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Monte Nero

Il 24 maggio 1915 l’Italia incomincia la guerra contro l’Austria-Ungheria. Tantissimi piacentini si trovano già “in territorio dichiarato in stato di guerra”, tra di essi ci sono anche molti Alpini, inquadrati per lo più nel 3° Rgt. Alpini e nel 1° Rgt. Artiglieria da Montagna.
Una delle prime operazioni ha come obiettivo la conquista della conca di Caporetto e della dorsale Monte Nero, Monte Maznik, Sleme, Mrzli Vhr con lo scopo di aggirare la testa di ponte di Tolmino e raggiungere la linea dell'Isonzo. Queste posizioni si trovano ad una distanza tra i 6 e i 9 chilometri in linea d’aria dal confine italiano. Nonostante secondo i piani degli alti comandi si debbano raggiungere questi obiettivi con un’azione decisa, si agisce, come avviene del resto su tutto il fronte italiano, con una grande prudenza pianificando un’azione che si realizzerà in più tempi. Solo nella notte tra il 30 e il 31 maggio il battaglione Susa riesce ad occupare il difficile terreno del Monte Vrata.
A ulteriore prova delle asperità del terreno del Monte Vrata è l’incidente avvenuto qualche mese dopo, il 26 luglio, quando l’Alpino Chiesa Giuseppe di Borgonovo del btg. Val Pellice precipita col suo mulo in un burrone durante uno spostamento.
Resta ora da conquistare la dorsale che sale verso il Monte Nero, ma numerosi attacchi si infrangono contro le opere a difesa di una cresta troppo stretta per essere presa frontalmente. Un plotone di 31 volontari, arrampicandosi al buio su un terreno particolarmente insidioso e sconosciuto, riuscirà nell’impresa salendo dal versante occidentale sguarnito di truppe nemiche perché ritenuto impossibile da percorrere. Numerosi contrattacchi austriaci tentano di allontanare gli Alpini anche con l’uso di bombe a mano, arma ancora sconosciuta ai nostri soldati, non riescono però nel loro intento tanto che il generale Boroevic deve desistere ad ordinare attacchi. Le difficoltà del terreno e la neve ancora alta impediscono però al rancio caldo di raggiungere i reparti sul monte che dovevano arrangiarsi con le altre razioni, anche l’acqua e la legna sono quasi del tutto assenti e si deve portare su tutto a mano lungo i pochi sentieri esistenti mentre l’unico riparo al freddo intenso sono le tende. Da qui partiranno gli Alpini del Susa e dell’Exilles alla conquista del Monte Nero. Dopo che al tramonto del 15 giugno s’interrompe il fuoco degli obici, gli Alpini iniziano la loro avanzata appiglio per appiglio con l’ordine di evitare qualsiasi rumore e di non rispondere al fuoco per poi attaccare di sorpresa con la baionetta. Gli attaccanti portano con loro un sacchetto pieno di terra da utilizzare come riparo in caso di bisogno.
Gli austriaci, impegnati in lavori di manutenzione, non si accorgono dell’avanzata degli Alpini se non alle 3.30 quando le sentinelle aprono il fuoco ma subito inizia l’assalto e sono costretti a fuggire lasciando morti e prigionieri sul campo. Alle 4.14 la vetta è in mano italiana.
Anche se la conquista del Monte Nero non fu decisiva tatticamente, ha un forte effetto sugli austroungarici che perdono così un punto saliente del loro fronte difensivo e si accorgono che gli italiani sono pronti ad ogni sacrificio. Anche gli imperiali si rendono conto dell'impresa compiuta dagli Alpini tanto che nella relazione austriaca si parla di "Colpo da maestro" e il generale austriaco Shalek nel suo libro "Am Isonzo" riferito all'impresa del Monte Nero scrive: "Giù il Cappello davanti agli Alpini!". Non si è a conoscenza di quanti Alpini piacentini abbiano partecipato alla conquista del Monte Nero, sul monte comunque si contano 6 Caduti e 11 decorati al valor militare.
 


Da L'Alpino del 5 aprile 1922:

 

 


Bibliografia

-  L'Alpino del 5 aprile 1922

- Stefano Gambarotto e Enzo Raffaelli -  ALPINI. Le grandi battaglie: Storia delle Penne Nere. Volume uno: La nascita del Corpo degli Alpini - Il Monte Nero - Le Tofane - La battaglia del Castelletto - Editrice Storica