Guarnieri, Gianni Magnaschi, Germano Rivioli, Valter Segalini, Giovanni Tondelli e Carlo Veneziani. L’incontro per eleggere il nuovo direttivo è stato introdotto dal presidente piacentino Roberto Lupi: «Abbiamo ancora nella memoria la Festa Granda 2018 dove è emer- Carpaneto, alpini di cuore in due anni donati 35mila euro so il nostro spirito di amicizia. Si è creato un bel clima e tanti attestati di stima sono pervenuti in proposito. Tutto questo grazie al vostro gruppo e ad Aldo Rigolli che è riuscito a coordinare nel migliore dei modi. Il 2019 segnerà un importante evento a Piacenza. Ospiterà infatti a ottobre il raduno del Secondo Raggruppamento del Nord Italia, che comprende Emilia e Lombardia. Saremo in quel momento chiamati tutti a collaborare con la manifestazione». Il capogruppo uscente, Aldo Rigolli, ha successivamente relazionato: «Sapevamo che l’anno appena trascorso ci avrebbe visti impegnati duramente, ma animati da un grande entusiasmo e da una ferrea volontà di fare le cose nel migliore dei modi abbiamo ricavato grandi soddisfazioni. Grazie all’impegno di tutto il Gruppo e di tantissimi amici che ci hanno aiutato, abbiamo dato vita ad una Festa Granda che di grande ha avuto tutto. Complessivamente nel corso del 2018 abbiamo fatto donazioni e speso sul territorio 9.406 euro e siamo stati impegnati con 1.693 ore di lavoro, naturalmente Festa Granda a parte. Con il 2018 si chiude il mandato triennale del direttivo. Dal 2016 al 2018 abbiamo complessivamente lavorato gratuitamente per 5.289 ore e donato o speso sul territorio 34.931 euro. In cambio abbiamo ottenuto la credibilità, la stima e la considerazione della popolazione di Carpaneto. Nel marzo 2016 il gruppo contava 87 iscritti, mentre ad oggi siamo arrivati a 165 tesserati che fanno del nostro uno dei gruppi più grandi della nostra Sezione, e questa crescita era uno dei nostri obiettivi. Vi garantisco che per me è stato un grandissimo onore essere alla testa di questo splendido gruppo. Ringrazio tutti voi e tutti gli amici che sono stati al mio fianco in questi tre anni. Auguro al nuovo capogruppo buon lavoro e tre anni di grandi soddisfazioni». Dopo aver letto un lungo elenco di donazioni e azioni a favore del territorio, Rigolli ha passato le consegne, con un’amichevole stretta di mano, al nuovo capogruppo Daniele Mazzoni, classe 1963, iscritto al gruppo dal 2005 e già segretario. «Mi sento onorato di ricoprire questo incarico», ha commentato a caldo Mazzoni. «Cercherò nei prossimi tre anni di portare avanti quanto fatto di buono dal mio predecessore, sempre con l’aiuto di tutto il gruppo». Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Le penne nere ricordano i caduti di Nikolajewka Il 26 gennaio 1943 si scriveva una delle pagine più tragiche della storia degli alpini: la battaglia di Nikolajewka in Russia. Si combatté durante il ripiegamento delle ultime forze dell’Asse dopo la grande offensiva dell’Armata rossa. Gli alpini piacentini ricordano ogni anno quella data per onorare chi è caduto. La sezione Ana di Piacenza e il gruppo alpini di Vigolzone con il Comune promuovono la commemorazione per domenica prossima. E’ invitata a partecipare tutta la comunità. Alle 9.30 è in programma l’ammassamento in piazza Serena. Alle 10.30 l’alzabandiera e deposizione della corona di alloro cui seguirà la sfilata lungo il paese verso la chiesa, che sarà accompagnata della fanfara alpina di Pontedellolio. In chiesa la messa a suffragio dei Caduti e dei dispersi in Russia celebrata dal parroco don Piero Lezoli. Si tornerà in corteo in piazza Serena dove, accanto al monumento dedicato ai caduti della battaglia di Nikolajewka, interverranno le autorità. Oratore ufficiale sarà il generale Eugenio Gentile, studioso e storico. Sarà il gruppo alpini di Rustigazzo a deporre quest’anno la corona di alloro al monumento. _Np scarica l'articolo in formato .pdf Alpini e ragazzi in campo per “Sereni Orizzonti” Anche nella struttura per anziani “Sereni Orizzonti di Calendasco” la tombolata della befana, ha chiuso il ciclo di eventi organizzati nel mese di dicembre. I fantastici alpini di Calendasco hanno spesso rallegrato le feste con i loro canti sempre accompagnati dal loro spirito di solidarietà e disponibilità. Come non ricordare gli alunni delle scuole primarie di Rottofreno e Calendasco, accompagnati dagli insegnati? Le recite e i canti, hanno creato tra bimbi e nonni una commovente intesa. Non sono mancati neppure le danze caraibiche: i maestri Elena Baderna e Antonio Taglia delle scuole di ballo “Alive Dance Studio” con i loro allievi, hanno rallegrato gli ospiti con musica e volteggi. I nonni della struttura, ringraziano di cuore il direttore che ha permesso la realizzazione di questi incontri, il personale, che ha operato sempre con disponibilità, l’animatrice che ha guidato le iniziative e tutte le persone che hanno regalato tempo prezioso per rallegrare tanti loro pomeriggi. scarica l'articolo in formato .pdf Gli Alpini e una cordata di solidarietà in aiuto dell’hospice “la Casa di Iris” Il cuore d’oro delle “penne nere” (e non solo) ha raggiunto l’Hospice di Piacenza. Nelle scorse settimane, un gruppo di alpini ha consegnato un assegno di 580 euro alla Casa di Iris in via Bubba, la struttura piacentina rivolta alla cura delle persone con malattie in fase avanzata. La somma è stata raccolta grazie all’iniziativa di un privato cittadino, Alberto Alovisi, per anni presidente dell’Avis di San Lazzaro, che ha coinvolto gli alpini, la Confraternita della Misericordia, il circolo “Il Tulipano” e le famiglie caritatevoli di Fabio Bordoni, Piero Delfanti e Luigi Fermi. Lo scorso giugno, la stessa cordata di solidarietà aveva deciso di sostenere il Day Hospital di Ematologia dell’ospedale di Piacenza, offrendo due pulsossimetri portatili e due tavolini polifunzionali. I fondi erano stati accumulati grazie al riciclo dei tappi della Misericordia e dagli eventi organizzati dagli alpini. «Cerchiamo sempre di dare una mano al tessuto sociale piacentino - motiva il capogruppo degli alpini Gino Acerbi, a capo di una sezione che conta 150 iscritti -. D’altronde, il volontariato contraddistingue la nostra opera, soprattutto attraverso le castagnate autunnali. Il nostro motto è “Onorare i morti aiutando i vivi”». A proposito di beneficenza, oggi le “penne nere” sono impegnate nella parrocchia di San Corrado per preparare vin brulé e cioccolata ai partecipanti della consueta benedizione degli animali. L’assegno di 580 euro alla Casa di Iris è stato ritirato da alcuni membri del personale medico e dalla dottoressa Giovanna Albini, ringraziando a gran voce gli artefici di questa generosa e meritevole iniziativa. «È una donazione che proviene dal profondo del nostro cuore - rimarca il governatore della “Misericordia” Rino Buratti -, sulla scia delle altre attività che periodicamente promuoviamo. In questo caso, abbiamo raccolto una parte delle risorse grazie alla consegna a una ditta di Sarmato dei tappi di plastica riciclati. L’azienda, a sua volta, li riutilizza nella catena di produzione, erogandoci un piccolo contributo economico in ringraziamento. In questo modo, inoltre, in passato siamo riusciti ad acquistare quaranta sedie a rotelle per le persone più fragili». _Thomas Trenchi scarica l'articolo in formato .pdf Oggi i funerali di Livio Debè imprenditore e alpino di Ponte Pontedellolio oggi saluta Livio Debé, imprenditore edile, alpino, paracadutista, marito e padre che trasmesso i valori dell’amicizia e dell’onestà. I suoi funerali saranno celebrati alle 15 nella chiesa parrocchiale San Giacomo di Pontedellolio. Livio Debè aveva 73 anni, trascorsi tra Bettola e Pontedellolio. Era nato infatti a Bettola il 22 marzo 1945 e in Alta Valnure ha frequentato le scuole elementari. Negli anni dell’adolescenza seguì i genitori a Pontedellolio che decisero di trasferirsi per agevolare il lavoro dei loro figli più Oggi i funerali di Livio Debè imprenditore e alpino di Ponte grandi. I fratelli Debè erano in tutto sei (Mario, Cesare, Fausto, Nando, Pietro e Livio). Oggi a ricordarli tutti è rimasto solo Pietro. Livio era ancora un ragazzo, ma ha iniziato subito a lavorare, prima come dipendente carpentiere edile in imprese di Piacenza e di Milano e successivamente ha aperto la sua impresa a Pontedellolio: la “Costruzioni Edili fratelli Debè” che da una cinquantina d’anni si occupa della realizzazione e ristrutturazione di opere pubbliche e private. Un passaggio naturale, quello tra l’essere dipendente e l’essere titolare di un’azienda, ma costruito con sacrificio e forza di volontà. L’impresa si è poi tramutata in Edildebè srl quando, nella titolarità, è subentrato anche il figlio Marco. La ditta, in cui lavora anche la figlia Michela, conta ora 10 dipendenti che hanno espresso tutto il loro cordoglio alla signora Adriana, moglie di Livio, e ai figli, vivendo loro fianco a fianco quotidianamente. Da circa vent’anni, pur rimanendo nell’impresa, Livio aveva lasciato la gestione al figlio Marco. Uno degli ultimi lavori dell’azienda, che ha sempre operato sul territorio, è stata la ristrutturazione, con interventi antisismici, della scuola media di Pontedellolio. Livio Debè aveva prestato servizio militare negli alpini ed anche nei paracadutisti, due mondi cui è sempre rimasto legato. «Aveva fatto 4 mesi di servizio di leva negli alpini a Gemona del Friuli - informa il figlio - e gli altri 14 mesi come paracadutista a Pisa». «Nonostante i pochi mesi di servizio militare svolto negli alpini –-prosegue il capogruppo degli alpini di Pontedellolio, Luigi Garolfi - si è iscritto al nostro gruppo e ogni anno rinnovava il tesseramento, come anche gli altri due fratelli alpini, Nando e Pietro. Ha sempre partecipato alle iniziative alpine e per questo noi saremo presenti al funerale con il nostro cappello e gagliardetto». Un uomo dedito al lavoro, ma che amava la compagnia. «sempre avuto un carattere molto socievole - dice il figlio -, era gioviale, gli piaceva la compagnia. Aveva forte il valore dell’amicizia. Con gli amici trascorreva parecchio tempo, anche a cantare i canti d’osteria, così come con i nipoti Giacomo e Cesare, figli di Marco e Michela. Era conosciuto da tante persone nella vallata. Aveva una grande forza di volontà, spirito di sacrificio, una grande onestà pratica e intellettuale. Questi sono i valori che ci ha trasmesso ». Nadia Plucani scarica l'articolo in formato .pdf Colletta alimentare: seicento euro dagli alpini di San Nicolò L’ultimo gesto di solidarietà del 2018, gli Alpini di San Nicolò lo hanno rivolto alla Caritas. Con i fondi raccolti dalle polentate del periodo autunnale hanno donato 600 euro per supportare la colletta alimentare a favore delle famiglie più povere residenti sul territorio. Se molte di loro hanno ricevuto a Natale il “pacco alimentare” per celebrare anche a tavola il periodo delle festività in modo decoroso, è anche grazie all’aiuto delle Penne nere e di chi ha preso parte alle iniziative che hanno promosso nell’arco degli ultimi 12 mesi. L’anno che ci siamo lasciati alle spalle, infatti, si è chiuso con un bilancio di tutto rispetto: 857 ore di volontariato destinate in maniera gratuita e assolutamente disinteressata alla comunità locale. Gli Alpini hanno ripulito aree pubbliche, si sono presi cura dei cippi in memoria dei caduti, hanno promosso eventi di beneficenza e hanno curato le attività con le scuole: sia i momenti di celebrazione del centenario della Grande Guerra che i laboratori di cittadinanza attiva, in particolare quello di falegnameria. Non solo: il loro grande cuore si è tradotto in un sostegno economico a varie attività, per un totale di 2 mila 600 euro. La quota più rilevante, mille euro, è stata destinata a finanziare il rifacimento del tetto della scuola materna parrocchiale. Altri 600, appunto, alla colletta alimentare. “Alle Penne nere e ad Avis, che ha collaborato, va il nostro grande ringraziamento”, afferma Irene Cipelli, volontaria della Caritas di San Nicolò. «Con le risorse che abbiamo ricevuto, per alcuni mesi potremo disporre di latte, olio, riso, marmellata, pasta, tonno e altri generi a lunga conservazione da assegnare a circa 25 famiglie del comune, per un totale di circa 100 persone». Si tratta dei cittadini che, in media una volta ogni 30 giorni, si recano appunto alla sede dell’associazione per ricevere un sostegno fondamentale per arrivare alla fine del mese._FZ scarica l'articolo in formato .pdf A Groppallo e Farini gli alpini hanno deciso di unire le forze Gli a lpini di Groppallo e di Farini si uniranno in un unico gruppo. La fusione è stata approvata dal consiglio direttivo della sezione Ana di Piacenza e attende l’ok definitivo - imminente – dal consiglio nazionale. Un passaggio considerato naturale e ormai inevitabile dato il numero di alpini in calo in entrambi i gruppi: diversi sono mancati e altrettanti, andando a vivere in pianura o in città, si sono iscritti ad altri gruppi. La fusione permetterà di gestire al meglio l’organizzazione delle A Groppallo e Farini gli alpini hanno deciso di unire le forze attività e destinare qualche aiuto economico in più a chi ha bisogno. La beneficenza è infatti uno degli scopi dell’Ana che ogni gruppo deve perseguire nel proprio paese. Il nuovo gruppo sarà denominato “Groppallo-Farini”. «Da parte nostra - commenta il presidente sezionale, cioè provinciale, Roberto Lupi - abbiamo deliberato unanimemente la fusione nell’ultimo consiglio direttivo sezionale, operazione che vediamo positivamente perché i due gruppi sono nello stesso comune e sono composti di pochi alpini, perché i più anziani “vanno avanti”, ma anche perché la montagna si spopola. È importante che rimanga un presidio in montagna e unendo le forze possono organizzare le attività e supportare le attività sezionali ». Il gruppo di Groppallo è quello più numeroso, composto da poco più di 50 alpini e una ventina di aggregati amici degli alpini. Nato nel Dopoguerra, è stato retto per più di 30 anni dallo storico capogruppo Carlo Silva; da nove anni è Federico Gregori che trascina i suoi alpini in diverse iniziative, dalle polentate per le feste del paese ai momenti di incontro con gli anziani della Casa protetta. Farini conta solo 13 alpini e un aggregato. Fondato nei primissimi anni ‘50, il primo capogruppo è stato Pietro Zanellotti, seguito da Giuseppe Migliorini e Giovanni Ghezzi. Dopo vicissitudini, il gruppo è stato rifondato nel 1986 e da allora è guidato da Gaetano Sturla. «I nostri gruppi - riferiscono Gregori e Sturla - hanno richiesto di fondersi in uno solo per lavorare al meglio». I due gruppi hanno sempre collaborato negli anni, ma ora lo faranno come unico gruppo. In questi mesi hanno iniziato a ristrutturare il monumento ai caduti di tutte le guerre e della lotta di liberazione in piazza Marconi a Farini, davanti al municipio, che risente dei segni del tempo. Alto quattro metri, è composto di una statua che raffigura un alpino posta in cima alla grande lapide su cui sono incisi tutti i nomi dei caduti di Farini. Un lavoro di puro volontariato che ha trovato il contributo dell’associazione Famiglie Caduti e Dispersi in guerra con sede a Piacenza. Sarà inaugurato nella primavera di quest’anno. Nei prossimi giorni il nuovo gruppo Groppallo-Farini si riunirà per procedere con le elezioni e stabilire il consiglio direttivo e di conseguenza il nuovo capogruppo. Si partirà quindi con il tesseramento per il 2019. Nadia Plucani scarica l'articolo in formato .pdf Gli alpini di Groppallo portano allegria tra i nonni della residenza Alta Valnure Gli ospiti della Casa residenza Alta Valnure di Farini hanno trascorso il pomeriggio dell’Epifania in compagnia degli Alpini di Groppallo di Farini. Si tratta di un appuntamento fisso che si ripete da anni. Domenica, come di consueto, gli alpini groppallini, con il loro capogruppo Federico Gregori, hanno portato qualche ora di buonumore ai 43 ospiti, ai loro familiari e agli operatori radunati nel grande salone della casa. Anche il sindaco di Farini, Antonio Mazzocchi, è stato presente al pomeriggio di festa, con la dottoressa Maria Cristina Vercesi, medico della struttura, e alla coordinatrice Maria Rita Benzi. Con una merenda e un brindisi offerti dagli alpini è stato possibile scambiare quattro chiacchiere e augurarsi che il 2019 appena iniziato porti a tutti serenità e salute. Il pomeriggio è stato anche l’occasione per festeggiare “nonna” Giovanna Bazzini, che ha compiuto proprio in quel giorno 94 anni e a cui tutti insieme hanno cantato “Tanti auguri”._NP scarica l'articolo in formato .pdf Gli alpini ricordano il cappellano don Bruno Sono già trascorsi 25 anni dalla scomparsa di don Bruno Negri, il cappellano militare degli Alpini della sezione di Piacenza: a ricordarlo, domenica mattina, ci penseranno le Penne Nere di Sarmato con una piccola cerimonia in chiesa. L’appuntamento è alle ore 10.30 alla chiesa maggiore di Santa Maria Assunta, dove si celebrerà la Messa nel 25° della scomparsa di Don Negri grazie all’iniziativa del locale gruppo Alpini e della Famiglia Alpina Sarmatese. Quindi, subito dopo la funzione, ci si sposterà alla vicina sede della Penne Nere per pranzare in compagnia con i piatti della tradizione preparati dalle cuoche. Ma sarà anche l’occasione per ripercorrere assieme la vita dell’indimenticato cappellano. Chi volesse prenotarsi per il pranzo, può farlo entro la giornata di oggi telefonando ai numeri 0523887782 oppure 3357218195. Gli alpini di Sarmato sono da sempre molto attaccati al “loro” cappellano tanto da avergli dedicato – nel 2011 – la casa per anziani di via San Rocco ristrutturata proprio dagli alpini sarmatesi. E in occasione di ogni raduno di gruppo, la processione per le vie del paese fa sempre tappa di fronte alla casa, dove si trova la targa a lui dedicata: un momento di preghiera in ricordo del cappellano, decorato con croce di guerra per la sua attività nel 1942 sul fronte balcanico. _CB scarica l'articolo in formato .pdf Auguri degli Alpini alla Balderacchi cantando Gaber, Ranieri e Modugno Nel pomeriggio di domenica 6 gennaio il Gruppo alpini di Pontedellolio ha portato doni e auguri alla casa di riposo “Balderacchi” di Riva. L’iniziativa, tradizione che si ripete ogni anno, vede gli alpini animare il pomeriggio dell’Epifania alla casa di riposo della frazione pontolliese con canzoni della tradizione e accompagnamento musicale. «Il 6 gennaio come ogni anno il gruppo alpini visita la casa di riposo », dice il capogruppo Luigi Garolfi. «Recuperiamo gli auguri di capodanno e celebriamo la festa della Befana, portando allegria e doni ai nostri amici». All’arrivo degli alpini gli anziani avevano già preso posto nella sala dell’ultimo piano della struttura. Nella saletta accanto è presente uno stereo, con diversi cd appoggiati: spiccano Giorgio Gaber, Massimo Ranieri e Domenico Modugno. L’emozione di vedere questi ragazzi estrarre una fisarmonica e montare un microfono, però, sembra non avere pari: giusto il tempo di portare attrezzatura, spumante, pandoro e panettoni. Dopo poco giunge anche la voce di Enrico Veluti, “un amico degli alpini” come lui stesso si definisce: «Auguri di buon anno e buona epifania, auguro il meglio per tutti», dice. È la volta di Romagna mia: sorrisi e applausi a seguire. Gianmaria Vianova scarica l'articolo in formato .pdf Calendasco, valzer e mazurke degli alpini alla casa di riposo C’è chi è sceso in pista e ha ballato passi di valzer o mazurka, nella sala della casa di riposo “Sereni Orizzonti- Istituto Longobucco” di Calendasco. E chi addirittura ha intonato versi di canzoni che sono veri e propri evergreen del nostro territorio e di tutta la regione: da “Tal dig in piasintein” a “Romagna mia”. Di sicuro, per tutti gli ospiti della struttura per anziani la visita degli alpini del paese ha rappresentato un momento di gioia nel calendario delle festività natalizie ed ha permesso loro di sentirsi di nuovo ragazzi: un’occasione per stare insieme in un contesto di svago, divertimento e condivisione. L’ormai abituale tappa delle penne nere all’istituto di via Anguissola si è rinnovato anche nei giorni scorsi: gli alpini si sono presentati numerosi, con l’inconfondibile cappello piumato e con la felpa verde scuro d’ordinanza. A guidare la delegazione, il capogruppo Filippo Battù. Presenti anche i volontari della Pubblica Assistenza di Calendasco e il sindaco Francesco Zangrandi. Nell’intero pomeriggio a farla da padrone sono state la musica e la simpatia di Norberto Lavelli, che con la sua fisarmonica ha animato l’incontro, con un vasto repertorio di melodie intercalate da battute e messaggi d’auguri. A tutti gli anziani le penne nere hanno portato in dono un panettone. scarica l'articolo in formato .pdf Lupi (Alpini) «L’Esercito non rattoppi le buche» «L’esercito italiano non deve essere utilizzato per funzioni dequalificanti ». Sulla scia della presa di posizione nazionale degli Alpini, anche la “penna nera” piacentina Roberto Lupi interviene con fermezza contro l’ipotesi ventilata - e già accantonata da una parte del Governo - di impiegare i soldati per rattoppare le malandate strade di Roma. «Sarebbe un incarico demotivante per i professionisti del Corpo», spiega il presidente locale dell’Associazione nazionale alpini, che parallelamente rilancia la proposta di introdurre una «leva obbligatoria per i giovani», proprio per creare «entità di supporto» a disposizione dell’esercito e della comunità. «Queste unità operative - aggiunge Lupi - potrebbero svolgere le attività di aiuto in ambito civile e non solo, lasciando ai militari veri e propri i compiti più impegnativi. Inoltre, coinvolgendo le nuove generazioni nella leva obbligatoria, verrebbero nuovamente instaurati quegli ideali ormai dispersi, come il senso d’appartenenza al Paese e la solidarietà a favore della patria ». Sull’eventualità di appellarsi ai soldati per chiudere le buche romane, comunque, fin da subito il ministro della difesa Elisabetta Trenta ha dichiarato che «i nostri militari sono dei professionisti e se intervengono lo fanno su infrastrutture davvero pericolose per i cittadini». _T.T. scarica l'articolo in formato .pdf Piccola Adunata le penne nere sfileranno in centro storico Mancano ancora pochi tasselli e la sfilata dei 25mila - il clou del raduno del Secondo Raggruppamento dell’Associazione nazionale alpini - sarà definita. La piccola Adunata, così chiamata dai tanti nostalgici dell’evento kolossal del 2013, si terrà a Piacenza il 19 e il 20 ottobre prossimi (sabato e domenica). In accordo con Prefettura e Comune, l’Ana ha individuato in piazza Cavalli il punto di arrivo della parata che si snoderà nelle vie del centro storico passando sicuramente per via Giordani, piazza Sant’Antonino e via Sant’Antonino. Cade dunque il tabù del centro storico che, per i numeri ovviamente molto più alti (almeno 300mila persone), nel 2013 venne dichiarato off-limits. Allora si decise di utilizzare lo Stradone Farnese e di chiudere all’altezza del Dolmen. I pochi tasselli mancanti alla definizione del nuovo percorso riguardano l’ammassamento, ovvero la zona di partenza dei vari gruppi. Ricordiamo che il Secondo Raggruppamento è formato dalle sezioni Ana di Emilia Romagna e Lombardia. Proprio in vista del raduno di ottobre il consiglio nazionale Ana, presieduto da Sebastiano Favero, si riunirà proprio a Piacenza il 7 settembre. La riunione sarà ospitata in municipio. In quei giorni è in programma la Festa Granda di Cortemaggiore e il consiglio omaggerà la città magiostrina partecipando alla serata di cori del venerdì sera. _Fri. scarica l'articolo in formato .pdf Dagli alpini di San Giorgio doni agli anziani della casa di riposo Il 2018 sta per giungere al termine e lascerà sicuramente impronte del suo passaggio in tutti noi, creando una scia di sfumature positive e il rammarico per quelli che definiremo ricordi negativi. Chi ha lasciato, come sempre, ricordi ed impronte positive è il gruppo Alpini di San Giorgio che nell’arco dell’anno ha organizzato e contribuito ad organizzare numerose manifestazioni ed eventi rivolti alla comunità sangiorgina. Il gruppo Alpini è infatti attivo protagonista del territorio grazie alla capacità di sapere coniugare il valore storico che rappresenta alle attività di volontariato che gestisce in proprio o in collaborazione con le altre associazioni del paese, come per esempio la gestione e l’organizzazione della Festa di Vallata della bassa Val Nure, la riuscitissima Festa del Fungo in collaborazione con Amministrazione comunale e Pro loco, la Festa del Patrono; senza dimenticare le varie polentate e castagnate benefiche programmate in Piazza Marconi. Le penne nere hanno quindi partecipato alla realtà del paese e nel mese che chiude il sipario del 2018 hanno reso ancora più magica l’atmosfera natalizia delle vie di San Giorgio contribuendo all’installazione delle luminarie grazie alla partecipazione di Pro loco, commercianti e cittadini. Ultima ed ancor più bella iniziativa coordinata dal capogruppo Graziano Franchi è avvenuta nel pomeriggio di sabato 22 dicembre, quando in rappresentanza della formazione sangiorgina Salvatore Pizzi, Giacomo Cordani, Giorgio Casti, Renzo Civardi, Enrico Scorbani, Piero Savi, Gianni Caminati e Franco Bartolamedi si sono presentati insieme a Franchi alla Casa di riposo Ceresa per portare vicinanza ed omaggi natalizi ai 45 ospiti. Ad accoglierli i referenti dell’associazione presieduta da Don Claudio Carbeni. Il Gruppo Alpini ha approfittato dell’occasione per riportare i propri auguri all’intera comunità, ribadendo di essere sempre a disposizione per ogni evenienza perché il passato va ricordato, ma il futuro bisogna scriverlo e gli Alpini sanno come fare. Marco Vincenti scarica l'articolo in formato .pdf “Storia di un alpino” il dono delle penne nere a ragazzi di Travo Cento anni fa i loro coetanei - o poco più - imbracciavano il fucile ed erano costretti a sacrificare la loro gioventù in una logorante guerra di trincea. Vicende delle quali la memoria va svanendo di generazione in generazione. Per questo, i ragazzi delle scuole medie di Travo hanno ricevuto in dono dall’amministrazione comunale il libro “Da Caporetto alla vittoria – Storia di un alpino” pubblicato dall’Associazione Nazionale Alpini in occasione del centenario della Prima Guerra Mondiale. Il volume - che contiene oltre al racconto una parte a fumetti ideata e disegnata dal “padre” di Dylan Dog Luigi Piccatto - è stata consegnata nei giorni scorsi dal sindaco Lodovico Albasi con gli assessori Roberta Valla e Luigi Mazzocchi e il consigliere delegato alla scuola Sandra Saltarelli. Ad accompagnarli, anche i rappresentanti del locale gruppo Alpini con il consigliere nazionale Ana Roberto Migli. «È importante ricordare quanti sono morti per fare sì che oggi possiamo vivere in libertà» ha spiegato il sindaco, ricordando anche il ruolo che gli alpini ogni giorni ricoprono a favore della comunità, tra volontariato e solidarietà». A presentare il volume ai ragazzi ci ha pensato Carlo Veneziani del Centro Studi Ana Piacenza, che ha anche spiegato la storia del corpo degli Alpini. L’interesse per la vicenda della Grande Guerra non è mancato: ragazzi e insegnanti hanno infatti chiesto agli alpini di ritornare per una lezione “ad hoc” quando l’evento storico sarà approfondito nel programma scolastico. _CB scarica l'articolo in formato .pdf Carpaneto: alpini carichi di doni per Mastro Balocco Il Gruppo Alpini di Carpaneto ha fatto visita, come da tradizione, al centro socio-riabilitativo “Mastro Balocco”, gestito dal 1999 da Coopselios, in convenzione con l’Ausl di Piacenza. Gli alpini hanno portato in dono a tutti gli ospiti della struttura una borsa per la ginnastica che verrà utilizzata nelle uscite sportive, in particolar modo quando si recheranno a praticare il basket e il gioco delle bocce. Ogni borsa è stata anche personalizzata col nome del destinatario, la cosa è stata molto apprezzata. «Tanti a uguri e grazie agli Alpini amici di Mastro balocco» ha letto Beppe, un ragazzo del Centro. Il capogruppo Aldo Rigolli, insieme a numerosi altri alpini, è stato accolto dalle operatrici Carla Ozzola, Patrizia Fanzola, Silvia Bazzano e Ilaria Riboni. «Siamo sempre felici di passare a salutare i ragazzi e le ragazze di Mastro Balocco - ha affermato Rigolli - Il piccolo omaggio che abbiamo portato è stato concordato con le operatrici, così da poter effettuare un acquisto che piaccia ma soprattutto utile. Vedere la soddisfazione sui loro volti, quando leggevano il loro nome sulle borse, è stato molto bello ed è stata la conferma che il regalo è stato gradito». Gli Alpini hanno un rapporto che dura da anni con gli ospiti del centro. In occasione della Festa della Coppa li invitano sempre, insieme ai loro parenti, per un pranzo in compagnia. Un momento conviviale con il brindisi e un canto alpino ha terminato la visita che ha lasciato tutti contenti. _Flu scarica l'articolo in formato .pdf Le Penne nere donano una carrozzina alla casa di riposo “Gasparini” Alla casa di riposo “Gasparini” di Pieve Dugliara è arrivato un prezioso regalo di Natale. Si tratta di una carrozzina, donata dal gruppo Alpini di Rivergaro dopo la celebrazione della messa di sabato. I rappresentanti dei circa cento ospiti del Gasparini hanno voluto ringraziare le Penne nere per la generosità, insieme al parroco di Pieve don Giuseppe Lusignani, in rappresentanza del consiglio di amministrazione della casa di cui è presidente, alla segretaria amministrativa Francesca Cristalli (a nome anche della coordinatrice Monica Merli), alle animatrici Valeria Gasperini e Manuela Davoli e a tutti i collaboratori. «Presto verrà presentata anche un’altra importante donazione da parte della vicina parrocchia di Ottavello», ha anticipato don Giuseppe. «La casa Gasparini ha bisogno di sentirsi presente nel territorio. Speriamo infatti che ai segni concreti di questi doni, di cui si ha estrema necessità, si affianchi una sempre maggiore spontaneità nel visitare e sentire come un’istituzione viva la casa stessa. Tutto questo per far sentire vicinanza e calore a tutti coloro che la hanno scelta come loro casa. Un sentito grazie a tutti, anche a Libertà che permette di dare notizia di questi buoni momenti di condivisione e fraternità». _malac scarica l'articolo in formato .pdf La comunità di Quadrelli si è regalata un defibrillatore Il regalo di Natale che la comunità di Quadrelli si è fatta quest’anno non è di quelli da scartare o che si ha fretta di utilizzare. Però è uno di quelli in assoluto più utili, in grado di salvare una vita umana. Nei giorni scorsi è stato inaugurato nella frazione di Travo, nella “piazzetta” di Quadrelli all’imbocco di via Piana, un nuovo defibrillatore semiautomatico: uno strumento salvavita che, per la sua posizione, potrà essere utilizzato non solo dai cittadini del luogo ma anche - in caso di necessità - sui numerosi incidenti che, specialmente d’estate, funestano la vicina Statale 45. L’apparecchio è stato inaugurato sabato scorso alla presenza degli abitanti della piccola comunità sul Trebbia e dal sindaco Lodovico Albasi con gli assessori Roberta Valla e Luigi Mazzocchi. È stata la stessa comunità di Quadrelli che, complice una cena benefica tra paesani e il sostegno organizzativo degli Alpini di Travo, si è concessa questo regalo. In particolare, il defibrillatore è stato finanziato da Gabriella Mazzari che ha scelto di sostenere la causa, contribuendo in maniera considerevole. Tra i sostenitori ci sono poi gli Amici del Castellaro, diversi cittadini e anche alcuni esercizi commerciali della zona. «Voglio ringraziare davvero di cuore la famiglia Saltarelli-Mazzari per il loro importante gesto, così come la generosità degli alpini di Travo e dei singoli cittadini » ha sottolineato il sindaco Albasi. «Con questo nuovo defibrillatore, salgono a 15 gli apparecchi salvavita sul nostro territorio comunale che, a livello statistico, diventa quindi il più “cardioprotetto” della provincia. La speranza è sempre quella di non utilizzarlo, ma abbiamo notizia di tanti casi in cui il defibrillatore è stato fondamentale. La comunità di Quadrelli ha voluto fare squadra e ora questo strumento sarà a disposizione anche di chi transita sulla Statale 45». Il defibrillatore, inserito in una teca riscaldata e in luogo pubblico, è già attivo e pronto in caso di persona colpita da arresto cardiaco. Il suo utilizzo è semplice e sicuro, anche a prova di bambino: basta applicare gli elettrodi sul corpo della persona e seguire le istruzioni della voce registrata. Fondamentale è agire entro pochi minuti dall’arresto cardiaco, poiché ogni minuto trascorso rischia di provocare danni permanenti, fino alla morte (oltre i 5 minuti di attesa). Per questo l’associazione Progetto Vita ha realizzato negli anni una rete capillare di questi strumenti automatici: nella nostra provincia il 43% delle persone si sono salvate grazie all’uso del defibrillatore pubblico._ CB scarica l'articolo in formato .pdf Scuola di sicurezza con gli alpini della Protezione civile Lavorare in assoluta sicurezza, mettendo innanzitutto a riparo la propria vita da rischi e pericoli insidiosi, è di fondamentale importanza e lo diventa ancora di più quando si opera in situazioni di emergenza. In questi casi agire con cognizione di causa, facendo le giuste mosse e seguendo protocolli rodati anziché improvvisare consente non solo di salvare la propria incolumità, ma spesso e volentieri consente anche di salvare vite umane. Ecco perché ieri 15 volontari della Protezione Civile Ana - provenienti da Bologna, Reggio Emilia, Parma, Modena e Piacenza - si sono dati appuntamento a Castelsangiovanni per partecipare ad un corso di formazione “abilitativo per i lavori in quota” (oltre cioè i due metri di altezza) e per l’uso dei cosiddetti dispositivi individuali anticaduta (gli imbraghi). La struttura che li ha ospitati, il centro di formazione e addestramento Parallelo 45, nato un anno fa nella zona industriale di Cà dei Tre Dì , è (almeno fino ad oggi) un unicum nel suo genere perché consente non solo di apprendere la teoria, ma anche di apprendere dal vivo, con esercitazioni sul campo. I 15 volontari della protezione civile delle penne nere, guidati dal coordinatore regionale Diego Gottarelli, hanno quindi partecipato ad una full immersion che ha consentito loro di esercitarsi utilizzando tutta la strumentazione necessaria per il “lavoro in trattenuta”. «Insegniamo cioè – ha spiegato Stefano Orsi di Parallelo 45 – ad operare in quota in sicurezza, per impedire il rischio di cadute ». Evitare quindi di cadere quando, ad esempio, i volontari della Protezione civile in caso di piena montano i teli sugli argini dei fiumi per evitare straripamenti, oppure ancora evitare di cadere quando di sale sui container in fase di carico o scarico di materiali, oppure ancora restare sempre assicurati alla scala quando si deve per qualsiasi motivo salire a diversi metri di altezza. Questo consente di eliminare del tutto il rischio di cadere perché anche se si perde l’equilibrio si resta sospesi. Stesso discorso quando si scende da una parete. Dunque una lezione sulla sicurezza di grande utilità Il gruppo di corsisti volontari della Protezione Civile Ana è stato ospitato dagli alpini di Sarmato, che hanno allestito il pranzo nella loro sede. _MM scarica l'articolo in formato .pdf Agazzano, i ricordi più belli degli alpini sono in un calendario Dodici mesi in compagnia degli alpini, scanditi da canti, da foto in bianco e nero per ricordare chi non c’è più e da altre più recenti per fissare nella memoria i momenti salienti di un anno vissuto a tutta solidarietà. È dedicato agli amici “andati avanti” il calendario realizzato per il quarto anno consecutivo dagli alpini di Agazzano. Durante il periodo delle feste sarà distribuito ogni giovedì e domenica sul mercato per raccogliere fondi da destinare a una causa benefica. Il lunario 2019 è un piccolo “diario della memoria” che, allo scorrere dei mesi, associa una carrellata di volti la cui storia è legata in maniera più o meno diretta al gruppo delle penne nere agazzanesi e, più in generale, al paese. Ogni pagina reca la riproduzione di foto e di cartoline che sono il frutto delle ricerche certosine compiute da un alpino, Mino Gropalli, che ha interpellato parenti e amici di alpini agazzanesi dai quali ha recuperato gran parte del materiale utilizzato. Oltre alle foto ci sono anche riproduzioni di cartoline d’epoca, citazioni tratte da libri e piccole “chicche” come un ricordo di Valentino Tino Petrelli, alpino piacentino scomparso nel 2001, che fu uno dei più importanti fotografi italiani. A rendere ancora più pregevole questo calendario sono alcune riproduzioni di disegni ricavati dalla “Domenica del Corriere”, che scandiscono ogni mese dell’anno e che provengono dalla collezione privata di Maria Filios, figlia di un alpino. Ogni mese riporta anche una sezione dedicata a “canzoni con la penna”, cioè testi di canti alpini. Scorrere il “lunario” vuol dire fare un esercizio di memoria e ricordare, ad esempio, Carlo Chiesa, classe 1917, che fu tra i primi a iscriversi alla sezione nel 1953, insieme a Lodovico Scrivani e a Giuseppe Molinari. Vuol dire anche ricordare momenti di storia più recente, come l’ultima adunata nazionale, tenutasi nello scorso maggio a Trento, alla quale hanno partecipato anche le penne nere agazzanesi._MM scarica l'articolo in formato .pdf Gli Alpini aiutano i medici dei bambini in Africa Il gruppo alpini di Castelvetro, con una cerimonia prevista domani, lunedì, alle ore 21, alla Baita Alpini nel quartiere Longo di Mezzano, devolverà parte degli incassi delle attività svolte nel 2018. Le offerte andranno a Richard Fabian Schumacher, pediatra degli Spedali Civili di Brescia che collabora con l’associazione Medicus Mundi in Burkina Faso e a Luca Sacchelli, medico all’Azienda Ospedaliero- Università di Parma che presta la sua opera nella Mtendere Mission Hospital a Chirundu (Zambia). Entrambe le associazioni si occupano di aiutare bambini._Flu scarica l'articolo in formato .pdf Gli alpini restaurano il monumento ai Caduti Il gruppo Alpini di Bettola, guidato da Giancarlo Carini, con l’interessamento dell’Anpi, ha restaurato il monumento dedicato ai caduti di Rio Farnese, posto a memoria dell’eccidio compiuto dai nazisti ai danni di quaranta partigiani nel corso della seconda guerra mondiale, a seguito di un rastrellamento a Pertuso di Ferriere. L’intervento ha riguardato in particolare i cubi verticali, più esposti alle intemperie, ricoperti da apposite lastre in granito per preservarne il più possibile l’integrità. Gli stessi cubi sono stati poi anche ridipinti, dando così ora un aspetto più decoroso al monumento. _ Cal scarica l'articolo in formato .pdf Castelsangiovanni vestita di tricolore e una pioggia di benemerenze alpine Quando gli alpini chiamano Castelsangiovanni risponde sempre. Così ha fatto anche ieri quando, in occasione dell’annuale raduno delle penne nere, tutta la città si è vestita del tricolore e ha applaudito al passaggio del lungo corteo che, con l’accompagnamento del corpo bandistico Carlo Vignola di Agazzano, ha attraversato il centro storico con lo sguardo rivolto al domani e il cuore a chi, 66 anni fa, diede vita alla sezione castellana. «Siete il nostro orgoglio, i nostri ambasciatori di tolleranza e di solidarietà nel mondo» ha detto il sindaco Lucia Fontana, durante le commemorazioni ufficiali che sono servite a fare memoria dei caduti nel conflitto che, cento anni fa, insanguinò l’Europa. Oltre a loro, gli alpini non dimenticano mai i pionieri, che fondarono il gruppo di Castelsangiovanni. «Diciamo grazie a chi 66 anni fa, per amor di patria e spirito di amicizia, diede vita alla nostra sezione» ha detto il capogruppo Alessandro Stragliati, che ha reso omaggio al decano Luigi Fellegara, presente alla festa, unico rimasto dei fondatori. «L’auspicio è che i nostri giovani recepiscano il messaggio di solidarietà che ci sforziamo di praticare» ha aggiunto Stragliati. E’ una solidarietà che ha braccia grandi, quella degli alpini, come dimostra il “Libro verde” che contiene tutte le opere a cui la sezione piacentina ha dato vita nel corso dell’anno: una copia è stata donata dal presidente provinciale Ana, Roberto Lupi, al sindaco Fontana. «Il nostro motto è onorare i caduti aiutando i vivi» ha sottolineato Lupi. Come sempre, l’annuale raduno ha costituito un momento di festa per tutta la città, che ha applaudito e gioito al passaggio delle sue amate penne nere e “vestito” di tricolore balconi e vetrine. «Siamo stimati in tutta Italia, dobbiamo essere orgogliosi di essere alpini» ha rimarcato Roberto Migli, consigliere nazionale dell’Associazione nazionale alpini (Ana). Gli alpini non dimenticano chi, a vario titolo, li sostiene nel loro non facile compito di essere sempre presenti in ogni ambito in cui è richiesta la loro presenza, sempre pronti a dare una mano per aiutare qualcuno. Ecco perché, durante la cerimonia di ieri, a cui hanno preso parte rappresentanti di associazioni, autorità militari e civili, gruppi alpini del Piacentino e del Pavese, il capogruppo ha distribuito una pioggia di pergamene. A riceverle sono stati esponenti del mondo del volontariato, delle forze dell’ordine e semplici castellani che, a vario titolo, sono stati vicini alle penne nere. Tra questi, un riconoscimento è stato consegnato anche a Libertà e a Telelibertà. Mariangela Milani scarica l'articolo in formato .pdf Alpini in classe per ricordare la tragedia della Grande Guerra Non è facile spiegare, a cento anni di distanza, cosa significò la Grande Guerra. Non è facile soprattutto se i destinatari sono ragazzi adolescenti a cui quei fatti appaiono come un quadro sbiadito e la cui memoria è davvero ancora troppo giovane per poterne contenere la portata e il significato. A provare a rendere loro accessibile questa storia che costò milioni di morti, di cui 132 fu il tributo pagato dalla sola Castelsangiovanni, ci hanno pensato gli alpini. Il gruppo di penne nere, che sabato 8 dicembre festeggerà 66 anni di vita, ha organizzato incontri nelle scuole del territorio, di cui l’ultimo ieri alle medie di via Mazzini. «Prima - spiega il capogruppo Alessandro Stragliati - siamo stati al liceo e al Marcora e anche all’Istituto Tecnico di Borgonovo». Alle decine di studenti e alunni le penne nere, grazie al contributo di Carlo Veneziani del Centro Studi Ana, hanno spiegato la dolorosa storia della Grande Guerra, l’immane sforzo bellico che costò all’Italia, il prezzo altissimo pagato e l’apporto fondamentale degli alpini. Grazie ad una serie di proiezioni Veneziani ha ricostruito il clima di quegli anni, il precipitare degli eventi che portò alla guerra e i risvolti forse meno conosciuti come l’apporto delle donne che si trovarono a mandare avanti il Paese in assen- Gli alpini alle medie di via Mazzini, ultimo di una serie di incontri nelle scuole del territorio promossi per il centenario della prima guerra mondiale za dei mariti. Tra le pieghe della storia ci sono anche aspetti meno conosciuti. «Non tutti sanno che qui a Castello c’erano due ospedali militari - ha detto Stragliati – uno proprio qui nelle scuole e uno in San Rocco». Alle scuole gli alpini hanno donato un libro: Piccolo Alpino di Salvator Gotta. Le penne nere di Castello finanziano anche borse di studio. Il prossimo fine settimana ci sarà il loro annuale raduno che, giovedì 6 dicembre, sarà anticipato alle 21 da un concerto al Verdi dei cori Ana Valtidone e Timallo di Voghera. Sabato 8 dicembre alle 9 ci sarà il raduno di fronte la sede di via Morselli e alzabandiera. Alle 9,40 sfilata al seguito dalla banda Carlo Vignola e alle 10 in messa in Collegiata. Poi sfilata verso il cimitero. A seguire pranzo in oratorio. scarica l'articolo in formato .pdf E Rustigazzo inaugura il Sacrario che riunisce i caduti nelle guerre La frazione di Rustigazzo da ieri può annoverare un “Sacrario dei Caduti di tutte le Guerre”. Pensato e voluto dall’amministrazione del sindaco Jonathan Papamarenghi, in accordo con il parroco don Germano Gregori, sono state riunite in un solo luogo le targhe che ricordano i Caduti della prima e seconda guerra. Dopo il corteo, accompagnato dalla banda musicale di Noceto, don Gianni Vincini ha benedetto il monumento, ricordando che questi simboli segnano il passaggio da chi si è sacrificato per la Patria a chi, oggi, vive per la Patria, alle nuove generazioni che sono tenute a portare il loro contributo. «Queste celebrazioni guardano lontano, questa vallata ha partecipato alla guerra con sacrificio - ha dichiarato Papamarenghi -. Oggi dobbiamo difendere la nostra identità nazionale, il gruppo alpini di Rustigazzo ha sistemato i monumenti che ricordano i nostri caduti, come quindici anni fa, sempre gli alpini, portarono questo monumento. Vicino a questo abbiamo riposizionato anche gli altri per creare così un vero Sacrario rivolto a tutti i Caduti di tutte le Guerre. Chi si sacrifica va sempre ricordato con orgoglio e con rispetto. Tanti giovani, partiti da questi territori per difendere il Tricolore, non sono più tornati. Era doveroso ricordarli con un luogo di meditazione come questo. Approfitto per salutare un reduce di guerra, classe 1924, qui presente, Bruno Silva, che deve stare a fianco dei generali Carlo Lamanna e Dionigi Maria Loria, che ci onorano oggi della loro presenza». Il deputato Tommaso Foti ha salutato i presenti facendo i complimenti al sindaco per aver organizzato al meglio la commemorazione del centenario della Grande Guerra e ha aggiunto: «Anche oggi ci sono giovani militari italiani sparsi nel mondo per aiutare i popoli in difficoltà e per tenere alta una bandiera. Per onorare nel migliore dei modi questi ragazzi, dobbiamo portare ai vivi che oggi sembrano morti, quella fiaccola dei morti che invece sono vivi nei nostri ricordi». La celebrazione è terminata con la lettura della preghiera del soldato da parte dei bambini delle scuole di Rustigazzo._Flu scarica l'articolo in formato .pdf Festa per i 50 anni degli alpini di Settima: «Siamo rocce, avanti così» «Gli Alpini di Settima sono delle rocce. E andiamo avanti così ». E se lo dice uno come Camillo Barabaschi c’è da crederci: fu lui nel 1968 assieme con altri amici che oggi non ci sono più a fondare il gruppo delle Penne Nere di Settima. Ieri, è stato premiato e omaggiato in occasione del raduno del gruppo, nel quale sono stati festeggiati i primi 50 anni del sodalizio locale. Tra bandiere tricolori e la fanfara Ana di Pontedellolio, è stato un clima di festa ieri a Settima. Prima la Messa, poi il ritrovo al monumento ai caduti della sede alpini, per il doveroso ricordo a chi non c’è più. «Festeggiare i cinquant’anni del gruppo oggi è una grande soddisfazione » sottolinea il capogruppo di Settima Roberto Ronda. «Oggi voglio ringraziare due persone che hanno permesso al nostro gruppo di crescere: mio padre Gilberto che è stato capogruppo per 37 anni e ha saputo unire e compattare i nostri alpini, oltre a don Giovanni Savi che ha dato il “tocco magico” al gruppo, mettendo a disposizione per noi i locali parrocchiali». Dei “mitici” fondatori del 1968, oggi è rimasto soltanto Camillo Barabaschi: 74 anni, conducente di muli e uno spirito giovanile e battagliero. Gli alpini di Settima si sono stretti a lui e gli hanno così donato una vecchia foto - risalente al primo raduno di gruppo - che lo ritrae proprio mentre conduce il suo mulo. Ma in pieno stile alpino, oltre al ricordo c’è sempre spazio per la beneficenza: la giornata di ieri è stata anche l’occasione per consegnare il ricavato dell’ultima Veglia Verde estiva a Rivergaro al dottor Luigi Cavanna, in rappresentanza dell’Associazione piacentina Malato Oncologico. «Mi avete emozionato e ogni giorno combattete per il bene degli altri» ha ricordato il primario alle Penne Nere presenti. «Grazie a vostro contributo oggi voi combattente anche contro la malattia, aiutando la ricerca in una guerra contro il male». Per l’importante compleanno, non è mancato alla celebrazione il presidente sezionale Ana Roberto Lupi che ha sottolineato il forte appoggio del gruppo di Settima alla sezione provinciale e ha elencato i numeri del successo dell’ultima colletta alimentare, con 350 alpini coinvolti in 64 supermercati per 56 quintali di prodotti raccolti per i bisognosi. «Per la nostra comunità avere degli alpini come quelli di Settima è una grande fortuna» ha aggiunto il sindaco di Gossolengo Angelo Ghillani, che ha donato al gruppo una targa di ringraziamento. «Gli alpini sono un esempio di cittadinanza attiva che combatte l’individualismo strisciante nella società di oggi». Poi, tutti al “rancio” alla sede alpini, non prima di aver ricordato con affetto le Penne Nere che anche di recente sono “andate avanti”, nell’orazione ufficiale dell’alpino Giuseppe Ghittoni. _Cristian Brusamonti scarica l'articolo in formato .pdf Colletta Alimentare: raccolti 55mila chili di solidarietà La crisi colpisce anche la Colletta Alimentare. Che per quest’anno supera i 55mila chili ma cala rispetto alle scorse edizioni. A tanto ammonta per la precisione la quantità di cibo raccolta durante la Giornata nazionale della colletta alimentare a fronte degli oltre 60 mila raccolti negli anni scorsi. La conferma è arrivata da Enrico Braghieri, che ha curato l’organizzazione dell’iniziativa svoltasi sabato e si è detto particolarmente soddisfatto della buona riuscita: «Abbiamo raccolto un po’ meno rispetto allo scorso anno, ma è aumentata la qualità degli alimenti raccolti: molti biscotti e alimenti per l’infanzia che pesano meno in termini di chili rispetto a pelati e legumi, ma costano di più e sono più utili al Banco Alimentare e alle tante associazioni che assistono i bambini - ha dichiarato - positivo è stato anche vedere l’impegno che tanti volontari mettono per garantire il buon funzionamento della macchina». Macchina che, lo ricordiamo, serve a supportare il Banco alimentare a cui sono conferiti generi vari durante l’anno: ventiquattro sono le associazioni caritative di Piacenza convenzionate con il Banco Alimentare che seguono circa 6mila persone bisognose e a cui sarà destinata una parte di quanto donato dai piacentini, mentre il resto sarà stoccato al magazzino del Banco di Parma per garantire l’attività che l’associazione Banco Alimentare svolge. Nello specifico si tratta di diversi gruppi Caritas delle parrocchie di città e provincia, dell’Auser di Carpaneto, dell’Associazione carrello solidale, dell’associazione Papa Giovanni XXIII, dell’associazione di volontariato Agape, dell’associazione Loredana Botti, dell’Istituto Sacra Famiglia, dell’associazione Isabella Bresegna Chiesa cristiana evangelica, dell’Assofa cooperativa sociale, della chiesa apostolica di Piacenza, della Caritas, del Gruppo internazionale volontari Vittoria, dell’Istituto Gianelline, della Miracle Assembly, del Monastero delle Benedettine di San Raimondo, della Cdos Riccardo Pampuri e dell’Associazione Dal Basso. Per quanto riguarda invece i volontari, la Colletta alimentare ha potuto contare fra gli ottocento e i mille volontari impegnati nei 64 punti vendita che hanno aderito alla Giornata nazionale: 350 di questi erano alpini, circa 250 invece studenti delle scuole superiori del territorio impegnati a distribuire buste di plastica ai cittadini e a smistare prodotti. scarica l'articolo in formato .pdf Colletta alimentare, la generosità dei piacentini è senza età Vent’anni e non sentirli. Non sentire il tempo che passa perché la generosità non conosce vecchiaia e neppure stanchezza. Almeno non quella che i piacentini dimostrano in occasione della colletta alimentare. Anche ieri non hanno fatto eccezione: oltre 60 supermercati coinvolti fra città e provincia, circa un migliaio di volontari che per tutta la giornata hanno distribuito sacchetti di plastica e diviso e imballato prodotti, infiniti cittadini che hanno raccolto l’appello della solidarietà. Il risultato preciso lo si saprà oggi, ma dalle stime si parla di oltre seicento quintali. Un po’ come accade già da qualche anno. «Siamo contenti perché la risposta della cittadinanza è sempre positiva – ha spiegato Enrico Braghieri in rappresentanza della “macchina” della colletta alimentare – i piacentini ci danno una mano importantissima sia nelle donazioni, ma anche nella parte del volontariato. Abbiamo fra gli ottocento e i mille volontari impegnati oggi nei 64 punti vendita che hanno aderito alla Giornata nazionale della colletta alimentare: 350 di questi sono alpini, circa 250 sono studenti delle scuole superiori del territorio. Ogni anno qualche associazione aderisce e dà la propria disponibilità. È confortante e ci fa ben sperare». Ieri mattina all’Esselunga di via Conciliazione erano circa una decina i volontari presenti per distribuire buste e smistare tutti i prodotti donati: «Aderisco a questa iniziativa come volontario da cinque anni ossia da quando sono andato in pensione – ha spiegato l’alpino Nando Tortellotti presente assieme ad altre penne nere e studenti – in questo supermercato fra l’altro c’è sempre il lavoro maggiore ed è anche per questo motivo che siamo impegnati in dieci. I piacentini rispondono sempre bene: donano tanto, soprattutto pasta e legumi». Ma fra i generi raccolti c’è solo da scegliere: olio, passata di pomodoro, prodotti secchi di diverso tipo che la cittadinanza ha acquistato per dare una mano a chi ne ha più bisogno. La raccolta, ha spiegato Braghieri, «serve a supportare il Banco alimentare a cui sono conferiti generi vari durante l’anno: 24 sono le associazioni caritative di Piacenza convenzionate con il Banco Alimentare che seguono circa 6mila persone bisognose». Betty Paraboschi scarica l'articolo in formato .pdf Malattie rare, il cuore degli alpini di Rivergaro batte per la ricerca Ci sono oltre 570 malattie genetiche sulle quali i ricercatori continuano senza sosta a lavorare, per cercare la “chiave” che serve a scoprirne i meccanismi e bloccarle. Malattie così rare e dai nomi così strani da non essere neppure nominate, poco “redditizie” anche per le case farmaceutiche e spesso ignorate dagli investimenti pubblici e privati. Nel loro piccolo, il gruppo Alpini di Rivergaro – fedele al cuore grande che caratterizza le Penne Nere – ha scelto quest’anno di dare il suo contributo alla ricerca medicoscientifica: nel corso dell’ultimo raduno di gruppo a Rivergaro, gli alpini hanno devoluto a Telethon la propria “fetta” di ricavato dall’ultima “Veglia Verde” che si è svolta la scorsa estate proprio in paese, sulle rive del Trebbia. La consegna della busta è avvenuta durante l’annuale raduno di gruppo alpino, al quale hanno partecipato anche il presidente sezionale Ana Roberto Lupi, il sindaco di Rivergaro Andrea Albasi e il maresciallo Roberto Guasco. Dopo a santa messa e la sfilata per il paese fino al monumento ai caduti per il doveroso ricordo a chi non c’è più con la deposizione della corona d’alloro, il capogruppo Luigi Mercori ha consegnato il contributo in denaro al delegato locale di Telethon Italo Bertuzzi: un gesto importante che suggella così il successo della Veglia Verde estiva, la festa organizzata proprio a scopo benefico dai gruppi di Rivergaro, Settima e Travo. Quest’anno, le Penne Nere rivergaresi hanno scelto di aiutare Telethon e la ricerca sulle malattie genetiche. «Dal 1990 Telethon ha impiegato 489 milioni di euro nella ricerca, a favore di oltre 2629 progetti» sottolinea Bertuzzi, ringraziando gli alpini del gesto e spiegando cosa sta facendo ora l’associazione fondata ormai 28 anni fa da Susanna Agnelli con l’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare. «Finora, sono state studiate 571 malattie. In tanti anni si sono fatti molti passi in avanti nelle cure, come nel caso della malattia Ada-Scid che colpisce il sistema immunitario. È stato trovato il gene difettoso, modificato in laboratorio e poi reimmesso nel paziente con il farmaco Strimvelis, permettendo al midollo di rigenerarsi». E anche gli alpini di Rivergaro, ora, sono diventati “azionisti” della ricerca. Cristian Brusamonti scarica l'articolo in formato .pdf Il coro Ana in Argentina, gli emigrati si uniscono al canto fra le lacrime Il coro Ana Valnure di Bettola è stato ambasciatore di pace in Argentina. Nella sua trasferta, che si è conclusa martedì , il coro ha partecipato alla commemorazione per il centenario della fine della prima guerra mondiale nella città di Mar del Plata organizzata da tre associazioni italo-mar platensi (El Fogolar Furlan, il circolo Giuliani nel mondo e la Società italiana Le Tre Venezie) insieme al Comune. Per questa sua presenza, il consiglio comunale di Mar del Plata ha riconosciuto al coro Ana Valnure una “dichiarazione di interesse” alla partecipazione a questa iniziativa e per averne condiviso lo scopo, quello di “ricordare per non ripetere”. Nel primo giorno di permanenza in Argentina, martedì 13 novembre, il coro è stato quindi accolto con tutti gli onori dai vertici della municipalità di Mar del Plata grazie all’iniziativa di Marcelo Carrara, consigliere comunale della città sudamericana che si affaccia sull’oceano Atlantico e le cui origini sono bettolesi. «Un onore avere nella nostra città gli alpini - hanno detto i referenti del Comune e gli organizzatori della celebrazione - perché hanno fatto la storia e ancora oggi si adoperano per la pace e la solidarietà». Il coro Ana Valnure è stata una delle “Voci per la pace” - così era intitolata la giornata celebrativa - insieme alle associazioni italomarplatensi che si sono adoperate per allestire una mostra con immagini e documenti della Prima Guerra mondiale. Ha cantato davanti al consiglio comunale e alle comunità italiane di Mar del Plata negli incontri con il coro della Forza Aerea Argentina e con la Società Italiana “Le tre Venezie” e, nei giorni di permanenza a Buenos Aires, alla società Italiana Stella Alpina nella località San Justo dove si sono esibiti anche il coro Alpino, il coro Stella Alpina e il coro dei Giuliani. “A siv piasintein!” ha detto la signora Rosanna Sartor, da 67 anni in Argentina, componente del coro Stella Alpina, accogliendo il coro bettolese. Mantovana di origine, ha parenti nella città di Piacenza di cui ricorda anche qualche parola in dialetto. Un calore ed un’amicizia che si è respirata durante tutta la trasferta, quando il coro si fermava a cantare per strada e tanti emigrati non esitavano a presentarsi come italiani e aggregarsi al canto, o quando da più parti arrivavano richieste per sentire una volta ancora “Quel mazzolin di fiori” o “La Montanara”. Sincere e sentite le emozioni, accompagnate da qualche lacrima, che hanno suscitato il canto, la presenza di “compatrioti” in terra argentina, il ricordo dell’infanzia e della gioventù vissute in Italia. scarica l'articolo in formato .pdf Addio all’alpino Guarnieri ultimo reduce di Morfasso Massimo Guarnieri, 95 anni, era l’ultimo reduce alpino di Morfasso. Aveva vissuto la guerra da giovanissimo e sopportato la prigionia in Germania. A guerra finita era tornato a piedi verso casa, alla Costa, nella sua Sperongia di Morfasso: era l’estate del 1945. Nel ’51 si era dovuto nuovamente separare dalla sua terra, per trovare lavoro oltre confine, in Inghilterra. Qui aveva costruito il suo futuro, con la moglie Alice e la figlia Lucia, nata e cresciuta a Londra. Nell’88, appena dopo la pensione, i coniugi Guarnieri avevano realizzato il desiderio di tornare nella terra d’origine. La stessa terra dove Massimo riposerà per sempre. Si sono infatti celebrati ieri, nella chiesa parrocchiale di Sperongia, i suoi funerali, impreziositi dalla presenza degli alpini del Gruppo di Morfasso. Il signor Guarnieri non mancava mai ad un raduno e lo ricordiamo bene alla Festa Granda del 2017 Addio all’alpino Guarnieri ultimo reduce di Morfasso celebrata proprio a Morfasso. Ci aveva raccontato: «Venni chiamato alle armi a 19 anni. Era il 16 gennaio 1943. Dopo l’addestramento ci mandarono in Jugoslavia. L’8 settembre mi trovavo là. Ci dissero di resistere ai tedeschi. Lo facemmo fino al 16 settembre. Avevamo gli apparecchi (aerei) tedeschi sulla testa. Non spararono. Dovevamo decidere se diventare volontari in forze ai tedeschi o unirci ai partigiani locali. Non accettai di farmi volontario coi tedeschi e venni fatto prigioniero e portato in Germania da Internato Militare Italiano. Tornai a casa il 2 giugno del ’45». Proprio l’alba della nostra Repubblica. Di una nuova vita per il Paese e anche per il giovane Massimo. Sua sorella, quel giorno, lo vide arrivare dalle montagne. Non lo riconobbe, tanto era cambiato. Nel ’51 emigrò in Inghilterra: c’erano contratti che consentivano agli italiani di restare in Gran Bretagna dopo aver lavorato due anni nelle miniere. Guarnieri lo fece. Poi passò nel settore dell’edilizia e negli anni poté costruirsi la sua casa a Londra e quella a Morfasso. «Anche a Londra, mio padre è sempre stato legatissimo alla comunità italiana» spiega la figlia Lucia, italiana di seconda generazione, che a sua volta ha sposato nel ’99 il figlio di emigrati piacentini a Londra: Gabriele Badini. «Da allora abbiamo vissuto in America, in Cina, in Svizzera, in Germania e i miei genitori mi sono sempre venuti a trovare, specie per vedere le mie figlie, le loro nipoti adorate: Isabella e Olivia. Purtroppo mia mamma Alice ci ha lasciati a giugno. Mio padre allora disse: “Adesso ti seguo”. Subito dopo si è ammalato e se ne è andato in breve tempo. Io sono orgogliosa di essere sua figlia. Mio padre e mia madre avevano celebrato i 64 anni di matrimonio. In estate anche noi trascorrevamo qui a Costa di Morfasso due mesi, con la famiglia. I miei genitori hanno trasmesso a me, mio marito, le nipoti, grandi valori e un grande esempio». scarica l'articolo in formato .pdf Gli alpini di Settima, 50 anni di impegno a servizio della comunità Erano partiti in sette, in quell’ormai lontano 18 febbraio del 1968. Ma negli anni hanno saputo costruire un gruppo sempre più grande, fino al centinaio di aderenti negli anni Ottanta e agli attuali 51 soci. Ora per gli Alpini di Settima è tempo di celebrare i suoi primi 50 anni di storia: domenica mattina, nella frazione di Gossolengo, si terrà il raduno di gruppo per festeggiare questo storico compleanno. Per ripercorrere la storia del gruppo alpini di Settima bisogna proprio ritornare a quel 1968 per ritrovare la buona volontà di un gruppo di amici che, in quegli anni di fermento e difficili per le associazioni d’arma, scelsero comunque di rendersi disponibili alla collettività. I fondatori erano Luigi Piva, Olimpio Taina, Gilberto Ronda, Rino Cella, Camillo Barabaschi, Carlo Rossi e Luigi Fiorentini: sotto la spinta del “presidentissimo” Arturo Govoni, in pochi anni gli alpini delle zone limitrofe iniziarono a confluire attorno al capogruppo Gilberto Ronda, tanto da sfiorare i 100 iscritti quasi quarant’anni fa e da contribuire poi alla nascita del gruppo di Rivergaro. Oggi il gruppo è guidato da Roberto Ronda ma mantiene intatti i valori e gli esempi dei suoi fondatori sotto la guida spirituale del cappellano don Giacomo Ferraglio. Ai 51 soci attuali si aggiungono poi i 15 “Amici degli Alpini” che sostengono il gruppo. In cinquant’anni di storia, gli alpini di Settima non sono certo rimasti con le mani in mano. Tra i vari interventi o opere realizzate ricordiamo il terremoto in Umbria, l’alluvione del Piemonte, la casa d’accoglienza sezionale per i senzatetto a Piacenza, il muro di cinta de La Pellegrina, la baita a Pieve di Montarsolo. Nel 2013, in occasione dell’Adunata Nazionale, erano stati loro a imbandierare l’intera città di Piacenza per l’importante evento. A livello locale, il gruppo ha sempre collaborato con la parrocchia di Settima e l’amministrazione di Gossolengo (col coronamento della Festa Granda del 1998) e si è preso a cuore l’ex asilo parrocchiale per ricavarne la propria sede grazie alla generosità dell’allora parroco don Giovanni Savi. Negli anni la struttura è stata via via recuperata, rendendo utilizzabile il salone, la cucina e le sale attigue. Nel 1978 gli alpini hanno regalato alla cittadinanza di il monumento ai caduti (restaurandolo nel 2008 come hanno fatto poi nel 2015 anche per quello in piazza Roma a Gossolengo). Come si riconoscono gli alpini di Settima nelle adunate nazionali? Semplice, sono quelli che guidano da 45 anni il gruppo nella sfilata, portando con orgoglio lo striscione con la scritta “La Primogenita”. Inoltre, portano avanti da 11 anni la “Veglia Verde” della Bassa Valtrebbia per raccogliere fondi a scopo benefico, come ad esempio l’aiuto ai terremotati di Abruzzo ed Emilia o l’acquisto di materiale didattico per l’istituto alberghiero Marcora. Domenica la donazione per l’Amop e la premiazione di Camillo Barabaschi Si preannuncia come una mattinata in bilico tra il ricordo e lo spirito di beneficenza quella di domenica mattina a Settima: nel corso delle celebrazioni del 50esimo di fondazione del gruppo Alpini, infatti, ci saranno due momenti particolarmente significativi e toccanti. Il primo sarà la premiazione dell’alpino Camillo Barabaschi, l’unico rimasto tra i soci fondatori che nel 1968 diedero il primo impulso alle Penne Nere locali. Quindi sarà consegnato dal capogruppo Roberto Ronda un contributo in denaro a favore dell’Associazione piacentina malato oncologico (Amop) alla presenza del primario Luigi Cavanna all’ospedale di Piacenza: la somma per la ricerca medica è stata raccolta la scorsa estate nell’ultima edizione della “Veglia Verde” di Rivergaro, la festa benefica di gruppi di Settima, Rivergaro e Travo. Intanto domenica a Settima sono attese le rappresentanze di tutte le Penne Nere piacentine per un grande momento di festa. Ecco il programma della mattinata. Il ritrovo sarà alle ore 10.30 alla sede del gruppo a Settima, da dove partirà la sfilata per le vie del paese con alla testa la fanfara della sezione Ana. Quindi, alle 11, si arriverà in chiesa per la Messa e dopo la funzione, alle 11.45 sarà deposta una corona d’alloro al monumento dei caduti: lì si procederà con i discorsi ufficiali delle autorità presenti e le premiazioni. Subito dopo seguirà il “rompete le righe” che darà il via al pranzo nei locali dell’oratorio. Cristian Brusamonti scarica l'articolo in formato .pdf Addio a Morosoli, una vita per gli altri «Sempre presente e alpino nel dna» È venuto a mancare sabato scorso all’età di 81 anni Gaetano Morosoli, dal 1976 capogruppo degli Alpini di Vigolzone. Una colonna portante della comunità, un riferimento per tutte le attività del gruppo attraverso mezzo secolo di storia. In sintesi: sempre presente. Gaetano Morosoli era tra i venti alpini che nel 1968 hanno dato vita al gruppo di Vigolzone. Il 23 settembre 2018 era sempre lì, a Vigolzone, alle celebrazioni per il 50esimo anniversario della fondazione che lo hanno visto assoluto protagonista. Ciò che passa nel mezzo è a tutti gli effetti un romanzo dell’Italia repubblicana. In seguito al terribile terremoto in Friuli del 1976, gli alpini di Vigolzone inviarono contributi monetari e, soprattutto, umani alla ricostruzione. Morosoli era tra i cinque volontari che partirono: prestò le proprie braccia - e mani da lattoniere - al cantiere 8 di Osoppo nel ‘76. È proprio in quell’anno che la carica di capogruppo passa da Serafino Panelli a Morosoli, carica che continuerà a vestire come una seconda pelle per tutta la vita, salva la parentesi come consigliere provinciale della sezione Alpini di Piacenza. «Gaetano Morosoli è stato per me un grande amico ma soprattutto un grande alpino – racconta Bruno Plucani, ex presidente della sezione Alpini di Piacenza - Nei miei quasi dieci anni da presidente ha sempre dato la massima disponibilità in ogni cerimonia che si andava ad organizzare e non esitava a svolgere la funzione di “alfiere” in raduni alpini fuori provincia, dove era conosciuto e benvoluto da tutti. Era sempre il primo a partire per aiutare persone colpite da calamità naturali, senza dimenticare il lavoro solidale che svolgeva nell’ambito comunale. Mi spiace tantissimo» Infinita la lista delle attività promosse dagli Alpini di Vigolzone. Tra le tante, nel 1984 l’inaugurazione del monumento dedicato alla battaglia di Nikolajewka, centro della commemorazione che ogni gennaio porge un tributo ai caduti. Nel 1992 il contributo alla costruzione dell’asilo a Rossosch, in Russia, nell’ambito della “Operazione Sorriso”: un materiale simbolo di pace nel luogo in cui, cinquant’anni prima, gli Alpini furono aiutati dalla popolazione locale. Nel 2009 e nel 2012,poi, gli aiuti ai terremotati di Abruzzo ed Emilia. «È stata una persona sempre molto impegnata con gli alpini, ce l’aveva nel dna l’alpinità – ricorda Roberto Lupi, presidente della sezione alpini di Piacenza - Ha partecipato a importanti iniziative a livello nazionale, era andato in Friuli, ad Osoppo, per il terremoto del 1976: allora non esisteva ancora la protezione civile dell’Ana e dopo quell’evento nacque l’idea di costituirla. In questo lui è stato uno degli antesignani. Lo ricordo impegnato per la costruzione del rifugio Segadelli, che dà ospitalità ai senzatetto. Me lo ricordo sempre presente a tutte le nostre cerimonie e commemorazioni. Una persona molto attiva che diceva sempre, com’è nello stile degli Alpini, quello che pensava, ma sempre in un’ottica di collaborazione e di senso di appartenenza alla nostra associazione ». Gianmaria Vianova scarica l'articolo in formato .pdf Caldarroste all’asilo “Astamblam” Clima di festa, ieri, al nido d’infanzia comunale “Astamblam” di via Guarnaschelli, dove il gruppo Alpini di Piacenza ha preparato le caldarroste (offerte da Leroy Merlin) per i bambini che frequentano la struttura e le loro famiglie. Il tutto accompagnato da qualche dolce e vin brulè. «È stato un momento conviviale vissuto in semplicità, ma con grande partecipazione», sottolinea l’assessore ai servizi sociali Federica Sgorbati, che ha promosso l’iniziativa. «Un’occasione di incontro, ben riuscita grazie alla disponibilità del gruppo Alpini, che ringrazio e spero di poter coinvolgere anche in future occasioni in altri asili cittadini. Penso che anche questo sia un modo di favorire la socializzazione tra le famiglie e le opportunità di condivisione con lo staff educativo e di assistenza, valorizzando al tempo stesso l’impegno e lo spirito di servizio degli Alpini, che anche per i più piccoli rappresentano una figura molto amata». _red.cro. scarica l'articolo in formato .pdf Torna a casa la piastrina del soldato Emozionante l’incontro con i parenti Emozioni profonde alla cerimonia di consegna della piastrina di Aurelio Mangiavacca, disperso in Russia durante la ritirata tra dicembre ’42 e gennaio ’43. Organizzato dal sindaco Pinuccio Sidoli con il gruppo alpini di Giovanni Marazzi e gli ex Reduci e combattenti di Gianni Barani, l’evento ha visto, assieme alle associazioni e tanti cittadini, come ospiti principali Marisa Mangiavacca, nipote di Aurelio, con la figlia Simona, e il gruppo “Sulle orme della storia”, presieduta da Danilo Dolcini. Con l’intervento della pronipote Simona e di Dolcini si è ricostruita brevemente la storia del vernaschino disperso. Aurelio, insieme al fratello Giuseppe, erano partiti per la Russia 76 anni fa; lui 22enne e Giuseppe 30 anni, che lasciava la moglie e due figlie, una appena nata e l’altra,Marisa, di 4 anni. Facevano parte entrambi dell'VIII Reggimento Alpini della Divisione Julia, sparito quasi completamente durante la ritirata (26.000 morti, 43.000 feriti e 63.000 dispersi). Anche Aurelio sparì;era il 21 gennaio ’43 e la famiglia non seppe più nulla di lui fino a qualche mese fa, mentre il fratello fu fatto prigioniero e morì il 4 luglio del 43 nel campo di Tiomnikov. La sua piastrina, che per la famiglia vale molto, è stata ritrovata da un ragazzo russo, Sergei, che a gennaio lo ha consegnata al gruppo “Sulle orme della storia” che ha percorso 150 km, nella steppa della Russia dal fiume Don sino a Nikolajewka sulle orme dei nostri soldati per “ritrovarli”, oltre che attraverso il ricordo intermittente della loro sofferenza, anche grazie ad eventuali testimonianze. Sette giorni di viaggio, fra freddo e stanchezza, ospitati nelle isbe dei Russi, ricompensati dalla gioia immensa per il ritrovamento di due piastrine che hanno donato un po’ di pace a tutti i parenti ,che esprimono la loro immensa gratitudine anche attraverso le parole di Simona. Il gruppo ritornerà ancora sicuramente in Russia alle ricerca di altre testimonianze dei nostri caduti. Defunti ta l’altro ricordati a Vernasca anche attraverso la preghiera, davanti al monumento, dal gruppo alpini allineatosi all'iniziativa nazionale per ricordare il centesimo della fine della prima guerra mondiale e dalla celebrazione della santa messa officiata dal parroco don Giovanni Cigala e deposizione di corone e fiori davanti al monumento e alle medaglie d'oro e d'argento al valor militare. Renata Bussandri scarica l'articolo in formato .pdf Tramandare il valore degli alpini Egregio direttore, giorni fa a Sarmato è mancato un caro amico che faceva parte del Gruppo alpini. Ai funerali, hanno intonato, tra le altre musiche, “Il Silenzio” e recitato la solenne “Preghiera dell’alpino”. La partecipazione e la commozione sono state generali. È molto importante il senso pieno di sensibilità degli alpini, per salutare chi, come dicono nel loro gergo, “è andato avanti“. Tutti con l’immancabile cappello e, soprattutto, con il loro grande cuore. Ora mi chiedo, tra anni, resterà qualcuno che ricordi chi si è adoperato in ogni modo e forma per i propri concittadini, in un passato ormai lontano, ma nella memoria di chi scrive e di chi, soprattutto, ha avuto modo di prestare servizio di leva? E di chi, per la patria e un grande ideale, grazie ai quali noi ora godiamo della libertà, tanto tempo fa ha perso la vita? Penso che queste cose, questi ricordi, andrebbero, per non essere dimenticati e perduti, spiegati ai giovani studenti, come pagina importante della nostra storia. Quando sento, in occasioni importanti il nostro inno nazionale, mi emoziono sempre e, anche se purtroppo la nostra nazione tra i tanti pregi ha anche diverse pecche, mi sento orgogliosa di essere italiana. Ester Albiero scarica l'articolo in formato .pdf Un Requiem dei monti che lenisce il dolore ed emoziona Una ferita lunga un secolo, la musica che allontana l’orrore ed alimenta il linguaggio dell’anima, lenisce il dolore e rinsalda sentimenti di pace e fraternità. Musica che unisce nel segno della civiltà. Tra le navate di Santa Maria di Campagna si respirano passione e rispetto, rigore e senso di appartenenza. L’Orchestra di Fiati del Conservatorio Nicolini, diretta da Luciano Caggiati, ha accompagnato nove cori nell’esecuzione del “Requiem nei monti” di Giovanni Veneri, un’autorità quando si parla di corali, durante il concerto inserito nel quadro celebrativo del Centenario della Grande Guerra. L’evento, coordinato dal professor Fausto Frontini, è stato promosso, oltre che dal Nicolini, dalla Sezione Alpini di Piacenza e Famiglia Piasinteina, con il patrocinio del Comune e grazie alla disponibilità dei frati minori di Santa Maria di Campagna e il sostegno di Banca di Piacenza, Sterlitom e Cementirossi. Sul palco 180 coristi da Parma, Fidenza e Piacenza, distribuiti nei cori Ana Valtidone, Laus Vocalis, Vox Canora, Armonie dei Colli, Corale Giuseppe Verdi, Coro Monte Orsaro, Coro Cai Mariotti, Colliculum Coro, Corale S. Donnino. Nell’arco della serata, circa due ore di melodie dolenti ed eroiche, evocative e cariche di suggestioni ancestrali, è stata recitata, la “Preghiera degli Alpini” di Veneri, presente in Basilica e applaudito ripetutamente, ma anche la poesia “Dopo la guerra” dello scrittore-poeta Romano Franco Tagliati. In apertura la comunanza di coscienze che illumina l’Inno Nazionale e tutta l’introspezione, il coraggio, la tradizione della “Leggenda del Piave” nella elaborazione strumentale di Veneri. Nel finale i presidenti del Conservatorio, Paola Pedrazzini, dell’Associazione Nazionale Alpini sezione di Piacenza, Roberto Lupi, e Danilo Anelli della Famiglia Piasinteina, hanno espresso tutta la loro soddisfazione per la buona riuscita della serata. «Sono molto felice – ha spiegato Pedrazzini - che il Conservatorio abbia partecipato a questo evento e sia stata scelta la musica per celebrare il centenario della Grande Guerra attraverso un inno alla Pace. Ringrazio l’amministrazione comunale, gli sponsor che hanno reso possibile l’iniziativa, il maestro Giovanni Veneri per la sua presenza significativa. Infine ringrazio i docenti e gli studenti del Conservatorio e in particolare il Maestro Caggiati. Sono stati protagonisti di una performance davvero superba». Al suo fianco il presidente Lupi: «Penso che non si potesse prevedere una conclusione del percorso, iniziato nel 2015, di commemorazione dei cent’anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale, più degna e preziosa di questa. Ringrazio gli alpini della sezione piacentina per il loro instancabile impegno. La musica ci fa riflettere sulla tragedia della guerra e onorare coloro che hanno pagato con la vita la dedizione alla Patria». In chiusura il commento del razdur Anelli: «Ricordare la Grande Guerra è anche fare memoria e sensibilizzare ad un impegno civile orientato al bene, alla pace, alla relazione e al dialogo. Sarebbe auspicabile riuscire a trasmettere tutto questo, attraverso il racconto, la testimonianza e la lettura veritiera della storia alle giovani generazioni, per risvegliare le loro coscienze critiche, oltre che le loro emozioni». Matteo Prati scarica l'articolo in formato .pdf Diego e Cassandra donano il 25esimo tandem in Nepal C’è da scommettere che non starà a lungo fermo. Ma intanto il “Tandem volante” ha portato a termine anche la sua ultima, preziosa, missione. La numero 25: questa volta ha superato i confini, arrivando proprio come un magico tappeto volante, carico di fiducia ed entusiasmo, in Nepal. Qui gli occhi di Diego Guerriero e Cassandra Poggioli hanno aperto un’altra finestra sulla vita: il loro è infatti il primo tandem per ciechi donato in Nepal. «Per noi è il 25esimo donato e siamo orgogliosi di aver reso il progetto internazionale», hanno spiegato, direttamente dall’altra parte del mondo. «I ragazzi di Blind Rocks sono stati contentissimi e orgogliosi di questo dono che stanno già usando per le strade di Katmandu. Vogliamo dire “grazie” al gruppo Alpini di Piozzano e ad Ana - sezione di Piacenza - per l’aiuto che ci stanno dando nel progetto. Un grazie particolare, poi, al “Ciclostello” nella persona di Mauro Vanoli per aver reso questo viaggio ancora più speciale. Non riusciamo a raccontare molto perché il nostro cuore ha vissuto troppe emozioni e la testa scoppia per tutte le immagini e le parole che ha assorbito in poche ore». Colore preferito: «Blu!» La coppia, sul tandem e nella vita, infatti, ha potuto anche abbracciare e conoscere la splendida Kajal, adottata a distanza. «Un grazie di cuore al personale eccezionale di “Save the children” per tutta la cortesia che ha messo in campo per realizzare un nostro piccolo desiderio, quello di conoscere questa bimba speciale», hanno concluso i due piacentini, negli ultimi anni impegnati nella diffusione di un divertimento possibile - quello del tandem - anche per chi non vede. «Kajal è bellissima, il suo colore preferito è il blu; è timida come Cassandra e gli piace giocare come me», ha concluso Diego. Tanti i sorrisi (anche le risate) che hanno accolto i due trentenni. Il Nepal non era abituato a vedere una bici lunga, carica di due persone, due cuori, e quattro mani per continuare a donare. scarica l'articolo in formato .pdf «Portiamo i canti alpini in Argentina» Nuova missione per il coro Ana Valnure Nuova trasferta internazionale per il coro Ana Valnure di Bettola. Dopo il viaggio in Brasile nel 2015 e a Praga nel 2017, la formazione corale è pronta a partire per l’Argentina, terra di emigrazione italiana. Dal 12 al 20 novembre porterà i suoi canti alpini tra le comunità italiane di Buenos Aires e Mar del Plata. Mercoledì sera si è tenuta la presentazione ufficiale del viaggio nella sede del Corpo bandistico pontolliese dove i cantori del coro Ana Valnure, da settembre, settimanalmente, si sono riuniti per ripassare e studiare il repertorio che proporranno nelle loro esibizioni. Il direttore Edoardo Mazzoni, che sarà capogruppo della “comitiva”, e Gigi Rocca, dell’agenzia piacentina che ha seguito diverse trasferte corali e i Viaggi dell’Amicizia, hanno illustrato il programma della trasferta che è nata da un invito di Marcelo Carrara, referente dell’associazione Nuove Generazioni Terra (acronimo di Tracce dell’Emilia nella Repubblica Argentina) di Mar del Plata, città balneare affacciata sull’Oceano Atlantico a 400 chilometri a sud di Buenos Aires. Marcelo Carrara ha un legame personale con Bettola. Il suo bisnonno, Antonio Carrara, è infatti nato a Bettola ed è giunto in Argentina nel 1897 creando una numerosa famiglia proprio negli anni delle origini di Mar del Plata, città che si è costituita nel 1874. «Proprio Marcelo – ha spiegato il maestro Mazzoni con i vertici dell’associazione del coro Ana Valnure, Donisia Chinosi e Pier Giorgio Carrara – ci ha invitati a visitare la sua città e ad incontrare quindi gli italiani, gli emiliano romagnoli e i piacentini che vi vivono, e lui sarà il nostro riferimento. Questa trasferta è un impegno importante per noi perché porteremo i canti degli alpini e del nostro territorio e sarà bello lo scambio e l’incontro con altri cori delle associazioni italiane». Il coro Ana Valnure, che per l’occasione sarà composto da 22 cantori, atterrerà a Buenos Aires attorno alle 5 del 13 novembre ed affronterà un primo tour de force: si trasferirà infatti a Mar del Plata dove, dopo 5 ore di bus, sarà accolto dal sindaco e dal consiglio comunale della città alle 13 per l’“Incontro per la pace - Ricordando il centenario della Grande Guerra”. A Mar Del Plata canterà anche nella Cattedrale e nella chiesa della Asuncion de la Santisima Virgen insieme al coro della Forza Aerea Argentina. Non poteva mancare l’incontro “canoro” con gli alpini. Sabato 17 infatti, la società Stella Alpina di Buenos Aires ospiterà il coro Ana, il coro alpino della capitale, il coro Stella Alpina e il coro Dei Giuliani. Martedì 20 il rientro in Italia. La trasferta ha il patrocinio del Comune di Bettola, della Provincia di Piacenza, della sezione Ana Piacenza, del quotidiano Libertà, di Piacenza nel mondo e di Bettola nel mondo. scarica l'articolo in formato .pdf Il maxi tricolore attraversa il paese portato dai ragazzi delle scuole Anche a Bettola, nella mattinata di domenica, si sono tenute le celebrazioni per ricordare i cento anni dalla fine della Prima guerra mondiale. Su invito dell’Amministrazione comunale, il gruppo Alpini si è fatto promotore dell’iniziativa, in collaborazione con l’Istituto comprensivo di Bettola, la Parrocchia e il Comune stesso. Con il corteo partito dalla sede degli alpini, in piazza Sant’Ambrogio, si è aperto il programma. In testa il gonfalone del Comune, seguito dai gagliardetti dei gruppi Alpini e quello dell’Avis;quindi, il maxi tricolore di quasi cinquanta metri sostenuto dagli alunni della scuole. Da qui, dopo il passaggio in piazza Colombo, l’ingresso nel Santuario della B.V. della Quercia per la messa celebrata da don Angelo Sesenna. Al termine della funzione religiosa, la commemorazione ha visto la deposizione di un mazzo di fiori ai piedi del campanile del santuario intitolato appunto ai Caduti della grande guerra. E’ seguita la sfilata fino all’asilo, sempre dedicato ai Caduti , dove è stata posta una corona d’alloro. Qui i ragazzi dellea medie, seguiti dalla professoressa di musica, hanno prima intonato i canti patriottici legati al primo conflitto mondiale e poi suonato il silenzio fuori ordinanza con i flauti. Alcuni di loro hanno letto alcuni passaggi di testimonianze lasciate da chi la guerra l’aveva realmente combattuta. A seguire il discorso del sindaco Paolo Negri, la benedizione da parte del parroco del cippo riportante tutti i nomi dei caduti bettolesi durante il primo conflitto mondiale. Massimo Calamari scarica l'articolo in formato .pdf Sette elmetti per ricordare i soldati della Grande Guerra Sette elmi di altrettanti soldati che combatterono nella Prima e nella Seconda Guerra Mondiale. Un monito “tangibile” per ricordare che la guerra può essere un ipotesi sempre concreta, da tenere alla larga il più possibile. Sono i cimeli militari che ieri mattina a Gossolengo - in occasione delle celebrazioni delle Forze Armate - il collezionista locale Leonardo D’Ambria ha donato al comune di Gossolengo: sono stati raccolti in una teca che, per il momento, resterà esposta in municipio. I cimeli sono stati illustrati ai cittadini e ai ragazzi delle scuole dallo stesso D’Ambria, collezionista di Gossolengo che ha recuperato gli elmi da discendenti dei soldati. C’è un “Adrian” del 1915, uno “Stahlhelm” austro-germanico del 1916, elmetti italiani e tedeschi del 1935, un copricapo dei “parà” oppure uno americano del 1941. Ma soprattutto c’è uno strano elmetto inglese del 1917 sul quale qualcuno, in un momento successivo, ha disegnato il fregio degli Alpini, probabilmente per riutilizzarlo. La consegna è stato l’atto conclusivo della cerimonia di celebrazione delle Forze Armate in piazza Roma, alla quale ha partecipato anche il viceprefetto vicario Leonardo Bianco in rappresentanza del prefetto Maurizio Falco, occupato da impegni istituzionali. «È passato un secolo dalla Prima Guerra Mondiale ma in realtà non sono molti anni se paragonati alla vita di un uomo» sottolinea Bianco. «Se ciascuno di noi va a ricercare nella storia della sua famiglia, si accorgerà che tutti siamo stati interessati dalla guerra. E invito tutti i ragazzi a fare una ricerca di questo tipo. Quella del 4 Novembre non è una cerimonia fine a sé stessa ma ci ricorda che la guerra è una eventualità remota ma possibile ». Anche il sindaco Angelo Ghillani - dopo la deposizione e benedizione della corona d’alloro al monumento ai caduti in piazza - ha ringraziato l’opera preziosa delle Forze Armate e richiamato l’attenzione sulla necessità di «ostacolare gli atti di prepotenza che possono sorgere nella nostra vita quotidiana: per garantire la pace, serve partire dalle piccole cose». Un sentimento rafforzato anche dalle riflessioni e dai canti dei ragazzi delle scuole primarie e secondarie di Gossolengo nel corso della manifestazione._CB scarica l'articolo in formato .pdf Bobbio, sulla lapide ai caduti c’è ora il ricordo di Guido Dall’Osso In tanti hanno presenziato alla cerimonia di commemorazione del 4 novembre in occasione del 100esimo anniversario della “Vittoria” riconosciuto anche quale giornata dell’unità nazionale e delle forze armate. Autorità civili e militari, studenti, giovani e meno giovani si sono ritrovati alle 10 nella basilica di San Colombano, dove don Mario Poggi ha officiato la santa Messa, e a seguire si sono recati davanti al monumento ai caduti in piazza San Francesco per la deposizione delle corone. Davanti alla lapide del monumento si è svolto l’alza bandiera, ed è quindi seguita l’orazione del sindaco Roberto Pasquali il quale ha ringraziato tutti gli intervenuti, in particolare i ragazzi delle scuole per la loro preziosa presenza. «Ringrazio tutti, i rappresentanti delle associazioni e i cittadini ma, innanzitutto, voi, ragazzi. Così numerosi, con i vostri insegnanti, siete intervenuti a questa commemorazione. Siete un bell’esempio, la vostra presenza oggi è estremamente importante». Il sindaco ha quindi informato i presenti circa l’aggiunta di un nome sulla lapide dei caduti della seconda guerra mondiale. «È stata una dimenticanza e abbiamo posto rimedio, grazie al suggerimento del giudice Costanzo Malchiodi, incidendo il nome del sottotenente Guido Dall’Osso, ufficiale medico, decorato con medaglia d’argento al valor militare per come si comportò il 23 dicembre durante la battaglia di Arbusow. Il sottotenente fu un esempio di dedizione alla patria ed è giusto che sia ricordato su questa lapide, essendo bobbiese d’adozione perchè coniugato con Il sindaco Pasquali ha ringraziato soprattutto i giovani per la partecipazione Dina Cozzi». Il sindaco ha poi continuato l’orazione commemorativa, sensibilizzando il sentimento del ricordo, quale vero sentimento che dà significato alla festa del 4 novembre. «La memoria è il grande patrimonio di ciò che è stato, di quanto abbiamo vissuto, di quanti si sono sacrificati per la nostra patria. Valori immutati nel tempo, per i militari di ieri e di oggi». Terminata l’orazione, il corteo si è spostato davanti al monumento di Nassiriya e poi in località Rio Foino per la deposizione delle corone. Celebrazioni analoghe si sono svolte a Ceci, Santa Maria e Mezzano Scotti. Vetrine addobbate Come da tradizione i carabinieri hanno scelto di commemorare le forze armate in sinergia con la città di Bobbio, dove una vetrina è stata allestita per ricordare l’importante ricorrenza. L’abbraccio agli Alpini Anche a Bobbio, come in tante città d’Italia sabato 3 novembre, alle ore 19, gli Alpini della locale sezione, guidati dal loro presidente Gianni Bellagamba, si sono ritrovati davanti ai monumenti ai Caduti, per leggere la lettera del presidente nazionale Alpini ,Sebastiano Favero. Il momento, in occasione dei 100 anni dalla firma dell’armistizio, ha voluto ribadire valori preziosi e dimostrare la gratitudine a tutti i giovani che si sacrificarono per la Patria. _Patrizia Marchi scarica l'articolo in formato .pdf Cerimonia degli alpini nella scuola dedicata ai caduti La scuola di Calendasco è dedicata ai caduti per la patria. Ognuna delle cinque aule è intitolata ad un militare decorato con medaglia d’oro. E’ qui che a gli Alpini del paese hanno ricordato l’Armistizio con il capogruppo Filippo Battù e il sindaco Francesco Zangrandi. scarica l'articolo in formato .pdf In Friuli inaugurata la lapide a ricordo della maestra volontaria piacentina Sul muro di una casa di Pradamano, piccolo comune del Friuli, da ieri è affissa una lapide di marmo: “Nel 1922 in questo edificio Anna Barbara Vaciago maestra volontaria di Piacenza promosse l’asilo infantile Ricordo ai caduti della patria” è la scritta che è stata letta ieri alla presenza delle istituzioni, dello studioso friulano Alberto Pertoldi e di Giuseppina Tosi, discendente di Anna Barbara. La scelta di inaugurare la lapide ieri non è casuale: la storia di questa piacentina si lega infatti alle vicende della Grande Guerra e in particolare a quelle delle centinaia di profughi che anche a Piacenza arrivarono dal Friuli e dal Veneto dopo la “rotta” di Caporetto nel 1917. I piacentini possono scoprirla nei pannelli della bella mostra “In fuga dalla guerra. I profughi della Grande Guerra in Emilia Romagna. La realtà piacentina” curata dall’Isrec all’Archivio di Stato, ed è quella che racconta di una nostra concittadina che nei primi anni Venti promosse a Pradamano la realizzazione del primo asilo infantile del paese. Asilo che tuttora esiste anche se trasformato in scuola materna statale. A dissotterrare la vicenda è stato inizialmente Pertoldi, partendo da una relazione del 1922 del Commissario prefettizio Raffaello Berghinz in cui si evidenzia l’attivazione di un “asilo per i bimbi” e da una fotografia in cui appare l’insegnante Rinetta Vaciago con “i suoi ragazzi” di Pradamano. Come Rinetta sia arrivata nel piccolo paese del Friuli è presto detto e Pertoldi lo ha ricostruito insieme alla direttrice dell’Isrec Carla Antonini: «A Piacenza Rinetta nel Natale del 1917, all’età di 22 anni, fa parte assieme ad altre “signorine di buona famiglia”, a “nobil donne” e a “pie dame”, di un Comitato locale sorto per offrire accoglienza agli esuli fuggiti dalle loro terre invase dai soldati tedeschi e austroungarici - ha spiegato lo studioso - è in questa occasione che conosce la famiglia Deganutti originaria proprio di Pradamano e arrivata esule con donne e bambini, alloggiata poi in un palazzo in piazza Cavalli ». E non è dunque un caso che, finita la guerra, fra le maestre piacentine che partono volontarie per dare una mano al Friuli ridotto in povertà Rinetta decida di partire e scelga come meta proprio Pradamano: è il 1922 quando prende stabilmente residenza in una casa sulla piazza della Chiesa che tuttora esiste ed è quella su cui da ieri sta affissa la targa. «Assieme a lei c’è anche un giovane piacentino, Ernesto Livraga, che nel 1923 diventa suo marito e da cui ha una figlia, Clelia Maria - ha spiegato ancora lo studioso - di lui, morto prematuramente nel 1924, abbiamo notizie perché il suo nome è inciso nella cappella cimiteriale coi nomi dei soldati del paese morti per la Patria». Rinetta quindi torna a Piacenza, ma prima si adopera perché i beni di cui è proprietaria siano destinati all’istituzione di un asilo infantile, quale Monumento ai Caduti per la Patria: «È stata una donna coraggiosa che ha sempre seguito il cuore in tutte le sue azioni - ha commentato al riguardo Pertoldi - ricordarla con questa targa è giusto e doveroso: un omaggio verso una persona di alto profilo morale con un immenso amore verso il prossimo e in particolare verso i bambini». scarica l'articolo in formato .pdf Alpini alla stessa ora in tutto il Paese: il 4 torni Festa nazionale In contemporanea in tutt’Italia sabato scorso, alle ore 19 è stata letta, ai rispettivi monumenti ai caduti, una lettera inviata dal Presidente nazionale degli alpini, Sebastiano Favero ai presidenti sezionali in occasione delle celebrazioni per il centenario della fine della Grande Guerra.Cortemaggiore, che organizzerà la Festa Granda provinciale 2019, ha avuto l’onore di avere la presenza di Roberto Lupi, presidente degli alpini di Piacenza che ha spiegato la cerimonia, iniziata con l’alzabandiera. «Il 3 novembre 1918 Italia e Austria-Ungheria firmarono l’armistizio che faceva terminare la Prima Guerra Mondiale tra i due Paesi - ha dichiarato Lupi - La nostra associazione ha quindi voluto ricordare questo importante momento per la nostra Patria. È bello pensare che in questo preciso momento più di 4500 gruppi alpini in tutt’Italia sono davanti al loro monumento ai Caduti a fare esattamente la stessa cosa». Il capogruppo di Cortemaggiore Fabio Devoti ha ringraziato i presenti ed ha voluto ricordare la figura di Gualberto Biffi, scomparso recentemente, un punto di riferimento per tanti Alpini Paracadutisti, fondatore dell’Associazione Nazionale Alpini Paracadutisti, che ha indirizzato e fatto conoscere al gruppo alpini di Cortemaggiore i Centri di riabilitazione Don Gnocchi con i quali è iniziata una splendida collaborazione ed aiuto. Erano presenti alla cerimonia numerosi alpini associati al gruppo, il presidente dei paracadutisti di Piacenza Fabrizio Devoti, l’assessore di Cortemaggiore Luigi Merli e il vicesindaco di Besenzone Carlo Filiberti. Significativi sono stati alcuni passaggi della lettera del presidente Favero letta ai presenti, nella quale si diceva “Sono passati cento anni ma per noi alpini è come se fosse oggi, fedeli all’impegno preso dai nostri vecchi” ed ancora “Il pensiero va a quei ragazzi e uomini di cento anni fa che hanno dato il meglio di loro stessi… Quei valori come la famiglia, la Patria, il senso del dovere e del sacrificio, l’onestà, la millenaria civiltà cristiana, che oggi sembrano venir meno”. La lettera si è conclusa con la promessa di “Trasmettere alle giovani generazioni questi valori e con la richiesta che il 4 novembre torni ad essere Festa Nazionale per tutti gli italiani, giornata delle Forze Armate e dell’Unità d’Italia a memoria e riconoscenza di tutti quelli che sono andati avanti nel compimento del loro dovere”. Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Quella divisa infangata che meritò il plauso del generale «Mio zio tornato dalla trincea per una breve licenza aveva l’uniforme così lacera e malcurata che un generale stava per rimandarlo al fronte. Quando però quel generale ha appreso che mio zio era appena tornato dalla prima linea e che faceva parte degli arditi, una formazione militare coraggiosissima, cambiò completamente atteggiamento e volle fargli un regalo». Racconta questa lontana storia di guerra Giuseppe Tagliaferri, piacentino assai conosciuto in città per aver gestito per molti anni un’officina specializzata in riparazioni marmitte d’automobile. «Ogni anno quando ci ritroviamo in famiglia ricordiamo sempre quella storia di mio zio Severino Tagliaferri, che era il fratello di mio papà Piero - ricorda Giuseppe - era Natale del 1917. Mio zio dopo aver combattuto per anni come fante si era arruolato sul finire della guerra negli arditi. Quella volta si era appena battuto sul fronte e gli avevano concesso una licenza di pochi giorni, giusto il tempo di trascorrere il Natale con i parenti. Arrivò in treno proprio la mattina di Natale alla stazione di Piacenza. La sua era stata una partenza frettolosa e non aveva avuto molto tempo per sistemarsi. La sua uniforme era sgualcita, in disordine, macchiata di fango. Si avviò per le strade della città su cui gravava una fitta nebbia e raggiunse pizza Cavalli dove rimase in attesa del tram per San Lazzaro, all’epoca la mia famiglia abitava tutta a San Lazzaro. Mentre aspettava il mezzo pubblico transitò in piazza un’automobile militare che rallentò e si fermò accanto a mio zio. Nel veicolo condotto da un autista in uniforme, sul sedie posteriore aveva preso posto un generale dell’esercito che redarguì pesantemente mio zio per il pessimo stato della sua uniforme, minacciando di punirlo. E quando il generale chiese a mio zio da dove venisse e di quale formazione facesse parte, Severino rispose che era degli arditi e che si scusava del cattivo stato della sua uniforme perché reduce da un assalto in cui tanti erano morti e ritornato frettolosamente a casa per una licenza premio brevissima, non aveva avuto il tempo di sistemarsi a dovere. Gli arditi erano assai famosi per il loro coraggio e il generale a quel punto riconosciuta l’uniforme malconcia degli arditi sotto al pastrano di mio zio cambiò completamente atteggiamento, i lineamenti del suo volto si distesero e preso il portafoglio da una tasca interna del cappotto allungò cinque lire d’argento a mio zio dicendo: “E’ dura per tutti, le auguro un felice Natale a lei e ai suoi cari”. _Ermanno Mariani scarica l'articolo in formato .pdf “Francesco”, un ragazzo come noi che andò in guerra Partire per la guerra era proprio l’ultimo dei suoi pensieri. C’erano i campi da arare, le bestie da accudire nella stalla e due genitori ormai vecchi - perché allora a 50 anni si era già vecchi da aiutare. Francesco era l’unico figlio di quella coppia di contadini che avevano ormai perso la speranza di avere un erede a 30 anni suonati. Vivevano sulle colline piacentine, dove la vita era dura e dissodare la terra costava fatica; si mieteva con la falce e si stivava il foraggio in cascina per quelle quattro vacche magre che erano tutta la loro ricchezza. Poi un giorno, dopo tante preghiere, quando ormai la Pierina si era rassegnata, ecco la bella notizia: sarebbe arrivato un bambino. Cecchino era nato in una mattinata di sole nel giugno 1897, quando i campi verdi e pieni di fiori fanno pensare ad un futuro radioso. “Sarà un bambino fortunato, questo” - aveva predetto la levatrice mentre allungava il fagotto a un Mario commosso -. Francesco aveva preso il nome del nonno paterno, ed era un ragazzo buono, abituato alle fatiche e alla povertà fin da piccolo. Amava le bestie e andare per i boschi con i suoi cani. Lo schioppo lo usava per la caccia, ma non era un buon tiratore, del resto preferiva cercar funghi. Poi però una mattina d’autunno, proprio mentre tornava dai boschi, era arrivata una lettera dal colore simile ad un covone di fieno, piena di timbri e bolli. Suo papà Mario capì subito di cosa si trattava e crollò a sedere scuotendo la testa a destra e sinistra come un vecchio bue sotto il giogo. Francesco lesse il messaggio: “ Arruolato presso il sesto reggimento alpini, Brigata Sassari”. La guerra, che pareva lontana, aveva bussato alla porta e veniva a reclamare il suo tributo di giovane patriota. Poco tempo per prepararsi, salutare i parenti e partire con una sacca di poveri abiti preparati alla bene meglio da una Pierina tremante che aveva pensato anche a qualcosa da mangiare per il viaggio. Un abbraccio forte che sarebbe rimasto a scaldargli il cuore nei giorni freddi delle trincee. Lasciare i suoi campi, che lo avevano visto crescere per vent’anni, per raggiungere monti ostili e sconosciuti… per Cecchino sembrava un’ avventura paurosa sì , ma anche eccitante e nuova. Il treno, non lo aveva mai preso e tutto quello sferragliare gli fece venire la voglia di fischiettare. Poi arrivati al fronte l’umore cambiò e una tristezza infinita lo colse: nostalgia di casa, dei suoi vecchi, di tutto quello che era stato e forse non sarebbe stato più. Pensò anche di mandare una fotografia a casa, perché tutti lo facevano. Costava, ma ne valeva la pena. Gli altri si facevano immortalare vicino ad una balaustra bianca, lui preferì farsi la foto vicino al suo mulo, o meglio vicino al mulo che gli era stato assegnato. Appariva, in quell’immagine, fiero e impettito nella sua uniforme grigia, forse pareva anche più grande dei suoi vent’anni. Poi col passare dei giorni la vita al fronte si fece sempre più dura: il freddo, la fame, la stanchezza. Un po’ di conforto lo trovava nel suo mulo, lo aveva chiamato Moro, perché lui, che con gli animali ci era cresciuto, sapeva che se anche erano bestie dovevano avere un nome, proprio come i cristiani. Il Moro non si lamentava mai, come lui del resto, carino e curvo lo seguiva su per i monti del Trentino, freddi e ostili tanto pietrosi da ferire piedi e zoccoli. La sera, quando calava il buio, Francesco ripensava a casa sua e avrebbe voluto scrivere due righe ai suoi genitori, ma con la matita non era mai stato bravo e la stanchezza era tanta che gli occhi gli si chiudevano, così rimandava all’indomani. Aveva fame e freddo, ma non aveva paura o tristezza perché la rabbia aveva mangiato ogni altro sentimento. Poi era arrivato giugno, un giugno freddo e piovoso sull’altopiano di Asiago. Il generale Mambretti aveva ordinato l’attacco tra le nebbie di quelle vette. Furono giorni terribili in cui le truppe videro l’inferno. Francesco stringeva i denti, ma ormai il suo buon carattere lo aveva abbandonato definitivamente. Anche il Moro era rimasto ucciso sotto i tiri dell’artiglieria nemica e tutto sembrava perduto. Poi il 19 giugno era arrivato nuovamente l’ordine di attaccare e questa volta la cima dell’Ortigara fu la loro. Un turbine di entusiasmo aveva attraversato le truppe ormai sfinite e anche Cecco tornò a sorridere. Ma la tregua avrebbe avuto vita breve perché il 25 giugno 1917 la controffensiva austriaca, scatenata in tutta la sua violenza, travolgeva le truppe italiane, riconquistando l’Ortigara e lasciando sul terreno 8500 morti. Francesco correva in avanti, gridando per darsi coraggio, avvinghiato alla sua baionetta, non era spronato dall’orgoglio di soldato, ma dalla rabbia e dall’esasperazione di chi non ne può più. E fu così che cadde a terra, colpito in pieno petto da un proiettile austriaco. Gli occhi aperti, rivolti al cielo, a guardare uno squarcio di celeste che gli ricordava il suo cielo natio, gli pareva di udire un nitrito lontano, sentiva freddo, ma il Moro lo chiamava: era ora di andare. Di lui rimase una scritta sul monumento ai caduti, nella piazzetta del suo paese e una vecchia foto ingiallita posata sulla mensola del camino, a far compagnia a due vecchi ormai soli, che avrebbero preferito, forse, un soldato vivo ad un eroe morto. Arrigo Zaltieri Castellana scarica l'articolo in formato .pdf Nove fratelli e due dei loro figli al fronte: tornarono tutti a casa La famiglia Sichel di Castellarquato ha partecipato alla Grande Guerra con ben 11 familiari. Nove fratelli sono stati chiamati a combattere e, nell’ultima parte del conflitto si sono aggiunti anche due dei loro figli. Tutti gli 11 Sichel tornarono vivi da una guerra che purtroppo fece circa 16 milioni di vittime in tutta Europa. A raccontare la storia di questa famiglia è il nipote Stefano, arquatese, titolare della galleria d’arte “Transvisionismo” nel centro del borgo medievale. Stefano ha vissuto diversi anni insieme ad Olimpio, il penultimo dei nove fratelli andati in guerra il quale, durante le giornate passate in campagna, nell’abitazione di Sant’Antonio, ha raccontato al nipote storia e aneddoti di famiglia. «Iniziamo da Giuseppe Sichel, classe 1850 - racconta Stefano - che sposa Maria Tencati che gli dona 9 figli maschi, dal 1875 al 1893. I loro nomi sono, in ordine di età, Giuseppe, Alessandro, Alberto, Lodovico, Massimo, Giacomo, Paolo, Olimpio e Carlo ». Olimpio ha avuto 4 figli e Stefano è un suo nipote. Nato nel 1890, Olimpio nasce esattamente il 29 luglio, giorno della morte Nove fratelli e due dei loro figli al fronte: tornarono tutti a casa del famosissimo pittore olandese Vincent Willem van Gogh. «Mi piace, essendo nel mondo dell’arte - spiega Stefano Sichel - ricordare questa coincidenza». Olimpio andò alla guerra in Libia nel 1911 per poi venire arruolato nel 1915 per la Grande Guerra. Tutti i nove fratelli parteciparono alla Prima Guerra in prima linea, tra l’Isonzo e Caporetto diedero un contributo formidabile all’esercito italiano. «Ricordo quando Olimpio mi raccontava dei massacri in Libia - continua il nipote Stefano - li sognava spesso, vedeva massacri cruenti, corpi tagliati a pezzi, all’epoca si combatteva spesso anche corpo a corpo. Nella Grande guerra fu inviato sull’Isonzo, lungo la frontiera orientale Italo-Austriaca, nei pressi del fiume. Quando furono chiamati alla guerra i ragazzi nati nel 1999, altri due Sichel si aggiunsero alla già nutrita famiglia, per fortuna solo nell’ultima parte del conflitto». Tutti e 11 al termine delle battaglie tornarono a casa sani e salvi. «Un aneddoto che mi raccontava spesso - ricorda ancora Stefano - è quello che i poveri soldati rifugiati nelle trincee, posizionate una di fronte all’altra, si vedevano e parlavano con i loro antagonisti austriaci scambiandosi addirittura sigarette e cioccolato prima di ricominciare a combattere. Ricordo sempre i racconti che mi faceva a riguardo del fucile Mannlicher m95, che gli italiani lo chiamavano ta-pum, per il rumore che si sentiva dalle trincee. Una delle cose che però lo segnarono profondamente e che non è mai riuscito a dimenticare, sono le scene dei ragazzi morti o amputati e trasportati agli ospedali militari delle retrovie». Olimpio morì nel 1978 ma riuscì, prima di quella data, a ricevere nel giugno del 1973, dal Presidente della Repubblica italiana il conferimento dell’onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto. «Con ironia mi diceva sempre - conclude il nipote Stefano Sichel - che nonostante la sconfitta, si viveva meglio al termine della Seconda Guerra mondiale che non dopo la vittoria della Prima». Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Sarmato: alpini per i giovani, in 35 anni 150 borse di studio Oltre 150 borse di studio in 35 anni, un sostegno non solo simbolico ma soprattutto continuativo, segno di un impegno verso i più giovani destinato a proseguire nel tempo: con l’ultima festa del gruppo alpini di Sarmato, il numero dei “migliori” studenti sarmatesi usciti dalle scuole medie ha ormai raggiunto cifre importanti. Ma gli alpini, ora, rilanciano. Le borse di studio, nate nel 1983, sono state sostenute inizialmente dal gruppo alpini e, dal 2000 al 2017, dalla famiglia Braghieri in ricordo del loro alpino Franco. «Grazie alla generosità della famiglia, gli alpini hanno potuto consegnare in questo periodo ben 86 borse di studio. E non smetteremo mai di ringraziare, come abbiamo fatto anche nel corso dell’ultimo raduno di gruppo, la famiglia Braghieri per quello che ha fatto» spiega il capogruppo Sesto Marazzi. Da quest’anno, la gestione dei premi ai migliori studenti è passata nuovamente al gruppo alpini in maniera diretta e proseguirà anche nei prossimi anni, alla memoria di Ettore Poggi, Franco Cavalli e Albino Losi, tre penne nere che – non avendo potuto studiare all’epoca – istituirono proprio il premio in denaro a favore dei giovani ragazzi meritevoli. _CB scarica l'articolo in formato .pdf Cartoline dal fronte, la collezione del nonno Un secolo è un soffio, lo si abbraccia tutto insieme: ieri diventa oggi e oggi è magicamente ieri tanto sono vive e presenti le emozioni che si ereditano. Ricordi che hanno nomi e volti di famiglia. Nicola Scotti, 75 anni, è l’orgoglioso erede di una famiglia di imprenditoria illuminata e ne custodisce la memoria di lavoro, intimità quotidiana, guerra e pace. Ricordi che si riaccendono in modo particolare in questi giorni del centenario della prima guerra mondiale dove si ricorda il sacrificio di troppi uomini che hanno servito la Patria. «Mio papà Edoardo, agricoltore, era partito per il servizio di leva in anticipo e così si è fatto un anno di naja e 4 anni di guerra al fronte. Da casa i genitori gli inviavano saluti e aiuti economici come testimoniano questi commoventi ricevute di vaglia» racconta Nicola mostrando una teca dove sono custoditi i tagliandi spediti da Podenzano. “Bonifici” di 50, 80 e 100 lire accompagnati da messaggi di affetto. «Papà fu poi richiamato all’età di 50 anni anche nella seconda guerra mondiale e prestò servizio nella contraerea a Porta Borghetto» aggiunge Scotti. Altra importante testimonianza di quegli anni, rimasta negli archivi di famiglia, arriva dal nonno materno, Adamo Grandi (suocero di Edoardo) che ha collezionato circa 400 cartoline Reggimentali. Nicola ce le mostra mentre suo nonno Adamo è lì che ci guarda, la sua immagine impressa in una conchiglia, lo sguardo compiaciuto. Passato e presente si fondono nel salotto di questa casa fra la culla che ha ospitato cinque generazioni e il box di ultima generazione, le foto ingiallite di ieri e quelle degli adorati nipoti di oggi, ritagli di giornale e le onorificenze appese (Cavaliere dell’ordine della Corona d’Italia a Adamo Grandi, Onorificenza Vittorio Veneto a Edoardo Scotti). Molte le cartoline spedite ad Adamo, a sua moglie Margherita e alcune anche “alla piccola Giannina” (futura mamma di Nicola Scotti). Altre furono scambiate grazie alla passione per il collezionismo. «La gentilezza di mio nonno era proverbiale - ricorda Nicola - si affacciava davanti al suo locale, il famoso bar Margherita in piazza Cavalli, e se intercettava giovani che si preparavano per partire per il fronte li raggiungeva con un sacchetto di caramelle o di cioccolatini e insieme a quel dono di conforto c’era partecipazione, volontà di condividere un momento drammatico. “Mandami una cartolina del tuo Reggimento mi raccomando” diceva. Una richiesta ripetuta decine e decine di volte che si è tradotta in altrettante cartoline. Sono un esempio dei 4 miliardi di corrispondenza scambiata durante la Grande Guerra fra l’esercito, il Paese e il fronte. Sulle cartoline immagini retoriche, ingenue: bandiere che garriscono al vento, giovani donne che abbracciano i fanti, baionette al sole, divise dai colori sgargianti, cavalli impennati, bocche da fuoco, cannoni lucidi : immagini ben diverse dal quotidiano vissuto nelle trincee da dove si partiva per l’assalto con le maschere antigas. Ricordiamo che gli italiani scoprirono sulla loro pelle l’effetto devastante dell’attacco chimico il 29 giugno 1916 sul San Michele da parte degli austroungarici : 12mila rimasero intossicati metà dei quali morirono. Anche il 48° Reggimento Fanteria, celebrato dalle cartoline (come si vede anche a lato, in pagina), quel 29 giugno era in linea quando all’alba gli austriaci lanciarono nubi di gas asfissiante dalle trincee di San Martino e del San Michele. A sera contava un migliaio di morti. Nelle cartoline ci sono colori estranei alle trincee che in Italia fecero la loro comparsa già nella prima battaglia dell’Isonzo, nel giugno del 1915, trasformandosi ben presto in quell’inferno di sporcizia, escrementi, freddo, punizioni e addirittura fucilazioni per chi cercava di scappare. Ma sono una preziosa testimonianza storica di molti reparti nati proprio per la necessità della guerra e poi magari sciolti. Soprattutto, in quel “rettangolino di carta” che abbonda di tricolore, c’è il ricordo dei combattenti e del loro sacrificio. «Scrivere dal fronte era un momento di tregua, una pausa dalla sofferenza» ci dice ancora Scotti mentre rimette in ordine, con le cartoline, i tanti ricordi della sua bella famiglia. Paola Romanini scarica l'articolo in formato .pdf L’omaggio degli Alpini ai cippi dei Caduti in guerra Nel centenario della Prima Guerra Mondiale, gli alpini di tutti i gruppi della provincia di Piacenza depositeranno - sabato 3 novembre - un omaggio ai Caduti nei vari cippi sul territorio, per ricordare l’enorme tributo che anche le penne nere hanno offerto in un conflitto che si è combattuto fin sulle cime delle montagne, a prezzo di immani sacrifici. A Piacenza una cerimonia si terrà al sacello dei caduti in piazza Cavalli alle ore 18.45. Il vescovo Gianni Ambrosio, officerà la tradizionale funzione religiosa al cimitero urbano nel pomeriggio di domani, alle ore 15, nella ricorrenza di Ognissanti. Venerdì 2 novembre, giorno dedicato alla memoria dei defunti, alle ore 10.30 sempre al cimitero urbano si svolgerà la cerimonia di commemorazione dei Caduti per la patria, aperta dalla celebrazione della santa messa al Famedio, cui seguirà il corteo con la deposizione delle corone d’alloro e, presso la lapide dei fucilati, l’allocuzione ufficiale. Nella stessa giornata gli alpini del gruppo di Piacenza faranno visita, deponendo un mazzo di fiori, alla tomba del capitano Arturo Govoni, fondatore della sezione e del gruppo di Piacenza dell’Ana, associazione nazionale alpini, e alla lapide dei soldati austriaci deceduti nel campo di prigionia di Gossolengo. Kronos, il museo della Cattedrale, propone “Una fiammella per Ognissanti: storie di martiri e devozioni a lume di candela”, il primo di una serie di tour guidati a tema e visite serali, frutto dalla collaborazione con Cooltour. L’appuntamento, a pagamento, è stasera, vigilia di Ognissanti, con ritrovo alle ore 21 all’ingresso di via Prevostura 7. La visita guidata a lume di candela porterà i visitatori (dai 6 anni in su) lungo il percorso dell’esposizione “Sacre reliquie”. L’omaggio ai Caduti della Grande Guerra continuerà il 9 novembre in Santa Maria di Campagna con il Requiem nei monti (di Giovanni Veneri). Saranno presenti 180 coristi e l’orchestra di fiati del Nicolini diretta da Luciano Caggiati. L’organizzazione è della Sezione Alpini di Piacenza, della Famiglia Piacentina, del Conservatorio, con il coordinamento di Fausto Frontini _Anna Anselmi scarica l'articolo in formato .pdf Cortemaggiore, tutti a fianco degli alpini nella lunga marcia verso la Festa Granda Il gruppo alpini di Cortemaggiore ha festeggiato, come ogni anno, la festa sociale con una manifestazione che, nonostante bagnata dalla pioggia, ha avuto un sapore particolare. Il prossimo periodo infatti sarà un lungo percorso, di poco più di 10 mesi, che porterà il gruppo ad ospitare sul proprio territorio la Festa Granda 2019, nei giorni 6, 7 e 8 settembre, in occasione anche del 50esimo di fondazione. La giornata è iniziata con l’alzabandiera e la deposizione di una corona d’alloro presso il monumento dei Caduti per poi proseguire con la messa celebrata dal parroco don Giancarlo Plessi, nella chiesa della Santissima Annunziata. La messa è stata accompagnata dai cori uniti di Cortemaggiore, Soarza e Vidalenzo, diretti dal maestro Luca Veneziani. «Intorno a noi vediamo molta disgregazione, in tutti i campi - ha detto don Plessi durante la celebrazione -. Gli alpini trasmettono invece valori importanti, di aggregazione e altruismo, sono una grande e meritevole famiglia». Dopo la recita della preghiera dell’alpino è stato benedetto il nuovo vessillo del gruppo. «Già da tempo stiamo preparando la Festa Granda - ha dichiarato il capogruppo Fabio Devoti - abbiamo fatto tante riunioni per prepararla al meglio e desideriamo coinvolgere anche le scolaresche, perché è giusto tramandare alle giovani generazioni tutti i valori che ci contraddistinguono e ricordare anche a loro il sacrificio estremo compiuto dai ragazzi che sono andati in guerra e che oggi non sono più con noi. Saranno coinvolti anche tutti i volontari delle associazioni del paese che da subito, dimostrando grande coesione, hanno dato la loro totale disponibilità ». Durante la manifestazione il sindaco Gabriele Girometta ha ricordato come ci sia bisogno di ricordare i defunti aiutando chi ha necessità. Erano presenti anche il vicesindaco Alice Marcotti, il vicesindaco di Besenzone Carlo Filiberti, l’assessore di Cadeo Donatella Amici, il maresciallo dei carabinieri Salvatore Cristiano, il presidente provinciale dei paracadutisti Fabrizio Devoti, le associazioni di volontariato locali e tanti gruppi alpini dei territori vicini. Girometta, al termine della celebrazione ha consegnato, a nome degli alpini di Cortemaggiore, il loro gagliardetto al primo luogotenente dell’esercito Bernardino Politi che lo consegnerà a sua volta al brigadiere generale Sergio Santamaria, comandante del Polo di Mantenimento Pesante Nord di Piacenza. Il vicepresidente provinciale degli alpini Pierluigi Forlini ha ringraziato tutti per l’accoglienza e fatto i migliori auguri per l’organizzazione della Festa Granda 2019. Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf «I nostri nonni ricordavano gli anni nella vostra città: erano come fratelli» Cent’anni fa i profughi non venivano da un altro continente, ma da una porzione delle terre irredente, al confine orientale, in Trentino. Tra il 1916 e il 1918 Fiorenzuola accolse quasi 400 profughi da Castel Tesino, paesino della Valsugana. I loro discendenti domenica sono tornati nella città sull’Arda, accolti dal Circolo storico locale, dal sindaco Romeo Gandolfi con l’assessore Paola Pizzelli, che hanno incontrato la vicesindaco di Castel Tesino Nicole Fattore, insieme ad altri 44 suoi concittadini, compresi i danzatori del colorato gruppo folcloristico che hanno animato la mattinata. «I nostri nonni e bisnonni ricordavano la loro profuganza qui come un momento un cui erano stati trattati bene, come fratelli e sorelle », hanno testimoniato i nipoti e pronipoti. «Siamo sembrati una cosa sola», dice commosso Augusto Bottioni che, insieme a Eugenio Fabris, presidente del Circolo storico, dal 2015 ha tessuto rapporti con la comunità trentina. Da Lodi sono arrivati i discendenti di una profuga di guerra di cent’anni fa (avevano letto della mostra sul nostro quotidiano): lei era Menguzzato Narcisa Gasperollo, classe 1893. «Ci raccontava che venne qui con un bel gruzzolo di soldi dell’Impero Austro Ungarico. ma non li riuscì a spendere. Qui erano carta straccia. Qui conobbe Alberto Faccioli di Valconasso. Si innamorarono e si sposarono e lei non tornò in Trentino. Aprì una latteria al Cantone del Pozzo a Piacenza ed ebbe quattro figli, da cui siamo arrivati noi». L’arrivo dei profughi a Fiorenzuola, il 30 maggio 1916, viene descritto sul suo diario dal giovane Luigi Dodi, che allora aveva 16 anni: «Alle 9 di sera, con un treno speciale, al buio completo, arrivano quasi 400 profughi di Castel Tesino, occupato dai nostri un anno fa, e fatto sgombrare ora dal Comando Supremo. Qual impressione fanno! Donne, bimbi, vecchi cadenti compongono il tragico corteo. La dolorosa schiera sfila lentamente tra due ali fitte di popolo fiorenzuolano e giunge al Teatro Sociale. I sacchi, le borse, le valigie, i pesanti fardelli danno l’idea di croci enormi». I profughi vennero alloggiati all’ex convento San Giovanni, oggi sede municipale. Alla chiesa della Madonna di Caravaggio celebrava messa il loro monsignor Grandi che scrisse: «Saputo che il gruppo maggiore dei profughi era a Fiorenzuola, parto per colà e vi giungo il 1 giugno. Vi trovo 367 parrocchiani male alloggiati nell’ex convento di S. Giovanni. Ogni giorno impartisco l’istruzione religiosa a 75 fanciulli e 2 volte in settimana celebro messa». Le fonti di parte tesina rivelano i sacrifici che i profughi affrontarono, specie quelli sistemati nel sottotetto: «Chi non ha visto non può immaginare: l’orribile solaio del convento serve da dormitorio, da cucina, da ospedale e da gabinetto, arieggiato da finestre minuscole come le grate di una prigione». Per alleviare queste pene, la gente di Fiorenzuola organizzò Comitati ed iniziative di solidarietà. La stessa che si è respirata domenica, durante il pranzo condiviso alla sede degli Alpini, preparato col supporto delle donne del gruppo.
Le battezzarono Emilia e Fiorenza perché nate nella città sull’Arda» Furono quattro (tre femmine ed un maschio) i bimbi che nacquero a Fiorenzuola durante la profuganza: Fiorenza Marighetto venne alla luce il 16 giugno del ‘16 (appena 16 giorni dopo l’arrivo nella città sull’Arda), sua sorella Emilia il 16 dicembre del ‘18. La mamma diede loro quei nomi in omaggio alla terra che l’aveva accolta. Fiorenza in onore al santo protettore di Fiorenzuola, Emilia come la nostra regione. Il 26 settembre del ‘16 era nata, sempre a Fiorenzuola, Vittorina Busarello. Anche Tiberio Fattore Faturato nacque a Fiorenzuola, dove la sua mamma era profuga. Nella seconda guerra mondiale divenne un eroe,col sacrificio della vita: morì sul fronte greco albanese il 20 gennaio del ‘41, meritando la medaglia di bronzo al valor militare. Alla loro storia è dedicata la mostra di foto d’epoca, documenti e oggetti di vita quotidiana, aperta fino al 4 novembre nelle sale del Municipio di Fiorenzuola, l’ex convento San Giovanni, nello stesso luogo (oggi ristrutturato, allora ‘in pezzi’) che durante la prima guerra mondiale serviva da dormitorio ai profughi tesini: bambini, vecchi e donne. L’iniziativa è del Circolo storico “Franco Villani”, dello studioso Augusto Bottioni e del presidente Eugenio Fabris,che ha scoperto pure come a Tiberio Fattore, nato a Fiorenzuola, sia stato intitolato il Gruppo alpini di Castel Tesino. In un primo tempo, nel Piacentino, i profughi vennero accolti con benevolenza, ma - specie dopo Caporetto ed il prolungarsi del conflitto - la sensibilità collettiva andò affievolendosi. Ad esempio l’onorevole Pallastrelli di Pontedellolio nel 1918 dichiarava a Libertà: «Attualmente però la popolazione, che aveva dimostrato di accoglierli con la massima benevolenza, sarebbe oltremodo felice di vederli rimpatriare». La mostra rimane aperta fino al 4 novembre, con ingresso libero, negli orari di apertura degli uffici oppure dalle 10,30 alle 12,30 dei giorni festivi.
Una convivenza che non fu sempre idilliaca Nel Piacentino furono ospitati 6.416 profughi di guerra, in tutta l’Emilia Romagna 67.650, in Italia 632.000 circa. Dati che emergono da una ricerca curata da Barbara Spazzapan e Carla Antonini dell’Irsec di Piacenza e che sono confluiti nella mostra “In fuga dalla guerra”, che aprirà il 5 novembre alle ore 12 all’archivio di Stato di Piacenza. «Ho consultato gli archivi di 25 Comuni piacentini per ricostruire il fenomeno sul nostro territorio - spiega Spazzapan - I profughi di guerra arrivarono in due ondate: la prima nel ‘16, specie dal Trentino e dal Vicentino con circa 800-900 persone (comprese quelle sistemate a Fiorenzuola); la seconda, la più consistente, fu dopo la disfatta di Caporetto (24 ottobre ‘17) con oltre 5 mila arrivi». La mostra non si ferma a Piacenza: coordinata a livello regionale dagli Istituti storici in rete e da Daniele Ceschin, ha visto la consultazione degli archivi storici di Bologna e dell’archivio di stato nazionale. Per prenotare visite, scrivere a istitutostoricopiacenza@gmail.com. La mostra rimarrà aperta sino al 20 dicembre. «Nel lavoro con le scuole - spiega la Spazzapan - emergono osservazioni degli studenti sulle analogie tra ieri e oggi: le fonti storiche (compresa Libertà, che ne scriveva praticamente ogni giorno) rivelano come lo spirito di accoglienza dei profughi si alternasse ad insofferenza nei loro confronti e ai pregiudizi che circolano talvolta anche oggi: sono sporchi, portano malattie, ad esempio, erano lamentele molto diffuse». Donata Menghelli scarica l'articolo in formato .pdf Quando il paese accolse 250 profughi da Friuli e Trentino Al primo piano del Centro civico comunale in via Castignoli a Vigolzone è allestita fino a domenica 4 novembre la mostra “1918- 2018. Per non dimenticare. Vigolzone tra guerra e dopoguerra”, curata dall’associazione “Culture per lo sviluppo locale” con il patrocinio del Comune. Il centro civico, fino a qualche anno fa, ha ospitato le scuole e la via in cui risiede è dedicata a Livio Castignoli, caduto sul Carso nel 1915, marito della maestra Irene Cella, molto conosciuta stimata in quegli anni; persone e luoghi che sono ripresi nella mostra, in un capitolo interessante curato da Liliana Cravedi, scritto per far conoscere come la scuola cambiò ai tempi del conflitto «che - spiega insieme ad Oreste Grana curatore della parte fotografica della mostra - assunse come scopo preminente il sostegno patriottico; le materie proposero programmi pedagogici legati al tema del conflitto e discussioni di attualità ». La mostra mette quindi a fuoco il periodo che va dalla disfatta di Caporetto alla conclusione del conflitto e il successivo, informa il presidente Ferruccio Pizzamiglio, analizzandolo nella sua generalità, ma rivolgendo un’attenzione particolare alla situazione del territorio piacentino (e vigolzonese dove è stato possibile recuperare immagini e documenti) e alla sua gente. Nei pannelli espositivi si dà così un’informazione generale sulle cause dello scoppio della guerra, le battaglie, le perdite, gli atti eroici come quello della Brigata Piacenza il cui contributo di sangue, informa Filippo Lombardi, è stato fondamentale dal 16 al 20 giugno 1918 nella battaglia del Solstizio respingendo gli austriaci sul Piave. Capitolo importante è dedicato ai profughi in paese. Vigolzone arrivò ad ospitarne 250, soprattutto trentini e friulani. «Nel novembre 1917- illustra Roberta Milza - fu costituito un patronato per l’assistenza ai profughi friulani. Numerose famiglie li ospitarono. Esso cessò di operare quando, nel marzo 1918, fu istituito un patronato per i profughi». Articoli del quotidiano Libertà documentano la generosità dei vigolzonesi, sebbene i rapporti con la popolazione non furono sempre facili. Tra le opere di assistenza promosse per alleviare i problemi del dopoguerra ci furono le colonie, come quella padana sul fiume Po o quella montana per orfani di guerra a Roncovero di Bettola. Approfondito poi l’aspetto sanitario, con le pagine scritte da Umberto Gandi dedicate alle malattie, ai mutilati del viso le cui cure lasciavano i volti sfigurati. Nacque proprio da qui la “chirurgia plastica”. Daniele Capitelli ha infine ricostruito la storia dei campi di prigionia e Andrea Rossi la nascita di quelli italiani, tra cui quello di Gossolengo e Rivergaro. A Pontedellolio e Vigolzone esistevano i campi di isolamento per pazienti con malattie infettive. La mostra rimarrà allestita fino a domenica prossima e si può visitare sabato (dalle 16 alle 19) e domenica (dalle 9.30 alle 12.30) o su appuntamento durante la settimana anche per le scolaresche. Domenica 4 novembre sarà aperta tutto il giorno. L’ingresso è libero. Informazioni al numero 0523870727. scarica l'articolo in formato .pdf «Grazie alpini per aver sistemato lo spazio giochi» La pioggia non ha fermato l’entusiasmo dei bambini delle scuole di Borgonovo che, in barba al maltempo, sono usciti dalle loro aule per dire “grazie” a chi ha restituito loro un fazzoletto di verde. Si tratta di quello che viene chiamato l’ex parco giochi della scuola materna, un’area verde che si trova di lato le scuole elementari e medie del paese, vicino al campetto da basket e alla scala antincendio. Grazie alle mani generose degli alpini, che hanno restaurato i vecchi giochi, e poi anche grazie all’impegno di alcuni volontari che hanno speso parte del loro tempo libero nella sistemazione del verde, ora il piccolo giardino è stato di nuovo restituito al libero utilizzo degli alunni della scuola del paese. «Di fatto - spiega la preside Angela Squeri - da tempo i bambini non potevano più avere accesso al campetto visto che i giochi erano ormai rovinati e quindi pericolosi. Inoltre il terreno era impraticabile perché pieno di buche e quindi anch’esso potenzialmente pericoloso ». A rimettere a nuovo lo spazio verde ci hanno pensato le penne nere e alcuni genitori volontari che hanno ristrutturato i giochi, sistemato il verde e rimesso in sesto la recinzione che ne delimita il perimetro. Quest’ultimo particolare è di fondamentale importanza. Quest’area spesso in passato era stata infatti presa di mira da vandali per bravate e incursioni, tanto che più volte i genitori se ne erano lamentati. Anche per questo motivo la polizia locale ne ha approfittato per posizionare alcuni avvisi che intimano il divieto di accesso alle persone non autorizzati. Oltre ad aver posizionato i cartelli gli agenti della polizia locale hanno disposto un’intensificazione dei controlli. Ora quindi il piccolo fazzoletto verde potrà di nuovo essere utilizzato da alunni e scolari che potranno sfogare la loro voglia di giocare e di stare all’aria aperta. Il piccolo parco giochi potrà essere usato anche per attività proposte dalla scuola. Mariangela Milani scarica l'articolo in formato .pdf Un’orchestra e dieci cori per il “Requiem nei monti” di Veneri Nell’ambito delle manifestazioni per celebrare i 100 anni dalla fine delle Grande Guerra l’Associazione Nazionale Alpini, organizza, con il patrocinio del Comune, in collaborazione con la Famiglia Piasinteina e il Conservatorio Nicolini, un concerto che vedrà protagonisti, oltre all’Orchestra di Fiati del Conservatorio diretta da Luciano Caggiati, alcuni cori di Parma, Fidenza e Piacenza. Appuntamento, ingresso libero, il prossimo 9 novembre alle 21 in Santa Maria di Campagna con il “Requiem nei monti” di Giovanni Veneri. Ieri nella sede dell’associazione Alpini, sezione piacentina, la presentazione dell’evento. Dal punto di vista organizzativo è particolarmente attivo Danilo Anelli, razdur della Famiglia Piasinteina: «Ci siamo mossi per portare alla celebrazione ben 10 cori per un totale di 180 coristi. Avremo il Coro Femminile del Conservatorio Nicolini e l’A.N.A Valtidone, da Parma il Laus Vocals, la Vox canora, le Armonie dei Colli, la Corale Giuseppe verdi, il Coro Monte Orsaro, il Coro Cai Mariotti, il Colliculum Coro e la Corale S. Donnino di Fidenza. Auspico che questa serata possa diventare un punto fisso di ogni stagione». A coordinare le varie fasi l’instancabile Fausto Frontini: «Il “Requiem nei monti” è opera del maestro Veneri, un’autentica celebrità nel campo della composizione, dell’elaborazione e strumentazione dei cori alpini. Il compositore, di cui verrà eseguita anche “La preghiera degli alpini”, ha assicurato la sua presenza all’esecuzione. Confidiamo nella partecipazione e nella condivisione della comunità piacentina. All’interno di questa articolata serata ci sarà spazio anche per l’interpretazione della poesia “Dopo la guerra” del poeta e scrittore Romano Franco Tagliati. Il concerto vuole ricordare le vittime di tutte le guerre senza distinzioni tra vincitori e vinti. Un segno di riconciliazione in nome della pace». «Ringrazio - ha commentato Roberto Lupi, presidente associazione Alpini - tutti gli attori in gioco e quindi la Famiglia Piasinteina e il Conservatorio per la disponibilità dimostrata, ma anche i frati minori della Basilica e naturalmente gli sponsor, dalla Banca di Piacenza a Steriltom e Cementirossi, che ci consentono di realizzare questa serata davvero speciale. Mi piace ricordare anche l’impegno della Croce Rossa e di Carlo Veneziani, responsabile logistica Ana, che sta curando un programma dedicato alla scuole in cui presentiamo, come sodalizio, momenti di riflessione sulla Grande Guerra». _Matteo Prati scarica l'articolo in formato .pdf Il gunner Alessandretti nell’esercito di Sua Maestà: così ho ritrovato la tomba Questa storia parte da lontano, da quando alcuni anni fa, studiando il Monumento ai caduti di Lugagnano, mi sono accorto di una discrepanza: su due foto del monumento, scattate una negli anni ‘30 e l’altra dopo una ristrutturazione nel secondo dopoguerra, l’elenco dei caduti era diverso. Nella seconda foto era stato allungato e vi figurava un nome in più, quello di Partenio Alessandretti. Subito ho pensato al fatto che, in occasione dei lavori di ristrutturazione, si fosse rimediato ad una dimenticanza ma purtroppo, nella documentazione dello Stato Maggiore della Difesa e di Onorcaduti, l’ente che si occupa di mantenere e aggiornare gli elenchi dei caduti, il nome di Partenio non figura fra quelli dei caduti riconosciuti della Grande Guerra. Il mistero sembrava destinato a rimanere tale ma i fili che legano persone e storie della Grande Guerra seguono strade diverse, a volte chiare e diritte, a volte contorte e misteriose, ma poi alla fine si riannodano portando alla luce fatti del tutto inaspettati. Anni dopo, mentre cercavo materiale sulla grande Guerra nell’Archivio del Municipio di Lugagnano, mi sono imbattuto nel fascicolo che contiene le comunicazioni di morte dei soldati, che venivano effettuate al sindaco. Fra questi documenti, tutti risalenti agli anni fra il 1915 e il 1918, ne spiccava uno con una grafica profondamente diversa, scritto in inglese e datato 30 settembre 1926: ça va sans dire, si trattava del certificato di morte di Partenio. In inglese? Certo perché, come recita il documento, il Gunner (cannoniere) Allesandretti (sic) Partenio, della 62ª TMB (Trench Mortar Battery – Batteria di mortai da trincea) della RFA (Royal Field Artillery – Reale artiglieria da campagna) dell’età di 28 anni, nato in Italia, era rimasto ucciso in azione (Killed in Action) in Francia il 15 settembre 1917. Il documento risulta spedito a Lugagnano da Bice Alessandretti, residente a Londra. Il mistero appariva quindi parzialmente chiarito: Partenio, nato a Lugagnano il 23 maggio 1889 (il padre si chiamava Eugenio ed era calzolaio, la madre era Gaetana Curtabbi) era emigrato in Inghilterra in un anno imprecisato, perché questo non è rilevabile dai documenti dell’anagrafe. Allo scoppio della guerra, era stato reclutato dall’esercito inglese e spedito in Francia, dove aveva lasciato la vita. Restava da scoprire il luogo di sepoltura, confidando nell’aiuto della Commonwealth War Graves Commission, l’organizzazione che si occupa di mantenere e curare le tombe di oltre 1.690.000 soldati inglesi sparsi in 150 paesi del mondo, che dispone di un accurato servizio di ricerca online. I primi tentativi sono andati però a vuoto: nell’archivio informatico non risulta nessun Alessandretti, nessun Allesandretti, come erroneamente indicato sul certificato, nessun Partenio. Alla fine, ecco l’idea di fare un ultimo tentativo inserendo il numero di matricola 797094 riportato sul certificato di morte. E così l’ho trovato, il Gunner Alessondretti P. (notare che non si trovava perché il cognome è stato ulteriormente storpiato e il nome è indicato solamente con l’iniziale) è sepolto nel Cimitero Militare di Héninel, un paesino di 180 abitanti nel Pas-de-Calais, a pochi chilometri da Arras e Cambrai,dove la guerra infuriò per quattro anni e la campagna è disseminata di piccoli cimiteri inglesi. Ultimo passo nella ricerca, perché non approfittare di una vacanza estiva in Francia e far sì che nel viaggio si sfiori quella zona? E’ stato così che il 25 luglio 2018 ho ritrovato la tomba di Partenio Alessandretti, che riposa in un tranquillo angolo di campagna francese, circondato da alti alberi, in un cimitero tenuto in ordine e pulito al limite della maniacalità, fra il soldato semplice S. Sergeant, del reggimento Durham Light Infantry, e l’artigliere George Hubert Broom, del suo stesso reparto, rimasti uccisi con lui il medesimo giorno. Chissà cosa è successo quel 15 settembre 1917. scarica l'articolo in formato .pdf «Anni durissimi ma il cuore dei piacentini superò ogni egoismo» Un omaggio alla Storia, ma anche a chi si prende la responsabilità di tramandarla per farne memoria. Un omaggio al giornalismo: a Libertà, che da oltre 135 anni racconta il territorio, e che raccontò anche la guerra. L’omaggio è il libro “Eco della provincia” del fiorenzuolano Augusto Bottioni, tenuto a battesimo venerdì sera - nella sala gremita del teatrino dell’ex asilo Lucca - dal direttore della collana storica “Piacenzaingrigioverde” Filippo Lombardi. Il titolo del libro è lo stesso che Libertà assegnava alla “testatina” interna dedicata alla provincia. Bottioni ha usato decine di articoli come fonti per ricostruire la prima guerra mondiale così come la vissero i piacentini: dall’interventismo dei giovani al pacifismo degli operai; dalle partenze dei soldati al fenomeno dei profughi trentini ospitati nei nostri Comuni; dalla fame al razionamento del cibo, dall’associazionismo all’impegno delle donne, rimaste sole a casa. Bottioni ha dedicato il libro a Franco Villani, che scrisse di Fiorenzuola e dalla Valdarda, sul nostro quotidiano locale, dal 1958 e per i successivi 43 anni. Il Circolo storico di Fiorenzuola, l’altra sera, è stato intitolato a lui, che lo aveva fondato e ne era stato presidente. L’attuale presidente Eugenio Fabris ha consegnato un attestato alla moglie Mariolina Comolli, e ai figli Paola e Antonio. «Mio padre aveva una sola paura sul finire della sua vita: essere dimenticato. Così non è e voi lo dimostrate - ha detto la figlia - E aveva un desiderio, mio padre: quello che i giovani si interessassero alla Storia, come era accaduto a lui, che aveva perso il padre in guerra (era un alto ufficiale dell’esercito e morì nella battaglia di El Alamein durante il secondo conflitto mondiale) e che per questo lottò per ritrovare le radici. Stasera, sentendo Bottioni parlare di Storia, mi sembrava di sentir parlare mio padre». Anche l’autore del libro, parte dalla sua storia familiare: il primo contributo del volume è legato ai racconti che gli faceva il nonno, granatiere di Sardegna che aveva combattuto nella grande guerra. «Quello che voglio rimarcare - ha evidenziato l’autore - è come anche di fronte alle disgrazie e agli eventi tragici, il Popolo piacentino sia riuscito a superare gli egoismi. Il volontariato toccò trasversalmente tutte le classi sociali, affrontando con concretezza e dignità tutte le drammatiche situazioni di un Paese in guerra». La lettura di un passo delle memorie di Luigi Dodi, che nel suo diario descrisse come Fiorenzuola reagì alla notizia dell’armistizio il 4 novembre del ‘18, ha coinvolto emotivamente il pubblico. Il momento più commovente? Quando sono partite le note di “What a wonderful word”, musica che Villani volle ascoltare in punto di morte. Preziosa la presenza del giornalista Franco Lombardi, che ha simpaticamente contestato la convinzione, più volte espressa dal collega, che Fiorenzuola fosse “la capitale della Valdarda”. Tra il pubblico il senatore Maurizio Migliavacca, l’ex sindaco Giovanni Compiani, il presidente della Fondazione “Verani” Francesco Boscarelli, il presidente di Acer Patrizio Losi, rappresentanze di alpini, carabinieri e bersaglieri in congedo. Donata Meneghelli scarica l'articolo in formato .pdf Lombardi: «Fu la guerra di tutti, ricordi in ogni casa» «No, non mi aspettavo di trovare un patrimonio così importante di ricordi, testimonianze, sentimenti. E’ la riprova che la Prima Guerra Mondiale è stata la guerra di tutti: degli uomini al fronte, delle donne che hanno preso il loro posto al lavoro, dei comitati di solidarietà. Noi abbiamo cercato di raccontare tutto questo e abbiamo potuto farlo soprattutto grazie alle lettere ingiallite, alle cartoline, ai diari conservati nei cassettoni delle nostre case. Un’opera esaltante anche se faticosa». Filippo Lombardi, piacentino appassionato di storia (nel quotidiano psichiatra e psicopatologo forense) è soddisfatto. Ha accompagnato i quattro anni dell’importante anniversario della Grande Guerra con la collana di libri “Piacenza in Grigioverde 1915-1918” ottenendo un risultato superiore alle sue aspettative: il suo contributo ha dato anima al centenario della Prima guerra mondiale raccontandola dal basso, riscoprendone volti e sentimenti. Un cammino che non finisce qui perché il 7 novembre sarà presentato il tredicesimo volume “Lugagnano 1915-1918. Cronache di un paese in guerra” (in queste pagine l’autore ci anticipa una scoperta). In cantiere, inoltre, ci sono altre pubblicazioni che vedranno la luce nel 2019. «Si è voluto andare oltre le consuete cerimonie a ricordo dell’ inizio e della fine del conflitto» ribadisce Lombardi. Racconti in famiglia La collana in grigioverde, edita da Marvia Edizioni di Voghera, nasce da un’idea: «La consapevolezza - spiega Lombardi - che la guerra non è solo quella dei generali e delle mappe di posizione: dietro ci sono gli uomini e le loro storie». La Prima guerra mondiale, in particolare, si è alimentata nel tempo di una grande tradizione di racconti orali fatti in famiglia. Un patrimonio che si è tramandato. E nei libri di questa collana si ritrovano infatti nonni, zii e il racconto di un bimbo che corre alla finestra del solaio di casa per seguire con lo sguardo, fino all’angolo della strada del paese, i passi del papà che va al fronte e che non vedrà per tre lunghi anni. «Anche mio nonno materno, Mario Barabaschi - conferma Lombardi - mi raccontava della vita fronte con tante curiosità e riconosco che la passione per la storia mi è nata proprio in quegli anni». «A differenza dal secondo conflitto mondiale - sottolinea Lombardi - che ha diviso ed è stato più ideologico, quello del ‘15-’18 è stato la guerra di tutti. Si pensi alle donne che presero con coraggio il posto degli uomini entrando in ambienti di lavoro che fino a quel momento erano stati solo maschili ». Lo dimostrano gli articoli e le inserzioni del tempo su Libertà che danno notizia del via libera alle donne nell’ospedale militare, sui tram, all’Arsenale e all’Officina d’artiglieria per il caricamento proiettili. «Come non ricordare - prosegue Lombardi - l’impegno della Croce Rossa e la fioritura di comitati di sostegno: per gli orfani dei combattenti, pro ospedale, per inviare doni al fronte (addirittura nacque il comitato pro sigaro ai soldati) . L’Istituto dei pupilli della Patria, creato dal Collegio Alberoni, accoglieva gli orfani dei soldati e li faceva studiare. Possiamo dire che allora, come oggi, si sentiva il cuore solidale di Piacenza». E’ proprio questa generosa mobilitazione il senso autentico di questa collana caratterizzata anche da lunghi elenchi di nomi. «Perché è proprio in quei nomi - spiega Lombardi - che le famiglie e l’intera comunità ritrovano volti e radici». La ricchezza dei diari «Al fronte si sentiva il bisogno di scrivere - sottolinea Lombardi - In un solo anno abbiamo trovato ben tre diari: quello dell’architetto Pietro Berzolla che con la sua Vest Pocket dotata di pellicola 4,5x6 ha fatto anche molte foto e anche i diari di Giuseppe Emiliani di Carpaneto e di Giuseppe Centenari di Borgonovo. Bottioni, inoltre, ha pubblicato il diario di Luigi Dodi. E c’è ancora tanto materiale da recuperare. La corrispondenza è stata immensa negli anni di guerra». «La prima guerra mondiale - prosegue - ha avuto tre letture: la prima fu propagandistica, la seconda demolitoria, l’attuale è improntata ad un maggiore equilibrio e non si nega più, perché innegabile, l’esistenza di un forte movimento volontaristico ». Intanto a Piacenza e in provincia si preparano le celebrazioni: «Purtroppo - conclude Lombardi - largo Brigata Piacenza è ancora senza targa e poco curato, malgrado diverse sollecitazioni. E il Monumento al Fante, emblema dei sacrifici del 65° Reggimento Fanteria, è ancora nell’ex caserma De Sonnaz ma confidiamo nella sua collocazione in piazza Cittadella». Paola Romanini scarica l'articolo in formato .pdf Torna dalla Russia dopo 75 anni la piastrina dell’alpino Aurelio Le vite spezzate fanno male, malissimo. Ma le vite che si sciolgono nella Storia senza lasciare traccia tolgono il sonno alle famiglie, ai discendenti. Creano un buco nel petto, un vuoto nel Dna, “congelati” nella tomba di ghiaccio di quella tragedia lacerante che fu la ritirata dalla Russia (26mila morti, 43mila feriti e 63mila dispersi). Dopo 75 anni, però, almeno un cerchio, doloroso eppure tanto eroico, si chiude: lui si chiamava Aurelio. Aurelio Mangiavacca, nato il primo aprile 1920 a Castellarquato. Era partito nel 1942 per la Russia con l’ottavo reggimento Alpini della Divisione Julia, “dissanguatasi” dal dicembre 1942 al gennaio 1943 al tristemente famoso quadrivio di Selenyj Yar. Con lui, il fratello di otto anni più grande: Giuseppe era nato non in un giorno qualunque, ma a Natale, nel 1912. I due fratelli non torneranno mai più in Valdarda, inghiottiti in uno dei tanti buchi neri che la Storia, crudele, apre ai suoi figli. E non sarà più “Natale”. Aurelio? Disperso dal 21 gennaio 1943. Giuseppe? Venne catturato dall’Armata Rossa, e morì il 4 luglio 1943 nel campo di Tiomnikov. Undici coraggiosi dell’associazione “Sulle orme della storia” hanno però voluto ripercorrere a piedi il tragitto della divisione tridentina dalfiume Don a Nikolajevka, combattendo fiducia e rassegnazione: qui, nelgennaio scorso, hanno incontrato un giovane russo, Sergej. Sarà lui a ridare memoria alla famiglia Mangiavacca, 75 anni dopo: «Ci ha consegnato gratuitamente la piastrina di Aurelio», ricorda ancora commosso Danilo Dolcini. «Non ha voluto nulla in cambio, contento se fossiamo riusciti a riconsegnare quel piccolo oggetto così tanto importante per la famiglia che lo aspettava a casa». Domenica 4 novembre quella piastrina sarà consegnata ai familiari di Aurelio, alle 10.15, nel centro culturale in piazza della Vittoria a Vernasca, dove Aurelio aveva vissuto dal 1923 al 1932. «Ho custodito a nome di tutti la piastrina in un mio cassetto come una reliquia», conclude Dolcini. «La consegneremo nelle mani della nipote Marisa, figlia di Giuseppe. Quella signora Marisa che il primo giorno in cui ci siamo sentiti al telefono mi disse “E del mio papà non avete trovato nulla?”». La storia continua. Non si dà pace. Non può darsi pace. Elisa Malacalza scarica l'articolo in formato .pdf “Da Caporetto alla Vittoria”: la guerra in 80 tavole a colori Chi l’ha detto che la Grande Guerra la si può raccontare solo con immagini d’epoca sbiadite o solo attraverso i libri di storia? I ragazzi delle ultime classi delle scuole medie che abitano nel comune di Alta Val Tidone hanno uno strumento in più. Si tratta del libro illustrato “Da Caporetto alla Vittoria”, che in 80 tavole a colori ripercorre la tragedia della Prima Guerra Mondiale con un linguaggio, quello del fumetto, che forse più si avvicina alla loro sensibilità di adolescenti. Il regalo è frutto di un’iniziativa che l’amministrazione ha promosso tramite gli alpini in occasione del Centenario della Grande Guerra e i primi destinatari sono stati gli alunni delle terze medie di Nibbiano. «A breve consegneremo una copia dello stesso volume anche ai vostri compagni che frequentano le medie a Pianello» ha promesso l’assessore alla cultura di Alta Val Tidone Giovanni Dotti. Prima della consegna del libro (che presenta a fumetti la storia di Michele, alpino della classe 1898 al fronte nel 1917/18) c’è stato il tempo di ripercorrere per immagini la sequenza dei fatti che portarono al primo conflitto che cento anni fa insanguinò l’Europa e il mondo. «Un conflitto in cui persero la vita anche tanti ragazzi di queste zone - ha ricordato ancora Dotti - in cui noi oggi abitiamo ed i cui nomi sono ricordati su diverse lapidi disseminate nel territorio di Alta Val Tidone». Insieme a Carlo Venezini (Centro Studi Ana) i ragazzi di Nibbiano hanno quindi ripercorso le tappe e le cause che portarono al conflitto, prima di ricevere una copia del libro realizzato dall’astigiano Luigi Piccatto, disegnatore di tantissime storie di Dylan Dog. Le ottanta tavole a colori ripercorrono la Grande Guerra attraverso la storia di Michele, un giovane alpino che a 17 anni si ritrova sul fronte. «Grazie a questa storia - ha detto il vicepresidente della sezione piacentina Pierluigi Forlini - vorremmo che capiste quali sofferenze gli italiani patirono in quegli anni. Speriamo che tutti gli altri comuni aderiscano ». Alla mattinata in classe hanno partecipato anche gli alpini di Pianello e Pecorara che spesso collaborano e sostengono le scuole locali. Mariangela Milani scarica l'articolo in formato .pdf La stecca passa agli alpini piacentini che nel 2019 organizzeranno il raduno Quasi quattrocento alpini piacentini con i labari dei 45 gruppi locali hanno sfilato ieri a Mariano Comense dove si è tenuto il raduno del Secondo raggruppamento che comprende tutte le penne nere dell’Emilia Romagna e della Lombardia. Con loro il sindaco di Piacenza Patrizia Barbieri che, accompagnata dall’assessore Filiberto Putzu, ha ricevuto la “stecca”: un simbolico passaggio del testimone, visto che il prossimo anno sarà Piacenza ad ospitare la manifestazione. «È un onore promuovere e organizzare questa importante manifestazione per il prossimo anno - ha detto la Barbieri -. Sono certa che questo impegno sarà condiviso con i tanti alpini che con le nostre istituzioni hanno un ruolo sempre attivo e partecipativo». A Mariano ieri si stima che abbiano sfilato tra i 9mila e i 10mila alpini. Ma a Piacenza nel 2019 potrebbero arrivarne ancora di più. Questo, almeno, è l’auspicio di Roberto Lupi, presidente della sezione piacentina delle penne nere. «La nostra città è in una posizione più facilmente raggiungibile, a metà strada tra l’Emilia Romagna e la Lombardia - spiega Lupi - e per questo pensiamo che le presenze al raduno potranno essere ancora maggiori. Senza contare che per ciascuno alpino spesso ci sono altre persone che lo accompagnano. Penso che per Piacenza potrà essere un grande evento». Il momento più emozionante della giornata quello alla fine della giornata con la consegna della “stecca”. «Il sindaco Barbieri e io l’abbiamo ricevuta dal presidente della sezione di Como Enrico Gaffuri e al sindaco di Mariano Comense Giovanni Marchisio - racconta Lupi - alla presenza delle massime autorità della nostra associazione e al generale di divisione Ornello Baron, vicecomandante delle truppe alpine » Prima del passaggio della “stecca”, un lungo corteo tra gli applausi di due ali di folla ha sfilato per le strade della borgata, con i gonfaloni, i labari e i gagliardetti delle penne nere (presente anche il gonfalone di Piacenza). Il corteo ha chiuso la manifestazione davanti al monumento dei Caduti, con lo striscione “Arrivederci a Piacenza”, un ideale passaggio di testimone in vista della manifestazione del 2019. Presente tutto il direttivo degli alpini piacentini. Oltre a Lupi c’erano, tra gli altri, Bruno Plucani, storico presidente che non ha voluto mancare al raduno, Roberto Migli, Gino Acerbi e tanti altri appartenenti al Corpo che al proprio interno trova uno straordinario senso di appartenenza. scarica l'articolo in formato .pdf A Farini si sistema il monumento ai caduti danneggiato dall’alluvione E’ in corso a Farini un restyling del monumento dedicato ai caduti di tutte le guerre. Alto quasi quattro metri e posto in piazza Marconi, necessitava di un intervento di sistemazione in quanto i segni del tempo cominciavano a farsi evidenti soprattutto in conseguenza dell’alluvione di tre anni fa. La statua che raffigura un alpino posta in cima alla grande lapide su cui sono incisi i nomi dei caduti di Farini durante la prima e la seconda guerra mondiale e durante la lotta di liberazione sarà pulita da un team di penne nere capitanato da Gaetano Sturla, capogruppo di Farini. «Ci aiuteranno anche i membri del gruppo alpini di Groppallo» ha spiegato Sturla. «Finalmente abbiamo cominciato a lavorare per ridare lustro a un simbolo importante del paese e della Valnure, rimasto gravemente danneggiato dall’alluvione ». I danni sono ancora visibili soprattutto alla base dove una cornice formata da sassi del fiume si stava disfacendo nell’aiuola. «Ora stiamo sostituendo le pietre rovinate con quelle nuove - continua l’alpino - stiamo tagliando i sassi per adattarli alla cornice. Un lavoro duro e faticoso, ma che facciamo volentieri ». Ovviamente il piano di ripulitura e ristrutturazione del monumento non si limita alla base. «Dovremo rifare la ringhiera, tagliare l’erba, potare l’edera e pulire bene la lapide con i quasi duecento nomi di caduti » spiega il capogruppo. «Siamo pochi volontari e non so quanto impiegheremo a finire la ristrutturazione anche perché dipende dalle condizioni meteo. Sono sicuro, però, che faremo un buon lavoro. Stiamo ridando splendore a un monumento che ricorda i nostri caduti». Luigi Destri scarica l'articolo in formato .pdf Argellati è andato “avanti” dopo una vita di foto e passioni Sono stati celebrati ieri, nella chiesa di Vigolo Marchese, i funerali del cavalier Giorgio Argellati, alpino 72enne che ha anche ricoperto l’incarico di capogruppo a Carpaneto dal 2013 al 2015. «Era una persona sempre disponibile», ricorda Gianni Zanrei, sindaco a Carpaneto negli anni in cui Argellati era capogruppo degli alpini locali. «Giorgio ha sempre mantenuto un forte legame con Carpaneto. Ogni domenica, appena poteva, veniva al mercato e ci si incontrava. Come amministrazione abbiamo sempre collaborato con gli alpini. Si era impegnato davvero a fondo nella riqualificazione del campetto sportivo di via Primo Maggio, che si trovava da diversi anni in stato di abbandono. Con l’aiuto degli alpini è tornato a disposizione dei cittadini. Giorgio era una persona della quale, quindi, non potremo che avere sempre un ricordo positivo». Argellati però aveva anche un’altra grande passione, la fotografia. Per questo motivo era iscritto e faceva parte del direttivo del circolo fotografico di Carpaneto “Immagine Zero”. «Giorgio era un validissimo collaboratore del circolo », spiega il presidente Franco Ertiani. «Ed era un abile fotografo. Era spesso presente e chiunque avesse bisogno di un aiuto poteva far conto sul suo aiuto, in modo particolare offriva i suoi consigli ai nuovi iscritti. Ha partecipato, vincendo spesso, a diverse mostre e concorsi interni di fotografia che durate l’anno organizziamo. Portava le testimonianze dei suoi viaggi attraverso le immagini scattate e raccontava le sue esperienze. L’ultimo viaggio che ci ha proposto è stato quello fatto a Gerusalemme. Era appassionato, essendo un alpino, di viaggi ed escursioni in montagna». Giorgio Argellati verrà ricordato ancora l’11 novembre, in occasione della commemorazione di tutti i caduti, durante la celebrazione della messa che sarà celebrata dal parroco don Giancarlo Biolzi. _Flu scarica l'articolo in formato .pdf Don Massimo: «Chiedo perdono, voglio bene agli alpini, sono stato un ingenuo» Abituato a iniziare la lezione in Università al suono della campanella, e a non far troppo caso agli studenti in ritardo che si siedono poi tranquillamente ai banchi, il parroco di Sarmato, don Massimo Musso, ha iniziato domenica la messa poco dopo l’orario previsto senza pensare che il corteo, con tanto di labari, gonfaloni e Penne nere da tutta la provincia, sarebbe rimasto fuori dalla chiesa di Santa Maria Assunta. «Ma si è trattato unicamente di una ingenuità, credevo sarebbero entrati tutti comunque. Anzi, avevamo fatto preparare le preghiere, i pensieri... Qualcuno, poi, ha chiuso il portone della chiesa, è vero, ma per consentire a chi era seduto, soprattutto ai più anziani, di ascoltare la messa. Non c’era alcuna intenzione di lasciare fuori gli alpini, o di “bacchettare” altri per il ritardo», spiega mortificato il sacerdote. Che aggiunge: «Mi sento di chiedere perdono a tutti. Mi è dispiaciuto davvero tanto. Ho sbagliato, è vero, avrei potuto aspettare l’arrivo del corteo. Voglio molto bene agli alpini, sul serio non pensavo che il corteo restasse escluso dalla celebrazione. Quando ho capito che nessuno sarebbe entrato mi è dispiaciuto tanto e mi sono subito sentito in colpa. Chiedo scusa». Sul fatto che don Massimo stia per lasciare la parrocchia, il sacerdote spiega solo: «Al momento non vi è nulla di ufficiale, posso dire che ci tengo ad avere un buon rapporto con la comunità sarmatese, e che se dovesse concretizzarsi il trasferimento non sarà affatto perché non mi sono trovato bene qui, ma unicamente perché mi concentrerò di più sull’insegnamento». Le 6 borse di studio Domenica sono state anche consegnate sei borse di studio in memoria di Franco Cavalli, Albino Losi e Ettore Poggi, tre “bambini” generosi, poi diventati alpini benemeriti, che avrebbero voluto studiare di più e invece c’era da lavorare e rimboccarsi le maniche per la famiglia. Ad essere premiati sono stati gli alunni meritevoli delle scuole secondarie di primo grado (medie) Aurora Bozzoni, Valeria Cademartiri, Tobia Garilli, Wassim Jarnane, Luca Salinelli e Tommaso Zaccarotti. Uno sguardo dunque al futuro, al raduno delle Penne nere a Sarmato, ma anche al passato: il corteo, accompagnato dal gruppo bandistico “Orione” di Borgonovo, ha infatti deposto in piazza Roma una corona al monumento ai caduti e letto, uno ad uno, i nomi dei caduti e dei dispersi in guerra. Altra tappa particolarmente commossa e sentita è stata quella alla casa per anziani dedicata al cappellano don Bruno Negri. Oltre ai discorsi istituzionali, non sono poi mancati i momenti di “goliardia” alpina, sapientemente conditi da castagne, pisarei, picula ‘d caval e - novità gustosa - pietanze “medioevali”. Il tutto al ritmo inconfondibile della fisarmonica di Alberto Kalle. La due giorni è stata organizzata dal gruppo alpini di Sarmato con la Famiglia Alpina Sarmatese. Patrocinio dell’Anspi San Giovanni Bosco e del Comune di Sarmato. scarica l'articolo in formato .pdf Sarmato: il corteo degli alpini ritarda e resta fuori dalla chiesa L’ammassamento delle Penne nere, poi l’orgogliosa sfilata con il gruppo bandistico di Borgonovo, l’alzabandiera, e la lettura commossa di tutti i nomi dei caduti in guerra. Così, alla messa delle 10.30 nella chiesa di Santa Maria Assunta a Samato le istituzioni, gli alpini e i tanti in corteo sono arrivati in ritardo. «Di sette-otto minuti», dicono alcuni. «Di almeno un quarto d’ora», giurano altri. Fatto sta che don Massimo Musso ha iniziato la celebrazione senza gli alpini: dall’interno della chiesa si sentiva la banda suonare all’esterno, all’arrivo dei tanti alpini, ma nulla. Inopportuno a quel punto entrare, considerato il fatto che l’accesso dalle porte piccole laterali di così tante persone avrebbe creato scompiglio alla messa. Un attimo di disorientamento, e la decisione del corteo di procedere oltre, senza la celebrazione solenne. Il programma è andato avanti senza “benedizione”, con la consegna delle borse di studio e i discorsi ufficiali (Libertà ne darà resoconto nei prossimi giorni), prima dell’assalto alla picula ‘d caval e ai pisarei. Un po’ di amaro in bocca, al di là delle delizie culinarie, è rimasto ai presenti: rimasti fuori da chiesa, il gonfalone e tutti i labari di associazioni e gruppi alpini, ma anche lo stesso sindaco di Sarmato, Anna Tanzi, la quale ha poi cercato di rimediare all’eucaristia persa in mattinata andando alla messa del tardo pomeriggio. «Quando siamo arrivati davanti alla chiesa, con il corteo, il Alcuni alpini presenti ieri a Sarmato in occasione del raduno del gruppo; a destra, don Massimo Musso in una foto di repertorio portone principale era chiuso», ha sottolineato il sindaco Tanzi, interpellata da Libertà dopo alcune segnalazioni di cittadini arrivate in redazione. «Il corteo era partecipato, numeroso. Abbiamo voluto soffermarci sui nomi dei 55 caduti della prima e della seconda guerra mondiale. Abbiamo tardato...». Sesto Marazzi, degli Alpini di Sarmato, organizzatori dell’iniziativa, minimizza: «Non è successo nulla, non abbiamo potuto partecipare alla messa ma l’iniziativa è andata molto bene». Ieri, impossibile raggiungere don Massimo al telefono, rimasto staccato, per un suo commento. «A messa ha detto che purtroppo non sarà più a Sarmato, a partire da novembre», hanno detto alcuni parrocchiani. Elisa Malacalza scarica l'articolo in formato .pdf Alpini e castagne accoppiata vincente per questo week-end Caldarroste e alpini tornano ad andare a braccetto questo weekend a Sarmato: oggi e domani, il gruppo Alpini sarmatese chiama a raccolta tutte le Penne Nere piacentine in occasione del raduno di gruppo, con la tradizionale castagnata e la consegna delle borse di studio ai ragazzi del paese. Il programma Si parte già questa sera alla sede degli Alpini con la prima serata di divertimento: dalle 19 apriranno gli stand gastronomici (tra cui pisarei e fasò, picula ad cavàl) con specialità stagionali ed anche l’opzione “pietanze medievali” per assaggiare piatti in linea con quanto si mangiava alcuni secoli fa; dalle 20.30, invece spazio al divertimento sotto al portico degli alpini (al chiuso) con l’orchestra Beppe Maccagni. L’appuntamento con il raduno di gruppo vero e proprio sarà però domani, quando il paese si riempirà di Penne Nere. Dopo il ritrovo alle 9 alla sede del gruppo, si partirà con la sfilata per le vie del paese preceduti dal gruppo bandistico “Orione” di Borgonovo. Si farà tappa alla casa per anziani dedicata al cappellano don Bruno Negri per una breve sosta commemorativa per poi procedere, in piazza Roma, all’alzabandiera e alla deposizione della corona d’alloro al monumento dei caduti: lì , come da tradizione introdotta da qualche anno, saranno letti i nomi dei caduti e dei dispersi nella prima guerra mondiale. Alle ore 10.30 nella chiesa di Santa Maria Assunta, il parroco don Massimo Musso celebrerà la Messa con l’alpino don Federico Tagliaferri e l’alpino diacono Emidio Boledi. Al termine, dopo gli interventi delle autorità, si potrà mangiare insieme agli stand gastronomici. Nel pomeriggio, si ballerà il liscio dalle 15.30 alle 17.30 in compagnia di Alberto Kalle che si esibirà anche alle ore 20. Borse di studio Domani alle 11.30, alla sede alpini, si riconferma l’appuntamento delle borse di studio che da molti anni gli alpini offrono ai ragazzi più meritevoli del paese e usciti dalle scuole medie con il punteggio più alto. Quest’anno saranno ben sei: Aurora Bozzoni, Valeria Cademartiri, Tobia Garilli, Wassim Jarnane, Luca Salinelli e Tommaso Zaccarotti. La consegna del riconoscimento in denaro avverrà in memoria degli alpini benemeriti Franco Cavalli, Albino Losi ed Ettore Poggi. «Furono loro ad accorgersi del valore dello studio per le giovani generazioni, proprio loro che non avevano potuto studiare ma erano stati costretti a lavorare già in giovane età» spiega il capogruppo Sesto Marazzi. «Da lì venne l’idea delle borse di studio, finora sempre legate all’alpino Cavalli e, da quest’anno, estese alla memoria anche di Losi e Poggi». Una della attrazioni principali della “due giorni” delle Penne Nere sarà naturalmente la castagnata, con tante caldarroste cotte sulla graticola dagli alpini stessi: si potranno assaggiare stasera dalle 17 alle 23 e domani per tutto il giorno dalle 9 alle 23. Il raduno, organizzato dal gruppo alpini di Sarmato con la Famiglia Alpina Sarmatese ha il patrocinio dell’Anspi San Giovanni Bosco e del Comune di Sarmato. Cristian Brusamonti scarica l'articolo in formato .pdf San Giorgio: monumento ai caduti restaurato dagli alpini In occasione della festa del patrono di San Giorgio e per onorare la ricorrenza del centenario della Grande Guerra, gli alpini del gruppo locale hanno restaurato il monumento all’esterno della chiesa in ricordo ai caduti della parrocchia nella guerra 1915-1918 in cui è scolpito Gesù Sacro Cuore e su cui si innalza un angelo. Hanno lavorato in particolare gli alpini Luigi Chiapperini, Luigi Caminati, Graziano Franchi e l’amico Sergio Murelli, ristrutturando la parte in muratura e della lapide ai piedi del monumento in cui sono stati resi nuovamente visibili i nomi dei caduti. Le penne nere hanno anche donato una somma di denaro al parroco don Claudio Carbeni, frutto delle iniziative alpine, per la scuola dell’infanzia “Chiapperini”. _NP scarica l'articolo in formato .pdf Addio a Dante Sabatico, uno dei padri del volontariato a Ziano «Con il cuore di Dante ha smesso di battere anche un pezzo del cuore di Ziano». Chi ha avuto la fortuna di conoscere Dante Sabatico, riconosciuto in paese chiamano uno dei “padri” del volontariato locale, ieri alla notizia della sua improvvisa scomparsa ha forse sentito morire anche una piccola parte di sé. La parte più generosa, quella sempre pronta a dire “sì” non importa se per animare con la propria voce una messa o una manifestazione o per donare spe- Addio a Dante Sabatico, uno dei padri del volontariato a Ziano ranza a un malato tramite la donazione del proprio sangue, oppure ancora per rifocillare i ragazzi del centro estivo durante le loro vacanze fuori porta. Dante Sabatico, 72 enne postino in pensione, era tutto questo e molto altro. Storico presidente della locale sezione Avis, che 35 anni fa (era il 1983) aveva fondato e di cui ha retto il timone in qualità di presidente per un trentennio, non si è però limitato al solo impegno a favore della donazione di sangue. «È stato amico e ha collaborato con praticamente tutte le associazioni e le realtà del paese – dicono gli amici – non c’era festa o evento dove in qualche modo non lo si trovasse a dare una mano ». All’interno dell’Avis è rimasto in carica in qualità di presidente per trent’anni. «Nel 2013 – dice Andrea Badenchini – ha ceduto a me il testimone, ma è comunque rimasto nel consiglio direttivo e ha assunto la funzione di tesoriere». Trentacinque anni di impegno a favore della donazione di sangue, ma non solo. Era socio sostenitore del gruppo alpini di Ziano. «Ci teneva molto a dire che era amico degli alpini» ricordano gli amici. Grazie alla sua voce profonda era entrato a far parte del coro Ana Valtidone e anche del Gruppo Polifonico Padano di Pieve Porto Morone. Appassionato di cucina, di frequente lo si vedeva all’opera dietro ai fornelli in occasione di feste, pranzi e manifestazioni organizzate in paese. Collaborava anche con la parrocchia e in estate si prestava a cucinare per i ragazzi del centro estivo Piccoli al Centro, soprattutto in caso di gite fuori porta. «Domenica scorsa – raccontano gli amici – aveva dato una mano a cucinare la trippa durante un pranzo nel salone parrocchiale». Partecipava spesso agli eventi degli alpini. Era una persona votata al volontariato e al contatto con la gente. I funerali si terranno oggi alle 15 nella chiesa parrocchiale di Ziano. Lascia la mamma Antonietta e la sorella Luciana. scarica l'articolo in formato .pdf I valori degli alpini venerdì in un musical al teatro di Roveleto L’alpino come eroe di umanità. Al teatro del centro parrocchiale di Roveleto di Cadeo, la sezione Ana Piacenza in collaborazione con la Famiglia Piasinteina portano in scena, venerdì alle 21, un musical celebrativo del centesimo anniversario dalla fine della Grande Guerra. «Uno spettacolo - spiega Fausto Frontini, principale organizzatore - che pur parlando di guerra vuole essere un inno alla pace, perché gli alpini pur essendo stati dei valorosi strenui difensori della Patria per cui sono entrati nella leggenda, sono un mito anche in tempo di pace. Gli alpini sono seminatori di pace e di futuro, perché senza pace non c’è futuro». L’appuntamento culturale «intenso sul piano emotivo, interpretativo e artistico grazie alla straordinaria forza evocativa e comunicativa delle immagini» è sostenuto dal Comune di Cadeo. Intitolato “Storia d’amore e di poesia di un giovane alpino”, lo spettacolo musicale, ideato e scritto da Maurizio Russo e Corrado Castellari, racconta dell’incontro e dell’innamoramento tra Antonio, che dovrà partire per il fronte arruolato tra le penne nere, e Nina, una fanciulla che lavora come sarta in una bottega. Una storia d’amore, di attesa nella distanza, di legame oltre il tempo e lo spazio, tra chi cerca di sopravvivere in mezzo alla guerra. «E’ uno spettacolo moderno, con una ritmica coinvolgente adatto a tutte le età, veramente bello. Ha una valenza intergenerazionale e pedagogica scevra da qualsiasi riferimento retorico. Se è facile eccedere e cadere nella retorica quando ci sono queste manifestazioni celebrative, noi - prosegue Frontini, da ufficiale degli alpini - siamo concreti e attraverso questo musical sottolineiamo il valore della dignità dell’uomo, della persona, del lavoro, del senso di responsabilità, il valore della vita. Gli alpini insegnano che gli uomini non sono coloro che vantano solo dei diritti ma incarnano un profondo senso del dovere, e sono capaci di disponibilità gratuita nei confronti del prossimo». Sul palco, gli interpreti sono Sabrina Pasolini ed Alain Scaglia e i ballerini sono Elena Rocca e Claudio Caprioli. I cori sono dell’ensemble polifonico “Regina Anglonensis” di Tursi (Matera) diretto dal maestro Francesco Muscolino._VP scarica l'articolo in formato .pdf I borgonovesi e la Grande Guerra,vent’anni di ricerche per restituire voce ai combattenti In un auditorium strapieno lo studioso e appassionato di storia Carlo Magistrali ha presentato venerdì scorso il suo libro “1915 - 1918 La Grande Guerra dei Borgonovesi”. Il 37enne alpino, ha sintetizzato in questo volume, che fa parte della collana diretta da Filippo Lombardi “Piacenza in Grigioverde 1915 - 1918”, quasi vent’anni di studi e ricerche. «Il tutto è iniziato 19 anni fa quando un bel giorno osservando due ritratti dei miei prozii caduti, Ciro e Vittorio Pinotti, ho desiderato saperne di più - ha esordito Magistrali - All’inizio non è stato facile; internet era agli arbori e non si trovava praticamente nulla sull’argomento. Addirittura una delle associazioni che oggi è tra le capofila in queste ricerche riteneva che fosse molto difficile ottenere simili informazioni, ma devo ringraziare l’Associazione Nazionale Alpini perché mi ha aperto la strada con indicazioni precise. Quando ho visto che la cosa era possibile allora ho deciso di allargare la ricerca a tutti i caduti di Borgonovo ». Entrando nello specifico del libro, viene spiegato come è avvenuta la ricerca storica e le fonti consultate e vengono sottolineate tutte le difficoltà e gli interrogativi ancora presenti come quale sia il numero esatto dei caduti. «Per esempio nel volume c’è un elenco di circa 190 nomi di caduti, ma sicuramente su alcuni ci sono ancora molte incertezze - ha proseguito l’autore - Per quelli invece, di cui fortunatamente si hanno numerose informazioni, vengono elencati in ordine cronologico gli eventi che li hanno coinvolti dando le indicazioni anche sul reparto, il mestiere e la famiglia». Il libro di Magistrali è un ritratto storico- sociale di Borgonovo al tempo della Grande Guerra. «Alcune ricerche si sono concentrate soprattutto sulla lettura dei giornali dell’epoca in particolare Libertà e il Giovine Italiano - ha continuato il giovane alpino - Devo dire che ci sono state tante sorprese su quella che era la vita del paese e dei suoi eventi comuni. Situazioni e avvenimenti che comunque risentivano degli eventi bellici in corso». «Una pagina l’ho ovviamente dedicata al mio bisnonno Gaetano che è ritratto sulla copertina del libro e che probabilmente è il borgonovese più decorato sul campo. Sono sempre stato legato alle sue vicende, tramandate da mio nonno, e in particolare mi piace sempre riflettere sul fatto che se non fosse tornato a casa, io oggi non sarei qui». Durante la serata sono stati letti stralci del libro e sono intervenuti, tra gli altri il sindaco Pietro Mazzocchi, Filippo Lombardi, Guido Guasconi e Fausto Chiesa. _Luigi Destri scarica l'articolo in formato .pdf Borgonovo, rimessa a nuovo l’area verde accanto alle scuole Gli alpini di Borgonovo e alcuni volontari del paese hanno rimesso a nuovo l’area verde a lato delle scuole, vicino al campetto da basket e alla scala antincendio. E’ un’area che spesso era stata presa di mira da vandali per bravate e incursioni e la polizia locale ne ha approfittato per posizionare avvisi che intimano il divieto di accesso a quanti non sono autorizzati. Alpini e volontari hanno ripulito l’area e sistemato il verde, rimettendo in sesto anche la recinzione che ne delimita il perimetro. Un gesto gratuito che l’amministrazione ricambia con un “grazie” indirizzato a tutte le persone che si sono impegnate in questo piccolo ma significativo intervento. Gli agenti della polizia locale hanno disposto un’intensificazione dei controlli. «Questo – dice il comandante Riccardo Marchesi - al fine di prevenire e perseguire eventuali episodi di danneggiamento o ingresso improprio da parte di persone non aventi diritto o di minorenni»._MM scarica l'articolo in formato .pdf Iniziative benefiche a Bruso: 2mila euro agli Amici dell’hospice Gli alpini di Borgonovo non smettono di rimboccarsi le maniche per il territorio e soprattutto per chi ha più bisogno. L’ultimo raduno del gruppo guidato da Pierluigi Forlini è stato l’occasione per le penne nere borgonovesi di consegnare un contributo di 2 mila euro agli Amici dell’hospice. L’associazione di volontari coordinati dalla presidente Monica Patelli, che sostiene la casa per le cure palliative di Borgonovo, utilizzerà i fondi per i lavori di ampliamento della struttura protetta di via Pianello. La somma è stata raccolta durante una delle tante iniziative organizzate a Bruso, dove le penne nere borgonovesi hanno la loro sede. «Siamo presenti sul territorio, attivi più che mai e Bruso che resta la nostra sede » ha detto il capogruppo Forlini. Il riferimento era alla conclusione del contenzioso apertosi con le Belle Arti relativamente alla struttura fissa che era stata allestita per le manifestazioni all’aperto sul retro della chiesa di Bruso. «Il compromesso trovato - spiega Forlini – è stato di smontare la struttura precedente. Al suo posto usiamo un gazebo che montiamo e smontiamo all’occorrenza ». Questo consente agli alpini di continuare ad organizzare oppure ospitare manifestazioni benefiche come quella che domani, venerdì , si terrà sempre a Bruso per ricordare Danila Carella. Il 6 ottobre verrà invece organizzata un pizzata benefica per raccogliere fondi che serviranno per la ristrutturazione del tetto della Collegiata di Borgonovo. Nel frattempo la festa dello scorso fine settimana ha dato modo al paese valtidonese di stringersi attorno alle sue penne nere che hanno sfilato lungo le vie del paese vestito a festa in loro onore. Tra i vari momenti che hanno scandito la giornata c’è stato il saluto ufficiale di fronte al monumento ai caduti, dove il sindaco Pietro Mazzocchi ha portato i saluti di tutta la comunità mentre il consigliere Luigi Mercori ha testimoniato la vicinanza al gruppo borgonovese di tutta la sezione piacentina delle penne nere. _MM scarica l'articolo in formato .pdf Due Bandiere, incuria sul ponte: ci pensano gli alpini L’unico ponte “strallato” della Valtrebbia è stato risanato e tirato a lucido. Nulla a che vedere con le polemiche sulle condizioni dei ponti piacentini dopo il crollo del ponte Morandi di Genova, bensì tanta buona volontà di chi – come il gruppo alpini di Perino – non ci sta a vedere il paese nell’incuria e si tira su le maniche in prima persona. Le Penne Nere, in questi giorni, hanno risanato la passerella ciclopedonale sul torrente Perino, che collega la frazione di Coli a Due Bandiere: con generosi “mani” di impregnante per il legno, hanno rimesso a nuovo le balaustre miacciate da vento, pioggia e neve. I lavori sono iniziati nei giorni scorsi quando il gruppo degli alpini di Perino, guidati dal capogruppo Luciano Mazzari, si è presentato sul ponte pedonale con pennelli e secchi di sostanza impregnante, utile a proteggere il legno con il quale è stato realizzato il ponte. È infatti dal 2014, anno in cui la passerella venne inaugurata, che nessuno si prende cura delle sue condizioni. Il ponte – dalla caratteristica forma di semiellisse sostenuta da tiranti, realizzato da Anas e costato all’epoca 730mila euro – ha iniziato a mostrare i primi segni d’invecchiamento, con il progressivo deterioriamento della balaustra in legno. Ma la cosa non è sfuggita agli alpini di Perino che non sono stati con le mani in mano e hanno così chiesto alle amministrazioni dei due comuni sul quale sorge “a metà” la passerella – Coli e Travo – il sostegno per dare avvio ai lavori, offrendo la loro manodopera senza chiedere nulla in cambio. E il Comune di Travo ha subito risposto, mettendo a bilancio oltre un migliaio di euro per fornire alle Penne Nere tutta l’attrezzatura necessaria per portare a termine il lavoro. Proprio nel corso dei lavori, l’amministrazione comunale – con il sindaco Lodovico Albasi e l’assessore ai lavori pubblici Luigi Mazzocchi – ha effettuato un rapido sopralluogo per complimentarsi con i volontari. In poco tempo, la passerella è tornata come nuova, pronta ad affrontare un nuovo inverno. E intanto le Penne Nere di Perino invitano tutti alla 18esima edizione della Castagnata Alpina benefica che si terrà a Perino il 6 e il 7 ottobre: tra i fornitissimi stand gastronomici e la musica folkloristica, parte del del ricavato finirà in beneficenza. _CB scarica l'articolo in formato .pdf Terremoto in Friuli, il cuore grande degli alpini per la ricostruzione Il gruppo alpini di Vigolzone, nei suoi 50 anni di attività, ha vissuto esperienze di solidarietà e volontariato, piccole e grandi. Due tra quelle che più hanno segnato la storia del gruppo e dei suoi alpini sono state in Russia e in Friuli. In Russia gli alpini vigolzonesi, con quelli piacentini e italiani, hanno lavorato per costruire un asilo infantile a Rossosch, là dove c’era il comando del Corpo d’armata durante la seconda guerra mondiale. In Friuli, le penne nere di Vigolzone sono andate nel 1976 a seguito del devastante terremoto che colpì la zona. Esperienze che hanno unito le penne nere di diverse province e che sabato si sono ritrovate a Vigolzone per una rimpatriata nella giornata del 50esimo anniversario di fondazione del gruppo guidato da Gaetano Morosoli. Così erano presenti i rappresentanti del gruppo friulano di Majano e dei gruppi lombardi di Abbiategrasso, Limbiate e Pregnana Milani ed alcuni “civili” che, ragazzi, avevano fatto amicizia con gli alpini impegnati nei turni di lavoro nei cantieri predisposti dall’Ana. Commosso per questo Morosoli che nel 1976 ha lavorato insieme a Luigi Ballerini, Bruno Barani, Carlo Fumi, Giovanni Mazzetto, Alessandro Pittino, Giulio Provesi, Angelo Rossetti, Maurizio Veneziani, Graziano Zoccolan, Ernesto Rossi nel cantiere di Osoppo. Per quattro anni, nei periodi di ferie, questi volontari sono tornati in Friuli a dare man forte alla ricostruzione. E ricordano bene che su un prefabbricato in quei territori, nel giorno della sua inaugurazione, avevano scritto: “Vorumas bein, cal custa nient”. E così sono sempre andati avanti. Per tutti loro una pergamena di riconoscenza ed amicizia. «Teniamo duro», ha detto Morosoli durante la cerimonia in chiesa. «Gli alpini hanno vissuto la comunità vigolzonese qualche volta in silenzio, ma sempre lavorando per un obiettivo comune, sostenere chi ha bisogno – ha osservato il sindaco Francesco Rolleri -. Il 1976 è stato un anno drammatico per gli italiani e gli alpini vigolzonesi e piacentini sono accorsi per sostenere le popolazioni in difficoltà. Per noi giovani di allora ha rappresentato un esempio molto importante, che ha guidato le giovani generazioni». «In 50 anni - gli hanno fatto eco il piacentino Roberto Migli dell’Ana nazionale e il presidente sezionale Roberto Lupi – il gruppo ha dato tutto se stesso, ha costruito una sede, il monumento a Nikolajewka, è partito senza pretendere nulla in cambio per il Friuli. Questo va raccontato ai giovani». _Nadia Plucani scarica l'articolo in formato .pdf Con le penne nere sfilano cinquant’anni di storia dell’Italia È una storia che inizia nel 1968 quella del gruppo alpini di Vigolzone, la cui trama si intreccia con la vita della comunità locale, ma anche con quella delle popolazioni colpite dal terremoto del Friuli, delle famiglie di Rossosch, in Russia, e più in generale di tutti coloro che hanno avuto bisogno di solidarietà. Le penne nere di Vigolzone, come è nello spirito e nei valori alpini, non hanno mai rifiutato il loro aiuto e la loro amicizia. Così si sono incamminati verso la Russia per costruire insieme agli alpini italiani un asilo per i bambini ricordando il dramma vissuto dagli alpini a Nikolajewka, ed ancora verso il Friuli nel 1976, appena il terremoto ha scosso e devastato la regione, per partecipare alla ricostruzione. Una tappa che ha segnato la storia degli alpini vigolzone e l’hanno voluta ricordare proprio ieri nel giorno della celebrazione del 50esimo anniversario di fondazione con una rimpatriata con le penne nere piacentine e del nord Italia che si sono avvicendate nei cantieri accanto alla popolazione. Gagliardetti e vessilli A loro un attestato di gratitudine e di ricordo. Tanti i gagliardetti dei gruppi alpini e i vessilli delle sezioni Ana he si sono contati durante il pomeriggio di festa tra cui quello di Gavardo (Brescia) gemellato con Vigolzone. L’omaggio ai caduti nella battaglia di Nikolajewka e la sfilata tra le vie del paese imbandierate, accompagnata dalla fanfara sezionale, hanno reso solenne l’evento, salutato con benevolenza dai vigolzonesi che conoscono l’impegno degli alpini. In grande ordine hanno partecipato alla messa, celebrata dal cappellano sezionale don Stefano Garilli e dal parroco don Piero Lezoli, animata dai canti alpini del coro Ana Valnure. Un augurio dai due sacerdoti, rifacendosi alle parole del Vangelo, quello «che il gruppo alpini di Vigolzone continui la sua attività per tanti anni, con la freschezza propria dei bambini, capaci di amare nelle piccole cose di ogni giorno». Tante emozioni Commosso il capogruppo di Vigolzone, Gaetano Morosoli, nel suo saluto seguito alla celebrazione, e mentre scorrevano le immagini che hanno segnato i 50 anni di vita del gruppo alpini di Vigolzone (inserite nel volume a ricordo dell’anniversario curato da Renato Passerini, Oreste Grana e Paolo Provesi), si sono avvicendate sull’altare le autorità, il sindaco Francesco Rolleri, il presidente sezionale Roberto Lupi, il presidente del collegio nazionale dei revisori dei conti Ana, Roberto Migli che ha portato il saluto del presidente nazionale Sebastiano Favero. Infine, per non tradire il motto alpino “Onorare i morti aiutando i vivi”, il gruppo di Vigolzone ha consegnato un contributo in denaro alla Fondazione Telethon, nelle mani del coordinatore provinciale Italo Bertuzzi, destinato alla ricerca per le malattie genetiche. Ancora tutti i corteo, doverosa una grata preghiera a tutti i caduti al monumento alla scuola dell’infanzia “Orfani di Guerra”. Nadia Plucani scarica l'articolo in formato .pdf Il gruppo alpini di Vigolzone festeggia il mezzo secolo Gli alpini di Vigolzone oggi festeggiano solennemente il 50esimo anniversario di fondazione del gruppo. Un pomeriggio in cui protagoniste saranno le penne nere ed aperto a tutti coloro che vorranno essere presenti. Alle 16 il ritrovo in piazza Serena dove si svolgerà la cerimonia dell’alzabandiera e da cui si partirà per la sfilata alpina tra le vie del paese. La fanfara sezionale aprirà il corteo che terminerà nella chiesa parrocchiale dove, alle 17, sarà celebrata la messa, animata dai canti del coro Ana Valnure di Bettola. Presiederanno il cappellano alpino e parroco di Ferriere, don Stefano Garilli, e il parroco di Vigolzone, don Piero Lezoli. Terminata la messa, la parola sarà data alle autorità i cui interventi saranno intervallati dai canti del coro Ana Valnure. Il gruppo di Vigolzone consegnerà infine attestati di riconoscenza agli amici alpini volontari del nord Italia che nel 1976 hanno lavorato fianco a fianco con gli alpini vigolzonesi e piacentini nelle prime ore dopo il terremoto in Friuli e alla successiva ricostruzione. La cerimonia si chiuderà con la consegna di una somma di denaro a Telethon per la ricerca sulle malattie genetiche e con la deposizione di una corona di alloro al monumento ai caduti alla scuola dell’infanzia “Orfani di Guerra”. Nell’occasione, le penne nere di Vigolzone hanno voluto rendere immortali i primi cinquant’anni della loro storia con un volume curato da Renato Passerini, Oreste Grana e Paolo Provesi. Fresco di stampa, contiene il saluto del sindaco Francesco Rolleri, del presidente Ana sezionale, Roberto Lupi, del capogruppo Gaetano Morosoli, documenti e immagini delle tappe vissute dal gruppo. Sarà consegnato ai rappresentanti dei gruppi alpini. _NP scarica l'articolo in formato .pdf In un libro 20 anni di studi sui borgonovesi e la Grande Guerra Venerdì alle 21 in auditorium si presenta il libro “1915 - 1918. La Grande Guerra dei Borgonovesi”, a cura di Carlo Magistrali. Il 37enne, alpino ricercatore e appassionato di storia, ha sintetizzato in questo volume, che fa parte della collana diretta da Filippo Lombardi “Piacenza in Grigioverde 1915 - 1918”, quasi 20 anni di studi e ricerche. Partito con l’intenzione di recuperare notizie su due suoi avi caduti durante la Grande Guerra, Ciro e Vittorio Pinotti, Magistrali ha poi esteso il suo raggio di interesse a tutti i caduti borgonovesi e ai decorati che si distinsero (almeno quelli di cui si ha notizia). «In un capitolo – dice Magistrali - sono illustrati le fonti utilizzate, i problemi che ho incontrato nel reperire notizie certe, i risultati raggiunti e l’elenco dei caduti. Per ognuno ho indicato le fonti consultate. C’è anche l’elenco di tutti i decorati borgonovesi al valore, con le relative motivazioni». Tra di loro c’è un avo di Magistrali, il bisnonno Gaetano Pinotti decorato con medaglia d’argento e bronzo che fu caporalmaggiore del 101° reggimento fanteria brigata Piacenza e la cui foto compare in copertina. Il libro è anche una fonte di notizie relative al contesto storico-sociale di Borgonovo al tempo della Grande Guerra ed è arricchito da articoli di cronaca locale pubblicati dal 1915 al 1918 dalle due testate dell’epoca: Il Giovine Italiano e Libertà. «Gli articoli riportati integralmente – dice l’autore - concorrono a comporre un variegato affresco della vita quotidiana del paese». Ci sono anche notizie sui comitati che sorsero in quegli anni e alle iniziative messe in campo a Borgonovo, ad esempio per raccogliere fondi a favore dei figli dei combattenti e per sostenere lo sforzo bellico. Ci sono notizie sulle due bande musicali, la Don Orione e quella del reparto 25° fanteria della brigata Bergamo di stanza a Borgonovo. Gruppi di quest’ultima, tra l’altro, si sfidavano a partite di calcio. Venerdì interverranno anche Lombardi e Fausto Chiesa. L’evento è organizzato dal Comune in collaborazione con gli alpini e la collana Piacenza in Grigio Verde._MM scarica l'articolo in formato .pdf Alla Besurica gli alpini ai fornelli per grandi e piccini Un coltello affilato per tagliare il salume, una pentola d’olio bollente per immergere il gnocco fritto, una griglia calda per i würstel, qualche scorta di birra, tanta musica e - soprattutto - un folto gruppo di nonni, nonne, alpini e bambini. Sono gli ingredienti che ieri pomeriggio hanno animato il centro diurno per anziani alla Besurica, un servizio comunale gestito da Unicoop. Le penne nere, in particolare Piero Bosini, Davide Bollati e Giorgio Braghè, hanno raggiunto la struttura per la terza età, creando un clima di festa nella piazzetta del centro civico in via Perfetti, addobbata con festoni colorati e tovaglie a quadri bianchi e rossi. Presenti una cinquantina di anziani, provenienti sia dalla Besurica che dal centro diurno e dalla casa di riposo sul Pubblico Passeggio. Ha partecipato anche una classe della scuola materna del quartiere. «Mentre a Monaco si tiene l’Oktoberfest, da tre anni organizziamo il “Septemberfest” alla Besurica - spiega l’animatrice sociale Isabella Bernazzani -. L’aiuto degli alpini è fondamentale: anche durante l’autunno ci fanno visita con castagne a volontà ». Sulle note del karaoke di Daniele Trinciabelli, alcuni anziani si sono sgranchiti le gambe con balli lisci e danze di vario tipo, in mezzo ai ventagli svolazzanti per difendersi dalle temperature ancora estive. «Il senso di questa festa è di interagire con i residenti del quartiere e far divertire i nonni - motiva la coordinatrice Daniela Sartori -, contribuendo al loro benessere e dando la possibilità di evadere dalla quotidianità». _Thomas Trenchi scarica l'articolo in formato .pdf Il gruppo Alpini di Vigolzone al giro di boa del mezzo secolo Il gruppo Alpini di Vigolzone compie 50 anni. Si tratta di mezzo secolo speso dagli iscritti in attività di carattere sociale promuovendo lo spirito del Corpo degli Alpini, i suoi valori, e vivendo ogni giorno nella comunità locale. Sabato 22 settembre il sodalizio festeggerà l’importante anniversario con un pomeriggio dedicato a commemorare i soci defunti, guardando al passato per continuare a costruire anche in futuro qualcosa di buono, come è stato fatto finora. Sin dalla sua nascita nel 1968 a oggi il gruppo ha sempre rivolto il suo impegno alla solidarietà. Sono noti, per esempio, gli interventi delle penne nere vigolzonesi in terra di Russia, dove hanno costruito un asilo, e in Friuli nella fase della ricostruzione dopo il terremoto del 1976. Il 50esimo anniversario offrirà l’occasione per ritrovarsi con i volontari (emiliano-romagnoli in particolare) che hanno lavorato nel cantiere di Osoppo, in provincia di Udine, dopo il sisma del ‘76, assieme agli alpini piacentini e vigolzonesi, tra cui l’attuale capogruppo Gaetano Morosoli. «Con loro – afferma Morosoli – si è instaurato un rapporto di fiducia, amicizia e solidarietà ». Il programma di sabato 22 settembre prevede il ritrovo alle 16 in piazza Serena dove si terrà anche l’alzabandiera. In sfilata, aperta dalla fanfara Ana sezionale, gli alpini seguiti da tutti coloro che vorranno partecipare, si recheranno nella chiesa parrocchiale dove il cappellano don Stefano Garilli e il parroco don Piero Lezoli alle 17 celebreranno la messa animata dai canti del coro Ana Valnure. Al termine gli interventi delle autorità e la consegna di attestati di riconoscenza. Per proseguire nel solco della solidarietà gli alpini di Vigolzone consegneranno un contributo a Telethon. A chiudere la cerimonia sarà la deposizione di una corona di alloro al monumento ai caduti presso la scuola dell’infanzia “Orfani di guerra”._NP scarica l'articolo in formato .pdf Gli alpini premiano don Mauro «Grazie per gli anni insieme» Sabato scorso, durante la ‘Sagra di Moi’ di Mezzano, il gruppo alpini di Castelvetro ha consegnato una targa al parroco don Mauro Manica, per ringraziarlo per gli anni trascorsi in paese. Infatti, il sacerdote sta per lasciare il paese per un nuovo incarico a Fidenza, domenica è in programma la sua ultima messa coronata con una festa al termine della celebrazione a San Giuliano. Intanto però le penne nere locali gli hanno preparato questa bella sorpresa, alla presenza di numerosi cittadini, del sindaco Luca Quintavalla e del vice Pier Luigi Fontana. Don Mauro si è anche commosso e ha ringraziato gli alpini per l’inaspettata iniziativa che hanno organizzato nei suoi confronti. La festa ha previsto anche una “Biciclettata in amicizia” alla quale hanno partecipato circa 200 persone e al termine è avvenuta la premiazione dei partecipanti con l’estrazione di una lotteria organizzata da Gianni Villa, che in paese gestisce un’officina per la riparazione di cicli e motocicli. Anche questo evento è stato organizzato da alpini, Pro loco e Comune. Un bell’esempio di sinergia fra realtà associative e amministrazione comunale. Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Festa Granda in aiuto all’alpino missionario Durante la 67esima Festa Granda, conclusasi domenica scorsa, l’associazione Ana Piacenza ha donato un contributo di mille euro alla Casa Missione salesiana di Tuxla, nella regione del Chiapas, in Messico, dove operano le suore salesiane Figlie di Maria Ausilatrice insieme al missionario laico carpanetese Giorgio Catoni. «È una tradizione della nostra sezione - ha spiegato il presidente degli alpini di Piacenza Roberto Lupi -. Questo contributo viene elargito a ricordo del capitano Arturo Govoni, uno dei fondatori e primo presidente della sezione Ana Piacenza, rimasto presidente per 60 anni, dal 1922 al 1982, e per questo soprannominato “il presidentissimo”. Questo gesto concreto alla sua memoria ha un secondo obiettivo, cioè lasciare una donazione concordata con gli organizzatori della Festa Granda, anche in segno di riconoscenza. Normalmente ci facciamo pervenire una proposta del gruppo locale degli alpini e, insieme a loro, decidiamo a chi donare. Per l’anno 2018 abbiamo quindi scelto il meritevole missionario laico Giorgio Catoni che, è giusto ricordarlo, è anche un alpino». Sul palco allestito per la Festa, Lupi ha consegnato la busta con la donazione nelle mani di Gianna Fraschi, collaboratrice della Casa Missione, che ha ritirato il contributo per conto di Catoni, essendo il missionario in Messico. Il servizio nel Chiapas dura ormai da quasi 30 anni e tutta la comunità carpanetese è molto legata a questo suo generoso figlio. Ogni volta che torna nel suo paese è sempre accolto con benevolenza. E oltre agli alpini, vi sono anche altre associazioni o privati che, appena possono. aiutano la sua missione. Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Orgoglio alpino: più di 3mila penne nere alla Festa Granda La 67esima Festa Granda di ieri verrà archiviata come una delle più riuscite degli ultimi anni. Baciata dal clima favorevole la festa ha richiamato a Carpaneto più di tremila persone, tra alpini ed amici. Un numero consistente che è stato gestito al meglio sotto i diversi aspetti, quello della sicurezza e quello dell’accoglienza. La giornata è cominciata alle 9 con l’alzabandiera eseguita dall’alpino Germano Rivioli, accompagnato dall’Inno Nazionale suonato dalla Fanfara Sezionale diretta dal maestro Edo Mazzoni. Dopo la deposizione di una corona d’alloro per onorare i caduti, questa è stata benedetta dal parroco di Carpaneto don Giuseppe Frazzani. Presso la sede degli alpini sono avvenuti l’ammassamento e la composizione del corteo che ha sfilato per le vie del centro fino a raggiungere la centrale piazza XX Settembre. Erano presenti tantissime autorità, civili e militari, i Comuni hanno portato i loro gonfaloni e i vari gruppi alpini hanno sfilato con le loro bandiere e gli striscioni con riportate frasi significative dei valori dell’associazione come “L’onore degli alpini è fatto di opere e non di chiacchere, ricordiamolo”, “Alpini, tutto è stato dato e nulla è stato chiesto”, oppure “Siamo come siamo e va bene così”. Gli alpini sono amati da tutti, ed eloquenti sono stati i numerosi applausi che hanno segnato il loro passaggio lungo il tragitto prestabilito. Gli abitanti, nonostante il capogruppo Aldo Rigolli con gli alpini di Carpaneto, abbiano esposto più di 600 bandiere tricolori, hanno voluto arricchire le facciate delle proprie case con ulteriori tricolori. Lo speaker nazionale Nicola Sergio Stefani, con il cerimoniere sezionale Gianluca Gazzola, hanno scandito ogni momento della cerimonia. «Grazie a tutti gli intervenuti – ha salutato il capogruppo Aldo Rigolli – abbiamo a Carpaneto alpini arrivati da dieci regioni d’Italia. Dopo mesi di duro impegno oggi abbiamo la soddisfazione di vedere tantissime persone che hanno voluto passare questa giornata con noi. Portiamo con orgoglio il nostro cappello». Il sindaco Andrea Arfani ha sottolineato il messaggio che la Festa Granda porta: «Queste manifestazioni rinsaldano i valori che dobbiamo salvaguardare per le future generazioni. Dobbiamo andare fieri della nostra identità». Nel suo intervento, il presidente provinciale degli alpini, Roberto Lupi ha ricordato come la Festa è certamente il momento di maggior visibilità per gli alpini ma «il lavoro svolto dai vari gruppi è durante tutto l’anno, ogni volta che qualcuno ha bisogno di un aiuto, gli alpini ci sono». La messa è stata celebrata all’aperto, sulla piazza, dal vicario generale monsignor Luigi Chiesa, insieme al parroco don Frazzani, don Giancarlo Plessi e al cappellano sezionale don Stefano Garilli. Dopo il rancio alpino e il carosello delle Fanfare, quella Sezionale e quella Valtellinese e l’esibizione della banda musicale di Issime, l’ammainabandiera ha decretato la fine dell’edizione 2018. Un malore ha colpito nel pomeriggio un visitatore, trasportato dall’ambulanza della Pubblica Assistenza di Fiorenzuola all’ospedale di Piacenza. E la “Stecca” ora va a Cortemaggiore «Un grande onore, adesso tutti al lavoro» L’organizzazione della Festa Granda 2019 è stata assegnata al gruppo alpini di Cortemaggiore. La “Stecca”, il celebre simbolo alpino che viene custodito dal gruppo organizzatore della Festa, è passata dal le mani del capogruppo di Carpaneto Aldo Rigolli a quelle di Fabio Devoti, capogruppo di Cortemaggiore, alla presenza dei due sindaci Andrea Arfani e Gabriele Girometta. «Essere capogruppo non è facile, ma non vale niente se alle tue spalle non hai il gruppo di amici – ha esordito così Devoti, appena ricevuta la stecca – Quando abbiamo proposto la nostra candidatura per organizzare la Festa Granda 2019, anno del nostro 50esimo di fondazione, ho avuto una grande emozione nel ricevere un appoggio immediato ed incondizionato di tantissime persone che si sono rese disponibili ad aiutarci. Oggi abbiamo sfilato con lo striscione che recava la scritta “Arrivederci a Cortemaggiore il 6,7 e 8 settembre 2019”, ma già da oggi comincerà il percorso in salita. Un cammino che però non ci preoccupa, perché siamo sicuri di poter contare non solo sui volontari presenti ma anche su tutti gli alpini che non ci sono più ma che, ne sono certo, ci aiuteranno non lasciandoci soli. Grazie a tutti coloro che credono negli alpini». Anche il sindaco di Cortemaggiore, Gabriele Girometta, ha voluto portare il suo augurio dichiarando: «Ringrazio pubblicamente il mio gruppo alpini che ha voluto fortemente portare la stecca a Cortemaggiore, il nostro compito sarà quello di portare avanti queste bellissime tradizioni. Proprio questa mattina ho ascoltato diverse parole, ma due in particolare riassumono il vero spirito alpino, dei veri italiani e del Tricolore, le ha pronunciate don Giuseppe al monumento dei Caduti. Queste parole sono “sacrificio” e “dedizione” che ci devono sempre accompagnare. Ognuno di noi, sindaci, alpini, cittadini e forze dell’ordine, dovremo consegnare ai nostri figli una società basata proprio su questi valori, sacrificio e dedizione. Arrivederci a Cortemaggiore». «I giovani tornino a servire la Patria, ne hanno bisogno» Tra i numerosi ed illustri ospiti della Festa Granda 2018 ha spiccato certamente il vicepresidente dell’associazione nazionale alpini, Lorenzo Cordiglia. «Porto qui a Carpaneto il saluto del presidente nazionale Sebastiano Favero e di tutto il Consiglio Direttivo che ho l’onore di rappresentare » ha esordito Cordiglia nel suo discorso ufficiale. «Abbiamo iniziato la cerimonia con l’alzabandiera e l’onore ai caduti, momento sempre emozionante. Ho notato che sul vostro monumento c’è la scritta “Morti perché la Patria viva”: mi auguro, aggiungerei, che questi ragazzi non siano morti invano per la vita della Patria. A tal proposito, noto che tanti nostri giovani non sono stati formati civilmente come lo siamo stati noi. Vorrei che capissero maggiormente questi valori ed è per questo che l’Associazione Nazionale Alpini propone per loro, una volta maggiorenni, un periodo di tempo obbligatorio al servizio della Patria. Se questo debba essere di tipo militare o no, lo si potrà decidere in seguito. Ma vorremmo che i ragazzi, che in ogni loro manifestazione rivendicano sempre più spesso dei diritti, si rendano conto che prima di rivendicare diritti hanno anche dei doveri. E il primo dovere lo devono compiere nei confronti della loro Patria. Questo migliorerebbe certamente la loro educazione civica, scomparsa dalle materie scolastiche ». Cordiglia sottolinea poi il ruolo degli alpini nella società di oggi. «Il prossimo anno l’Ana compirà i cento anni di vita e vorrei ricordare un nostro motto che dice “Onorare i morti aiutando i vivi”» aggiunge. «Noi vogliamo sempre onorare chi non c’è più, dedicandoci agli altri, ogni volta che c’è qualche calamità. Lo stiamo facendo nelle zone del centro Italia, colpita dal terremoto, e lo facciamo ricordando proprio quest’anno il 75esimo anniversario della ritirata di Russia nella Seconda Guerra Mondiale, andando proprio laggiù ad inaugurare un ponte che abbiamo ricostruito, sostituendo il vecchio ormai ammalorato, percorso dai nostri soldati al ritorno dalla guerra. Già 25 anni fa costruimmo un asilo, sempre nei medesimi territori, sulle rovine del caseggiato che all’epoca aveva costituito la sede del nostro corpo d’armata. Il senso di essere oggi alpino è proprio questo, ricordare chi è morto aiutando chi ha bisogno». Il vicepresidente ha quindi voluto ringraziare personalmente il capogruppo di Carpaneto Aldo Rigolli e le sue Penne Nere «per la bellissima cerimonia, organizzata con impegno e bravura». Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Con l’“invasione” degli alpini premi ai ragazzi e un cippo per i caduti La giornata di ieri della Festa Granda è stata quella dedicata alle inaugurazioni e alle premiazioni. Le autorità e gli organizzatori si sono radunati nel cortile del palazzo municipale per premiare i ragazzi di terza media dell’Istituto comprensivo di Carpaneto che hanno partecipato al concorso “Italo Savi”, compianto alpino carpanetese al quale, per volere della famiglia, è stato istituito un concorso per i ragazzi di terza media, quest’anno a tema “Il milite non più ignoto”. Alla presenza del dirigente scolastico Monica Ferri e dei familiari di Italo Savi, la moglie Angela con i figli Daniela e Roberto ed i nipoti, sono stati premiati cinque ragazzi: Monica Ziliani, Federico Lodigiani, Lorenzo Erpetti, Matteo Mariani e Pietro Gambazzi. Daniela Savi ha ringraziato gli organizzatori che sostengono il progetto che da nove anni regala grandi emozioni e ricorda i valori di amicizia e di solidarietà tanto cari al Corpo degli Alpini. I ragazzi premiati hanno spiegato i lavori fatti, ognuno ha interpretato a suo modo il concorso, chi ha raccontato le gesta di un lontano parente, chi invece si è immedesimato in un alpino al fronte ed ha scritto il diario di guerra. Sicuramente è stato un concorso utile e formativo per la crescita degli 80 ragazzi che hanno aderito. Dopo la premiazione del concorso Savi gli organizzatori hanno voluto premiare tre vetrine tra le tante allestite dai commercianti locali. È risultata vincitrice la fiorista Cristina Schiavi del negozio “il Pistillo”, al secondo posto “Accessori ed Emozioni” di Sara Saltarelli e terza classificata la lavanderia “Oceano blu” di Maura Subacchi. E’ poi stata inaugurata la mostra di vecchie foto di alpini con cimeli storici risalenti alla Grande Guerra. Terminate le premiazioni e dopo aver ascoltato alcuni brani intonati dalla Fanfara sezionale diretta dal maestro Edo Mazzoni, tutti gli ospiti si sono ritrovati nella sala Bot, all’interno del municipio per il saluto istituzionale delle autorità. Numerosi gli ospiti illustri presenti in sala, a fianco del sindaco di Carpaneto Andrea Arfani e del capogruppo degli alpini locali Aldo Rigolli, c’era il vicepresidente nazionale degli alpini Lorenzo Cordiglia, il presidente del collegio revisori dei conti nazionale Roberto Migli, il generale e segretario nazionale Maurizio Plasso, il presidente della sezione Abruzzi Pietro Dalfonso e lo speaker delle adunate nazionali Ana, Nicola Sergio Stefani. Al termine dei saluti si è formato un corteo che ha portato tutti nel viale delle Rimembranze ad inaugurare un cippo alla memoria dei caduti. Roberto Lupi, presidente provinciale degli alpini, ha ricordato il motto “Ricordiamo i morti per aiutare i vivi” ed ha fatto i complimenti al gruppo di Carpaneto per aver rinnovato le 160 rose bianche posizionate sulle stele del viale che riportano i nomi dei caduti. Dopo il saluto del sindaco Arfani che ha ricordato come questi momenti onorano chi si è sacrificato per la libertà, il cippo è stato scoperto e benedetto dal cappellano sezionale don Stefano Garilli. Il suono del silenzio intonato dalla tromba della Fanfara ha decretato il termine delle celebrazioni. Dopo la cena nello stand alpino, la serata è proseguita con il concerto “Veglia Verde” dell’orchestra di Matteo Bensi.
Cori, musica e poesie degli studenti: applausi nella piazza gremita L’inaugurazione della 67esima Festa Granda è avvenuta venerdì sera, in una gremita piazza XX settembre, con l’esibizione del coro Ana Valtidone diretto dal maestro Donato Capuano, del coro Ana Valnure e della Fanfara sezionale di Pontedellolio diretti dal maestro Edo Mazzoni. La serata è stata presentata, non senza commozione, dal giornalista Alberto Brenni, fratello del compianto Giuseppe Brenni, a lungo capogruppo degli alpini di Carpaneto. I cori hanno intonato diverse canzoni alpine spezzate da alcuni brani, letti dallo stesso Brenni, sul tema della Grande Guerra, uno in particolare è stato composto dalla studentessa Laura Bianchi, della terza media di Gragnano, che ha dedicato una poesia al Caduto Giuseppe Fortunati e che fa parte di una serie di scritti creati dai ragazzi delle terze medie che hanno partecipato al concorso nazionale “Milite non più ignoto” bandito dall’Ana Nazionale. Al termine della serata hanno salutato i numerosi intervenuti il presidente della sezione di Piacenza dell’Associazione Nazionale Alpini Roberto Lupi, il capogruppo di Carpaneto Aldo Rigolli e il sindaco Andrea Arfani che hanno omaggiato con un gagliardetto commemorativo della Festa Granda i rappresentanti dei cori e della Fanfara, Tarcisio Bassi, Armando MarIlieri e Piergiorgio Carrara.
Oggi l’alzabandiera e la grande sfilata. Al pomeriggio carosello delle fanfare Il programma della giornata conclusiva della 67esima Festa Granda prevede questa mattina, alle ore 9, l’alzabandiera con gli onori ai caduti presso il monumento a loro dedicato. Successivamente è previsto l’ammassamento in Largo degli alpini per poi iniziare la sfilata ufficiale delle autorità civili e militari con tutti i gruppi provinciali e le sezioni provenienti da altre province e regioni accompagnate dalle Fanfare della sezione valtellinese, quella sezionale di Piacenza e dalla banda musicale “La Lira” di Issime in provincia di Aosta. Alle ore 11,15 sono previste le allocuzioni delle autorità e il passaggio della “Stecca” dal capogruppo di Carpaneto Aldo Rigolli al capogruppo di Cortemaggiore Fabio Devoti che organizzerà la Festa Granda del settembre 2019. Dopo la messa celebrata nella chiesa parrocchiale in piazza XX Settembre, alle ore 13 il rancio alpino sarà il momento conviviale nel quale le amicizie tra i vari gruppi si rinsaldano e si possono scambiare idee ed opinioni sulla vita dell’associazione. Alle ore 15 è in programma il carosello delle Fanfare che intratterrà gli ospiti fino alle ore 16, orario stabilito per l’ammainabandiera che dichiarerà chiusa l’edizione 2018. Dal presidente provinciale Roberto Lupi, agli altri capigruppo alpini, sono arrivate solo belle parole e complimenti per l’impeccabile organizzazione e formidabile accoglienza che il gruppo di Carpaneto è riuscito ad offrire in questa edizione che sicuramente verrà ricordata come una delle più riuscite degli ultimi anni. Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf «La Festa Granda rinsalda amicizia e spirito di corpo» Oggi entra nel vivo la 67esima Festa Granda degli alpini. Ieri sera il Coro e la Fanfara sezionale hanno inaugurato i tre giorni di eventi con un concerto molto applaudito. «Uno sforzo notevole è stato fatto dal gruppo di Carpaneto per organizzare al meglio la festa - ha dichiarato il presidente provinciale degli alpini, Roberto Lupi - per questo mi sento di fare i miei più sentiti complimenti. Il capogruppo Aldo Rigolli e tutti gli alpini di Carpaneto, con l’aiuto della sezione di Piacenza, hanno lavorato da mesi per arrivare a questo risultato che, come prevediamo, porterà più di duemila persone nel paese. Negli ultimi anni, è giusto ricordare, con le nuove normative sulla sicurezza, organizzare questi eventi è sempre più complicato. Saranno giornata bellissime, una Festa Granda che per noi alpini è sempre un momento molto importante della vita associativa anche se, durante tutto l’anno, siamo sempre in attività con i vari gruppi. Occasione che va a rinsaldare lo spirito di corpo, l’amicizia tra gli alpini, per rinsaldare i nostri valori e soprattutto per ricordare i Caduti. In queste occasioni si rivedono anche tanti amici che arrivano da fuori provincia». Oggi pomeriggio alle ore 16 e 30 si svolgeranno le premiazioni del concorso in memoria dell’alpino Italo Savi e dei negozianti che hanno allestito le loro vetrine a tema. Alle ore 17 gli alpini verranno ricevuti dalle autorità e, dopo l’inaugurazione delle mostre fotografiche e di reperti storici, alle 18,30 partirà una sfilata che percorrerà il viale delle Rimembranze per arrivare ad inaugurare il cippo commemorativo. Alle ore 20 è prevista la cena allo stand alpino e a seguire il concerto con l’orchestra di Matteo Bensi offerto dal gruppo alpini di Carpaneto. «Questa Festa Granda, cosi come quella del 2019 di Cortemaggiore - conclude Roberto Lupi - sarà una esperienza importante che ci porterà nel mese di ottobre 2019 ad ospitare a Piacenza il grande raduno del Secondo Raggruppamento del Nord Italia, che comprende le regioni di Emilia-Romagna e Lombardia. Un evento che porterà nella nostra città oltre 20mila persone nell’anno del centenario di fondazione della nostra associazione ». A Carpaneto la Festa arriverà al momento culminante nella giornata di domani, domanica, quando dopo l’alzabandiera delle ore 9 e l’ammassamento in largo degli alpini, partirà alle ore 10,15 la sfilata con la Fanfara Sezione di Piacenza e quella Valtellinese accompagnate dalla banda musicale “La Lira” di Issime. Alle 11,15 ci saranno i discorsi ufficiali e, successivamente, il passaggio della stecca al gruppo di Cortemaggiore. Dopo la messa delle ore 11,30, verrà somministrato il rancio alpino presso lo stand preparato appositamente. Alle 15 il carosello di Fanfare intratterrà gli intervenuti fino alle ore 16, orario dell’ammainabandiera che chiuderà la 67esima Festa Granda 2018. Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Carpaneto, monumento e viale di rose per l’apertura della Festa Granda Appena conclusa la festa della Coppa, purtroppo condizionata dal maltempo che ha penalizzato diversi eventi, il gruppo alpini di Carpaneto, guidato dal capogruppo Aldo Rigolli, ha già organizzato tutto per accogliere al meglio i numerosi visitatori che arriveranno per la 67esima Festa Granda provinciale. Questa sera alle ore 21,30 ci sarà una rappresentazione sulla Grande Guerra con Coro e Fanfara Sezionale in piazza XX Settembre. «Per il nostro gruppo Alpini, giunto a 160 iscritti, è scattata l’ora X - dice Aldo Rigolli -. La Festa Granda è ai nastri di partenza e tutti gli alpini del Gruppo sono attivi per adempiere agli ultimi preparativi. Con loro anche qualche decina di amici degli alpini prontissimi ad offrire il loro contributo. Nei giorni scorsi abbiamo collocato un cippo in viale delle Rimembranze, al termine della lunga fila di stele, subito dopo quella che ricorda il Milite Ignoto. Sul cippo verrà collocata una targa per ricordare tutti i caduti della Grande Guerra, con una cerimonia specifica, sabato (domani per chi legge, ndr) alle ore 18,30. Il Gruppo, inoltre, grazie ad una sottoscrizione di amici e benemeriti abitanti di Carpaneto, nata spontaneamente, ha potuto sostituire tutti i fiori fissati su ogni stele, ormai in cattivo stato, con rose bianche che faranno da corona alla sfilata che sabato verso le 18, partendo dal municipio, arriverà fino al piazzale del cimitero per l’inaugurazione del cippo e la deposizione di una corona d’alloro». La Festa Granda, con il paese imbandierato da circa 600 bandiere e qualche chilometro di nastro tricolore e addobbi vari, è pronto ad accogliere i numerosissimi alpini e amici che, secondo le previsioni, dovrebbero arrivare da tutta l’Italia del Nord e non solo. Ha confermato la presenza la delegazione della Sezione Abruzzi. Una nota positiva e molto apprezzata l’ha fornita il poeta dialettale Piergiorgio Barbieri, carpanetese che, per l’occasione, ha scritto una poesia dedicata alla Festa Granda che gli alpini del Gruppo conserveranno gelosamente incorniciata nella loro sede di viale Patrioti. La Festa si articolerà secondo il programma definito da tempo e durante i tre giorni della manifestazione saranno in funzione il chiosco gastronomico del Gruppo Alpini di Carpaneto, capace di ospitare 800 persone al coperto, e quello della Pro loco che collaborerà mantenendo aperto il proprio. Oltre a questi, anche alcuni ristoranti della zona hanno dato la propria disponibilità a preparare il cosiddetto “rancio alpino” a prezzi contenuti. Il capogruppo Aldo Rigolli, unitamente a tutti i componenti del Gruppo, lancia un appello: «Invito tutti gli abitanti di Carpaneto e comuni limitrofi a partecipare alla manifestazione perché il territorio possa beneficiare della presenza di tante persone. Occasione offerta da questo importante evento organizzato dal Gruppo Alpini che ne sosterrà anche quasi per intero le notevoli spese». Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Carpaneto, al via la Festa Granda «Entusiasti di accogliere gli alpini» La 67esima Festa Granda provinciale organizzata dal gruppo alpini di Carpaneto in collaborazione con il Comune, ormai è alle porte. Domani sera verrà inaugurata con una rappresentazione sulla Grande Guerra, con il Coro e la Fanfara sezionale. L’evento sarà in piazza XX Settembre con inizio alle ore 21 e vedrà la presenza del giornalista Alberto Brenni che leggerà alcuni brani a tema. Il giorno seguente, sabato, la Festa inizierà alle ore 16,30 con due premiazioni. Quella del concorso delle vetrine dei commercianti e quella del concorso intitolato alla memoria dell’alpino Italo Savi. La famiglia donerà una borsa di studio agli studenti vincitori, scelti da una giuria competente, che avranno interpretato al meglio il tema del nono concorso, edizione 2018, che è “Il milite non più ignoto”: un’indicazione per stimolare i ragazzi a fare ricerche sugli alpini scomparsi e a ricostruirne la loro storia. Alle ore 17 verranno ricevute le autorità in municipio; alle 18,30 verrà inaugurata la mostra fotografica e di reperti storici; alle 18,30 una sfilata alpina arriverà nel viale delle Rimembranze, dove verrà inaugurato il cippo in memoria dei caduti della Prima Guerra Mondiale. Dopo la cena alle ore 20, allo stand predisposto dal gruppo alpini carpanetesi, si potrà assistere al concerto “Veglia Verde” dell’orchestra di Matteo Bensi in piazza XX Settembre. Questo evento sarà offerto dagli alpini e quindi completamente gratuito. Domenica sarà la giornata culminante della Festa Granda. L’alzabandiera è previsto alle ore 9 con gli onori ai caduti presso il monumento. Alle 9,30 l’ammassamento degli intervenuti in Largo degli Alpini e, alle 10,15 inizierà la sfilata con la Fanfara della sezione di Piacenza e quella Valtellinese accompagnate dalla banda musicale “La Lira” di Issime (Aosta). Finito il corteo, alle 11,15 inizieranno le allocuzioni delle autorità e, durante questo momento, ci sarà anche il passaggio della “Stecca” al gruppo alpini che organizzerà la Festa Granda 2019, quello di Cortemaggiore. Alle 11,30 è prevista una messa celebrata dal vescovo Gianni Ambrosio. Dopo il rancio alpino delle ore 13, alle 15 le fanfare faranno un carosello e alle 16 l’ammainabandiera chiuderà la Festa Granda 2018. «La nostra comunità è entusiasta di poter accogliere questo evento - ha dichiarato il sindaco di Carpaneto, Andrea Arfani -. Una manifestazione che richiama migliaia di persone è sempre un privilegio e anche un onore poterla ospitare. Il coinvolgimento di tutte le realtà locali è totale, sono sicuro che la collaborazione di tutti non mancherà e riusciremo ad aiutare gli alpini nell’organizzare al meglio questa importante Festa Granda». Gli alpini hanno reso noto che durante le giornate della manifestazione sarà sempre in funzione lo stand gastronomico che si affaccia su piazza XX Settembre, teatro di tutti gli eventi. Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Il monumento ai caduti restituito al paese ripulito e risanato grazie al gruppo Alpini Quanto si sono messi a ripulirlo, lo hanno fatto in puro stile “alpino”: senza troppo clamore e rimboccandosi le maniche con passione. Ora le Penne Nere di Travo, in occasione del raduno di gruppo di ieri, hanno consegnato alla cittadinanza il “nuovo” monumento ai caduti di piazza Trento: in un paio di settimane lo hanno ripulito dalla patina di decenni di vita per riportarlo a come era al momento della sua inaugurazione. E in piazza è spuntata così una foto in bianco e nero - datata 1960 ma probabilmente precedente - con il gruppo dell’Associazione Combattenti e Reduci proprio davanti al monumento, in una Travo d’altri tempi difficilmente riconoscibile. E proprio sulla datazione dell’immagine, a margine, delle celebrazioni, si è acceso un simpatico e vivace dibattito. Il recupero, come spiega il capogruppo Marco Girometta, è iniziato il 16 agosto ed ha comportato una ripulitura generale del monumento, a partire dalla statua del fante (ora finalmente candida) per arrivare al risanamento murario di alcune parti e alla riscrittura dei nomi dei caduti sulle lapidi, che si erano ormai scoloriti. Il lavoro di restauro - effettuato con l’impresa edile Gazzola - è stato finanziato dall’Associazione Caduti e Dispersi in Guerra, che già contribuì al recupero del monumento a Pigazzano. Proprio ieri si è svolta la consegna simbolica del contributo dall’associazione al gruppo alpini locale. E in futuro si pensa alla sostituzione e al rifacimento completo di tutte le lapidi dei caduti. La giornata è iniziata con la sfilata degli Alpini per le vie del paese con la banda “Vignola” di Agazzano e la messa celebrata da don Giampiero Esopi e don Costantino Dadda. E nel gruppo, assieme al sindaco, al presidente sezionale Ana Roberto Lupi e al consigliere nazionale Roberto Migli, non è mancato neanche quest’anno il reduce Bruno Anguissola: 104 anni di tenacia e orgoglio alpino. scarica l'articolo in formato .pdf Il col. Schuster: a Piacenza degna sepoltura, rimarranno qui «Solo chi sarà cercato dai propri discendenti sarà riportato a casa. Gli altri resteranno qui a Piacenza, dove hanno trovato una degna sepoltura». Il colonnello Friedrich Schuster è il presidente della Croce Nera dell’Alta Austria, l’associazione che, in collaborazione con il ministero della Difesa di Vienna, si occupa dei soldati caduti in guerra. Ieri pomeriggio era al cimitero urbano di Piacenza per un primo sopralluogo informale alla cappella che custodisce le spoglie mortali di 66 soldati dell’esercito austro-ungarico, morti a causa della spagnola tra il 1917 e il 1919 nel campo di prigionia di Gossolengo. Cento anni dopo gli austriaci sono tornati per onorare i loro Caduti . E per riportarli a casa, se qualche discendente lo vorrà. «Ma è difficile oggi trovare dei parenti - spiega il colonnello Schuster -. Se non li cercherà nessuno rimarranno dove sono, come abbiamo fatto in altri cimiteri italiani, a maggior ragione se hanno un’ultima dimora così degna come qui a Piacenza». E’ la prima volta che Schuster arriva a Piacenza e, sembra quasi impossibile, ma è la prima volta che gli austriaci prendono conoscenza dei loro 66 ragazzi della Grande Guerra sepolti al cimitero urbano. Soprattutto per chi non è morto in battaglia, per chi era “ospite” di campi di prigionia improvvisati e sovraffollati come quello di Gossolengo non esisterebbero elenchi in Austria. Militi ignoti, dunque. Fino a quando un alpino di Piacenza mette una foto della cappella degli austriaci del cimitero urbano su Facebook; grazie alle condivisioni, arriva ad uno studioso in contatto con la Croce Nera austriaca che viene così allertata e raggiunge Piacenza. La prossima tappa sarà quella di cercare una lista completa dei prigionieri piacentini con anche l’anno e il luogo di nascita e non solo la data di morte. In tutti i casi la Croce Nera austriaca diffonderà l’elenco, anche parziale, a Vienna e ai mezzi di comunicazione austriaci per cercare di rintracciare i discendenti. Schuster, presidente della Croce Nera dell’Alta Austria è un ufficiale dell’esercito austriaco in congedo con il grado di colonnello. Per 16 anni è stato anche sindaco di Pettenbach. Questo periodo della sua vita lo sta trascorrendo girando per cimiteri e sacrari alla scoperta di connazionali che non sono più tornati a casa. «Un’opera che ritengo importante - dice -. Anche se sono già passati cento anni. Questi ragazzi non vanno comunque dimenticati. La Seconda Guerra Mondiale non è finita da così tanto tempo ma si sa molto di più di coloro che sono morti in questo conflitto rispetto a quelli della Prima Guerra. Oggi poi non ci sono più persone che hanno fatto l’esperienza della guerra finita nel 1918. Noi vogliamo ricordare ai giovani che anche questo primo conflitto mondiale è stato orribile come il secondo. Però si parla molto di più del secondo rispetto al primo». «Per l’Austria è importante stringere amicizie e collaborazioni con gli altri Stati - evidenzia il colonnello -, andare insieme sulle tombe di coloro che sono morti. Mostrare queste tombe deve essere un monito per far vedere quanto era terribile quella guerra come tutte le guerre». Verosimilmente quella di ieri sarà la sua prima ed ultima volta a Piacenza per la Croce Nera. «Non rimarrò a lungo in questo ruolo - rivela - ma passerò le consegne a quello che sarà il mio successore che spero di accompagnare qui. L’intenzione è di fare una commemorazione ufficiale con la presenza delle istituzioni austriache qui a Piacenza. Da oggi, grazie agli alpini, i collegamenti sono avviati ». «Alpini piacentini e Croce Nera austriaca insieme per seminare la pace» A prendere i contatti con la Croce Nera austriaca è stato il Gruppo Alpini di Piacenza. Ieri erano presenti al cimitero urbano una dozzina di penne nere guidate dal capogruppo Gino Luigi Acerbi. Sono state loro ad accompagnare il colonnello Friedrich Schuster (con la consorte) nel campo secondo del cimitero urbano, dove si trova la cappella che il Comune di Piacenza ha dedicato ai 66 soldati austriaci morti nel campo di prigionia di Gossolengo al termine della Prima Guerra Mondiale. Gli alpini hanno accolto l’alto rappresentante della Croce Nera austriaca evidenziando come scopo delle penne nere sia quello di «seminare la pace e la concordia tra gli uomini di buona volontà». E come questo contatto avviato con la Croce Nera austriaca «sia importantissimo perché va proprio in tale direzione ». L’associazione Croce Nera d’Austria dal 1919 si occupa, in collaborazione con il ministero della Difesa austriaco, di conservare la memoria dei caduti nei conflitti militari e a tal scopo censisce i luoghi di sepoltura sia in Austria sia all’estero, effettuando visite continue in cimiteri e sacrari militari. Federico Frighi scarica l'articolo in formato .pdf Carpaneto imbandierato per il doppio weekend di festa L’imminente Festa della Coppa, arrivata quest’anno alla sua 62esima edizione e in programma nel fine settimana, avrà, come sempre, il gruppo alpini tra i protagonisti. Gli alpini di Carpaneto, col capogruppo Aldo Rigolli, stanno ormai terminando l’allestimento del proprio chiosco per la festa che inizierà venerdì, e per l’imminenza della 67esima Festa Granda, che si terrà sempre a Carpaneto dal 7 al 9 settembre prossimi. In questi ultimi giorni gli alpini hanno completato l’imbandieramento del paese, collocando due grandi tricolori, uno sulla facciata est del municipio, in piazza Scotti da Vigoleno, dove passerà la sfilata delle autorità civili e militari, e uno sul campanile della chiesa parrocchiale, in piazza XX Settembre, fulcro della festa. Per collocare quest’ultima bandiera è stato necessario ricorrere all’aiuto della ditta Luigi Rapaccioli che, gratuitamente, ha messo a disposizione un’altissima gru sul cui cestello, in piena sicurezza, gli alpini Germano Rivioli e Remo Taranti hanno portato fino in cima il grande tricolore già montato sull’asta di sostegno. Dall’interno del campanile sono invece saliti fino al livello più alto il capogruppo Aldo Rigolli, il segretario Daniele Mazzoni ed il tesoriere Giovanni Tondelli che, dalla piccola balconata e aiutati dagli altri due alpini, hanno fissato il tricolore che appare anche nel logo della 67esima Festa Granda. Sulla locandina della festa provinciale degli alpini sventola infatti il tricolore con una grande penna nera sullo sfondo che idealmente abbraccia tutto il paese e con le immagini dei tre simboli carpanetesi vicini al gruppo alpini: la chiesa, il monumento ai Caduti e una delle stele recentemente restaurate dal gruppo e posizionate lungo il viale delle rimembranze che porta al cimitero. Tutto è pronto quindi per accogliere al meglio non solo i visitatori della Festa della Coppa ma anche i numerosissimi alpini di tutto il nord Italia che, insieme a parenti ed amici, invaderanno Carpaneto con la loro gioiosa presenza, la settimana successiva alla Festa della Coppa, che vedrà l’inaugurazione ufficiale domenica 2 settembre ma che sarà a pieno regime con stand, esposizioni, convegni e spettacoli già da venerdì 31 agosto. Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Nuovi servizi per la parrocchia di Pillori grazie alle Penne Nere C’è una festa che ogni anno si leva il cappello di fronte a un bene tra i più preziosi: quello della solidarietà. A Pillori di Travo, dove il tempo sembra essersi fermato, una mobilitazione fatta di braccia, generosità e sensibilità ha permesso di raggiungere un risultato semplice ma fondamentale. Sono stati cioè inaugurati i nuovi servizi sanitari interamente finanziati dagli alpini e messi a disposizione dell’intera comunità parrocchiale. Un gesto prezioso, che ha trovato l’energia nel pensiero alla memoria dell’alpino Mario Armini, “andato avanti”. All’inaugurazione, avvenuta al termine della santa messa e della commemorazione di tutti i caduti, sono intervenuti il parroco don Costantino Dadda, il vicesindaco del Comune di Travo Luigi Mazzocchi, l’ex presidente della sezione Alpini di Piacenza Bruno Plucani e il capogruppo del gruppo Alpini di Perino Luciano Mazzari, insieme a tutte le penne nere di Perino e alla popolazione intervenuta, a dimostrazione dell’affetto per il luogo. Scopo della festa sarà sempre quello di reperire fondi per piccole opere di ristrutturazione della chiesa e dei locali annessi, come accaduto anche quest’anno, a testimonianza di come l’unione faccia la forza. Soprattutto se a fare da collante sono i nostri alpini. _elma scarica l'articolo in formato .pdf La Croce Nera d’Austria a Piacenza per portare a casa i soldati del 1918 Cento anni dopo arrivano da Vienna per “riportarli” finalmente a casa. Sono quelli della Croce Nera d’Austria, l’omologa viennese dell’italiana Associazione nazionale famiglie dei caduti e dispersi in guerra (dall’impossibile acronimo “Anfcdg”). Nel cimitero urbano di Piacenza riposano 66 soldati austriaci morti al termine della Prima Guerra Mondiale. Dal tenente Arnulf Iakoda al soldato semplice Moise Tomasson. Sarebbero morti nel campo di detenzione di Gossolengo, a causa della spagnola, tra il 1917 e il 1919. Si vuole rendere loro gli onori e magari anche riportarli in patria. E’ la missione non impossibile che si apprestano a preparare nei dettagli i vertici della Croce Nera austriaca. La settimana prossima un loro alto rapprestante, il colonnello Fritz Schuster, sarà a Piacenza per un sopralluogo informale. Nessun contatto con le istituzioni. Quelli seguiranno dopo. Solo una presa visione della cappella dedicata ai Caduti Austriaci nel cimitero urbano di Piacenza. Una novità, per la Croce Nera austriaca, conosciuta attraverso il gruppo Alpini di Piacenza e una foto scattata dal fotografo ufficiale della locale sezione Ana, Valerio Marangon. Pubblicata su Facebook e condivisa più volte finché non è finita all’attenzione di esponenti dell’associazione austriaca. L’immagine - che pubblichiamo a fianco per gentile concessione - ritrae un alpino (il capo gruppo di Piacenza, Gino Luigi Acerbi) intento ad omaggiare con un mazzo di fiori la cappella degli Austriaci, dove già è presente un’altra cesta floreale con il nastro tricolore. Ogni 2 novembre infatti il corteo delle autorità cittadine rende omaggio ai Caduti nel cimitero urbano. L’itinerario è uguale ogni anno e tra la tomba del capitano dell’aeronautica militare Gaetano Mazza e quella dei cittadini illustri c’è la tappa della cappella dedicata ai Caduti austriaci a Piacenza nella Prima Guerra Mondiale. Un cesto floreale e qualche secondo di raccoglimento. Niente di più. Ma ogni anno. E’ l’Italia che onora anche il nemico, perché la morte è anche la grande riconciliatrice. “Di fronte alle venerate tombe degli eroi vittoriosi - recita la lapide - con essi riconciliati nella morte qui riposano ex combattenti austro-ungarici deceduti in prigionia. Piacenza, come ne rispettò la sventura così ne onora le spoglie e la memoria”. Seguono i nomi di 66 militari dell’esercito austro-ungarico. Un tenente, un caporal maggiore, 4 caporali, un appuntato e 59 soldati. Al fianco la data di morte che va dal 1917 al 1919. Attraverso una serie di contatti la Croce Nera austriaca è riuscita a parlare con gli alpini del gruppo Ana di Piacenza e ad organizzare la visita. La Croce Nera d’Austria (Österreichisches Schwarzes Kreuzè) è un’associazione austriaca fondata nel 1919 che collabora con il ministero della difesa di Vienna con lo scopo di mantenere viva la memoria dei militari caduti nei conflitti mondiali e, a tal fine, censisce i luoghi di sepoltura ed effettua periodiche visite nei cimiteri e nei sacrari militari che contengono spoglie di soldati austriaci, sia in Austria sia all’estero. In Italia ha già attivamente operato in Friuli-Venezia Giulia e in Trentino Alto-Adige. Ha anche sfilato nelle Adunate nazionali alpini di Asti, Treviso e Trento. Morti di spagnola a Gossolengo A Gossolengo, alla fine della Prima Guerra Mondiale, funzionava un campo di detenzione al quale venivano destinati gli ex prigionieri italiani, molti in attesa di essere interrogati prima di essere rilasciati. Al 29 novembre 1918 - si veda Montella F., “Prigionieri in Emilia. I centri di raccolta per ex prigionieri italiani di Mirandola, Castelfranco Emilia e Gossolengo (1918-1919)” - erano ancora presenti 47582 ex prigionieri di truppa e 943 ufficiali. I soldati erano debilitati dalla fame e più esposti alla spagnola e alle altre malattie, numerosi soldati vivevano ancora nelle tende. Solo a Natale il campo di Gossolengo andò via via sfollandosi e chiuse definitivamente il 15 gennaio 1919 Federico Frighi scarica l'articolo in formato .pdf Lo Scarpone Alpino a don Giovanni Rocca, da vent’anni a Groppo Al campo sportivo parrocchiale di Groppovisdomo si è tenuto il tradizionale raduno degli alpini locali e la quinta edizione consecutiva della consegna dello “Scarpone Alpino Visdomese”. Il capogruppo Alfiero Binelli ha accolto le Penne Nere da vari comuni piacentini accompagnati dal presidente della sezione provinciale Roberto Lupi. Tra i presenti, il dirigente nazionale Ana Roberto Migli, il rappresentante di vallata Gianni Magnaschi con altri componenti del direttivo provinciale, il vicesindaco di Gropparello Graziano Stomboli, il maresciallo dei carabinieri Salvatore Cascio e una rappresentanza dell’Associazione Nazionale Artiglieri di Cremona. Si è iniziato con l’inaugurazione della nuova sede degli alpini locali, nelle stanze dell’ex scuola elementare di Groppovisdomo concessa dal comune di Gropparello. Lupi, Stomboli e Binelli hanno proceduto con il taglio del nastro alla presenza dei familiari del fondatore del gruppo alpini, l’artigliere alpino Guglielmo Croci al quale è stata dedicata la sede. Dopo una breve sfilata per il paese, gli amici e i parrocchiani presenti hanno assistito alla messa concelebrata da don Giovanni Rocca e dal parroco di Carpaneto don Giuseppe Frazzani, che nell’omelia hanno ricordato gli amici alpini andati avanti e anche le 43 vittime della tragedia del ponte crollato a Genova. Quindi si è proceduto alla consegna della targa “Scarpone Alpino Visdomese” al parroco don Giovanni Rocca, reggente delle parrocchie di Obolo, Groppovisdomo e Montechino, dove da oltre 20 anni presta la propria opera pastorale con devozione, in amicizia e collaborazione con la popolazione e le associazioni presenti nel territorio. Il presule giunse a Groppovisdomo nel 1973 dopo esperienze a Lugagnano Val d’Arda (1962/63) e successivamente in tre parrocchie cittadine: Santa Teresa, Santa Maria in Gariverto e Sant’Anna. Hanno consegnato il riconoscimento Roberto Lupi ed il socio Guerrino Ricorda. Alfiero Binelli a nome degli alpini ha ringraziato e consegnato un attestato alle loro donne, ottime cuoche in cucina e sempre disponibili ad accompagnare le loro iniziative. Poi tutti in fila per il giusto tributo al monumento ai caduti, sulle note della canzone del Piave e del Silenzio. La giornata si è conclusa con la cena sotto un cielo stellato, splendida cornice per un’altra piacevole serata a Groppovisdomo. _Ornella Quaglia scarica l'articolo in formato .pdf Sos educazione, si “scongela” la naja: «Basta col mito del buon selvaggio» È come se si volesse “vestire” un vuoto educativo con una divisa. E del resto oggi chi ha più tempo di crescere i figli? L’età media si allunga: i nonni dei bambini fanno a loro volta i conti con i genitori anziani e i figli. Sono un “cuscinetto”, stanco. Fanno da ammortizzatore sociale, dopo aver lavorato una vita e non aver (mai) raggiunto la pensione. Intanto, i reati sono sempre più “giovani”. I numeri di imputati minorenni in crescita: perché ora c’è anche tutto il lato oscuro del web da considerare, come alibi, come maschera, come obliquo intrattenimento. “Non sono stato io”, “Ho solo fatto click”. Un click che puà costare caro, in reati come il sexting. I nuovi reati. Nella società fluida, cerca di aggrapparsi a qualcosa di solido il confronto tra i ministri degli Interni Matteo Salvini e della Difesa Elisabetta Trenta sulla riattivazione della leva militare, sospesa, non abolita, nel 2004. Trenta ha definito l’idea di Salvini romantica ma fuori dal tempo, mentre i propugnatori del ritorno della “naja” ne rivendicano il ruolo formativo. Per imparare il rispetto delle regole, in sostanza, i genitoriamici non bastano più. Restano le questioni economiche: già oggi la Difesa è sotto finanziata, invecchiata. Roberto Lupi, presidente della sezione Alpini di Piacenza, sottolinea: «Oggi, a 13 anni dalla sua sospensione, si avverte la necessità di colmare un vuoto educativo che sta toccando in maniera trasversale tutti gli ambiti della società, dalla scuola alla famiglia, dalla Chiesa alla politica », sottolinea Lupi, in linea con la posizione di Ana nazionale. La quale in una nota aveva sottolineato: «Non sfugge che il concetto educativo nelle nuove generazioni oscilla tra il polo delle competenze e quello del mito del buon selvaggio, ovvero l’idea che debbano crescere liberi perché poi arriverà la stagione delle responsabilità ». L’articolo 52 della nostra Costituzione, intanto, non è mai stato cancellato: «Lo Stato dovrebbe concorrere a ricreare urgentemente un terreno in cui ogni giovane debba essere educato e poter crescere in coscienza civica, per sfuggire alla desertificazione del senso comune». Il servizio dovrebbe diventare obbligatorio, per Lupi, per ragazzi e ragazze. E anche don Paolo Cignatta, coordinatore degli uffici pastorali della diocesi, sostiene: «Un periodo di servizio per la collettività non è tempo perso, ma guadagnato, nella formazione di un giovane. Penso soprattutto al tempo in aiuto alle persone in difficoltà. Imparare a donare tempo agli altri, al territorio, non è tempo perso». Elisa Malacalza scarica l'articolo in formato .pdf Un caro amarcord grazie agli alpini Ogni tanto una corsa a casa per imboscarmi, sottrarmi a giochi, a feste interminabili. Carpaneto mi piace tantissimo, di più il di’ del mercato settimanale quando la vita associativa è più fervida… mi piace un’immersione totale che mi garantisce sempre soprassalti di ricordi impaginati in ordine e armonia. Le strade le vie, i vicoli, tante volte percorsi e conosciuti, in queste giornate mi sembrano cambiati e un telo bianco con la scritta “Attendendo la Festa Granda “ mi offre la dritta per capire le novità avvertite. Gli Alpini hanno preso il comando di Carpaneto. Senza testimoni di controllo, senza chiasso né canti di galli indesiderabili, insieme e in silenzio si sono messi al lavoro, hanno messo ordine, strappato l’ erba malvagia, la gramigna, raddrizzato piantine, ripulito da residui di calce e hanno issato il tricolore ovunque per diffondere l’evento imminente. La strada che porta al Camposanto, ha ritrovato un’antica atmosfera, alberi e steli disposti con rigore accademico smentiscono qualche ingiusta reputazione di disordine.Gli alpini inarrestabili e straordinari hanno rinnovato qualche personale nostalgia e la mia tristezza per un alpino chiamato in panchina. Il miracoli della memoria , per quel poco che ancora racconta, mi hanno rimandato ad una precedente Festa Granda: ho rivisto una jeep con una bandiera arrivare dal Castello di Zena, ho rivisto mio fratello, ho incontrato mio fratello, capogruppo in quel tempo, alpino fino in fondo. Camminerà accanto a me il nove settembre prossimo, in mezzo agli amici. Alberto Brenni scarica l'articolo in formato .pdf Dagli alpini lo “Scarpone” a don Giovanni Rocca Nella scuola elementare di Groppovisdomo la nuova sede per il gruppo degli alpini locali che sarà inaugurata domani durante il consueto Raduno con la consegna dello Scarpone Alpino Visdomese. Quest’anno gli alpini gropparellesi hanno destinato l’importante riconoscimento al parroco di Groppovisdomo, Obolo e Montechino don Giovanni Rocca per il suo impegno e per la sua preziosa opera religiosa, educativa e di assistenza che da anni svolge fra gli abitanti delle tre parrocchie. La nuova sede degli alpini sarà intitolata all’artigliere alpino Guglielmo Croci classe 1913 fondatore del gruppo Alpini locale di cui oltre trent’anni fa è stato il primo capogruppo. Croci, deceduto nel 2005, era molto conosciuto nella zona di Groppovisdomo dove per anni aveva lavorato come postino. Il ritrovo è previsto domani alle 18 e 30 nel campo sportivo parrocchiale di Groppo, dove dopo una breve sfilata gli alpini raggiungeranno la chiesa per la celebrazione di una Messa a ricordo di tutti gli alpini e gli amici andati avanti. Seguiranno le consegne dei riconoscimenti e l’apposizione con una corona d’alloro al monumento dei Caduti. La giornata ricca di ricordi si concluderà con la consueta cena sotto le stelle e canti in amicizia. _Ornella Quaglia scarica l'articolo in formato .pdf Giovani, sì alla leva obbligatoria Egregio direttore, l’Associazione nazionale alpini esprimendo il pensiero di circa 400.000 soci, si inserisce nel dibattito politico in corso sul tema del ripristino della leva obbligatoria, ed esprime le seguenti considerazioni e motivazioni. Oggi, a tredici anni dalla sua sospensione, si avverte la necessità di colmare un vuoto educativo che sta toccando in maniera trasversale tutti gli ambiti della società, dalla scuola alla famiglia, dalla Chiesa alla politica. L’Associazione nazionale alpini, come altre associazioni d’arma, chiedono alla politica di interessarsi di un problema culturale ed educativo. Si tratta di tornare a seminare nelle nuove generazioni il senso della responsabilità verso quello che è il bene comune. Di fatto noi chiediamo il ripristino di un periodo di servizio obbligatorio dei giovani a favore della Patria nelle modalità che la politica vorrà individuare. Non sfugge, che il concetto educativo nelle nuove generazioni oscilla tra il polo delle competenze e quello del mito del buon selvaggio, ovvero l’idea che debbano crescere liberi perché poi arriverà la stagione delle responsabilità. L’idea è appunto quella di chiedere ai giovani di assumersi la responsabilità attraverso un servizio al Paese, incontrando una sensibilità che sta crescendo non solo nelle associazioni d’Arma ma anche tra la gente, nel popolo. Tale servizio non necessariamente deve essere un servizio armato ma sicuramente un ausilio alle istituzioni militari e non ma sempre rivolto al bene comune della Patria. Ricordando che l’art. 52 della nostra Costituzione non è stato cancellato e quindi l’obbligo al servizio dovrebbe imporsi come elemento cardine, allo stesso modo dell’obbligo scolastico, perché dire a un giovane “se non hai voglia non partecipare”, significa escludere proprio coloro che sono più disattenti a queste tematiche. Noi la sensibilità al servizio abbiamo potuto assimilarla sotto naja, oggi dovrebbe essere ugualmente un bagaglio formativo imprescindibile per un giovane che si appresta ad entrare nella società. Certo, non siamo perfetti, ma le prove della bontà di cosa siamo le abbiamo da quasi un secolo sotto gli occhi. Qualcuno di chi ci governa si è mai chiesto come mai l’Ana è una delle realtà più attive nel mondo della solidarietà? E qualcuno si è mai chiesto come faccia ad elargire 70 milioni di euro in solidarietà ogni anno? Ecco, lo Stato dovrebbe concorrere a ricreare urgentemente un terreno in cui ogni giovane debba essere educato e poter crescere in coscienza civica, per sfuggire alla desertificazione del senso comune. Si tratta di una necessità che si avverte sempre più forte nel Paese analogamente ad un senso di smarrimento, per il venir meno di punti di riferimento certi, a tutto vantaggio di un individualismo che sembra frantumare il senso di responsabilità civile e sociale. Nel chiedere il ripristino di un servizio obbligatorio per tutti i giovani, maschi e femmine, crediamo sia possibile creare le condizioni per un rilancio morale e sociale del nostro Paese, evitando di consegnare questa speranza esclusivamente al mercato. Associazione nazionale alpini scarica l'articolo in formato .pdf Carpaneto, l’eco della Festa Granda in tutto il nord Italia Il gruppo Alpini in questo periodo è oberato di lavoro per la complessa e onerosa organizzazione della Festa Granda che si terrà il 7,8 e 9 settembre prossimi. Un’attività fondamentale per la buona riuscita della manifestazione è sicuramente la divulgazione della festa. Per far questo il gruppo Alpini di Carpaneto ha intrapreso numerose trasferte, anche fuori regione, sempre a spese personali, per promuovere la Festa Granda carpanetese. Le trasferte, iniziate quasi un anno fa, hanno portato il Gruppo in Cadore, a Roma, nel Vicentino, in Friuli, Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Romagna e, più recentemente, in Trentino, dove gli alpini di Carpaneto hanno partecipato alle feste alpine organizzate a Darzo, a Spiazzo e Pinzolo, in Valtellina a Verceia con il gruppo Alpini locale che è gemellato con il gruppo di Caorso e, infine, lo scorso 29 luglio, a Cercino, in provincia di Sondrio, il cui gruppo Alpini è gemellato proprio con quello di Carpaneto. Accompagnati da parenti e amici, i due gruppi si ritrovano spesso, numerosi, per rinnovare lo spirito di amicizia e fratellanza che li unisce. Ognuna di queste occasioni, in cui è stata messa in atto una vera e propria attività di volantinaggio promozionale della festa, è servita ad allacciare rapporti con altre Sezioni, con la certezza che a loro volta vogliano partecipare alla festa di Carpaneto. Certamente il legame con gli altri gruppi Alpini piacentini non è mai venuto a meno e loro saranno i primi ad essere invitati alla Festa Granda 2018 che si preannuncia particolarmente sentita e partecipata. _Flu scarica l'articolo in formato .pdf Carpaneto è già in tricolore: avanti tutta per la Festa Granda Per gli Alpini di Carpaneto sono giornate frenetiche in vista della Festa Granda che si terrà a Carpaneto dal 7 al 9 Settembre. Tra questi anche l’imminente collocazione di un cippo, in memoria dei caduti della Prima Guerra Mondiale, alla fine di Viale delle Rimembranze, per l’occasione in tricolore, che verrà inaugurato sabato 8 Settembre. Il Gruppo, e giunto ad oggi a 156 iscritti, nei giorni scorsi ha anticipato l’imbandieramento del paese, per contribuire a rendere il paese più bello ed accogliente anche in occasione degli eventi che si terranno a Carpaneto nel periodo che anticipa la cerimonia alpina. In primo luogo, il 9 agosto, la festa dei patroni di Carpaneto, i Santi Fermo e Rustico. L’antica statua lignea di San Fermo, collocata nella chiesa parrocchiale del paese, lo scorso anno è stata restaurata proprio a dal Gruppo Alpini. Un altro appuntamento importante sarà la Festa della Coppa, dal 31 agosto al 3 settembre, in occasione della quale gli alpini allestiranno un proprio stand gastronomico che fino ad ora ha consentito di finanziare attività benefiche a favore della comunità. Dopo la Festa della Coppa, solo poche ore di riposo per gli Alpini e sarà già arrivato il momento degli ultimi preparativi della 67esima Festa Granda 2018. Il programma, ormai completamente definito, prevede per venerdì 7 settembre, dalle ore 21,30, nella centrale piazza XX settembre, una rappresentazione sulla Grande Guerra. Per sabato 8 l’inizio degli eventi è stabilito per le ore 16,30 con le premiazioni del concorso “Savi” e il concorso delle vetrine. Alle ore 18,30 verrà inaugurato il cippo di viale delle Rimembranze e, dopo la cena allo stand degli alpini, alle ore 21,30 allieterà la serata, con la “Veglia Verde” l’orchestra di Matteo Bensi. Il concerto, offerto dagli alpini alla cittadinanza, sarà quindi ad ingresso libero. Domenica 9 settembre la giornata più intensa, dalle ore 9 con l’alzabandiera e l’onore ai Caduti al monumento a loro dedicato, fino all’ammainabandiera previsto per le ore 16. La sfilata con tutti i gruppi alpini, le fanfare e la banda è in programma alle ore 10,15, la messa col vescovo alle ore 11,30 e il carosello delle Fanfare alle ore 15. scarica l'articolo in formato .pdf Castellarquato, dagli Alpini doni alla Materna Remondini Il gruppo alpini arquatese ha fatto visita alla scuola materna Remondini portando, come spesso accade, alcuni doni molto apprezzati. Tra questi due tavoli con relative panche che arricchiranno gli arredi scolastici, materiale didattico e di consumo come carta e sapone, sempre di grande utilizzo all’interno delle scuole. Accolti dai bambini e dalle insegnanti delle tre sezioni, gli alpini hanno disposto i tavoli e le panche sulle quali, successivamente, hanno trovato posto i bambini per la foto ricordo. Il capogruppo Italo Colla ha brevemente ricordato il valore che ricopre oggi la scuola e da cui bisogna partire per la formazione del carattere e della personalità di coloro che saranno le donne e gli uomini del domani, pronti ad affrontare le sfide che la vita riserverà loro. La responsabile della scuola Lorenza Magnani, insieme a tutto il personale, ha ringraziato gli alpini per la donazione e per la vicinanza che viene da sempre riservata ai piccoli ospiti. Il gruppo alpini arquatese non è nuovo ad azioni in favore della comunità. Dal 2012 ad oggi ha donato più di 6 mila euro ad enti ed associazioni, e circa 900 ore di lavoro gratuito a favore di opere socialmente utili, molte delle quali proprio a favore dei bambini e degli anziani. Oltre al capogruppo Italo Colla, completa il consiglio direttivo il vice Manuel Rizzi, il segretario Matteo Mazzocchi, il tesoriere Guido Borlenghi e i consiglieri Guido Colla, Marco Negri, Sergio Albertelli, Mattia Montenegri e Ivano Silva. Il numero di iscritti al gruppo ha raggiunto quota 100 e molti di questi sono attivi non mancando mai sia alle riunioni sia sul campo per fare volontariato. Il gruppo riesce a tessere ottimi rapporti con le altre associazioni locali e con gli altri gruppi alpini della provincia. In una delle ultime riunioni era presente anche il responsabile Ana della vallata Bassa Val d’Arda Giorgio Corradi, e si sta già programmando la partecipazione alla prossima ed imminente “Festa Granda” provinciale che quest’anno si terrà a Carpaneto il 7, 8 e 9 settembre. scarica l'articolo in formato .pdf Rivergaro si colora di “verde” con la due giorni degli Alpini Cambia la location, da Pieve Dugliara a Rivergaro, ma il cuore grande degli Alpini batte sempre allo stesso modo: dopo dodici anni consecutivi, è di nuovo successo per la Veglia Verde benefica, la due giorni di festa a carattere benefico organizzata dai gruppi alpini di Rivergaro, Settima e Travo. Quest’anno la manifestazione, diversamente dalle precedenti edizioni, si è svolta lungo le rive del Trebbia a Rivergaro, nello spazio solitamente riservato alle feste nei pressi del Parco degli Alpini. E le due giornate di bel tempo hanno favorito un grande afflusso di persone che si sono ritrovare per mangiare le gustoste specialità tipiche piacentine e ballare in compagnia, allietati dalle orchestre “Beppe Maccagni” e “Gianni e la Liscio Band”. Come sempre, l’impegno dei tre gruppi alpini della Bassa Valtrebbia è stato ben ripagato: tutto il ricavato della festa, infatti, sarà devoluto all’Associazione Nazionale Alpini per specifici progetti sul territorio. A conferma dell’importanza della manifestazione, alla serata di domenica hanno partecipato anche i sindaci di Rivergaro, Gossolengo e Travo con il presidente sezionale Ana Roberto Lupi, i capigruppo organizzatori e il revisore nazionale dei conti Roberto Migli: davanti al numeroso pubblico, tutti hanno ricordato lo scopo dell’iniziativa, che permette ogni anno di aiutare in maniera concreta le popolazioni locali (e non solo). I singoli progetti, al momento, non sono ancora stati definiti mentre l’impegno dei tre gruppi di Settima, Travo e Rivergaro si riconferma invece anno dopo anno. _CB scarica l'articolo in formato .pdf Alpini: un successo il primo raduno delle penne nere dell’Alta Valdarda Credere è ciò che fa la differenza. Le penne nere lo dimostrano ogni volta che compiono un gesto di solidarietà ed ogni volta che si riuniscono alimentando quello spirito di appartenenza che li contraddistingue come gruppo, ovunque essi siano. Non importa se non ci si conosce tutti, indossando il cappello degli alpini, si sa di essere tutti fratelli, di aver preso parte alla stessa esperienza di vita, di condividere principi. Essere alpino non è una condizione transitoria, non è un indossare una maglietta la domenica e il levarsela il lunedì a seguire, essere alpino è una scelta di vita quotidiana, è un ruolo che ciascuno calza con dignità, rispetto ed orgoglio. E’ un po’ come un matrimonio e lo sanno bene le mogli che domenica, a Santa Franca, in occasione della prima adunata degli alpini dell’Alta Val d’Arda (Morfasso, Vernasca, Rustigazzo, Vezzolacca, Lugagnano, Settesorelle e Vigoleno), hanno accompagnato i propri mariti. E’ proprio questa l’aria che si respira quando si è circondati dalle penne nere: il sentirsi parte di una grande gagliarda e goliardica famiglia. Suggestivo il luogo scelto dal raggruppamento degli alpini dell’Alta Val d’Arda per celebrare il senso di appartenenza al proprio corpo militare e ricordare chi non c’è più, con la deposizione di una corona ai caduti: il monte di Santa Franca, nella frazione del comune di Morfasso, è sempre molto evocativo. Non a caso anche la celebrazione della messa, presieduta dal sacerdote Jean Laurent Konango, è stata vissuta all’aperto, circondati da un boschetto, perché come dice un celebre canto alpino «fra le rocce e fra i burroni, sempre lesto è il suo cammin, quando passa la montagna, pensa sempre al suo destin ». «Una giornata straordinaria, con una numerosa partecipazione, pensata per continuare a dare forza a quell’unione di gruppo che durerà nel tempo e andrà avanti nonostante abbiano tolto il servizio di leva, perché non è una legge che potrà eliminare lo spirito dell’essere alpino e la volontà a fare festa e a ritrovarsi», dichiara Domenico Besagni, vice capogruppo locale che assieme a Celeste Guselli hanno aperto la giornata con l’alzabandiera. Sono intervenuti: il capogruppo degli alpini di Morfasso Adriano Antonioni, il presidente Ana di Piacenza Roberto Lupi e il sindaco di Morfasso Paolo Calestani. Tra i presenti anche: l’appuntato scelto della stazione dei carabinieri locale Tanino Scuderi, il luogotenente dell’esercito Bernardino Politi e il sottotenente Franco Liberati, ex comandante della stazione dei carabinieri di Castellarquato. La giornata si è poi conclusa con un momento conviviale, presso lo stand allestito dal gruppo Alpini di Morfasso con la collaborazione di altri volontari. scarica l'articolo in formato .pdf Gli alpini puliscono i cimiteri di Calendasco, Boscone e Cotrebbia Il gruppo Alpini di Calendasco negli anni e nei mesi scorsi ha effettuato vari interventi di manutenzione su beni di proprietà comunale. Molti ne ha appena eseguiti e ancora di più ne ha in programma. Nei giorni scorsi gli Alpini hanno pulito i cimiteri comunali di Cotrebbia Nuova, Calendasco e Boscone Cusani. Anche se la temperatura esterna in questi giorni non è propizia ad effettuare lavori manuali all’aperto, le penne nere non si sono fatte scoraggiare ed hanno provveduto agli interventi di “ramazza” anche nei giorni di fine settimana, il sabato e la domenica. Il gruppo Alpini di Calendasco si è ricostituito dal febbraio 2016 e da allora il contributo che gli aderenti hanno dato alla collettività non è passato inosservato, anche perché rientra nello spirito del corpo prodigarsi per la propria comunità. Il capogruppo Filippo Battù spiega così le attività che hanno visto impegnato il suo gruppo: «Come al solito abbiamo pulito molto volentieri i cimiteri comunali. Sono un patrimonio della comunità, vanno tutelati. Siamo poi consapevoli della difficoltà del Comune, soprattutto adesso che le assunzioni sono sempre più centellinate per le note difficoltà di bilancio e per la traballante economia non solo locale». Gli Alpini di Calendasco sono affiliati all’Associazione Nazionale Alpini (Ana) e, pertanto, partecipano a molte iniziative anche a carattere nazionale, spesso a carattere conviviale, che si pongono l’obiettivo di tener vivo lo spirito di corpo. _Fabio Bianchi scarica l'articolo in formato .pdf Torna la “Veglia verde” ma si trasferisce da Pieve Dugliara a Rivergaro E’ tempo di festeggiare per le Penne Nere (e non solo). Torna domani e domenica la dodicesima edizione della “Veglia verde”, la festa benefica degli Alpini di Settima, Rivergaro e Travo tra musica e buona gastronomia. Ma quest’anno cambia la location: invece del tradizionale campo parrocchiale di Pieve Dugliara, stavolta la festa si sposta a Rivergaro al “Parco degli Alpini” sul Lungotrebbia. L’appuntamento è per domani sera con l’orchestra Beppe Maccagni e domenica sera, alla presenza dei sindaci dei comuni di Gossolengo, Rivergaro e Travo, con “Gianni e la Liscio Band”. In entrambe le serate gli stand e le cucine apriranno già alle 18 e il ricavato sarà devoluto dagli Alpini in opere benefiche direttamente sul territorio, fedeli al motto: “Aiutare i vivi ricordando i morti”._CB scarica l'articolo in formato .pdf Donati strumenti all’Ematologia Faceva il cuoco e per anni ha organizzato pranzi e cene a scopo benefico, ora coinvolge amici ed associazioni sempre a favore di nobili cause. Alberto Alovisi, ex presidente dell’Avis di San Lazzaro, con impegno e dedizione ha chiesto al Gruppo alpini di Piacenza, alla Confraternita della Misericordia e agli amici Fabio Bordoni, Piero Delfanti e Luigi Fermi di aiutarlo a donare alcuni strumenti importanti per il Day hospital del reparto di Ematologia dell’ospedale di Piacenza diretto dal dottor Daniele Vallisa. Martedì pomeriggio, alla presenza del direttore sanitario dell’Ausl Guido Pedrazzini, la cordata di solidarietà ha consegnato due tavolini polifunzionali e due plussorimetri portatili, moderni strumenti diagnostici non invasivi, utilizzati per valutare i parametri vitali dei pazienti in cura. “E’ un segnale molto positivo – ha sottolineato il dottor Vallisa – la gente ci è vicina e gliene siamo grati. Questi strumenti sono molto utili per il lavoro di medici e infermieri e per la qualità del servizio per il paziente. Diciamo grazie alla città che manifesta sempre attenzione nei nostri confronti e alla direzione aziendale perché a breve potremo inaugurare l’allargamento degli spazi del Day hospital”. I fondi per l’acquisto del materiale sono arrivati da donazioni di privati, dal ricavato di diverse cene organizzate dalle Penne Nere e dalla raccolta tappi della Misericordia. “Quando viene chiesto il nostro aiuto noi ci siamo” hanno commentato Gino Luigi Acerbi, capogruppo degli alpini di Piacenza e Carlo Ferrari della Misericordia. scarica l'articolo in formato .pdf Tre chilometri del sentiero del Tidone “adottati” dal gruppo alpini di Sarmato Anche gli alpini di Sarmato si prendono cura del Sentiero del Tidone. Le penne nere sarmatesi hanno deciso di “adottare” tre chilometri (dal chilometro 6 al 9) del tracciato naturalistico che corre lungo tutta l’asta del torrente Tidone, dalla sorgente fino alla foce in fiume Po. L’impegno è stato formalizzato durante una recente riunione tra le penne nere e i volontari del sodalizio che si prende cura del Sentiero (associazione Sentiero del Tidone guidata da Daniele Razza). Gli alpini si occuperanno del taglio dell’erba, della rimozione di eventuali rami o parti di piante che cadendo lungo il percorso possono ostruirne il passaggio e della pulizia di rifiuti abbandonati. Gli alpini diventeranno “sentinelle” garantendo un monitoraggio costante di quel pezzo di sentiero. «Siamo molto contenti che un’altra associazione si sia proposta per aiutarci nella gestione del sentiero - dice Razza - abbiamo subito accolto la loro iniziativa, che conferma ancora una volta la grande disponibilità che da sempre caratterizza gli alpini ». La proposta di collaborazione da parte delle penne nere è arrivata dopo che nei mesi scorsi i volontari del Sentiero del Tidone avevano organizzato nella sede degli alpini sarmatesi una serata informativa. «Ricerchiamo sempre nuove collaborazioni – dice Razza – anche per i restanti tratti del sentiero che in totale è lungo 69 chilometri. Come riconoscimento nei confronti degli alpini – aggiunge – metteremo due nuove targhe di ringraziamento che delimiteranno il percorso da loro gestito». «Insieme al Circolo Anspi – dice Sesto Marazzi, capogruppo – abbiamo aderito soprattutto perché questo sentiero è parte integrante del nostro territorio. Promuoveremo escursioni in bicicletta, camminate con momenti di ristoro lungo il parco fluviale, valorizzeremo la frazione di Agazzino legandola a Sarmato ». _MM scarica l'articolo in formato .pdf Vigolzone, il gruppo Alpini festeggia i suoi cinquant’anni Nel giugno di 50 anni fa nasceva ufficialmente il gruppo alpini di Vigolzone, una storica realtà della sezione Ana del Piacentino. Un traguardo che sarà festeggiato sabato 22 settembre con una serie di iniziative che il consiglio direttivo del gruppo sta definendo. Tra i promotori della nascita del gruppo vigolzonese c’erano Gaetano Morosoli e una ventina di “colleghi” alpini, con l’aiuto del cavalier Luigi Plucani del gruppo alpini di Podenzano e del capitano Arturo Govoni, l’allora presidente sezionale. Morosoli è l’attuale capogruppo, motore di innumerevoli iniziative solidali. «L’evento del 50esimo - fa sapere - sarà anche l’occasione per ritrovare i volontari della squadra del sesto turno che nel 1992 hanno lavorato per la costruzione dell’asilo a Rossoch, in Russia, ma anche per incontrare nuovamente gli amici che abbiamo conosciuto durante il periodo della ricostruzione del post terremoto nel Friuli del 1976». Morosoli è infatti stato uno dei volontari Ana che hanno lavorato accanto alla popolazione colpita dal sisma. Per questo legame ancora vivo è stato invitato, tramite l’Ana di Piacenza e il presidente Roberto Lupi, l’allora parlamentare Giuseppe Zamberletti che nel 1976 si trovò a gestire proprio l’emergenza del terremoto nel Friuli e cui si deve la nascita del Dipartimento di Protezione civile della Presidenza del Consiglio. La sua partecipazione è in attesa di conferma. «Il 50esimo è un traguardo importante – dice il presidente Lupi -. Il gruppo di Vigolzone ha portato avanti tante iniziative, in particolare la costruzione della baita, la sede del gruppo, una delle prime realizzate ad opera degli alpini sul terreno messo a disposizione dal Comune». Era il 1998. Quest’anno ricorre il ventennale dall’inaugurazione avvenuta alla presenza dell’indimenticato Peppino Prisco e di padre Gherardo Gubertini. scarica l'articolo in formato .pdf A 1.440 metri batte il cuore alpino: in 500 da 4 province a Pej Sono arrivati da Alessandria, Genova, Pavia e Piacenza gli oltre 500 alpini che hanno sfilato con orgoglio nei luoghi a loro più cari: le montagne. “Addio montagna, patria, reggimento, addio mamma e primo amore”, cantavano infatti, non a caso, gli alpini, esprimendo tutto il senso di umana impotenza di fronte agli orrori della guerra ma tenendo bene a mente il valore della fede, della solidarietà, dell’essere “Penna nera”. Il raduno intersezionale, organizzato dalla sezione di Piacenza guidata da Roberto Lupi, ha ricordato l’essenza del sacrificio e il senso del dovere dei tanti che hanno voluto esserci, domenica, a Capannette di Pej, comune di Zerba. Un luogo che è simbolo di una valle tanto aspra quanto impossibile da non amare, la Valboreca, alle pendici del monte Chiappo, centro abitato più elevato della provincia di Piacenza e il più occidentale dell’Emilia-Romagna. Qui l’aria, nei pomeriggi d’estate, è già ligure. Ma il panorama che spezza il fiato è tutto del nostro Appennino. Ammassamento, alzabandiera, onore ai caduti. Poi, le preghiere, per tutti, anche per chi è “andato avanti”. Nella chiesa della Madonna della Salute e degli Alpini, a 1.440 metri, con la sua facciata a capanna e il portico in legno, la messa, celebrata dal cappellano don Stefano Garilli e dal parroco don Enzo Manici. I “veci” ricordano la paglia asciutta su cui dormire, dopo giornate di cammino; domenica, l’odore di campi e d’estate, con la terra già screpolata dal sole, lontana da quei mesi terribili dove tanti alpini morirono di freddo, in nome dell’Italia. Fatti di cui si rischia di perdere memoria. I tanti presenti - e immancabili le autorità di riferimento, con in prima linea il sindaco di Zerba Claudia Borrè, che ha accolto i molti arrivati a Capannette - hanno dimostrato con tra le mani gli oltre sessanta galiardetti la volontà di non dimenticare e di vivere ogni giorno la missione alpina.E dove non sono arrivate la parole, per l’emozione, ci ha pensato la musica della fanfara e dal coro Ana Valnure diretti dal maestro Edo Mazzoni. Elisa Malacalza scarica l'articolo in formato .pdf Alpini sulle tracce dei protagonisti della Grande Guerra Nell’attesa della Festa Granda del prossimo 7,8 e 9 settembre, il gruppo alpini di Carpaneto ha organizzato una serata della memoria dal titolo “Sulle orme di Felix Hecht”, a cura della S.A.T. Caré Alto e del Comitato Storico S.A.T. (Società Alpinisti Tridentini). La serata, presentata dal capogruppo Aldo Rigolli, ha avuto come ospiti Piergiorgio Motter, presidente Sat dal 2009 al 2012, che ha parlato del diario di Felix Hecht, e Marco Gramola, presidente Comitato Storico Sat, che ha spiegato il fronte Adamello della Grande Guerra, la galleria del Corno di Cavento. Nel corso della serata è stato proiettato il film “Carè alto Cavento 15-18 per non dimenticare”. «Il nostro comitato – ha spiegato Gramola – si occupa delle realtà storiche presenti sulle montagne del Trentino. Lavoriamo dall’anno 2000 con la Provincia per recuperare le vestigia della Grande Guerra. Nel film abbiamo visto ed ascoltato anche una testimonianza dell’ultimo soldato, scomparso all’età di 104 anni, Augusto Giovannini, che ha raccontato la durissima vita di sacrificio che i nostri giovani soldati facevano sulle montagne durate la Prima guerra mondiale. Tanti di loro sono morti a causa delle condizioni climatiche proibitive. Su quegli stessi monti era in corso, fino al nostro intervento, una sorta di saccheggio dei ricordi, delle tracce e degli oggetti lasciati dai nostri soldati e che ancora affiorano quando si sciolgono le nevi. Abbiamo trovato in una galleria tantissimi materiali abbandonati 100 anni fa e oggi conservati nei magazzini provinciali e probabilmente in futuro saranno visibili ai musei della Val Rendena. Abbiamo trovato scritti, dispacci militari, armi, elmetti vettovaglie e tanto altro, tutto è stato inventariato». Ha suscitato molto interesse anche la lettura e la spiegazione del diario di Felix Hecht, austriaco morto nel giugno del ‘17, a 3.400 metri di quota, attaccato alla sua mitragliatrice e col diario nella tasca del suo giubbotto. «Mi sono emozionata – ha detto una spettatrice al termine della serata – Ringrazio pubblicamente gli alpini per quello che fanno, tutti dovrebbero imparare da loro su come valorizzare la nostra storia passata, la Grande Guerra non va dimenticata». Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf Castelvetro, corteo e allegria alla baita con il gruppo Alpini La baita del quartiere Longo di Mezzano ha ospitato la Festa del Gruppo alpini, due giornate di grande allegria e buona cucina aperte a tutti. Il momento ufficiale è stato domenica mattina quando anche altri gruppi Ana della provincia hanno raggiunto Castelvetro per prendere parte alla cerimonia. Dopo il ritrovo in baita per un caffè e una rapida colazione offerta dagli alpini, le autorità e le penne nere si sono schierate all’esterno della baita per il momento dell’alzabandiera. Ad accompagnare musicalmente è stato il Corpo bandistico di Maleo. Quindi c’è stato l’avvio del corteo che si è diretto alla chiesa di Mezzano, anche santuario, per la messa celebrata dal parroco don Mauro Manica. Presenti il sindaco Luca Quintavalla, l’assessore Pier Luigi Fontana, il vicesindaco Silvia Granata, gli amministratori in rappresentanza dei Comuni di Cortemaggiore, Besenzone e San Pietro, mentre per l’Arma dei carabinieri era presente il comandante della stazione di Monticelli maresciallo Vincenzo De Luca. Fabio Lunardini scarica l'articolo in formato .pdf L’obiettivo degli Alpini è ringiovanire la flotta di volontari Ringiovanire la flotta dei volontari della Protezione civile è uno degli obiettivi dell’Associazione Nazionale Alpini. A ribadirlo è stato il coordinatore nazionale Gianni Gontero che, mercoledì 13 giugno, ha fatto tappa nel Piacentino per salutare i volontari dell’Unità, reduci dall’esercitazione nazionale che si è tenuta lo scorso fine settimana a Castel San Pietro nel Bolognese. L’incontro si è svolto a Castelsangiovanni, ospitato dalla sede di “Parallelo 45”, il centro di formazione per la sicurezza sul lavoro il cui titolare Stefano Orsi è responsabile della formazione della sezione piacentina dell’Ana. Per ringiovanire il comparto di volontariato, la soluzione individuata dalle Penne Nere è il servizio civile obbligatorio, una proposta che l’Associazione nazionale alpini porta avanti da anni. «Tutte le nostre specialità sono fiori all’occhiello: logistica, idrogeologico, anticendio boschivo, sanità, squadra cinofila, alpinisti. Abbiamo grandi professionalità ma dobbiamo puntare sul ricambio generazionale» ha spiegato il coordinatore Gontero, originario della Val di Susa. La formazione e le esercitazioni restano una prerogativa per avere personale preparato. A tal proposito u |